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I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3, by Ann Radcliffe

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Project Gutenberg's I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3, by Ann Radcliffe









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with this eBook or online at www.gutenberg.org














Title: I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3









Author: Ann Radcliffe









Release Date: September 20, 2010 [EBook #33783]









Language: Italian









Character set encoding: ISO-8859-1









*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK I MISTERI DEL CASTELLO D'UDOLFO, VOL. 3 ***
























Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online




Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This




file was produced from images generously made available




by Biblioteca Sormani - Milano)


































I MISTERI
DEL
CASTELLO D'UDOLFO

 
 

DI
ANNA RADCLIFFE

 
 

VOL. III

 
 

MILANO
Oreste Ferrario
Sotterranei Galleria Nuova, via Silvio Pellico, 6, scala n. 18
e Santa Margherita


IL CADAVERE
... la sua faccia, sfigurata dalla morte, era schifosa e coperta di livide ferite.
Cap. XXVI


SOMMARIO

Capitolo XXII

Capitolo XXIII

Capitolo XXIV

Capitolo XXV

Capitolo XXVI

Capitolo XXVII

Capitolo XXVIII

Capitolo XXIX

Capitolo XXX

Capitolo XXXI

Capitolo XXXII

Capitolo XXXIII

Capitolo XXXIV

Capitolo XXXV

Capitolo XXXVI

Capitolo XXXVII


[5]

CAPITOLO XXII

Montoni fece invano le pi? esatte ricerche sulla strana circostanza che lo aveva allarmato, e non avendo potuto scoprir nulla, dovette credere che qualcuno de' suoi fosse l'autore d'una burla cos? intempestiva. Le sue contese colla moglie, a proposito della cessione, divenendo pi? frequenti, pens? confinarla nella sua camera, minacciandola a una maggior severit? se persisteva nel rifiuto.

Se la signora Montoni fosse stata pi? ragionevole, avrebbe compreso il pericolo d'irritare, con quella lunga resistenza, un uomo come il marito in cui balia ella trovavasi. Non aveva pure obliato di quale importanza fosse per lei la conservazione del possesso de' suoi beni, che l'avrebbero resa indipendente, caso avesse potuto sottrarsi al dispotismo di Montoni. Ma in quel momento aveva una guida pi? decisiva della ragione, lo spirito cio? della vendetta, che le faceva opporre la negativa alla minaccia, e l'ostinazione alla prepotenza.

Ridotta a non poter uscir dalla camera, sent? finalmente il bisogno ed il pregio della compagnia gi? sprezzata della nipote, perch? Emilia, dopo Annetta, era la sola persona che le fosse permesso di [6]vedere.

La fanciulla s'informava spesso del conte Morano. Annetta ne sapeva pochissimo, se non che il chirurgo credeva impossibile la di lui guarigione. Emilia affliggevasi di essere la causa involontaria della sua morte. Annetta, che osservava la di lei commozione, l'interpretava a modo suo. Un giorno, essa le entr? in camera tutta affannosa e piangente. ? Per carit?, troviamo il modo di uscire da questo luogo infernale. Sappiate, ? diss'ella, ? che siamo alla vigilia di qualche brutta scena in questo maledetto castello. Quei signori tengono tutte le notti conciliaboli, ove si pretende che discutano affari importanti: inoltre, cosa significano tutti i preparativi che si fanno sui bastioni e sulle mura? E poi, quanta gente entra tutti i giorni nel castello con cavalli! e sembra che vi debbano restare, perch? il padrone ha ordinato di somministrar loro il bisognevole. Io ho saputo tutto da Lodovico, che mi ha raccomandato di tacere; ma siccome vi amo quanto me stessa, non ho potuto fare a meno di dirlo anche a voi. Ah! qualche giorno ci ammazzeranno tutti per certo.

— Non sai tu altro, Annetta?

— Come! Non basta tutto questo?

— S?, ma non basta a persuadermi che ci vogliano uccider tutti. ?

Emilia si astenne dal manifestare i suoi timori per non aumentare la paura della cameriera. Lo stato attuale del castello la sorprendeva e la turbava. Appena Annetta ebbe finito, la lasci? sola, per andare a nuove scoperte.

La fanciulla quella sera pass? alcune ore tristissime in compagnia della zia. Si disponeva a coricarsi, quando ud? un forte colpo alla porta della camera, prodotto dalla caduta di qualche oggetto. Chiam? per sapere cosa fosse, e non le fu risposto. Chiam? una seconda volta senza miglior successo: pens? che qualcuno dei forastieri giunti recentemente[7] nel castello avesse scoperta la sua camera, e vi si recasse con cattive intenzioni. Inquieta, stette attenta, tremando sempre che il rumore si rinnovasse. Si fece invece coraggio; si avvicin? alla porta del corridoio tutta tremante, ed intese un lieve sospiro tanto vicino, che la convinse esservi qualcuno dietro l'uscio. Mentre ascoltava ancora, il medesimo sospiro si fece intendere pi? distintamente, ed il suo terrore aument?. Non sapea cosa risolvere, e sentiva sempre sospirare. La sua ansiet? divenne s? forte che risolse di aprire la finestra e chiamar gente. Mentre vi si accingeva, le parve udir i passi di qualcuno nella scala segreta, e vincendo ogni altro timore corse verso il corridoio. Premurosa di fuggire, apr? la porta, ed inciamp? in un corpo steso al suolo. Mise un grido, e guardando la persona svenuta, riconobbe Annetta. Grandemente sorpresa, fece ogni sforzo per soccorrere l'infelice. Allorch? ebbe ripreso l'uso dei sensi, Emilia l'aiut? ad entrare in camera, e quando pot? parlare la ragazza l'assicur?, con una fermezza che scosse fino l'incredulit? dell'altra, di aver veduto un'ombra nel corridoio.

? Io aveva inteso strane cose sulla camera attigua, ? disse Annetta; ? ma siccome ? vicina alla vostra, madamigella, non voleva dirvele per non ispaventarvi. Tutte le volte ch'io ci passava accanto, correva a tutta possa; e vi accerto inoltre, che spesso mi parve di sentirvi rumore. Ma stasera, camminando nel corridoio, senza pensare a nulla, ecco veggo apparire un lume, e guardando indietro scorgo una gran larva. L'ho veduta, signorina, distintamente, quanto voi in questo momento. Una gran figura entrava nella camera sempre chiusa, di cui, non tien la chiave altri che il padrone, e la porta serrossi immediatamente.

— Sar? stato il signor Montoni, ? disse Emilia.

— Oh! no, non era lui, avendolo lasciato che altercava colla padrona nel suo gabinetto.[8]

— Tu mi fai racconti molto strani, Annetta; stamattina mi hai spaventata colla paura d'un assassinio, ed ora vorresti farmi credere...

— Non vi dir? pi? nulla; ma per? se non avessi avuta gran paura, non sarei svenuta, come ho fatto.

— Era forse la camera dal quadro del velo nero?

— No, signora, ? quella pi? vicina alla vostra: come far? a tornare nella mia stanza? Per tutto l'oro del mondo non vorrei pi? traversare il corridoio. ?

Emilia, commossa da questo incidente, e dall'idea di dovere esser sola tutta la notte, le rispose che poteva stare con lei.

? Oh! no, davvero, ? disse Annetta, ? io non dormirei ora in questa camera, neppure per mille zecchini. ?

Emilia, rammentandosi d'aver udito gente sulla scala insist? perch? passasse la notte secolei, e l'ottenne con molta pena, e dopo che la paura di ripassare il corridoio ve l'ebbe persuasa.

Il d? dopo, Emilia, traversando la sala per andare sulle mura, intese rumore nel cortile e lo scalpito di molti cavalli. Il tumulto eccit? la sua curiosit?. Senza andar pi? oltre, si affacci? ad una finestra, e vide nel cortile una truppa di cavalieri; aveano divise bizzarre ed armamento completo, sebben variato. Portavano essi una giacchetta corta rigata di nero e scarlatto; si avvolgevano in grandi ferraiuoli, sotto uno dei quali vide pendere dalla cintola pugnali di varia grandezza; osserv? quindi che quasi tutti ne eran ben provvisti, e parecchi vi aggiungevano la picca ed il giavellotto; portavano in testa berretti all'italiana ornati di pennacchi neri; essa non si rammentava aver mai visti tanti brutti ceffi riuniti. Nel vederli si credette circondata da banditi, e le si affacci? subito alla mente che Montoni fosse il capo di questi birbanti,[9] e il castello il loro luogo di riunione. Questa strana supposizione per? fu passeggiera. Mentre guardava, vide uscire Cavign?, Verrezzi e Bertolini vestiti come gli altri; avevano soltanto i cappelli ornati di grandi pennacchi rossi e neri; quando montarono a cavallo, Verrezzi brillava di gioia; Cavign? pareva allegro, ma il suo contegno era riflessivo, e maneggiava il cavallo con estrema grazia. La sua figura amabile, e che parea quella d'un eroe, non era mai apparsa con tanto vantaggio. Emilia, considerandolo, pens? che somigliava a Valancourt, e per vero dire ne aveva tutto il fuoco e la dignit?; ma essa cercava invano la dolcezza della fisonomia, e quella schietta espressione dell'anima che lo caratterizzava.

Comparve quindi Montoni, ma senza divisa. Esamin? scrupolosamente i cavalieri, convers? a lungo co' capi, e quando li ebbe salutati, la truppa fece il giro del cortile, e, comandata da Verrezzi, pass? sotto la v?lta ed usc?.

Emilia si ritir? dalla finestra, e nella certezza di esser pi? tranquilla, and? sui bastioni: non vide pi? lavoranti, ed osserv? che le fortificazioni parevano ultimate. Mentre passeggiava assorta nelle sue riflessioni, ud? camminare sotto le mura del castello, e vide parecchi uomini, il cui esteriore accordavasi colla truppa partita poco prima.

Presumendo che la zia fosse alzata, and? ad augurarle il buon giorno, e le raccont? quanto aveva veduto; ma essa non volle, e non pot? darle contezza di nulla. La riserva di Montoni verso sua moglie, a tal proposito, non era punto straordinaria. Per?, agli occhi di Emilia, aggiunse qualche ombra al mistero, e le fece sospettare un gran pericolo o grandi orrori nel progetto da lui concepito.

Annetta torn? ansante, secondo il consueto; la sua padrona le domand? premurosamente cosa vi fosse di nuovo, ed essa le rispose ? Ah! signora,[10] nessuno ci capisce nulla. Carlo sa tutto, ma ? riservato come il suo padrone. Qualcuno dice che il signor Montoni vuole spaventare il nemico; altri pretendono che voglia prender d'assalto qualche castello, ma ha tanto posto nel suo, che non ha bisogno certo d'andar a carpire quelli degli altri. Lodovico pare che ci veda pi? di tutti, perch? dice d'indovinare tutti i progetti del padrone.

— E che ti ha detto?

— Mi ha detto che il padrone.... che il signor Montoni ?..... ?.....

— Che cosa insomma? ? disse la signora Montoni impazientandosi.

— Che il padrone si ? fatto capo d'assassini, e manda a rubare per conto suo.

— Sei pazza. Come mai puoi tu credere?...

In quella comparve Montoni; Annetta fugg? tutta tremante. Emilia voleva ritirarsi, ma sua zia la trattenne, giacch? il marito l'aveva resa tante volte testimone de' loro diverbi, che non avevane pi? veruna soggezione.

? Che cosa significa tutto questo? ? gli chiese la moglie; ? chi sono quegli armati partiti test? e perch? faceste fortificare il castello? voglio saperlo.

— Evvia, ho ben altro da pensare, ? rispose Montoni; ? fareste meglio ad obbedirmi. Fatemi la cessione de' vostri beni senza tanti contrasti.

— Giammai! Ma quali sono i vostri progetti? Temete un attacco? sar? uccisa in un assedio?

— Firmate questa carta, e lo saprete.

— Qual nemico viene? ? lo interruppe la donna: ? siete voi al servizio dello Stato? Son io prigioniera fino all'ora della mia morte?

— Potrebbe darsi, ? soggiunse Montoni, ? se non cedete alla mia domanda; voi non uscirete dal castello se non mi avrete contentato. ?

La signora gett? grida spaventose, ma li cess? poscia pensando che i discorsi del marito non fossero[11] che artifizi per estorcerle la donazione. E glielo disse poco dopo, aggiungendo che il di lui scopo non era certo tanto glorioso quanto quello di servir lo Stato; che probabilmente erasi fatto capo di banditi, per unirsi ai nemici di Venezia e devastare il paese.

Montoni la guard? un momento con aria truce; Emilia tremava, e sua zia, per la prima volta, cred? aver detto troppo. ? Questa notte stessa, ? diss'egli, ? sarete trascinata nella torre d'oriente, l? forse comprenderete il pericolo d'offender un uomo, il cui potere su voi ? illimitato. ?

La fanciulla si gett? ai suoi piedi, e lo supplic?, piangendo, di perdonare alla zia. Questa, intimorita e sdegnata, ora voleva prorompere in imprecazioni, ora unirsi alle preghiere della nipote. Montoni, interrompendole con una bestemmia orribile, si stacc? aspramente da Emilia, che lo teneva pel mantello: cadde essa sul pavimento con tanta violenza, che si fe' male alla fronte, ed egli usc? senza degnarsi di rialzarla. Ella si scosse al pianto della zia, corse a soccorrerla, e trovolla tutta convulsa. Le parl? senza ricevere risposta, ma le convulsioni raddoppiando, fu costretta di andare a chieder soccorso. Traversando la sala, incontr? Montoni, e lo scongiur? di tornare a consolar sua moglie. Allontanossi egli colla massima indifferenza; finalmente, essa trov? il vecchio Carlo che veniva con Annetta. Entrati nel gabinetto, trasportarono la Montoni nella camera attigua. La misero sul letto, ed a gran stento poterono impedire dal farsi male. Annetta tremava e piangeva. Carlo taceva, e sembrava compiangerla.

Allorch? le convulsioni furono alquanto cessate, Emilia, vedendo che sua zia aveva bisogno di riposo, disse: ? Andate, Carlo, se avremo bisogno di soccorso vi mander? a cercare; ma intanto, se ve se ne presenta l'occasione, parlate al signor Montoni a favore della vostra padrona.[12]

— Oim?! ? rispose Carlo; ? ne ho vedute troppe! ho poco ascendente sul cuore del mio padrone. Ma voi, signorina, abbiate cura di voi stessa; mi pare che non istiate troppo bene. ?

E part? scuotendo il capo. Emilia continu? a curare la zia, la quale, dopo un lungo sospiro, rinvenne; ma aveva gli occhi smarriti, e riconosceva appena la nipote. La sua prima domanda fu relativa a Montoni. Emilia la preg? di calmarsi e di star in riposo, soggiungendo: ? Se volete fargli dire qualcosa, me ne incaricher? io. — No, ? rispos'ella languidamente. ? Persiste egli ancora a strapparmi dalla mia camera? ?

La fanciulla rispose che non aveva detto pi? nulla, e fece ogni sforzo per distrarla; ma la zia non l'ascoltava, e sembrava oppressa dai pensieri. Emilia, lasciandola sotto la custodia della cameriera, corse a cercar Montoni, e lo trov? sulle mura in mezzo ad un gruppo d'uomini di ciera spaventevole. Egli si esprimeva con vivacit?. Infine qualche sua espressione fu ripetuta dalla truppa, e quando si separarono, la fanciulla ud? le seguenti parole: Stasera comincia la guardia al tramonto del sole.Al tramonto del sole, ? fu risposto, e si ritirarono.

Emilia raggiunse Montoni, sebbene ei paresse volerla scansare, ed ebbe il coraggio di pregare per la zia, e rappresentargliene lo stato ed il pericolo cui sarebbesi esposta la di lei salute in un appartamento troppo freddo. ? Soffre per colpa sua, ? rispos'egli, ? e non merita compassione. Sa benissimo come deve fare per prevenire i mali che la attendono. Obbedisca, firmi, ed io non ci penser? pi?. ?

A forza di preghiere, ella ottenne che la zia non sarebbe stata rimossa fino al d? seguente. Montoni le lasci? tutta notte per riflettere. Emilia corse ad annunziarle la dilazione. Essa non rispose, ma parea molto pensierosa. Intanto la sua risoluzione sul[13] punto contestato sembrava cedere in qualche cosa. La nipote le raccomand?, come una misura indispensabile di sicurezza, di sottomettersi. ? Voi non sapete quel che mi consigliate, ? le rispose la donna. ? Rammentatevi che i miei beni vi appartengono dopo la mia morte, se io persisto nel rifiuto.

— Io lo ignorava, cara zia; ma questa notizia non m'impedir? certo di consigliarvi un passo dal quale dipende il vostro riposo, e ardisco dire anche la vostra vita. Nessuna considerazione per un s? debole interesse, ve ne scongiuro, non vi faccia esitare un momento a cedergli tutto.

— Siete voi sincera, nipote?

— E potreste dubitarne? ?

La signora Montoni parve commossa. ? Voi meritate questi beni, cara nipote, e vorrei poterveli conservare: avete una virt?, di cui non vi credeva capace. Ma il signor Valancourt?

— Signora, ? interruppe Emilia, ? cambiamo discorso, di grazia, e non credete che il mio cuore capace di egoismo. ? Il dialogo fini cos?.

Emilia rimase presso la zia, n? la lasci? che molto tardi.

In quel momento, tutto era tranquillo, e la casa pareva sepolta nel sonno. Traversando le lunghe e deserte gallerie del castello, Emilia ebbe paura senza saper perch?; ma quando, entrando nel corridoio, si ramment? l'avvenimento dell'altra notte, fu assalita da improvviso terrore, e frem? che un oggetto come quello veduto da Annetta non si presentasse innanzi a lei, e che la paura ideale o fondata non producesse il medesimo effetto su i di lei sensi. Non sapeva precisamente di qual camera avesse parlato la donzella, ma non ignorava che dovea passarvi dinanzi. Il suo sguardo inquieto procurava di distinguere nell'oscurit?: camminava adagio e con passo incerto. Giunta ad una porta, ud? un piccolo rumore; esit?, ma ben presto il suo timore[14] divenne tale, che non ebbe pi? forza di camminare. D'improvviso, la porta si apr?, una persona, che le sembr? Montoni, apparve, rientr? prontamente nella camera e la chiuse. Al lume ch'era in essa, credette aver distinta una persona vicina al fuoco, in atteggiamento malinconico. Il suo terrore svan?, e fece luogo alla sorpresa: il mistero di Montoni, la scoperta d'un individuo ch'egli visitava a mezzanotte in un appartamento interdetto, e di cui si raccontavano tante cose, eccit? vivamente la di lei curiosit?.

Mentre stava perplessa desiderando spiare i movimenti di Montoni, ma temendo d'irritarlo se ne fosse vista, la porta si apr? di bel nuovo e si richiuse per la seconda volta. Allora Emilia entr? bel bello nella camera contigua, e depostovi il lume, si nascose in una v?lta oscura del corridoio, per vedere se la persona che usciva fosse veramente Montoni. Dopo alcuni minuti la porta si apr? per la terza volta; la medesima persona ricomparve: era Montoni; egli guardossi intorno, chiuse e se ne and?. Poco dopo si sent? chiudere al di dentro. Essa rientr? nella sua stanza sorpresa al massimo segno. Era gi? mezzanotte: essendosi avvicinata alla finestra, intese camminare sul terrazzo sottoposto, e vide parecchie persone moversi nell'ombra; la colp? un rumor d'armi, ed una parola d'ordine detta sottovoce: allora si ricord? degli ordini di Montoni, e comprese che per la prima volta montavano la guardia nel castello; quando tutto fu quieto, se ne and? a riposare.


CAPITOLO XXIII

La mattina seguente, Emilia and? a trovare la zia di buonissim'ora; ella aveva dormito bene, e ricuperati gli spiriti e le forze, ma la di lei risoluzione di resistere al marito era combattuta dal[15] timore. La fanciulla, temendo le conseguenze della sua caparbiet?, fece di tutto per persuaderla, ma la signora Montoni, come vedemmo, aveva lo spirito della contraddizione; e quando se le presentavano circostanze disgustose, cercava meno la verit? che argomenti da combattere. Una lunga abitudine aveva tanto confermato in lei questa disposizione naturale, che non se ne accorgeva pi?. Le ragioni di Emilia non fecero che risvegliare il suo orgoglio, anzich? convincerla; e non pensava se non a sottrarsi alla necessit? di obbedire sul punto in questione. Se le fosse riuscito di fuggire dal castello, contava gi? separarsi legalmente, e vivere nell'agiatezza coi beni che le restavano. Emilia lo avrebbe desiderato quanto lei, ma non si lusingava d'un esito favorevole; le dimostr? l'impossibilit? di uscire dalla porta, assicurata e guardata con tanta cautela; l'estremo pericolo di confidarsi alla discretezza di un servo, che avrebbe potuto tradirla per malizia o imprudenza; e la vendetta infine di Montoni, se avesse scoperto la trama...

Questa lotta di contrari affetti lacerava il cuore della zia, quando entr? d'improvviso il marito, e senza parlare della di lei indisposizione, le dichiar? venir a rammentarle quanto indarno essa tentasse di resistere ai suoi voleri. Le accord? tutto il giorno per acconsentire alla sua domanda, protestandole, in caso di rifiuto, che la sera medesima l'avrebbe rilegata nella torre di levante; aggiunse che molti cavalieri dovendo pranzare quel giorno istesso nel castello, essa farebbe gli onori della tavola colla nipote. La signora Montoni non voleva accettare, ma riflettendo che durante il pranzo, la sua libert?, sebben ristretta, avrebbe potuto favorire i suoi progetti, acconsent?; il marito ritirossi tosto. L'ordine ricevuto penetrava Emilia di maraviglia e timore; fremeva all'idea di trovarsi esposta a tali sguardi, e le parole del conte Morano non erano fatte per[16] calmarla. Le convenne dunque prepararsi per comparire al pranzo, ma si vest? anche pi? semplicemente del solito, per evitare d'essere distinta. Questa politica non le riusc?, giacch?, quando torn? dalla zia, Montoni, rimproverandole il suo far dimesso, le prescrisse un abbigliamento pi? ricercato, adoperando a tal uopo gli ornamenti destinati pel di lei matrimonio con Morano. Adornata col miglior gusto e la massima magnificenza, la bellezza di Emilia non aveva mai brillato tanto. La sua unica speranza in quel punto era che Montoni progettasse meno qualche avvenimento straordinario, che il trionfo dell'ostentazione, spiegando agli occhi dei convitati l'opulenza della sua famiglia. Allorch? entr? nella sala, ov'era ammannito un lautissimo pranzo, il castellano ed i suoi ospiti erano gi? a mensa; essa andava a prender posto presso la zia, ma Montoni le fe' cenno colla mano; due cavalieri si alzarono, e la fecero sedere in mezzo a loro.

Il pi? avanzato in et? di costoro era grande, aveva lineamenti caratteristici, naso aquilino, occhi incavati penetrantissimi; il di lui volto era magro e sparuto come dopo una lunga malattia.

L'altro, in et? di circa quarant'anni, aveva fisonomia diversa; sguardo obliquo, ma volpino, occhi castagni, piccoli ed infossati, volto quasi ovale, irregolare e brutto.

Altri otto personaggi sedevano alla medesima tavola, tutti in divisa, ed avevano tutti un'espressione pi? o meno forte di ferocia, d'astuzia o di libertinaggio. Emilia li guardava timidamente, rammentandosi la truppa veduta il d? precedente, e si credeva circondata da banditi. Il luogo della cena era un'immensa sala antica ed oscura, illuminata da una sola finestra gotica altissima, dalla quale vedevasi il bastione occidentale e gli Appennini. Ella osserv? che Montoni trattava con grand'autorit? gli ospiti, i quali ricambiavanlo con dignitosa[17] deferenza. Nel tempo del pranzo non si parl? che di guerra e di politica, di Venezia, dei suoi pericoli, del carattere del doge regnante e dei primari senatori. Finito il pranzo, i convitati, alzatisi, bevvero tutti alla salute di Montoni e alla gloria delle sue imprese. Mentre egli accostava la coppa alla bocca, il vino trabocc? spumeggiando e ruppe il cristallo in mille pezzi. Ei faceva uso di quella specie di vetri di Venezia, i quali hanno la propriet? di rompersi allorch? ricevono un liquore avvelenato. Sospettando che qualcuno dei convitati avesse attentato alla sua vita, fece chiuder le porte, e mettendo mano alla spada, lanci? occhiate furibonde su tutti indistintamente, gridando: ? Qui c'? un traditore! che tutti quelli che sono innocenti mi aiutino a trovare il colpevole. ? I cavalieri proruppero in grida d'indegnazione, e sguainarono le spade. La signora Montoni voleva fuggire, ma il marito le impose di restare, aggiungendo qualche altra cosa che non fu intesa a motivo del tumulto e delle grida. Allora tutti i servi comparvero innanzi a lui, e dichiararono la loro ignoranza. La protesta per? non poteva essere ammessa, essendo innegabile che soltanto il vino del castellano era stato avvelenato, per cui bisognava che almeno il dispensiere fosse stato connivente. Quest'uomo, con un altro, la cui fisonomia tradiva la convinzione del delitto, o il timore della pena, fu messo in ceppi e trascinato in un tetro carcere; Montoni avrebbe trattato nella stessa guisa tutti gli ospiti se non avesse temute le conseguenze d'un passo s? ardito: si content? dunque di giurare che non sarebbe uscito neppur uno, prima che fosse dilucidato quest'affare. Ordin? aspramente alla moglie di ritirarsi, e ad Emilia di accompagnarla.

Mezz'ora dopo comparve nel di lei gabinetto; Emilia frem? vedendo la sua aria truce, gli occhi sfavillanti di rabbia e le labbra livide. ? ? inutile[18] tenervi sulla negativa, ? grid? egli furente alla moglie, ? giacch? ho la prova del vostro delitto: non avete alcuna speranza di perdono se non in una sincera confessione; il vostro complice ha svelato tutto. ?

Emilia fu colpita dall'atroce accusa. L'agitazione della zia non le permetteva di parlare; la sua faccia passava da un estremo pallore ad un rosso infiammato.

? Risparmiate i discorsi inutili, ? disse Montoni, vedendola disposta a parlare; ? il vostro contegno basta a tradirvi; or sarete condotta nella torre d'oriente.

— Quest'accusa, ? rispose la moglie, che poteva appena articolar parola, ? ? un pretesto per la vostra crudelt?; sdegno di rispondervi.

— Signore, ? disse vivamente Emilia, ? questa orribile imputazione ? falsa; oso rendermene mallevadrice sulla mia vita. S?, signore, ? soggiunse, ? questo non ? il momento di usar riguardi. Voi cercate ingannarvi volontariamente, al solo fine di perdere la mia povera zia.

— Se vi ? cara la vita, tacete. ?

Emilia, alzando gli occhi al cielo, sclam?: ? Non c'? pi? speranza. ?

Egli si volse alla moglie, la quale, rimessa dalla sorpresa, ne respingeva i sospetti con veemente asprezza. La rabbia di Montoni aumentava; Emilia, prevedendone le conseguenze, si precipit? ai di lui piedi, abbracciandogli le ginocchia e supplicandolo, piangendo, di calmare il suo furore; ma sordo alle preghiere della nipote e alle giustificazioni della moglie le minacciava fieramente amendue, quando fu chiamato. Usc? chiudendo la porta e portandone seco la chiave. Esse dunque si trovarono prigioniere. La Montoni guardava intorno a s? cercando un mezzo di fuggire. Ma come farlo? Sapeva pur troppo fino a qual punto il castello fosse forte, e con qual[19] vigilanza guardato. Tremava di affidare il suo destino al capriccio d'un servo, di cui conveniva mendicare l'assistenza.

Frattanto intesero gran tumulto e confusione nella galleria; alle volte si sentiva il cozzar delle spade. La provocazione di Montoni, la sua impetuosit?, la sua violenza, facevano supporre ad Emilia che le armi sole potessero finire l'orribile contesa. La zia aveva esaurite tutte le espressioni dello sdegno, e la nipote tutte le frasi consolanti. Tacevano amendue in quella specie di calma, che succede nella natura al conflitto degli elementi. Le circostanze di cui Emilia era stata testimone le rappresentavano mille confusi timori, e le sue idee succedevansi in tumultuoso disordine; fu scossa dalla sua meditazione sentendo battere alla porta, e riconobbe la voce di Annetta.

? Mia cara signora, aprite: ho molte cose da raccontarvi, ? diceva sottovoce la povera ragazza. — La porta ? chiusa, ? rispose la padrona. — S?, lo vedo, signora, ma per carit? apritela. — Il padrone ha portato seco la chiave. — O beata Vergine! che sar? di noi? — Aiutaci ad uscire, ? disse la Montoni. ? Dov'? Lodovico? — Nella sala grande cogli altri, che combatte valorosamente. — Combatte! e chi sono gli altri? — Il padrone, tutti quei signori, e molti altri. — C'? qualche ferito? ? disse Emilia con voce tremante. — S?, signora, ce n'? qualcuno disteso in terra immerso nel sangue. Gran Dio! fate ch'io possa entrare, signora; ah! eccoli che vengono; mi ammazzano sicuramente. — Fuggi, ? disse Emilia, ? fuggi; noi non possiamo aprirti. ?

Annetta ripet? che venivano, e fugg?.

? Calmatevi, zia, ? disse Emilia, ? per piet?, calmatevi; essi vengono forse per liberarci. Chi sa che il signor Montoni non sia gi? vinto.

— Eccoli, ? grid? la zia, ? li sento venire. ?

Emilia alz? gli occhi languenti verso la porta,[20] spaventata al maggior segno. Fu messa la chiave nella serratura; la porta si apr?, ed entr? Montoni seguito da tre satelliti. ? Eseguite i miei ordini, ? disse loro accennando la moglie; essa mise un grido e fu trascinata via sul momento. Emilia cadde priva di sensi sur una sedia: allorch? rinvenne, si vide sola, e guardando per tutta la stanza con occhi smarriti, sembrava interrogare ogni cosa sul destino della zia. Finalmente, si alz? per esaminare, quantunque con poca speranza, se la porta era libera, e la trov? aperta. Si avanz? timidamente nella galleria, incerta ove dovesse andare. Suo primo desiderio fu di ottenere qualche notizia sul destino della zia. Scese nel tinello. A misura che si avanzava, sentiva da lontano voci irate: le facce che incontrava pei numerosi anditi e la confusione che regnava aumentavano il di lei spavento. In fine arriv? nella stanza che cercava, ma non c'era alcuno. Non potendo pi? reggersi in piedi, si ripos? un momento. Riflett? che avrebbe invano cercata la zia nell'immenso laberinto di quel castello, che pareva assediato dai briganti. Pens? dunque a tornare nella sua camera, ma temeva d'incontrarsi in que' feroci, quando un sordo mormorio interruppe il cupo silenzio; il rumore cresceva: distinse qualche voce e sent? passi che s'accostavano. Si alz? per andarsene ma venivano appunto per l'unica via ch'ella potesse seguire: pens? dunque di aspettare che fossero entrati. Ud? gemiti, e vide poco dopo comparire un uomo portato da quattro. Atterrita a questo spettacolo, ebbe appena forza bastante per tornare alla sua camera senza poter conoscere chi fosse l'infelice circondato da quella gente, che nella confusione non l'aveano veduta.

Il suo affetto per la zia diveniva sempre maggiore; si ricordava che Montoni l'aveva minacciata di chiuderla nella torre di levante, ed era probabile che tal castigo avesse soddisfatto la di lui vendetta.[21] Risolse dunque, nel corso della notte, di cercare una via per recarsi a quella torre. Sapeva bene che non avrebbe potuto efficacemente soccorrere la zia, ma cred? che nel suo tristo carcere sarebbe stata sempre una consolazione per lei l'udire la voce della nipote. Alcune ore passarono cos? nella solitudine e nel silenzio, e parve che Montoni l'avesse obliata del tutto. Appena fu notte, vennero appostate le sentinelle.

L'oscurit? della camera rianim? il terrore di Emilia. Appoggiata alla finestra, fu assalita da mille idee disgustose. ? E che! ? diceva ella; ? se qualcuno di questi banditi, col favor delle tenebre, s'introducesse nella mia camera, cosa avverrebbe di me? ? Poi, ricordando l'abitante misterioso della camera vicina, il suo terrore mut? oggetto. ? Non ? un prigioniero, bench? resti nascosto in quella stanza; non ? Montoni che lo chiuda per di fuori, ma ? l'incognito stesso che si prende questa cura. ? Facendo tutte queste riflessioni, si ritir? dalla finestra, ed accese il lume. Si affrett? quindi ad assicurare alla meglio l'uscio della scala. Questo lavoro l'occup? sino a mezzanotte. Tutto era quieto, n? si udiva che i passi della sentinella sul bastione. Apr? la porta con cautela, e vedendo e sentendo una perfettissima calma, usc?; ma appena ebbe fatti pochi passi, vide un fioco chiarore sui muri della galleria. Rientr? in camera, e chiuse la porta, immaginandosi che forse Montoni andasse a fare la sua visita all'incognito. Dopo mezz'ora circa usc? di nuovo, e non vedendo nessuno, prese la direzione della scala di tramontana, immaginandosi di poter ivi pi? facilmente trovare la torre. Si fermava spesso, ascoltando con paura il fischiar del vento, e guardando da lontano attraverso l'oscurit? dei lunghi androni. Finalmente giunse alla scala che cercava, la quale metteva in due passaggi diversi. Esit? alcun poco, e scelse quello che conduceva in una vasta galleria.[22]

La solitudine di quel luogo la gel? di spavento, e tremava perfino all'eco de' propri passi. D'improvviso le parve sentire una voce, e temendo egualmente d'avanzarsi o di retrocedere, rimase immobile, osando appena alzar gli occhi. Le parve che quella voce proferisse lamenti, e venne confermata in quest'idea da un lungo gemito. Cred? potesse essere sua zia, e si avanz? verso quella parte. Nulladimeno, prima di parlare, tremava di confidarsi con qualche indiscreto che potesse denunziarla a Montoni. La persona, qualunque fosse, pareva afflittissima. Mentre titubava, quella voce chiam? Lodovico. Emilia allora riconobbe Annetta, e tutta lieta si accost? per risponderle.

? Lodovico! ? gridava Annetta piangendo; ? Lodovico!

— Son io, ? disse Emilia, tentando aprir la porta, ? Ma come sei tu qui? Chi ti ha rinchiusa?

— Lodovico! Lodovico!

— Non ? Lodovico; sono io, ? Emilia. ?

Annetta cess? di piangere e tacque.

? Se tu puoi aprir la porta, entrer?, ? disse Emilia; ? non temer di nulla.

— Lodovico! oh Lodovico! ? gridava Annetta.

Emilia perdeva la pazienza, e temendo di essere scoperta, voleva andarsene; ma riflett? che la ragazza potrebbe aver qualche notizia sulla zia, o almeno avrebbe potuto indicarle la strada della torre. Ottenne infine una risposta, bench? poco soddisfacente. Annetta non sapeva nulla della padrona, e scongiuravala soltanto di dirle cosa fosse stato di Lodovico. Emilia rispose non saperlo, e le domand? come mai si trovasse rinchiusa l? entro.

? Mi ha messo qui Lodovico. Dopo esser fuggita dal gabinetto della padrona, io correva senza saper dove: lo incontrai nella galleria, ed egli mi ha confinata in questa camera, portando via la chiave, affinch? non mi accadesse alcun male. Mi ha promesso[23] di tornare quando tutto sar? quieto. Ma ? gi? tardi, e non lo veggo venire; chi sa che non l'abbiano ucciso? ?

Emilia si ramment? allora l'individuo ferito da lei veduto trasportare nella sala, e non dubit? pi? che non fosse Lodovico, ma nol disse. Impaziente di saper qualcosa della zia, la preg? d'insegnarle la strada della torre.

? Oh! non vi andate, signorina, per l'amor di Dio, non mi lasciate qui sola.

? Ma, Annetta cara, ? rispose Emilia, ? non creder gi? ch'io possa restar qui tutta notte. Insegnami la strada della torre, e domattina mi occuper? della tua liberazione.

— Beata Maria! ? disse Annetta; ? dovr? dunque star qui tutta la notte? Morir? dalla paura e dalla fame, non avendo mangiato nulla dopo il pranzo. ?

Emilia pot? a stento contener le risa a queste espressioni. Infine ne ottenne una specie di direzione verso la torre orientale. Dopo molte ricerche, giunse alla scala della torre, e si ferm? un istante per fortificare il suo coraggio col sentimento del dovere. Mentre esaminava quel luogo, vide una porta in faccia alla scala. Incerta se questa la condurrebbe dalla zia, tir? il chiavistello e l'apr?. Si avvide che metteva sul bastione, e l'aria le spense quasi il lume. Le nubi agitate dai venti stentavano a lasciar vedere alcune stelle, raddoppiando gli orrori della notte. Rinchiuse la porta e sal?.

L'immagine della zia, pugnalata forse per mano istessa del marito, venne a spaventarla; e si pent? d'aver osato recarsi in quel luogo. Ma il dovere trionf? della paura, e continu? a camminare. Tutto era calmo. Finalmente le colp? gli sguardi una striscia di sangue sulla scala; le pareti e tutti i gradini n'erano aspersi. Si ferm? sforzandosi di sostenersi, e la sua mano tremante lasci? quasi cadere il lume. Non sentiva nulla; quella torre non[24] pareva abitata da anima viva. Si rimprover? mille volte di essere uscita; temeva sempre di scoprire qualche nuovo oggetto d'orrore; eppure, prossima al termine delle sue ricerche, non sapeva risolversi a perderne il frutto. Riprese coraggio, e giunta alla torre, vide un'altra porta e l'apr?. I fiochi raggi della lampada non le lasciarono vedere che mura umide e nude. Entrando in quella stanza, e nella spaventosa aspettativa di ritrovarvi il cadavere della zia, vide qualcosa in un canto, e colpita da un'orribile convinzione, rest? alcun tempo immobile. Animata quindi da una specie di disperazione, si accost? all'oggetto del suo terrore, e riconobbe un vecchio arnese militare, sotto al quale erano ammucchiate armi. Mentre si dirigeva alla scala per uscire, vide un'altra porta chiusa di fuori con un catenaccio, e dinanzi alla quale si vedevano altre orme di sangue: chiam? ad alta voce la zia, ma nessuno rispose. ? Essa ? morta! ? sclam? allora; ? l'hanno uccisa; il suo sangue rosseggia questi gradini. ? Perd? tutta la forza, depose il lume, e sedette sulla scala. Dopo nuovi inutili sforzi per aprire, scese per tornare alla sua camera. Appena fu nel corridoio, vide Montoni, e spaventata pi? che mai, si gett? in un angolo per non incontrarlo. Gli sent? chiudere una porta, l'istessa ch'ella avea gi? notato. Ne ascolt? i passi allontanarsi, e quando l'estrema distanza non le permise pi? di distinguerlo, entr? in camera e coricossi.

Gi? biancheggiava l'alba e le palpebre d'Emilia non eransi ancora chiuse al sonno; ma alfine la natura spossata di? qualche tregua alle sue pene.


CAPITOLO XXIV

Emilia rest? in camera tutta la mattina, senza ricevere alcun ordine di Montoni, n? vedere altro che gli armati i quali passeggiavano sul bastione.[25] L'inquietudine sul destino della zia la vinse finalmente sull'orrore di parlare a quel barbaro, e decise di recarsi da lui per ottenere il permesso di vederla.

L'assenza troppo prolungata di Annetta provava inoltre ch'era accaduta qualche disgrazia a Lodovico, e ch'essa era tuttavia rinchiusa. Emilia risolse dunque d'andar a vedere se ella fosse ancora nella stanza, e d'avvertirne Montoni: suonava il mezzogiorno. I lamenti della meschina si sentivano all'estremit? della galleria: deplorava il proprio destino e quello di Lodovico; quando intese Emilia, la supplic? a liberarla subito, perch? moriva di fame. La padroncina le rispose che sarebbe andata immediatamente a chiedere la sua liberazione; allora la paura della fame ced? pel momento a quella del padrone; e quando la fanciulla la lasci?, essa la pregava con calore a non iscoprir l'asilo ove nascondeasi: Emilia si avvicin? alla gran sala, ed il tumulto che ud?, gl'individui che incontr? rinnovaronle gli spaventi. Per? pareano pacifici: la guardavano con avidit?, talvolta le parlavano. Traversando la sala per recarsi nel salotto di cedro, ove teneasi d'ordinario Montoni, scorse sul suolo spade infrante e gocce di sangue: quasi quasi credea vedere un cadavere. Avanzandosi, distinse un mormorio di voci, che la fecero titubare se dovesse o no inoltrarsi. Cercava invano cogli occhi qualche servitore per farsi annunziare, ma non ne compariva alcuno. Gli accenti ch'ella intendea non esprimevano pi? la collera, e riconobbe la voce di parecchi convitati della sera precedente. Mentre si disponeva a bussare, comparve lo stesso Montoni; sorpreso, lasci? conoscere nella sua fisionomia tutti i vari moti dell'animo. Emilia, tremante, stavasi mutola. Montoni le domand? con severit? che cosa avesse inteso del loro colloquio. Essa lo accert? di non essere venuta coll'intenzione di ascoltare i di[26] lui segreti, ma per implorare la sua clemenza per la zia e per Annetta. Montoni parve dubitarne, la fiss? con occhio indagatore, e l'inquietudine che provava, non poteva nascere da frivole ragioni. Emilia lo scongiur? di lasciarla andare a visitare sua zia: egli rispose con un sorriso amaro, che conferm? i suoi timori, e le fece perdere il coraggio di rinnovargliene la preghiera.

? Per Annetta, ? diss'egli, ? andate a trovar Carlo, che le aprir?. Lo stolto che l'ha rinchiusa non esiste pi?. ?

Emilia, fremendo, rispose: ? Ma la mia povera zia, signore, per piet?, parlatemi della mia zia...

— Se ne ha cura, ? soggiunse Montoni: ? non ho tempo di rispondere alle vostre vane domande. ? E volle lasciarla. Emilia lo trattenne scongiurandolo di farle sapere ove fosse sua moglie; d'improvviso intesero la tromba, ed un rumore confuso di uomini e di cavalli nel cortile. Montoni corse subito fuori. Emilia, nell'incertezza di seguirlo, affacciatasi alla finestra, le parve distinguere i medesimi cavalieri veduti partire pochi giorni prima, e, scorgendo accorrer gente da tutte le parti, stim? bene di rifugiarsi nella sua camera. La maniera e le espressioni di Montoni quando aveva parlato di sua moglie, confermavano in parte i di lei sospetti. Stava assorta in que' cupi pensieri, quando vide entrare il vecchio Carlo.

? Cara signorina, ? le diss'egli, ? non ho potuto prima d'ora occuparmi di voi. Vi porto frutti e vino, ch? dovete averne bisogno.

— Vi ringrazio, Carlo, ? diss'ella; ? avete forse ricevuto quest'ordine dal signor Montoni?

— No signora, ? rispose il vecchio; ? sua eccellenza ha troppe occupazioni. ?

La fanciulla rinnov? le sue domande sul destino della zia: ma mentre la trascinavano via, Carlo era dall'altra parte del castello, e da quel momento[27] non ne sapeva pi? nulla. Mentr'egli cos? diceva, Emilia lo guardava attenta, e non poteva comprendere se parlasse per ignoranza, o dissimulazione o timore di offendere il padrone. Le rispose laconicamente sulla zuffa della sera prima, accertandola nel tempo stesso che gli alterchi erano finiti, e che il castellano credeva essersi ingannato sospettando degli ospiti. ? Il combattimento non ebbe altra origine, ? soggiunse Carlo, ? ma mi lusingo di non rivedere mai pi? un simile spettacolo in questo castello sebbene vi si preparino cose strane. ? Essa lo preg? di spiegarsi. ? Ah! signora, ? diss'egli, ? non posso tradire il segreto, n? esprimere tutti i miei pensieri in proposito; ma il tempo sveler? tutto. ?

Essa lo preg? di aprire ad Annetta, indicandogli la stanza ove la meschina si trovava rinchiusa; Carlo le promise di soddisfarla; mentre partiva, gli domand? chi fossero i nuovi arrivati: la sua congettura si verific?: era Verrezzi colla sua truppa.

Scorse pi? di un'ora prima che Annetta comparisse. In fine arriv? piangendo e lamentandosi.

? Chi l'avrebbe mai preveduto, signorina? Oh! caso terribile! Oh! povero Lodovico!

— L'hanno proprio ucciso? ? le chiese commossa Emilia.

— No; ma fu ferito gravemente. Ecco perch? non poteva venire ad aprirmi; ma ora comincia a star meglio.

— Cara Annetta, mi rallegro molto nel sentire ch'egli esiste. ?

Appena la giovine fu alquanto calmata, Emilia la mand? a far ricerche sulla zia, ma non pot? averne notizia alcuna.

I due giorni susseguenti passarono senza verun caso notevole, e senza ch'ella potesse saper nulla della zia. La sera del secondo giorno, in preda al suo dolore, ed assalita da funeste imagini, per iscacciarle, si affacci? alla finestra, considerando i[28] tanti astri fulgidissimi e scintillanti nell'azzurro empireo, che tutti seguono una determinata via senza confondersi nello spazio. Si ramment? quante volte col diletto padre ne avesse osservato il corso. Queste riflessioni finirono a destare in lei quasi egualmente dolore e sorpresa. Pens? ai tristi eventi succeduti alle prime dolcezze della vita, alle ultime scosse, alla sua presente situazione in terra straniera, in un castello isolato, circondata da tutti i vizi, esposta a tutte le violenze, e le pareva d'essere illusa da un sogno prodotto dall'immaginazione alterata, n? poteva persuadersi che tanti mali non fossero ideali. Pianse al pensiero di quanto avrebbero sofferto i di lei genitori, se avessero potuto prevedere le sventure che l'attendevano.

Alz? gli occhi al cielo, e vide il medesimo pianeta osservato in Linguadoca la notte precedente alla morte del padre; desso trovavasi al di sopra delle torri orientali. Si ramment? i discorsi relativi allo stato dell'anime, e la melodia intesa, e della quale la sua tenerezza, a dispetto della ragione, aveva ammesso il senso superstizioso. All'improvviso, i suoni d'una dolce armonia parvero traversar l'aere; rabbrivid?, ascolt? qualche minuto in una penosa aspettativa, sforzandosi di raccogliere le idee e ricorrere alla ragione. Ma la ragione umana non ha impero sui fantasmi dell'immaginazione, pi? che i sensi non abbian mezzi per giudicare la forma dei corpi luminosi, che brillano e tosto si estinguono nell'oscurit? della notte.

La sorpresa di lei a quella musica s? dolce e deliziosa, era per lo meno scusabile, essendo gi? molto tempo che non udiva la menoma melodia. Il suono acuto del piffero e della tromba era la sola musica che si conoscesse nel castello di Udolfo.

Allorch? si fu un poco rimessa, cerc? assicurarsi da qual parte venisse il suono. Le parve che partisse dal basso del castello, ma non pot? precisarlo.[29] Il timore e la sorpresa cedettero tosto al piacere di un'armonia, che il silenzio notturno rendeva ancor pi? interessante. La musica cess?, e le idee di Emilia errarono a lungo su questa strana circostanza; era singolare udir musica dopo mezzanotte, allorch? tutti dovevano essere al riposo, e in un castello ove da tanti anni non erasi inteso nulla che vi somigliasse. I lunghi patimenti avevanla resa sensibile al terrore, e suscettibile di superstizione. Le parve che suo padre avesse potuto parlarle con quella musica, per ispirarle consolazione e fiducia sul soggetto ond'era allora occupata. La ragione le sugger? per? questa congettura esser ridicola, e la respinse; ma, per un'inconseguenza naturale della fantasia riscaldata, si abbandon? alle idee pi? bizzarre: ramment? il caso singolare che aveva posto Montoni in possesso del castello; consider? la maniera misteriosa della scomparsa dell'antica proprietaria; non si era mai pi? saputo nulla di lei, ed il suo spirito fu colpito da paura. Non eravi nessun rapporto apparente tra quell'avvenimento e la melodia, eppure cred? che queste due cose fossero legate da qualche vincolo segreto.

Finalmente si ritir? dalla finestra, ma le tremavano le gambe nell'accostarsi al letto. Il lume stava per estinguersi, ed ella fremeva di dover restare al buio in quella vasta camera; ma vergognandosi tosto della sua debolezza, and? a letto pensando al nuovo incidente, e risoluta di aspettare la notte successiva all'ora istessa per ispiare il ritorno della musica.


CAPITOLO XXV

Annetta venne da lei la mattina senza fiato. ? Oh! signorina, ? le disse con tronche parole, ? quante cose ho da raccontarvi! Ho scoperto chi ? il prigioniero, ma non era il prigioniero; ? quello chiuso[30] in quella camera, di cui vi ho parlato, ed io l'aveva preso per un'ombra!

— Chi era quel prigioniero? ? chiese Emilia, ripensando al caso della notte scorsa.

— V'ingannate, signora, non era prigioniero niente affatto.

— Chi ? dunque?

— Beata Vergine! come son rimasta! L'ho incontrato poco fa sul bastione qui sotto! Ah! signora Emilia, questo luogo ? proprio strano. Se ci vivessimo mill'anni, non finirei mai di stupirmi. Ma, come vi diceva, l'ho incontrato sul bastione, e certo pensava a tutt'altro che a lui.

— Queste ciarle sono insopportabili; di grazia, Annetta, non abusare della mia pazienza.

— S?, signorina, indovinate? chi era mo; ? una persona che voi conoscete benissimo.

— Non posso indovinarlo, ? rispose Emilia con impazienza.

— Ebbene, vi metter? sulla strada. Un uomo grande, col viso lungo, che cammina con gravit?, che porta un gran pennacchio sul cappello, che abbassa gli occhi quando gli si parla, e guarda la gente di sotto le ciglia negre e folte! Voi l'avete veduto mille volte a Venezia; era amico intimo del padrone. Ed ora, quando ci penso, di che aveva egli paura in questo vecchio castello selvaggio per chiudervisi con tanta precauzione? Ma adesso prende il largo, ed io l'ho trovato poco fa sul bastione. Tremava nel vederlo; mi ha fatto sempre paura; ma non voleva che se ne accorgesse. Allorch? mi ? passato vicino, gli ho fatto una riverenza, e gli ho detto: Siate il ben venuto al castello, signor Orsino.

— Ah! dunque era Orsino?

— S?, signora; egli stesso, colui che ha fatto ammazzare quel signore veneziano.

— Gran Dio! ? sclam? Emilia; ? egli ? venuto a Udolfo! Ha fatto benissimo a star nascosto.[31]

— Ma che bisogno c'? di tante precauzioni? Chi potrebbe mai immaginarsi di trovarlo qui?

— ? verissimo, ? disse Emilia, ed avrebbe forse concluso che la musica notturna veniva da Orsino, se non fosse stata certa non aver egli n? gusto, n? talento per quell'arte. Non volendo aumentare le paure di Annetta parlando di ci? che cagionava la sua, le domand? se fossevi alcuno nel castello che sapesse suonar qualche istrumento.

? Oh, s?, signorina, Benedetto suona bene il tamburo, Lancellotto ? bravo per la tromba, e anche Lodovico suona bene la tromba. Ma ora ? ammalato. Mi ricordo che una volta...

— Non avresti tu intesa una musica, ? disse Emilia interrompendola, ? dopo il nostro arrivo in questo luogo, e segnatamente la notte scorsa?

— No, signora; non ho inteso mai altra musica, fuor quella dei tamburi e delle trombe. E quanto alla notte passata, non ho fatto altro che sognare l'ombra della mia defunta padrona.

— La tua defunta padrona? ? disse la fanciulla tremando; ? tu sai dunque qualcosa? Dimmi tutto quello che sai, per carit?.

— Ma, signorina, voi non ignorate che nessuno sa cosa sia accaduto di lei: ? dunque chiaro che ha preso l'istessa strada dell'antica padrona del castello, della quale nessuno ha saputo pi? nulla. ?

Emilia, profondamente afflitta, conged? la cameriera, i cui discorsi avevano rianimato i terribili di lei sospetti sul destino della zia, ci? che la decise a fare un secondo sforzo per ottenere qualche certezza in proposito, dirigendosi un'altra volta a Montoni.

Annetta torn? di l? a poche ore, e disse ad Emilia che il portinaio del castello desiderava parlarle avendo un segreto da rivelarle. Quest'ambasciata la sorprese, e le fece dubitare di qualche insidia; gi? esitava ad acconsentire; ma una breve riflessione[32] gliene dimostr? l'improbabilit?, e arross? della sua debolezza.

? Digli che venga nel corridoio, ? rispos'ella, ? e gli parler?. ?

Annetta part?, e torn? poco dopo dicendo:

? Bernardino non ardisce venire nel corridoio, temendo di essere veduto. Si allontanerebbe troppo dal suo posto, e non pu? farlo per adesso. Ma se volete compiacervi di venire a trovarlo al portone, passeremo per una strada segreta ch'egli mi ha insegnata, senza traversare il cortile, e vi racconter? cose che vi sorprenderanno assaissimo. ?

Emilia, non approvando quel progetto, neg? positivamente di andare. ? Digli, ? soggiunse, ? che se ha da farmi qualche confidenza, l'ascolter? nel corridoio quando avr? il tempo di venirci. ?

Annetta and? a portar la risposta, ed al suo ritorno disse ad Emilia: ? Non ho concluso nulla, signorina; Bernardino non pu? in verun modo lasciare la porta in questo momento; ma se stasera, appena far? notte, volete venire sul bastione orientale, egli potr? forse allontanarsi un minuto e svelarvi il suo segreto. ?

Emilia, sorpresa ed allarmata al tempo stesso dal mistero che colui esigeva, esitava sul partito da prendere; ma considerando che forse l'avvertirebbe di qualche disgrazia, od avrebbe da darle notizie della zia; risolse di accettare l'invito. ? Dopo il tramonto del sole, ? disse, ? io sar? in fondo al bastione orientale; ma allora sar? appostata la sentinella; come far? Bernardino a non esser veduto?

— ? appunto ci? che gli ho detto, ed esso mi ha risposto aver la chiave della porta di comunicazione fra il cortile e il bastione, per la quale egli si propone di passare; che quanto alle sentinelle, non ne mettono alcuna in fondo al bastione, perch? le mura altissime e la torre di levante bastano da quella parte per guardare il castello, e che quando sar? oscuro, non potr? esser veduto all'altra estremit?.[33]

— Ebbene, ? disse Emilia, ? sentir? ci? che vuol dirmi, e ti prego di accompagnarmi stasera sul bastione: intanto di' a Bernardino di esser puntuale all'ora indicata, giacch? potrei ancor io esser veduta dal signor Montoni. Dov'? egli? Vorrei parlargli.

— ? nel salotto di cedro, a parlamento con altri signori. Io credo che voglia dare un banchetto per riparare il disordine dell'altra notte: in cucina sono tutti occupatissimi. ?

La padroncina le domand? se aspettavano nuovi ospiti. Annetta non lo credeva. ? Povero Lodovico! ? diss'ella; ? sarebbe allegro come gli altri se fosse ristabilito! Il caso per? non ? disperato: il conte Morano era pi? ferito di lui, e intanto ? guarito e se n'? tornato a Venezia.

— Come facesti a saperlo?

— Me l'han detto ier sera, signorina; mi sono scordata di contarvelo. ?

Emilia la preg? di avvertirla quando Montoni fosse solo. Annetta and? a portar la risposta a Bernardino, che l'aspettava impaziente. Il castellano intanto fu cos? occupato per tutto il giorno, che Emilia non ebbe l'occasione di calmare i suoi timori sul destino della zia. Volse i suoi pensieri all'ambasciata del portinaio: si perdeva in mille congetture, e man mano che si avvicinava l'ora del misterioso colloquio, cresceva la sua impazienza. Il sole finalmente tramont?: sent? appostare le sentinelle, ed appena giunse Annetta, che doveva accompagnarla, scesero insieme. Emilia temeva d'incontrar Montoni, o qualcuno de' suoi. ? Rassicuratevi, ? disse Annetta, ? sono ancora tutti a tavola, e Bernardino lo sa. ?

Giunte al primo terrazzo, la sentinella, grid?: Chi va l?? Emilia rispose, e s'incamminarono al bastione orientale, ove furono fermate da un'altra sentinella, e dopo una seconda risposta, poterono continuare. Emilia non amava esporsi cos? tardi alla[34] discrezione di quella gente, impazientissima di ritirarsi, acceler? il passo per raggiunger Bernardino, ma non trovandolo si appoggi? pensierosa al parapetto. Il bosco e la valle eran sepolti nell'oscurit?, un lieve venticello agitava solo la cima degli alberi, e tratto tratto si udivano voci nell'interno del vasto edifizio.

? Cosa sono queste voci? ? disse Emilia tremante.

— Quelle del padrone e de' suoi ospiti che gozzovigliano, ? rispose Annetta.

— Gran Dio! com'? mai possibile che un uomo sia cos? allegro quando forma l'infelicit? del suo simile!... E la fanciulla guard? con raccapriccio la torre di levante presso cui si trovava: vide una fioca luce attraverso la ferriata della stanza inferiore: una persona vi passava col lume in mano; tale circostanza non rianim? le sue speranze a proposito della signora Montoni, poich?, avendola cercata col? appunto, non vi aveva trovato che una vecchia divisa e delle armi. Nulladimeno si decise a tentar di aprire la torre al di fuori, appena Bernardino si fosse partito da lei.

Passava il tempo, e costui non compariva. Emilia, inquieta, esit? se dovesse aspettarlo ancora; avrebbe mandata Annetta a cercarlo, se non avesse temuto di restar sola.

Mentre ragionava colla seguace della tardanza, lo videro comparire. Emilia si affrett? a domandargli che cosa voleva dirle, pregandolo di non perder tempo, poich? l'aria notturna l'incomodava.

? Licenziate la cameriera, signorina, ? le disse Bernardino con voce sepolcrale, che la fece fremere, ? il mio segreto non posso rivelarlo che a voi sola. ? Emilia esit?, ma fin? a pregare Annetta di allontanarsi alcuni passi; indi gli disse: ? Ora, amico mio, son sola, cosa volete dirmi? ?

Egli tacque un momento, come per riflettere poi, rispose: ? Io perderei certo il mio impiego se lo[35] sapesse il padrone. Promettetemi, signorina, che non paleserete a chicchessia sillaba di ci? che son per dirvi. Chi si ? fidato di me in quest'affare me ne farebbe pagare il fio se venisse a capire ch'io l'avessi tradito. Ma mi sono interessato per voi, e voglio dirvi tutto. ? Emilia lo ringrazi? accertandolo della sua segretezza, e lo preg? di continuare. ? Annetta mi ha detto nel tinello, quanto voi state in pena per la signora Montoni, e quanto desiderate essere informata del suo destino.

— ? vero, se lo sapete ditemi tosto ci? che ha di pi? terribile; son parata a tutto.

— Io posso dirvelo, ma vi veggo cos? afflitta, che non so come cominciare.

— Son parata a tutto, amico, ? ripet? Emilia con voce ferma ed imponente, ? e preferisco la pi? terribile certezza a questo dubbio crudele.

— Se ? cos?, vi dir? tutto. Gi? sapete che il padrone e sua moglie non andavano d'accordo; non tocca a me conoscerne il motivo, ma credo che ne saprete il risultato.

— Bene, ? disse Emilia, ? e cos??

— Il padrone, a quanto pare, ha avuto ultimamente un forte alterco con lei: io vidi tutto, intesi tutto, e pi? di quel che possono supporre; ma ci? non riguardandomi, io non diceva nulla. Pochi giorni sono egli mi mand? a chiamare e mi disse: Bernardino, tu sei un brav'uomo, e credo potermi fidare di te... Lo assicurai della mia fedelt?. Allora, per quanto mi ricordo, mi disse: Ho bisogno che tu mi serva in un'affare importante. Mi ordin? ci? che doveva fare; ma di questo non dir? nulla, ch? concerne soltanto la padrona.

— Cielo! che faceste? qual furia poteva indurvi ambidue ad un atto cos? detestabile?

— Fu una furia, ? rispose Bernardino con voce cupa, e tacquero entrambi. Emilia non aveva coraggio di domandarne davvantaggio. Bernardino pareva temere di spiegarsi pi? particolarmente; alfine[36] soggiunse: ? ? inutile riandare il passato. Il padrone fu troppo crudele, s?, ma voleva essere obbedito. Se io mi fossi ricusato, ne avrebbe trovato un altro meno scrupoloso di me.

— L'avete uccisa? ? balbett? Emilia; ? io dunque parlo con un sicario? ? Bernardino tacque, e la fanciulla mosse un passo per lasciarlo.

— Restate, signorina, ? ei le disse; ? voi meritereste di lasciarvelo credere, giacch? me ne stimaste capace.

— Se siete innocente, ditelo tosto ? soggiunse Emilia quasi moribonda; ? non ho forza bastante per ascoltarvi maggior tempo.

— Or bene, la signora Montoni ? viva per me solo; essa ? mia prigioniera: sua eccellenza l'ha confinata nella camera di sopra del portone, e me ne affid? la custodia. Voleva dirvi che avreste potuto parlarle; ma ora... ?

Emilia, sollevata a tai parole da inesprimibile angoscia, scongiurollo di farle vedere la zia. Egli vi acconsent? senza farsi pregar molto, e le disse che la notte seguente, allorch? Montoni fosse a letto, se voleva recarsi alla porta del castello, potrebbe forse introdurla dalla prigioniera.

In mezzo alla riconoscenza che le ispirava siffatto favore, parve alla fanciulla di scorgere ne' di lui sguardi una certa soddisfazione maligna, mentre pronunziava quest'ultime parole. Sulle prime scacci? tale idea, lo ringrazi? di nuovo, e raccomand? la zia alla di lui piet?, assicurandolo che l'avrebbe ricompensato, e sarebbe esatta all'appuntamento indicato; quindi gli augur? buona sera, ed andossene.

Pass? qualche ora prima che la gioia, eccitata in lei dal racconto di Bernardino, le permettesse di giudicare con precisione dei pericoli che minacciavano ancora la zia e lei stessa. Quando la sua agitazione si calm?, riflett? che la zia era prigioniera d'un uomo, il quale poteva sacrificarla alla vendetta o all'avarizia sua. Allorch? pensava all'atroce fisonomia[37] del portinaio, credeva che il suo decreto di morte fosse gi? firmato; immaginando colui capace di consumare qualunque atto barbaro. Queste idee le rammentarono l'accento col quale le aveva promesso di farle vedere la prigioniera. Le venne mille volte in idea che la zia potesse esser gi? morta, e che lo scellerato era forse incaricato d'immolare anche lei all'avarizia di Montoni, il quale di tal guisa sarebbe entrato in possesso dei suoi beni in Linguadoca, che avevan formato il tema d'una s? odiosa contestazione. L'enormit? di questo doppio delitto gliene fece alla fine respingere la probabilit?; ma non perd? tutti i timori, n? tutti i dubbi ispiratile dalle maniere di Bernardino.

La notte era gi? molto avanzata, ed ella si afflisse quasi di non sentir la musica, della quale aspettava il ritorno con sentimento pi? forte della curiosit?. Distinse lunga pezza le risa smoderate di Montoni e de' suoi convitati, le canzoni lubriche, e sent? finire ben tardi i loro rumorosi discorsi. Sussegu? un profondo silenzio interrotto soltanto dai passi di quelli che si ritiravano ne' rispettivi alloggi. Emilia, ricordandosi che la sera precedente aveva intesa la musica press'a poco all'istess'ora, apr? pian piano la finestra, stando in attenzione della soave armonia.

Il pianeta da lei osservato al primo sentire della musica, non si vedeva ancora, e cedendo ad una impressione superstiziosa, guardava attenta la parte del cielo in cui doveva apparire, aspettando la melodia nello stesso momento. Alfine esso comparve, rifulgendo sopra le torri orientali. Emilia tese l'orecchio, ma indarno. Le ore scorsero in ansiosa aspettativa; nessun suono turb? la calma solenne della natura. Ella rimase alla finestra finch? l'alba non cominci? a biancheggiare le vette de' monti, e persuasa allora che la musica non si sarebbe altrimenti sentita, se ne and? a letto.


[38]

CAPITOLO XXVI

Emilia rest? sorpresa il d? seguente udendo che Annetta sapeva la detenzione della zia nella camera sopra il portone d'ingresso del castello, e non ignorava neppure il progetto di visita notturna; che Bernardino avesse potuto confidare alla cameriera un mistero cos? importante era poco probabile, ma intanto le mandava un messaggio relativo al loro colloquio, invitandola a trovarsi sola, un'ora dopo mezzanotte, sul bastione, e aggiungendo che avrebbe agito secondo la promessa. Emilia frem? a tale proposta, e fu assalita da mille timori simili a quelli che l'avevano agitata la notte. Non sapea qual partito prendere: figuravasi spesso che Bernardino l'avesse ingannata; che forse aveva gi? assassinata la zia; ch'era in quel momento il sicario di Montoni, il quale voleva sacrificarla all'esecuzione dei suoi progetti. Il sospetto che la infelice donna non vivesse pi?, si riun? ai suoi timori personali. Infatti, lo zio sapeva che, in caso di morte della moglie senza avergli fatta la cessione de' suoi beni, li avrebbe ereditati Emilia; ned era improbabile ch'egli pensasse a sbarazzarsi anche di lei per entrar in tranquillo possesso di quelle tanto agognate sostanze. Alfine, il desiderio di liberarsi da tante crudeli incertezze, la decisero a non mancare al convegno.

? Ma come potr? io, ? diss'ella, ? traversar il bastione cos? tardi? Le sentinelle mi fermeranno, e il signor Montoni lo sapr?.

— Bernardino ha pensato a tutto, ? rispose Annetta; ? ei mi ha dato questa chiave, incaricandomi d'avvertirvi ch'essa apre una porta in fondo alla galleria a v?lta, che conduce al bastione di levante; cos? non temerete d'incontrare gli uomini di guardia. Mi ha incaricato di dirvi inoltre che vi fa andare sul terrazzo sola per condurvi al luogo[39] convenuto, onde non aprire la sala grande, il cui cancello cigola. ? Questa spiegazione cos? naturale calm? Emilia.

? Ma perch? vuole egli ch'io vada sola?

— Perch?? glie l'ho domandato appunto. Perch?, gli dissi, non potrei venire anch'io? che male ci sarebbe? Ma mi ha risposto di no. Io volli persistere: fu inflessibile. Mi figuro per? che saprete chi andate a vedere.

— Te lo ha forse detto Bernardino?

— No, signora, non mi ha detto nulla. ?

Per tutto il resto del d?, Emilia fu in preda a continue incertezze. Ud? suonare la mezzanotte e titubava ancora. La piet? per la zia vinse alfine ogni ripugnanza: preg? Annetta di seguirla fino alla porta della galleria, e quivi aspettare il suo ritorno. Giunta col?, apr?, tremando, la porta, ed entrata sola e senza lume sul bastione, avanzossi guardinga ed attenta verso il luogo convenuto, cercando Bernardino attraverso le tenebre. Raccapricci? al suono di una voce rauca che parlava vicino a lei, e riconobbe tosto il portinaio, il quale l'aspettava appoggiato al parapetto. E' le rimprover? la sua tardanza, dicendole aver mancato pi? di mezz'ora. Le disse di seguirlo, ed accostossi al luogo ond'era entrato sul terrazzo. Quando la porta fu aperta, la tetra oscurit? dell'andito, illuminato da una sola fiaccola che ardeva infissa nel suolo, la fece fremere; ricus? di entrarvi, a meno che non permettesse ad Annetta di accompagnarla. Bernardino si oppose, ma un? destramente al rifiuto tante particolarit? proprie ad eccitare la curiosa piet? di Emilia per la zia, che riusc? a persuaderla a seguirlo fino al portone. Egli prese la torcia e and? avanti. In fondo all'andito apr? un'altra porta, e scesi pochi gradini si trovarono in una cappella diroccata. La fanciulla si ramment? alcuni discorsi di Annetta su tal proposito. Contemplava con terrore quelle mura senza v?lta[40] e coperte di musco; quelle finestre gotiche dove l'ellera e la brionia supplivano da lunga pezza ai vetri, ed i cui festoni frammischiavansi ai capitelli infranti. Bernardino urt? in una pietra e proruppe in una bestemmia orribile, resa pi? tremenda dall'eco lugubre. Il cuore di lei si agghiacci?, ma continu? a seguirlo, ed egli volt? a destra. ? Per di qui, signorina, ? le disse, scendendo una scala che pareva addurre a profondi sotterranei. Emilia si ferm? domandandogli con voce tremante ove pretendesse condurla.

? Al portone, ? rispose Bernardino.

— Non possiamo andarci per la cappella?

— No, signora, essa ci condurrebbe nel secondo cortile, ch'io voglio scansare. ?

Emilia esitava ancora, temendo egualmente di andare innanzi, e d'irritare colui ricusando di seguirlo.

? Venite, signorina, ? diss'egli, giunto gi? in fondo alla scala, ? spicciatevi: io non posso star qui tutta notte; non vi aspetto pi?. ? S? dicendo, and? innanzi, portando sempre la fiaccola. Emilia, temendo di restar nelle tenebre, lo segu? con ripugnanza. Giunsero in un sotterraneo, ove l'aria umida e grossa, i folti vapori oscuravan talmente la fiaccola, che Bernardino, per paura non gli si spegnesse, si ferm? un momento ad attizzarla; nell'intervallo, Emilia osserv? vicino a lei un doppio cancello di ferro, e, pi? lontano, alcuni mucchi di terra che parevano circondare una fossa da morti. Simile spettacolo in cotal luogo l'avrebbe colpita violentemente in ogni altro tempo, ma allora cred? quella fosse la tomba della zia, e che il perfido Bernardino conducesse anche lei alla morte. Il luogo oscuro e terribile ove ritrovavansi giustificava quasi il suo pensiero, che sembrava adattato al delitto, e vi si poteva commettere impunemente un assassinio. Vinta dal terrore, non sapeva che risolvere,[41] pensando come vana fosse la fuga, impedita dalla tenebria e dal lungo cammino, non che dalla sua debolezza. Pallida ed inquieta, aspettava che Bernardino avesse attizzata la fiaccola, e siccome la sua vista ricorreva sempre alla fossa, non pot? a meno di chiedergli per chi fosse preparata. L'uomo volse v?r lei gli sguardi senza rispondere. Ella ripet? la domanda; colui, scuotendo la face, and? oltre, n? aperse bocca. La fanciulla cammin? tremando sino ad un'altra scala, salita la quale trovaronsi nel primo cortile. Nel traversarlo, la fiamma lasciava vedere le alte e nere muraglie tappezzate di lunghe erbe sporgenti dalle commessure, e coronate da torricelle contrastanti colle enorme torri del portone. In quel quadro risaltava la tarchiata figura di Bernardino. Costui era avvolto in un lungo mantello scuro, sotto del quale appena si scuoprivano i suoi coturni, o sandali, e la punta della lunga sciabola che portava costantemente al fianco. Aveva in testa un berretto basso di velluto nero ornato d'una piccola piuma. I lineamenti duri esprimevano un umore burbero, astuto ed impaziente. La vista del cortile rianim? l'abbattuta Emilia, e nell'avvicinarsi al portone cominci? a sperare di essersi ingannata nelle sue paurose congetture; guardando inquieta la prima finestra sopra la v?lta, e vedendola scura, domand? se fosse quello il luogo ove trovavasi rinchiusa la sua zia. Essa parlava adagio, e Bernardino non parve intenderla perch? non le rispose. Entrarono nell'edifizio, e trovaronsi ai pi? della scala d'una delle torri.

? La signora Montoni dorme lass?, ? disse Bernardino.

— Dorme! ? rispose Emilia salendo.

— Dorme in quella camera lass?, ? soggiunse l'uomo.

Il vento che soffiava per quelle profonde cavit? accrebbe la fiamma della torcia, la quale rischiar?[42] vie meglio l'atroce figura di Bernardino, le vetuste pareti, la scala a chiocciola annerita dal tempo, e gli avanzi di vecchie armature che parean il trofeo d'antiche vittorie.

Giunti al pianerottolo, la guida mise una chiave nella serratura d'una stanza, ? Potete entrar qui, ? le disse, ? ed aspettarmi: intanto vado a dire alla padrona che siete arrivata.

— ? una precauzione inutile, ch? mia zia mi vedr? volentieri.

— Non ne sono ben sicuro, ? soggiunse Bernardino additando la camera. ? Entrate, signorina, che io vado ad avvertirla. ?

Emilia, sorpresa ed offesa in certo qual modo, non ard? resistere; ma siccome colui portava via la fiaccola, lo preg? di non lasciarla al buio. Ei si guard? intorno, e veduta una lucerna in sulla scala, l'accese e la diede alla fanciulla, la quale entr?, ed egli chiuse la porta al di fuori; ascolt? attenta, e le parve che, in vece di salire, scendesse la scala, ma il vento impetuoso che soffiava sotto il portone, non le permetteva di distinguere alcun suono; infine, non udendo verun movimento nella camera superiore aveva detto il custode che stava la Montoni, stette viepi? perplessa. Poco dopo, in un intervallo di calma, le parve sentir scendere Bernardino nel cortile, e di ascoltarne perfino la voce. Tutti i primieri timori tornarono a colpirla pi? forte, persuasa non fosse pi? errore dell'immaginazione, ma un avvertimento del destino che doveva subire: non dubit? che la sua zia non fosse stata immolata, e forse in quella medesima stanza ove aveano tratto anche lei pel medesimo oggetto. Il contegno e le parole di Bernardino a proposito della zia confermavano le sue idee lugubri. Stava attenta, e non sentiva verun rumore n? sulla scala, n? nella stanza superiore; accostatasi alla finestra munita di ferree sbarre, ud? alcune voci tra il soffio del vento,[43] ed al lume di una torcia che pareva essere sotto la v?lta, vide sul suolo l'ombra di parecchi uomini, tra cui una colossale, che riconobbe per quella del feroce custode.

Appena il di lei spirito si fu calmato, prese il lume per vedere se le fosse possibile di fuggire. La stanza era spaziosa, n? aveva altre aperture che la finestra e la porta per la quale era entrata: non c'erano mobili, all'infuori di un seggiolone di bronzo fisso in mezzo alla stanza, e sul quale pendeva una grossa catena di ferro, infissa alla v?lta. Lo guard? a lungo con orrore e sorpresa; osserv? vari cerchi pure di ferro per chiudervi le gambe, ed altri simili anelli sui bracciuoli della sedia. Si convinse che quell'odiosa macchina era un istrumento di tortura, e che pi? d'un infelice, incatenato col?, doveva esservi morto di fame. Se le rizzarono i capelli al pensiero di trovarsi in siffatto luogo, e precipitossi all'altra estremit? per cercarvi uno sgabello; ma non vide che una tenda oscura, la quale copriva intieramente parte della stanza. Attonita, stette a considerarla con ispavento: desiderava e temeva di sollevarla per vedere ci? che ricoprisse: due volte fu trattenuta dalla rimembranza dello spettacolo orribile che la sua mano temeraria aveva scoperto nell'appartamento chiuso; ma pensando che forse nascondeva il cadavere della zia assassinata, spinta dalla disperazione, l'alz?. Dietro trovavasi un cadavere steso sopra un lettuccio basso e lordo di sangue; la sua faccia, sfigurata dalla morte, era schifosa e coperta di livide ferite. Emilia lo contempl? con occhio avido e smarrito: ma il lume le cadde di mano; e cadde ella stessa svenuta a' pi? dell'orribile oggetto.

Allorch? riebbe i sensi, si trov? nelle braccia di Bernardino, e circondata da gente che la trasportava fuori: si accorse di che si trattava; ma l'estrema debolezza non le permise di alzar la voce,[44] n? di fare moto alcuno, e scese la scala. Si fermarono sotto la v?lta: uno di coloro, togliendo la torcia a Bernardino, apr? una porta laterale, ed uscendo sulla piattaforma, lasci? distinguere gran quantit? di gente a cavallo. Sia che l'aria aperta l'avesse un poco rianimata, o che quegli strani oggetti la restituissero al sentimento del pericolo, la fanciulla gett? alcune strida e fece vani sforzi per isciogliersi da quei briganti.

Bernardino intanto chiedeva la torcia, alcune voci lontane rispondevano, parecchie persone si avvicinavano, e un lume comparve nel cortile; Emilia fu trascinata fuor della porta: ella vide lo stesso uomo che teneva la torcia del portinaio, occupato a far lume ad un altro, il quale sellava un cavallo in fretta, circondato da altri cavalieri dal truce aspetto.

? Perch? perdere tanto tempo? ? disse Bernardino, bestemmiando ed avvicinandosi; ? spicciatevi, fate presto, perdio!

— La sella ? quasi pronta, ? rispose l'uomo che l'affibbiava, e Bernardino bestemmi? di nuovo per siffatta trascuraggine. Emilia, che gridava aiuto con voce fioca, fu trascinata verso i cavalli, ed i briganti disputarono fra loro su quale dovessero farla montare. In quella usc? molta gente con lumi, ed Emilia conobbe distintamente, fra tutte le altre, la voce strillante di Annetta: scorse quindi Montoni e Cavign? seguiti da soldati. Non li vedeva pi? allora con paura, ma con isperanza, e non pensava pi? ai pericoli del castello, dal quale poco prima desiderava tanto fuggire.

Dopo una breve zuffa, Montoni ed i suoi sconfissero i nemici, i quali, in minor numero, e poco interessati forse nell'impresa ond'erano incaricati, fuggirono di galoppo. Bernardino sparve fra le tenebre, ed Emilia fu ricondotta nel castello. Ripassando dal cortile, la memoria di quanto aveva veduto nella stanza del portone rinnov? in lei i terrori[45] primieri; e quando ud? ricadere la saracinesca che la rinchiudeva ancora in quelle mura formidabili, frem?, ed obliando quasi il nuovo pericolo cui era sfuggita, non poteva comprendere come la vita e la libert? non si trovassero al di l? di quelle barriere.

Montoni ordin? ad Emilia d'aspettarlo nella sala di cedro. Vi and? poco dopo, e l'interrog? con severit? sul misterioso avvenimento. Sebbene lo riguardasse allora come l'assassino di sua zia, e potesse appena soddisfare alle sue domande, pure le di lei risposte poterono convincerlo non avere essa avuto volontariamente alcuna parte nella trama, e la conged? appena vide comparire la sua gente, che aveva fatto radunare per iscoprire i complici.

Emilia stette un pezzo agitata prima di poter riflettere sull'occorso. Il cadavere veduto dietro alla tenda stavale sempre innanzi agli occhi, e ruppe in dirotto pianto. Annetta gliene chiese il motivo, ma essa non volle confidarglielo, per timore di irritare Montoni.

Costretta a concentrare in s? tutto l'orrore di quel segreto, la di lei ragione fu per soccombere all'insopportabile peso. Quando Annetta le parlava, essa non l'udiva, o rispondeva fuor di proposito; sospirava, ma non versava lagrime. Spaventata dalla di lei situazione, Annetta corse ad informarne Montoni: egli aveva allora congedati i servi, senza avere scoperto nulla. Il commovente racconto che gli fece la cameriera sullo stato di Emilia, lo indusse a recarsi da lei. Al suono della sua voce, la fanciulla alz? gli occhi, un raggio di luce parve ravvivarne gli spiriti: si alz? per ritirarsi lentamente in fondo alla camera. Montoni le parl? con dolcezza: essa lo guardava con aria curiosa e spaventata, rispondendo sempre di s? a tutte le sue domande. Il di lei spirito pareva aver ricevuto una sola impressione, quella della paura. Annetta non poteva spiegar[46] questo disordine, e Montoni, dopo inutili sforzi per farla parlare, ordin? alla donzella di restar l? tutta notte, e d informarlo il giorno di poi del suo stato.

Partito che fu, Emilia si ravvicin?, e domand? chi fosse colui ch'era venuto ad inquietarla, Annetta le rispose ch'era il signor Montoni, ed essa, ripetendo replicatamente questo nome, si lasci? condurre al letto, e l'esamin? con occhio smarrito; volgendosi quindi tremando alla seguace, la scongiur? a non lasciarla, dicendo che dopo la morte di suo padre era stata abbandonata da tutti. Annetta ebbe la prudenza di non interromperla, e quando, dopo aver pianto molto, la vide infine cedere al sonno, l'affezionata ragazza, obliando ogni paura, rest? sola ad assistere Emilia tutta notte.


CAPITOLO XXVII

Il riposo restitu? le forze alla fanciulla. Svegliandosi vide con sorpresa Annetta addormentata su d'una sedia vicina e tent? di rammentarsi le circostanze della sera uscitele talmente dalla memoria, che non gliene restava traccia: fissava tuttavia gli occhi sopra la cameriera, quando questa si dest?.

? Ah, cara padroncina mi riconoscete? ? sclam? essa.

— Se ti riconosco! Sicuramente; tu sei Annetta; ma come ti trovi qui?

— Oh! voi siete stata malissimo, in verit?, ed io credeva...

— ? singolare, ? disse Emilia, procurando rammentarsi il passato; ? ma parmi essere stata funestata da un sogno orribile! Dio buono! ? soggiunse raccapricciando; ? certo non poteva essere che un sogno. ? E fissava sguardi spaventati su Annetta, la quale, volendo tranquillarla, le rispose: ? Non era un sogno, no, ma ora tutto ? finito.

— Essa fu dunque uccisa? ? disse Emilia tremante.[47] Annetta mise un grido; essa ignorava la circostanza che ricordavasi la fanciulla, ed attribuiva la frase al delirio. Quand'ebbe chiaramente spiegato ci? che aveva voluto dirle, Emilia si ramment? il tentativo per rapirla, e domand? se l'autore del progetto era stato scoperto. L'altra le rispose di no, sebbene fosse facile indovinarlo, e disse che doveva a lei la sua liberazione. ? ? cos?, signora Emilia, ? continu? Annetta; ? io era decisa ad essere pi? accorta di Bernardino, il quale non aveva voluto confidarmi il suo segreto; ma io mi era piccata di scuoprirlo. Invigilava sulla terrazza; ed appena egli ebbe aperta la porta, uscii per cercar di seguirvi, persuasissima che non si progettava nulla di buono con tanto mistero. Assicuratami che non aveva chiusa la porta internamente, l'aprii, e vi tenni dietro da lontano, aiutata dal chiaror della fiaccola, fin sotto la v?lta della cappella. Io ebbi paura di andare avanti, avendo sentito raccontare cose strane di quel luogo, ma temeva parimenti ritornarmene sola; e mentre Bernardino attizzava la torcia, vinsi ogni timore, vi seguii fino al cortile, e quando saliste la scala, scivolai pian piano sotto il portone, ove intesi un calpest?o di cavalli al di fuori, e vari uomini che bestemmiavano contro Bernardino, perch? tardava a condurvi; ma col? fui quasi sorpresa: il custode scese, ed io ebbi appena il tempo di schivarlo. Aveva sentito abbastanza per sapere di che si trattava, n? dubitai pi? che c'entrasse il conte Morano in quel progetto, bench? fosse partito. Corsi indietro al buio, obliando tutte le paure; eppure non farei un'altra volta lo stesso tragitto per tutto l'oro del mondo. Fortunatamente il signor Cavign? ed il padrone erano ancora alzati; in un batter d'occhio radunammo gente, e abbiam fatti fuggire i briganti. ?

L'ancella aveva cessato di parlare, e Emilia parea ascoltare ancora. Finalmente, rompendo il silenzio,[48] disse: ? Credo sia meglio andarlo a trovare io stessa. Dov'?? ?

Annetta domand? di chi parlasse.

? Del signor Montoni; ho bisogno di vederlo. ? Annetta, rammentandosi allora l'ordine ricevuto la sera, si alz? immantinente, dicendo che incaricavasi d'andarlo a cercare.

I sospetti della buona ragazza sul conte erano fondatissimi; e Montoni, non dubitandone anch'esso, cominci? a presumere che il veleno mescolato col vino vi fosse stato messo per ordine di Morano.

Le proteste di pentimento da questi fatte ad Emilia allorch? fu ferito, erano sincere quando le fece, ma erasi ingannato anche lui. Aveva creduto disapprovare i suoi progetti, e si affliggeva soltanto del funesto loro risultato; quando per? fu guarito, le sue speranze si rianimarono, e si trov? disposto ad intraprendere nuovi tentativi. Il portinaio del castello, lo stesso ond'erasi gi? servito, accett? volentieri un secondo regalo, e quand'ebbero concertato il ratto di Emilia, il conte part? pubblicamente dall'abituro ov'era stato a curarsi, e si ritir? colla sua gente a qualche miglio di distanza. Le ciarle sconsiderate di Annetta avendo somministrato a Bernardino un mezzo quasi sicuro per ingannare Emilia, il conte nella notte convenuta mand? tutti i suoi servi alla porta del castello, restando esso all'abituro per aspettarvi la fanciulla, cui si proponeva di condurre a Venezia. Abbiamo gi? veduto in qual modo and? a vuoto il suo progetto; ma le violente e diverse passioni dalle quali fu agitata l'anima gelosa di lui, son difficili ad esprimere.

Annetta fece l'ambasciata a Montoni e gli domand? un colloquio per la nipote: egli rispose che fra un'ora sarebbe stato nel salotto di cedro. Emilia non sapeva qual esito dovesse aspettarsi dall'abboccamento, e fremeva d'orrore alla sola idea della sua presenza; voleva parlargli del funesto destino[49] della zia, e supplicarlo d'una grazia che ardiva appena sperare, di ritornare cio? in patria, giacch? la zia non esisteva pi?.

Mentre, combattuta da mille timori, rifletteva sulla prossima conferenza, e sulle probabili conseguenze che potea derivargliene, Montoni le fece dire non poterla vedere se non il giorno dopo: Emilia non seppe che cosa pensare di tal ritardo. Annetta le disse, che Verrezzi e la sua truppa tornavano per certo alla guerra: il cortile esser pieno di cavalli, ed avere saputo che il resto della banda era aspettato per prendere tutti insieme un'altra direzione. Quando fu notte, Emilia si ramment? la musica misteriosa gi? udita; vi attaccava tuttavia una specie d'interesse, sperando provarne qualche sollievo. L'influenza della superstizione diventava ogni giorno pi? attiva sulla di lei fantasia infiacchita; conged? Annetta, e risolse di restar sola per aspettare la musica. And? diverse volte alla finestra invano; le parve avere intesa una voce, e dopo un profondo silenzio, si cred? nuovamente delusa nella sua aspettativa.

Cos? pass? il tempo fino a mezzanotte, ed allora tutti i rumori lontani che si facevano sentire nell'abitato, cessarono quasi nello stesso momento, e il sonno parve regnar dappertutto. Torn? alla finestra, e fu scossa da suoni straordinari: non era un'armonia, ma il basso lamento d'una persona desolata. Atterrita, stette ad ascoltare: i flebili lamenti eran cessati: si chin? fuori della finestra per iscoprire qualche lume: una perfetta oscurit? avvolgeva le camere sottoposte, ma cred? vedere a poca distanza, sul bastione, moversi qualche oggetto. Il debole chiarore delle stelle non le permetteva di distinguer bene: s'immagin? fosse una sentinella, e cel? il lume per osservare meglio senza essere veduta.

Il medesimo oggetto ricomparve quasi sotto la[50] finestra: essa distinse una figura umana; ma il silenzio con cui si avanzava le fe' credere non fosse una sentinella; la figura si accost?: Emilia voleva ritirarsi, ma la curiosit? la spingeva a restare, ed in quell'incertezza l'incognito si pose in faccia a lei e rest? immobile. Il profondo silenzio, la misteriosa ombra la colpirono talmente, che stava per ritrarsi, allorch? vide la figura muoversi lungo il parapetto e sparire. Emilia pens? qualche tempo a questa strana circostanza, non dubitando di aver veduto un'apparizione soprannaturale. Allorch? fu pi? tranquilla, si ricord? ci? che le avean detto delle temerarie imprese di Montoni, e le venne in idea d'aver visto uno di quegl'infelici spogliati dai banditi, divenuto loro prigioniero, e ch'egli fosse l'autore della musica misteriosa. Riflettendo per? che un prigioniero non poteva passeggiare cos? senza guardia, respinse tale idea.

Cred? in seguito che Morano avesse trovato il mezzo d'introdursi nel castello, ma se le presentarono tosto le difficolt? ed i pericoli di siffatta impresa, tanto pi? che se gli fosse riuscito di giunger fin l?, non sarebbesi contentato di stare muto a mezzanotte sotto la finestra, giacch? conosceva perfettamente la scala segreta, e non avrebbe per certo fatto quei lamenti da lei intesi. Giunse perfino a supporre, fosse qualcuno che volesse impadronirsi del castello; ma i suoi dolorosi sospiri distruggevano anche questa congettura. Allora risolse di vegliare la notte successiva per cercar di dilucidare il mistero, decisa ad interrogare la figura se si fosse di nuovo mostrata.


[51]

CAPITOLO XXVIII

Il giorno di poi Montoni mand? ad Emilia una seconda scusa, che la sorprese non poco.

Verso sera, il distaccamento che aveva fatta la prima scorreria nelle montagne, torn? al castello: dalla sua camera remota, Emilia sent? le frenetiche grida ed i canti di vittoria. Annetta venne poco dopo ad avvertirla che coloro si rallegravano alla vista d'un immenso bottino. Tal circostanza la conferm? nell'idea, che Montoni fosse realmente un capo di masnadieri, e si fosse prefisso di ristabilire la sua opulenza assaltando i viaggiatori. In verit?, quand'essa rifletteva alla posizione di quel castello fortissimo, quasi inaccessibile, isolato in mezzo a quei monti selvaggi e solilari, lontano da citt?, borghi e villaggi, sul passaggio dei pi? ricchi viaggiatori; le pareva che tal situazione fosse adattatissima per progetti di rapina, e non dubit? che Montoni non fosse realmente un capo di assassini. Il di lui carattere sfrenato, audace, crudele e intraprendente, conveniva molto ad una simile professione; amava il tumulto, e la vita burrascosa; era insensibile a piet? e timore; il suo coraggio somigliava alla ferocia animale: non era quel nobile impulso che eccita il generoso contro l'oppressore a pro dell'oppresso; ma una semplice disposizione fisica che non permette all'anima di sentire il timore, perch? non sente null'altro.

La supposizione di Emilia, quantunque plausibile, non era per? abbastanza esatta: essa ignorava la situazione dell'Italia, e l'interesse rispettivo di tante contrade belligeranti. Siccome i redditi di parecchi Stati non bastavano a mantenere eserciti, neppure nel breve periodo in cui il genio turbolento dei governi e dei popoli permetteva di godere i benefizi della pace, si form? a quell'epoca un ordine[52] di uomini ignoti nel nostro secolo, e mal dipinti nella storia di quello. Fra i soldati licenziati alla fine di ciascuna guerra, un piccolissimo numero soltanto tornava alle arti poco lucrative della pace e del riposo. Gli altri, talvolta passavano al servizio de' potentati in guerra; tal altra formavansi in bande di briganti, e padroni di qualche forte, il loro carattere disperato, la debolezza dei governi, e la certezza che al primo segnale sarebbero corsi sotto le bandiere, li metteva al coperto da ogni persecuzione civile. Si attaccavano spesso alla fortuna d'un capo popolare, che li conduceva al servizio di qualche Stato, e trafficava il prezzo del loro coraggio. Quest'uso fe' dar loro l'epiteto di condottieri, nome formidabile in Italia per un periodo assai lungo. Ne vien fissato il fine al principio del secolo decimosettimo; ma sarebbe quasi impossibile indicarne con precisione l'origine.

Quando non erano assoldati, il capo d'ordinario risiedeva nel suo castello; e l?, o ne' luoghi circonvicini, godevano tutti dell'ozio e del riposo. Talvolta soddisfavano i bisogni a spese dei villaggi, ma tal altra la loro prodigalit?, allorch? dividevano il bottino, ricompensava ad usura delle loro sevizie, ed i loro ospiti prendevano alla lunga qualche tinta del carattere bellicoso. Montoni, spinto dalle grosse perdite al giuoco, aveva finito col farsi anch'egli capo d'una di queste bande; Orsino ed altri si riunirono a lui, e l'avanzo de' loro averi avea servito a formare un fondo per l'impresa.

Appena fu notte, Emilia torn? alla finestra, decisa di osservare pi? esattamente la figura, caso mai ricomparisse. Intanto perdevasi in mille congetture. Sentivasi spinta quasi irresistibilmente a cercar di favellarle; ma ne la tratteneva il terrore. ? Se fosse una persona, ? pensava, ? che avesse progetti su questo castello, la mia curiosit? potrebbe forse divenirmi fatale; eppure que' lamenti, quella[53] musica da me intesi son certo suoi, n? posson venire da un nemico. ?

La luna tramont?, l'oscurit? divenne profonda; ella intese suonare la mezzanotte senza vedere n? sentir nulla, e cominci? a formar qualche dubbio sulla realt? della precedente visione, per cui, stanca di aspettare invano, se ne and? a letto.

Montoni non pens? neppure il giorno seguente a farla chiamare pel richiesto abboccamento. Pi? interessata che mai di vederlo, gli fece domandare, per mezzo di Annetta, a qual ora potesse riceverla; egli le assegn? le undici ore. Emilia fu puntuale, si arm? di coraggio per sopportar la vista dell'assassino di sua zia, e lo trov? nel salotto di cedro circondato da tutti i suoi ospiti, alcuni dei quali si volsero appena l'ebbero veduta, facendo un'esclamazione di sorpresa. Emilia, vedendo che Montoni non le badava, voleva ritirarsi, allorch? esso la richiam? indietro.

? Vorrei parlarvi da sola, signore, se ne aveste il tempo.

— Sono in compagnia di buoni amici pei quali non ho segreti; parlate dunque liberamente, ? rispose Montoni.

Emilia senza aprir bocca, s'incammin? verso la porta, ed allora Montoni si alz? e la condusse in un gabinetto, chiudendone l'uscio dispettosamente. Essa sollev? gli occhi sulla di lui fisonomia barbara, e pensando che contemplava l'assassino della zia, compresa d'orrore, perdette la memoria dello scopo della sua visita, e non os? pi? nominare la signora Montoni. Questi finalmente le domand? con impazienza ci? che volesse da lui, ? Non posso perder tempo in bagattelle, ? diss'egli, ? avendo affari di molta importanza. ? Emilia gli disse allora che, desiderando tornarsene in Francia, veniva a domandargliene il permesso. La guard? con sorpresa, chiedendole il motivo di tale richiesta. Emilia esit?, trem?, impallid?,[54] e sent? scemarsi d'animo. Egli vide la sua commozione con indifferenza, e ruppe il silenzio per dirle che gli premeva di tornare nel salotto; Emilia facendosi forza, ripet? allora la domanda, e Montoni le diede un'assoluta negativa. Resa allora ardita: ? Non posso pi?, signore, ? diss'ella, ? restar qui convenientemente, e potrei chiedervi con qual diritto volete impedirmi di partire.

— Per volont? mia, ? rispose egli incamminandosi verso la porta, ? ci? vi basti. ?

Emilia, vedendo che simile decisione non ammetteva appello, non tent? di sostenere i suoi diritti, e fe' solo un debole sforzo per dimostrarne la giustizia. ? Fin quando viveva mia zia, ? diss'ella con voce tremante ? la mia residenza qui potea esser decente, ma or ch'essa non ? pi?, mi si deve concedere di partire. La mia presenza, o signore non pu? tornarvi gradita, e un pi? lungo soggiorno qui non servirebbe che ad affliggermi.

— Chi vi ha detto che la signora Montoni sia morta? ? diss'egli fissandola con occhio indagatore. Ella esit?; nessuno aveaglielo detto, ed essa non ardiva confessargli come avesse veduto nella stanza del portone l'orribile spettacolo che glielo aveva fatto credere.

— Chi ve lo ha detto? ? ripet? Montoni con impaziente severit?.

— Lo so pur troppo per mia sventura; per piet?, non parlatemene pi?. ? E sentivasi venir meno.

— Se volete vederla, ? disse Montoni, ? lo potete; essa ? nella torre d'oriente. ? E la lasci? senza aspettare risposta. Parecchi dei cavalieri, che non avevano mai veduta Emilia, cominciarono a motteggiarlo su tale scoperta, ma Montoni avendo accolte siffatte celie con serio contegno, e' cambiarono discorso.

Emilia, intanto, confusa dell'ultime di lui parole, non pens? che a rivedere l'infelice zia, a ci? spronata[55] dall'imperioso dovere. Appena vide Annetta, la preg? di accompagnarla e l'ottenne con grande difficolt?. Uscite dal corridoio, giunsero appi? della scala insanguinata; Annetta non volle andare pi? innanzi. Emilia sal? sola; ma quando rivide le strisce di sangue, si sent? mancare, e fermossi. Alcuni minuti di pausa la rinfrancarono. Giunta sul pianerottolo, tem? di trovar la porta chiusa; ma s'ingannava: la porta s'apr? facilmente, introducendola in una camera oscura e deserta. La consider? paurosa: si avanz? lentamente, ed ud? una voce fioca. Incapace di parlare o di fare alcun moto, ristette: la voce si fece sentire nuovamente, e parendole allora di riconoscere quella della zia, si fece coraggio, si avvicin? ad un letto che scorse in fondo alla vastissima camera, ne apr? le cortine, e vi trov? una figura smunta e pallida; rabbrivid?, e presale la mano che somigliava a quella di uno scheletro, e guardandola attenta, riconobbe madama Montoni, ma s? sfigurata, che i suoi lineamenti attuali le rammentavano appena ci? ch'era stata. Essa viveva ancora, ed aprendo gli occhi, li volse alla nipote. ? Dove siete stata tanto tempo? ? le chiese col medesimo suono di voce; ? credeva che mi aveste abbandonata.

— Vivete voi, ? parl? alfine Emilia, ? o siete un'ombra?

— Vivo, ma sento che sto per morire. ?

Emilia procur? di consolarla, e le domand? chi l'avesse ridotta in quello stato.

Facendola trasportare col? per l'inverosimile sospetto ch'ella avesse attentato alla sua vita, Montoni erasi fatto giurare dai suoi agenti il pi? profondo segreto. Due erano i motivi di questo rigore: privarla delle consolazioni di Emilia, e procacciarsi l'occasione di farla morire senza strepito, se qualche circostanza venisse a confermare i suoi sospetti. La perfetta cognizione dell'odio che aveva meritato[56] dalla moglie l'aveva indotto naturalmente ad accusarla dell'attentato. Non aveva altre ragioni per supporla rea, e lo credeva ancora. L'abbandon? in quella torre alla pi? dura prigionia, ove, senza rimorsi e senza piet?, la lasci? languire in preda ad una febbre ardente, che l'aveva infine ridotta sull'orlo del sepolcro.

Le striscie di sangue vedute da Emilia sulla scala, provenivano da una ferita toccata, nella zuffa, da uno dei satelliti che la trasportavano, e sfasciatasi nel camminare. Per quella notte accontentaronsi coloro di chiuder bene la prigioniera, non pensando a farle la guardia. Ecco perch?, alla prima ricerca, Emilia trov? la torre deserta e silenziosa. Allorch? tent? d'aprire la porta della stanza, sua zia dormiva. Se per? il terrore non le avesse impedito di chiamarla di nuovo, l'avrebbe alfine svegliata, e sarebbesi cos? risparmiati tanti affanni. Il cadavere osservato nella camera del portone, era quello del ferito da lei veduto trasportare nella sala dove aveva cercato un asilo, spirato sul tettuccio pochi d? appresso, e che doveva esser sepolto la mattina seguente nella fossa scavata sotto la cappella per dov'era passata con Bernardino.

Emilia, dopo mille interrogazioni, lasci? la zia un istante per andar in cerca di Montoni. Il vivo interesse che sentiva per lei le fece obliare il risentimento a cui l'esporrebbero le sue rimostranze, e la poca apparenza di ottenere quanto voleva chiedergli.

? Vostra moglie ? moribonda, signore, ? gli diss'ella appena lo vide; ? il vostro corruccio non vorr? perseguitarla certo fino agli ultimi momenti. Permettete dunque che sia trasportata nelle sue stanze, e se le apprestino i soccorsi necessari.

— A che giover? questo, s'ella muore? ? disse Montoni con indifferenza.

— Giover?, signore, a risparmiarvi qualcuno dei[57] rimorsi che vi lacereranno allorch? sarete nella di lei situazione. ?

L'audace risposta non lo scosse guari; resist? lunga pezza alle preghiere ed alle lagrime; al fine la piet?, che aveva assunto le espressive forme di Emilia, riusc? a commovere quel cuore di macigno. Si volse vergognandosi di un buon sentimento, e a volt'a volta inflessibile ed intenerito, acconsent? a lasciarla riporre nel suo letto, e assistere la nipote temendo insieme che il soccorso non fosse troppo tardo, e che Montoni non si ritrattasse, Emilia lo ringrazi? appena, s'affrett? a preparare il letto della zia, aiutata da Annetta e le port? un ristorativo, che la ponesse in grado di reggere al trasporto.

Appena giunta nelle sue stanze, Montoni revoc? l'ordine; ma Emilia, lieta di avere agito con tanta sollecitudine, corse a trovarlo, gli rappresent? che un nuovo tragitto diverrebbe fatale, ed ottenne che la lasciasse dov'era.

Per tutto il d?, essa non abbandon? la zia, se non per prepararle il cibo necessario. La signora Montoni lo prendeva per compiacenza, convinta di dover morire fra poco. La fanciulla la curava con tenera inquietudine: ormai non trattavasi pi? d'una zia imperiosa, ma della sorella di un padre adorato, la cui situazione faceva piet?. Giunta la notte, voleva passarla presso di lei, ma ella vi si oppose assolutamente, esigendo che andasse a riposarsi, e contentandosi della compagnia di Annetta. Il riposo per verit? era necessario a Emilia, dopo le scosse e il moto di quella giornata, ma non volle lasciar la zia prima di mezzanotte, epoca riguardata dai medici come critica. Allora, dopo aver ben raccomandato ad Annetta di assisterla con cura e di andare ad avvisarla al minimo sintomo di pericolo, le augur? la buona notte e ritirossi. Aveva il cuore straziato dallo stato orribile della zia, di cui ardiva[58] appena sperare la guarigione. Vedeva s? stessa chiusa in un antico castello isolato, lontana d'ogni ausilio, e nelle mani di un uomo capace di tutto che avrebbe potuto dettargli l'interesse e l'orgoglio.

Occupata da queste tristi riflessioni, Emilia non and? a letto, e si appoggi? al davanzale della finestra aperta. I boschi e le montagne, fiocamente illuminati dall'astro notturno, formavano un contrasto penoso collo stato del suo spirito; ma il lieve stormir delle frondi ed il sonno della natura finirono ad addolcire gradatamente il tumulto degli affetti, e sollevarle il cuore al punto di farla piangere. Rest? cos? in quella posizione senza avere altra idea che il sentimento vago delle disgrazie che l'opprimevano; quando alfine scost? il fazzoletto dagli occhi, vide sul bastione, in faccia a lei, immobile e muta, la figura gi? osservata: l'esamin? attentamente tremando, ma non pot? parlarle com'eraselo proposto. La luna rifulgeva, e l'agitazione del suo spirito era forse l'unico ostacolo che le impedisse di chiaramente distinguere quella figura, la quale non facendo movimento alcuno, pareva inanimata. Raccolse allora le idee smarrite e voleva ritirarsi, quando la figura parve allungar una mano come per salutarla, e mentre ella stava immobile per la sorpresa e la paura, il gesto fu ripetuto. Tent? parlare, ma le spirarono le parole sul labbro, e nel ritirarsi dalla finestra per prender la lampada, ud? un sordo gemito; ascolt? senza osar di riaffacciarsi, e ne ud? un altro.

? Gran Dio! ? sclam? essa; ? che significa ci?? ? Ascolt? di nuovo, ma non intese pi? nulla. Dopo un lungo intervallo, riavutasi, torn? alla finestra, e rivide la figura. Ne ricev? un nuovo saluto, e intese nuovi sospiri.

? Questo gemito ? certamente umano! Voglio parlare, ? diss'ella. ? Chi va l?? ? grid? poi sottovoce; chi passeggia a quest'ora? La figura alz?[59] la testa, e s'incammin? verso il parapetto. Emilia la segu? cogli occhi, e la vide sparire al chiaro della luna. La sentinella allora si avanz? a passi lenti sotto la finestra, ove fermatasi, la chiam? per nome, e le domand? rispettosamente se avesse veduto passar qualche cosa. Essa rispose parerle aver veduto un'ombra. La sentinella non disse altro; e torn? indietro; ma siccome quell'uomo era di guardia, Emilia sapeva che non poteva abbandonare il suo posto, e ne aspett? il ritorno. Poco dopo lo sent? gridare ad alta voce. Un'altra voce lontana rispose. Uscirono soldati dal corpo di guardia, e tutto il distaccamento travers? il bastione. Emilia domand? cosa fosse; ma i soldati passarono senza darle retta.

Intanto essa si perdeva in mille congetture. Se fosse stata pi? vana, avrebbe potuto supporre che qualche abitante del castello passeggiasse sotto la sua finestra colla speranza di rimirarla e dichiararle i suoi sentimenti; ma tale idea non le venne, e quando ci? fosse stato, l'avrebbe abbandonata come improbabile, poich? quella persona, che avrebbe potuto favellarle, era stata muta, e quando ella stessa aveva detta una parola, la figura erasi allontanata d'improvviso. Mentre riflettea cos? passarono due soldati sul bastione, e parlando fra loro, fecero comprendere ad Emilia, che un loro compagno era caduto tramortito. Poco dopo vide avanzarsi tre altri soldati lentamente, ed una voce fioca; quando furono sotto la finestra, pot? distinguere che chi parlava era sostenuto da' compagni. Essa li chiam? per domandar che cosa fosse accaduto; le fu risposto che il camerata di guardia, Roberto, era caduto in deliquio, e che il grido da lui fatto svenendo, aveva dato un falso allarme.

? Va egli soggetto a questi deliqui? ? chiese la giovane.

— S?, signorina, s?, ? replic? Roberto: ? ma quand'anco nol fossi, ci? ch'io vidi avrebbe spaventato anche il papa.[60]

— E che cosa vedeste?

— Non posso dire n? cosa fosse, n? che cosa vidi, n? com'? scomparso, ? rispose il soldato, rabbrividendo ancora dallo spavento. ? Quando vi lasciai, signorina, poteste vedermi andar sul terrazzo; ma non iscorsi nulla fin quando mi trovai sul bastione orientale. Splendea la luna, e vidi come un'ombra fuggire poco lungi a me dinanzi; sostai all'angolo della torre dove avea vista quella figura: era sparita; guardai sotto l'antico arco: nulla. D'improvviso udii rumore, ma non era un gemito, un grido, un accento, qualcosa insomma che avessi inteso in vita mia. L'udii una sol volta, ma bast?; non so pi? che mi avvenne sino all'istante in cui mi trovai circondato da' compagni.

— Venite, amici, ? disse Sebastiano, ? torniamo al nostro posto. Buona notte, signorina.

— Buona notte, ? rispose Emilia, chiudendo la finestra, e ritirandosi per riflettere su quella strana circostanza che coincideva coi fatti delle altre notti; essa cerc? trarne qualche risultato pi? certo d'una congettura; ma la sua immaginazione era tuttavia troppo riscaldata, il criterio troppo offuscato, ed i terrori della superstizione signoreggiavano ancora le sue idee.


CAPITOLO XXIX

Emilia recossi di buonissima ora dalla zia, e la trov? quasi nel medesimo stato: aveva dormito pochissimo, e la febbre non era cessata. Sorrise alla nipote, e parve rianimarsi alla di lei vista: parl? poco, e non nomin? mai Montoni. Poco dopo entr? egli stesso; sua moglie ne fu molto agitata e non disse verbo; ma allorch? Emilia si alz? dalla sedia accanto al suo letto, la preg? con voce fioca di non abbandonarla.

Montoni non veniva per consolar la moglie, cui[61] sapeva esser moribonda, o per ottenerne il perdono; veniva unicamente per tentare l'ultimo sforzo ad estorcere la sua firma, affinch? dopo la di lei morte potesse restar padrone di tutti i suoi beni, che toccavano ad Emilia. Fu una scena atroce, nella quale l'uno dimostr? un'impudente barbarie, l'altra una pertinacia che sopravviveva per fino alle forze fisiche. Emilia dichiar? mille volte che preferiva rinunziare a tutti i suoi diritti, anzich? vedere gli ultimi momenti della infelice zia amareggiati da quel crudele diverbio. Montoni nondimeno non usc? fin quando sua moglie, spossata dall'affannosa contesa, perd? alfine l'uso dei sensi, Emilia credette di vedersela spirar in braccio; pure ricuper? la favella, e dopo aver preso un cordiale, intertenne a lungo la nipote con precisione e chiarezza a proposito dei suoi beni di Francia. Insegnolle dove fossero alcune carte importanti sottratte alle ricerche del marito, e le ordin? espressamente di non privarsene mai.

Dopo questo colloquio, la Montoni si assop?, e sonnecchi? fino a sera: destatasi, le parve di star meglio, ma Emilia non la lasci? se non molto tempo dopo mezzanotte, e quando le fu ordinato assolutamente; essa obbed? volontieri, ch? la malata appariva alquanto sollevata. Era allora la seconda guardia e l'ora in cui la figura era gi? comparsa. La fanciulla ud? cambiar le sentinelle, e quando tutto torn? quieto, affacciossi alla finestra, e cel? la lampada per non essere scorta. La luna proiettava una luce fioca ed incerta; folti vapori l'oscuravano, immergendola talvolta nelle tenebre. In un di questi intervalli, not? una fiammella aleggiar sul terrazzo; mentre la fissava, essa svan?. Un bagliore le fece alzare il capo; i lampi guizzavano tra una negra nube, diffondendo una luce funesta e fugace sui boschi della valle e sugli edifizi circostanti.[62]

Tornando a chinar gli occhi, rivide la fiammella: essa parea in movimento. Poco stante ud? rumor di passi: la vampa mostravasi e spariva volt'a volta. D'improvviso, al baglior d'un lampo, scorse qualcuno sul terrazzo. Tutte le ansiet? di prima rinnovaronsi; la persona inoltr?, e la fiammella, che parea scherzare, appariva e svaniva ad intervalli. Emilia, desiderando finirla co' suoi dubbi, allorch? vide la luce proprio sotto la finestra, chiese con voce languente chi fosse.

? Amici: sono Antonio, il soldato di guardia, ? fu risposto.

— Che cos'? quella fiammella? vedete come splende e poi scompare!

— Stanotte essa ? comparsa sulla punta della mia lancia, mentr'era in pattuglia; ma non so cosa significhi.

— ? strano, ? disse Emilia.

— Il mio camerata, ? prosegu? il soldato, ? anch'egli ha una consimile fiammella sulla punta della picca, e dice aver gi? osservato il medesimo prodigio.

— E come lo spiega egli?

— Accerta essere un segno di cattivo augurio, e null'altro. Ah! ma debbo recarmi al mio posto. Buona notte, signorina. ? E s'allontan?.

Ella rinchiuse la finestra, e buttossi sul letto. La tempesta intanto, che minacciava all'orizzonte, era scoppiata con indicibile violenza; il rimbombo orrendo del tuono le impediva il sonno. Scorso qualche tempo, le parve udire una voce in mezzo al fracasso spaventoso degli elementi scatenati; alzossi per accertarsene, ed accostatasi all'uscio, riconobbe Annetta, la quale, quando le fu aperto, grid?:

? Essa muore, signorina, la mia padrona muore. ?

La fanciulla sussult? e corse dalla zia; quando entr?, la signora Montoni pareva svenuta: era quieta[63] e insensibile. Emilia, con un coraggio che non cedeva al dolore allorch? il dovere richiedeva la sua attivit?, non risparmi? alcun mezzo per richiamarla alla vita, ma l'ultimo sforzo era gi? fatto, la misera avea finito di patire.

Quando Emilia conobbe l'inutilit? delle sue premure, interrog? la tremante Annetta, e seppe che la zia, caduta in una specie di sopore subito dopo la partenza di lei, era rimasta in quello stato fino all'istante dell'agonia. Dopo una breve riflessione decise di non informar Montoni dell'infausto caso se non alla mattina, pensando che colui sarebbe prorotto in qualche disumana espressione, ch'ella non avrebbe potuto soffrire. In compagnia della sola Annetta, incoraggita dal suo esempio, vegli? tutta notte presso alla defunta, recitando l'uffizio dei morti.


CAPITOLO XXX

Allorch? Montoni fu informato della morte di sua moglie, considerando ch'era spirata senza fargli la cessione tanto necessaria al compimento dei suoi desiderii, nulla valse ad arrestare l'espressione del suo risentimento. Emilia evit? con cura la di lui presenza, e pel corso di trentasei ore non abbandon? mai il cadavere della zia. Profondamente angosciata dal triste di lei destino, ne obliava tutti i difetti, le ingiustizie e la durezza, sol rammentandosene i patimenti.

Montoni non disturb? le di lei preghiere: egli scansava la camera dov'era il cadavere della moglie, e perfino quella parte del castello, come se avesse temuto il contagio della morte. Pareva non avesse dato alcun ordine relativo ai funerali; cosicch? Emilia temette che fosse un insulto alla memoria di sua zia; ma usc? dall'incertezza, quando, la sera del secondo giorno, Annetta venne ad informarla[64] che la defunta verrebbe sepolta la notte stessa. Figurandosi che Montoni non vi avrebbe assistito, era lacerata dall'idea che il cadavere della povera zia andrebbe alla sepoltura senza che un parente od un amico le rendesse gli ultimi doveri: decise perci? di andarvi in persona; senza questo motivo, avrebbe tremato di accompagnare il corteo, composto di gente che avevano tutto il contegno e la figura di assassini, sotto l'orrida v?lta della cappella, ed a mezzanotte, all'ora cio? del silenzio e del mistero, scelta da Montoni per abbandonare all'obl?o le ceneri di una sposa, della quale la sua barbara condotta aveva per lo meno accelerato la fine.

Secondata da Annetta, ella dispose la salma per la sepoltura. A mezzanotte, comparvero gli uomini che dovevano trasportarla alla tomba. Emilia pot? contenere a stento l'agitazione vedendo quelle orride figure: due di essi, senza proferir parola, presero il cadavere sulle spalle, ed il terzo precedendoli con una fiaccola, discesero tutti uniti nel sotterraneo della cappella. Dovevano traversare i due cortili della parte orientale del castello, ch'era quasi tutta rovinata. Il silenzio e l'oscurit? de' luoghi poco poterono sullo spirito di Emilia, occupata d'idee assai pi? lugubri. Giunti al limitare del sotterraneo, essa sost?, sovrappresa da una commozione inesprimibile di dolore e di spavento, e si volse per appoggiarsi ad Annetta, muta e tremante al par di lei. Dopo qualche pausa, inoltr?, e scorse, fra le arcate, gli uomini che deponevano la bara sull'orlo d'una fossa. Ivi trovavansi un altro servo di Montoni ed un sacerdote di cui non s'avvide se non quando cominci? le preci. Allora alz? gli occhi, e scorse la faccia venerabile d'un religioso, che con voce bassa e solenne recit? l'uffizio dei morti. Nell'istante in cui il cadavere venne calato nel sepolcro, il quadro era tale, che il pi? abile pennello non avrebbe sdegnato dipingere. I lineamenti feroci, le[65] fogge bizzarre di quegli scherani, inclinati colle faci sulla fossa, l'aspetto venerabile del frate, avvolto in lunghe vesti di lana bianca, il cui cappuccio, calato indietro, faceva risaltare un viso pallido, adombrato di pochi capelli bianchi, onde la luce delle torce lasciava vedere l'afflizione addolcita dalla piet?; l'attitudine interessante di Emilia appoggiata ad Annetta colla faccia semicoperta d'un velo nero, la dolcezza e belt? della fisonomia, e il suo intenso dolore, che non le permetteva di piangere, mentre affidava alla terra l'ultima parente che avesse; i riflessi tremolanti di luce sotto le v?lte, l'ineguaglianza del terreno, ov'erano stati recentemente sepolti altri corpi, la lugubre oscurit? del luogo, tante circostanze riunite, avrebbero trascinato l'immaginazione dello spettatore a qualche caso forse pi? orribile del funerale dell'insensata ed infelice signora Montoni.

Terminata la funzione, il frate guard? Emilia con attenzione e sorpresa; pareva volesse parlarle, ma la presenza dei masnadieri lo trattenne. Nell'uscire dalla cappella si permisero indegni motteggi sulla cerimonia e sullo stato di lui con grand'orrore d'Emilia. Li sofferse in silenzio, limitandosi a chiedere di essere ricondotto sano e salvo al suo convento, dal quale era venuto dietro richiesta espressa del castellano, a ci? indotto dalle istanze della nipote. Giunti nel secondo cortile, il frate impart? alla fanciulla la sua benedizione, fissandola con occhio pietoso, poi s'incammin? verso il portone. Le due donne ritiraronsi alle proprie stanze.

Emilia pass? parecchi giorni in assoluta solitudine, nel terrore per s? e nel rammarico della perdita di sua zia. Si determin? infine a tentare un nuovo sforzo per ottener da Montoni che la lasciasse andare in Francia. Non sapeva formare veruna congettura sui motivi che potea avere d'impedirglielo; era troppo persuasa ch'ei volea tenerla[66] seco, ed il suo primo rifiuto le lasciava poca speranza. L'orrore inspiratole dalla di lui presenza, le faceva differire di giorno in giorno il colloquio. Un messaggio per? dello stesso Montoni la tolse da tale incertezza; egli desiderava vederla all'ora che indicava. Fu quasi per lusingarsi, che, essendo morta la zia, egli acconsentirebbe a rinunziar alla sua usurpata autorit?; ma rammentandosi poi che i beni tanto contrastati erano divenuti attualmente suoi, tem? che Montoni volesse usare qualche stratagemma per farseli cedere, e non la tenesse fin allora prigioniera. Quest'idea, invece di abbatterla, rianim? tutte le potenze dell'anima sua, e le infuse nuovo coraggio. Avrebbe rinunziato a tutto per assicurare il riposo della zia, ma risolse che veruna persecuzione personale avrebbe il potere di farla recedere da' suoi diritti. Era interessatissima a conservare l'eredit? a riguardo specialmente di Valancourt, col quale lusingavasi cos? di passare una vita felice. A questa idea sent? quant'ei le fosse caro, e si figurava anticipatamente il momento in cui la di lei generosa amicizia avrebbe potuto dirgli che gli recava in dote tutti quei beni; si figurava vedere il sorriso che animerebbe i suoi lineamenti, e gli sguardi affettuosi che esprimerebbero tutta la sua gioia e riconoscenza. Credette in quel momento di poter affrontare tutti i mali che l'infernale malizia di Montoni le avrebbe preparato. Si ricord? allora, per la prima volta dopo la morte della zia, ch'essa aveva carte relative a questi beni, e risolse di farne ricerca appena avesse parlato con Montoni.

Con questa idea and? a trovarlo all'ora prescritta: era in compagnia di Orsino e d'un altro uffiziale, e pareva esaminare con diligenza molte carte deposte sur un tavolino.

? Vi ho fatta chiamare, ? diss'egli alzando la testa, ? perch? desidero siate testimone di un affare che debbo ultimare col mio amico Orsino. Tutto[67] ci? che si vuol da voi, ? che firmiate questa, carta. ? La prese, ne lesse borbottando alcune righe, la depose sul tavolo, e le diede una penna. Stava per firmare, quando le venne d'improvviso in mente il disegno di lui; le cadde la penna di mano, e neg? di firmare senza leggere il contenuto: Montoni affett? sorridere, e ripresa la carta, finse rileggere un'altra volta come aveva gi? fatto. Emilia, fremendo del pericolo e dell'eccesso di credulit? che l'avea quasi tradita, ricus? positivamente di firmare. Montoni continu? alcun poco i motteggi; ma quando, dalla perseveranza di lei, comprese che aveva indovinato il suo progetto, cambi? linguaggio e le ordin? di seguirlo. Appena furono soli, le disse che aveva voluto, per lei e per s? medesimo, prevenire un diverbio inutile in un affare, in cui la sua volont? formava la giustizia, e sarebbe diventata una legge; che preferiva persuaderla anzich? costringerla, e che in conseguenza adempisse al suo dovere.

? Io, come marito della defunta signora Cheron, ? soggiunse egli, ? divento l'erede di tutto ci? che ella possedeva; i beni, che non ha voluto donarmi mentre viveva, non devono ora passare in altre mani. Vorrei, pel vostro interesse, disingannarvi dell'idea ridicola ch'essa vi diede alla mia presenza, che i suoi beni cio? sarebbero vostri, se moriva senza cedermeli. Penso che voi siate troppo ragionevole per provocare il mio giusto risentimento; non soglio adulare, e voi potete riguardare i miei elogi come sinceri. Voi possedete un criterio superiore al vostro sesso; e non avete veruna di quelle debolezze che distinguono in generale il carattere delle donne, l'avarizia cio? e il desiderio di dominare. ?

Montoni si ferm?; Emilia non rispose.

? Giudicando come faccio, ? ripigli? egli, ? io non posso credere vorrete mettere in campo una[68] contesa inutile. Non credo neppure che pensiate acquistare o possedere una propriet?, sulla quale la giustizia non vi accorda nessun diritto. Scegliete dunque l'alternativa che vi propongo. Se vi formerete un'esatta opinione del soggetto che trattiamo, sarete in breve ricondotta in Francia. Se poi foste tanto sciagurata da persistere nell'errore, in cui v'indusse vostra zia, resterete mia prigioniera, finch? apriate gli occhi. ?

Emilia rispose con calma: ? Io non sono cos? poco istruita delle leggi relative a tale soggetto, per lasciarmi ingannare da un'asserzione qualunque; la legge mi accorda il possesso dei beni in questione, e la mia mano non tradir? i miei diritti.

— Mi sono ingannato, a quanto pare, nell'opinione che m'era concepita di voi, ? disse Montoni severamente; ? voi parlate con arditezza e presunzione su d'un argomento che non intendete. Voglio bene, per una volta, perdonare l'ostinazione dell'ignoranza; la debolezza del vostro sesso, dalla quale non sembrate esente, esige anche questa indulgenza. Ma se persistete, avrete a temer tutto dalla mia giustizia.

— Dalla vostra giustizia, signore, ? rispose Emilia, ? non ho nulla da temere, bens? tutto da sperare. ?

Montoni guardolla con impazienza, e parve meditare su ci? che doveva dirle.

? Vedo che siete debole tanto da credere ad una ridicola asserzione. Me ne spiace per voi; quanto a me, poco me n'importa; la vostra credulit? trover? il suo castigo nelle conseguenze, ed io compiango la debolezza di spirito che vi espone alle pene che mi costringete di prepararvi.

— Voi troverete, signore, ? rispose Emilia con dolcezza e dignit?, ? la forza del mio spirito eguale alla giustizia della mia causa; e posso soffrire con coraggio quando resisto alla tirannia.[69]

— Parlate come una eroina, ? disse Montoni con disprezzo; ? vedremo se saprete soffrire egualmente. ?

Emilia non rispose, e part?. Rammentandosi che resisteva cos? per l'interesse di Valancourt, sorrise compiacendosi di pensare ai minacciati maltrattamenti. And? a cercare il posto indicatole dalla zia, come deposito delle carte relative ai suoi beni, e ve le trov?; ma non conoscendo un luogo pi? sicuro per conservarle, ve le ripose senza esame, temendo di essere sorpresa.

Mentre, ritornata nella solitudine, rifletteva alle parole di Montoni e ai pericoli nei quali incorreva, opponendosi alla sua volont?, ud? scrosci di risa sul bastione; and? alla finestra, e vide con sorpresa tre donne, vestite alla Veneziana, che passeggiavano con alcuni signori. Allorch? passarono sotto la finestra, una delle forestiere alz? la testa. Emilia riconobbe in lei quella signora Livona, le cui affabili maniere l'avevano tanto sedotta il giorno dopo il suo arrivo a Venezia, e che in quel giorno istesso era stata ammessa alla tavola di Montoni: tale scoperta le cagion? una gioia mista a qualche incertezza; era per lei un soggetto di soddisfazione il vedere una persona tanto amabile quanto sembrava la signora Livona, nel luogo istesso da essa abitato. Nondimeno, il di lei arrivo al castello in simile circostanza, il suo abbigliamento, che indicava non esservi stata costretta, glie ne fece sospettare i principii ed il carattere; ma l'idea spiaceva tanto ad Emilia, gi? vinta dalle maniere seducenti della bella Veneziana, che prefer? non pensare che alle sue grazie, e band? quasi intieramente qualunque altra riflessione.

Quando Annetta entr?, le fece diverse interrogazioni sull'arrivo delle forastiere, e trov? avere colei pi? premura di rispondere, ch'essa d'interrogare.[70]

? Son venute da Venezia, ? disse la cameriera, ? con due signori, ed io fui contentissima di vedere qualche altra faccia cristiana in quest'orrido soggiorno. Ma che pretendono esse venendo qui? Bisogna esser pazzi davvero per venire in questo luogo, oppure ci sono venute liberamente, giacch? sono allegre.

— Saranno forse state fatte prigioniere, ? soggiunse Emilia.

— Prigioniere! oh! no, signorina: no, nol sono. Mi ricordo bene di averne veduta una a Venezia; ? venuta due o tre volte in casa nostra. Si diceva perfino, sebbene io non l'abbia mai creduto, che il padrone l'amasse perdutamente. ?

Emilia preg? Annetta d'informarsi dettagliatamente di tutto ci? che concerneva quelle signore, e, cambiando quindi discorso, parl? della Francia, facendole travedere la speranza di tornarvi in breve.

La ragazza usc? per raccogliere informazioni, ed Emilia cerc? obliare le sue inquietudini, pascendosi delle fantastiche immaginazioni create da' poeti.

Verso sera, non volendo esporsi, sulle mura, agli avidi sguardi dei soci di Montoni, and? a passeggiare nella galleria contigua alla sua camera. Giugnendo in fondo ad essa ud? ripetuti scrosci di risa. Erano i trasporti dello stravizio, e non gli slanci moderati d'una dolce ed onesta letizia. Parevan venire dalla porta del quartiere di Montoni. Un tal baccano in quel momento in cui l'infelice zia era appena spirata, l'indispett? al sommo, e vi riconobbe la conseguenza della mala condotta di Montoni. Ascoltando, credette riconoscere alcune voci donnesche; tale scoperta la conferm? nei sospetti concepiti sulla signora Livona e le sue compagne: era evidente ch'elleno non trovavansi per forza nel castello. Emilia si vedeva cos? negli alpestri recessi degli Appennini, circondata da uomini che riguardava come briganti, ed in mezzo ad un teatro di[71] vizi, che la faceva inorridire. L'immagine di Valancourt perd? ogni influenza, ed il timore le fece cambiare i suoi progetti, riflettendo a tutti gli orrori che Montoni preparava contro di lei; tremando della vendetta, alla quale esso avrebbe potuto abbandonarsi senza rimorsi, si decise quasi a cedergli i beni contrastati, se vi persisteva ancora, e riscattare cos? la sicurezza e la libert?; ma, poco di poi, la memoria dell'amante tornava a lacerarle l'anima e ripiombarla nelle angosce del dubbio. Continu? a passeggiare finch? l'ombre della sera ebbero invase le arcate. La fanciulla nonpertanto, non volendo tornar alla sua camera isolata prima del ritorno d'Annetta, passeggiava tuttora per la galleria. Passando dinanzi all'appartamento dove avea una volta osato alzar il velo del quadro, le torn? in mente quell'orrido spettacolo, e sentendosi raccapricciare, sollecitossi, di andarsene dalla galleria mentre aveane ancor la forza. D'improvviso sent? rumor di passi dietro lei. Poteva essere Annetta, ma, voltando gli occhi con timore, scorse tra l'oscurit? una gran figura che la seguiva, e poco dopo si trov? stretta tra le braccia d'una persona ed ud? una voce bisbigliare all'orecchio. Quando si fu alquanto riavuta dalla sorpresa, domand? chi mai si facesse lecito di trattenerla cos??

? Son io, ? rispose la voce; ? non temete. ?

Emilia osserv? la figura che parlava, ma la fioca luce della finestra gotica non le permise di distinguere chi fosse.

? Chiunque voi siate, ? diss'ella con voce tremula, ? per amor di Dio, lasciatemi.

— Vezzosa Emilia, ? soggiunse colui, ? perch? sequestrarvi cos? in questo luogo tetro, mentre gi? dabbasso regna tanta allegria? Seguitemi nel salotto di cedro: voi ne formerete il migliore ornamento, e non vi spiacer? il cambio. ?

Emilia sdegn? rispondere, ma procur? di sciogliersi.[72]

? Promettetemi che verrete, ed io vi lascer? subito; ma accordatemene prima la ricompensa.

— Chi siete voi? ? domand? Emilia con isdegno e spavento, e cercando fuggire; ? chi siete voi che avete la crudelt? d'insultarmi cos??

— Perch? chiamarmi crudele? ? rispose colui. ? Vorrei togliervi da questa orribile solitudine, e condurvi in una brillante societ?. Non mi conoscete? ?

Emilia si ricord? allora confusamente ch'era uno dei forestieri che circondavano Montoni la mattina in cui and? a trovarlo. ? Vi ringrazio della buona intenzione, ? replic? essa senza mostrar d'intenderlo, ? ma tutto ci? che desidero per ora ? che mi lasciate andare.

— Vezzosa Emilia, ? soggiunse egli, ? abbandonate questo gusto per la solitudine. Seguitemi alla conversazione, e venite ad eclissare tutte le bellezze che la compongono; voi sola meritate l'amor mio. ? E volle baciarle la mano; ma la forza dello sdegno le somministr? quella di sciogliersi, e fuggendo nella sua camera, ne chiuse l'uscio prima che vi giungesse colui, e si abbandon? spossata sur una sedia. Sentiva la di lui voce e i tentativi che faceva per aprire, senza aver la forza di chieder soccorso. Alfine si avvide che erasi allontanato, ma pens? alla porta della scala segreta, d'onde avrebbe potuto facilmente penetrare, e si occup? subito ad assicurarla alla meglio. Le pareva che Montoni eseguisse gi? i suoi progetti di vendetta, privandola della sua protezione, e si pentiva quasi di averlo temerariamente provocato. Credeva oramai impossibile di ritenere i suoi beni. Per conservare la vita e forse l'onore, fece il proponimento che, se fosse sfuggita agli orrori della prossima notte, farebbe la cessione la mattina seguente, purch? Montoni le permettesse di partire da Udolfo.

Preso questo partito, si tranquill?: rimase cos?[73] per qualche ora in assoluta oscurit?; Annetta non giungeva, ed essa principi? a temere per lei; ma non osando arrischiarsi ad uscire, dov? restare nell'incertezza sul motivo di questa assenza. Si avvicinava spesso alla scala per ascoltare se saliva qualcuno, e non sentendo verun rumore, determinata per? a vegliare tutta la notte, si gett? vestita sul tristo giaciglio e lo bagn? delle sue innocenti lacrime. Pensava alla perdita de' parenti, pensava a Valancourt lontano da lei. Li chiamava per nome, e la calma profonda, interrotta soltanto dai suoi lamenti, ne aumentava le tetre meditazioni.

In tale stato, ud? d'improvviso gli accordi di una musica lontana; ascolt?, e riconoscendo tosto l'istrumento gi? inteso a mezzanotte, and? ad aprire pian piano la finestra. Il suono pareva venir dalle stanze sottoposte. Poco dopo l'interessante melodia fu accompagnata da una voce, ma cos? espressiva, da non poter supporre che cantasse mali immaginari. Credette conoscere gi? quegli accenti si teneri e straordinari; ma rammentavasene appena come di cosa molto lontana. Quella musica le penetr? il cuore, nella sua angoscia attuale, come armonia celeste che consola e incoraggisce. Ma chi potrebbe descrivere la sua commozione allorch? ud? cantare, col gusto e la semplicit? del vero sentimento, un'arietta popolare del paese natio; una di quelle ariette imparate nell'infanzia, e tanto spesso fattele ripetere dal padre? A quel canto ben noto, fin allora non mai inteso fuori della sua cara patria, il cuore le si dilat? alla rimembranza del passato. Le vaghe e placide solitudini della Guascogna, la tenerezza e la bont? de' genitori, la semplicit? e felicit? de' primi anni, tutto affacciossele all'imaginazione, formando un quadro cos? grazioso, brillante e fortemente opposto alle scene, ai caratteri ed ai pericoli ond'era circondata attualmente, che il suo spirito non ebbe pi? forza di riandare il passato e non sent? pi? che il peso degli affanni.[74]

D'improvviso, la musica cambi?, e la fanciulla, attonita, riconobbe l'istessa aria gi? intesa alla sua peschiera. Allora le si present? un'idea colla rapidit? del lampo, e secolei una catena di speranze la elettrizz?; poteva appena respirare, e vacillava tra la speranza e il timore: pronunzi? dolcemente il nome di Valancourt. Era possibile che il giovane fosse vicino a lei, e ricordandosi d'avergli udito dire pi? volte che la peschiera, ove aveva sentito quella canzone, e trovato i versi scritti per lei, era la sua passeggiata favorita anche prima che si conoscessero, fu persuasa che fosse la di lui voce.

A misura che le sue riflessioni si consolidavano, la gioia, il timore e la tenerezza lottavano in lei: affacciossi alla finestra per ascoltar meglio quegli accenti, che valessero a confermare o distruggere la sua speranza, non avendo Valancourt mai cantato alla di lei presenza; la voce e l'istrumento tacquero di li a poco, ed essa ponder? un momento se doveva arrischiarsi a parlare. Non volendo, se era Valancourt, commettere l'imprudenza di nominarlo, e troppo interessata al tempo istesso per trascurar l'occasione di chiarirsi, grid? dalla finestra: ? E' una canzone di Guascogna? ? Inquieta, attenta, aspett? una risposta, ma indarno. Ripet? la domanda, ma non ud? altro strepito tranne i fischi del vento traverso i merli delle mura. Cerc? consolarsi persuadendosi che l'incognito si fosse allontanato prima ch'ella gli parlasse.

Se Valancourt avesse sentita e riconosciuta la sua voce, avrebbe per certo risposto. Riflett? quindi che forse la prudenza l'aveva obbligato a tacere. ? Se egli ? nel castello, ? diceva essa, ? dev'esservi come prigioniero; per cui avr? temuto di rispondermi in tanta vicinanza delle sentinelle. ?

Perplessa, inquieta, rimase alla finestra sino all'alba, poi se ne torn? a letto, ma non pot? chiuder occhio; la gioia, la, tenerezza, il dubbio, il timore[75] occuparono tutte le ore del sonno, ore che non le parvero tanto lunghe come quella volta. Sperava veder tornare Annetta, e ricever da lei una certezza qualunque, che ponesse fine ai suoi tormenti attuali.


CAPITOLO XXXI

Annetta venne a trovarla di buon'ora.

? Sono stata molto inquieta non vedendoti tornar pi? ieri sera, ? le disse Emilia. ? Che cosa ti ? mai accaduto?

— Ah! signorina, chi avrebbe mai osato ier sera traversare i lunghi corridoi della casa in mezzo a tutta quella gente ubbriaca? Immaginatevi che hanno gozzovigliato tutta notte insieme alle signore venute recentemente. Che baccano, Dio Signore!... che chiasso!... Lodovico, temendo per me, mi ha chiusa in camera con Caterina.

— Oh che orrore!... ? sclam? Emilia; ? ma dimmi: sapresti tu, per caso, se vi sono prigionieri nel castello, e se son rinchiusi in queste vicinanze?

— Io non era dabbasso, quando torn? la prima truppa dalla scorreria, e l'ultima non ? ancora tornata: laonde ignoro se vi siano prigionieri; ma l'aspettano stasera o domani, ed allora sapr? qualcosa di certo. ?

Emilia le domand? se i servi avessero parlato di prigionieri.

? Ah! signorina, ? disse Annetta ridendo, ? ora mi accorgo che pensate al signor Valancourt. Voi lo credete sicuramente venuto colle truppe che si dicono arrivate di Francia per far la guerra in queste contrade. Credete che, incontratosi ne' nostri, sia stato fatto prigioniero. O Signore! come ne sarei contentissima se ci? fosse.[76]

— Ne saresti contenta? ? disse Emilia con accento di doloroso rimprovero.

— S?, signorina, e perch? no? Non sareste voi contenta di rivedere il signor Valancourt? Non conosco un cavaliere pi? stimabile; ho proprio per lui una gran considerazione.

— Ed in prova, ? rispose Emilia, ? tu desideri vederlo prigioniero. ?

— Non gi? di vederlo prigioniero, ma sarei lietissima di rivederlo. Anche l'altra notte me ne sognai... Ma a proposito, mi scordava di raccontarvi ci? che mi fu detto relativamente a quelle pretese dame, arrivate ad Udolfo. Una di esse ? la signora Livona, che il padrone present? a vostra zia a Venezia: adesso ella ? la sua amante, ed allora, ardisco dirlo, era press'a poco la medesima cosa. Lodovico mi disse (ma per carit?, signorina, non ne parlate) che sua eccellenza non l'aveva presentata se non per salvar le apparenze. Si cominciava gi? a mormorarne; ma quando videro che la padrona la riceveva in casa, tutte quelle dicerie si credettero calunnie. Le altre due sono le amanti de' signori Bertolini e Verrezzi. Il signor Montoni le ha invitate tutte, e ieri ha dato un magnifico pranzo: vi erano vini d'ogni sorta; le risa, i canti ed i brindisi echeggiavano. Quando furono briachi, si sparsero pel castello; fu allora che Lodovico m'imped? di venir qui. La ? stata una vera indecenza! cos? poco tempo dopo la morte della povera padrona! che cosa avrebbe mai ella detto, se avesse potuto intendere quello schiamazzo? ?

Emilia volse la testa per nascondere l'emozione, e preg? Annetta di fare esatte ricerche a proposito dei prigionieri che potessero trovarsi nel castello, scongiurandola di usar prudenza, e non proferir mai n? il suo nome, n? quello di Valancourt.

? Ora che ci penso, signorina, ? disse Annetta, ? credo che prigionieri ve ne siano. Ho sentito ieri[77] in anticamera un soldato che parlava di riscatto: diceva che sua eccellenza facea benissimo a prender la gente, e ch'era quello il miglior bottino a motivo dei riscatti. Il suo camerata mormorava, dicendo ci? essere vantaggioso pel capitano, ma non pei soldati. — Noi altri, diceva quel brutto ceffo, non guadagniamo nulla nei riscatti. ?

Questa notizia accrebbe l'impazienza di Emilia, la quale mand? Annetta alla scoperta.

La risoluzione presa dalla fanciulla di cedere ogni cosa a Montoni, soggiacque in quel momento a nuove riflessioni. La possibilit? che Valancourt fosse vicino a lei, rianim? il suo coraggio, e risolse d'affrontare oltraggi e minacce, almeno fin quando potesse assicurarsi se il giovane fosse realmente nel castello. Stava appunto pensandovi, allorch? Montoni mand? a cercarla.

Egli era solo. ? Vi ho fatta chiamare, ? le disse, ? per sentire se vi decideste infine a smettere le vostre ridicole pretese sui beni di Linguadoca. Mi limiter? per ora a darvi un consiglio, bench? potessi imporre ordini. Se realmente siete stata in errore, se realmente avete creduto che quei beni vi appartenessero, non persistete almeno in questo errore che potrebbe diventarvi fatale. Non provocate la mia collera, e firmate questa carta.

— Se non ho nessun diritto, signore, ? rispose Emilia, ? qual bisogno avete voi della mia rinuncia? Se i beni son vostri, potete possederli in tutta sicurezza senza mia intervenzione e senza il mio consenso.

— Non argomenter? pi?, ? disse Montoni vibrandole un'occhiata, che la fece tremare. ? Avrei dovuto vedere che ? inutile ragionare coi ragazzi. La memoria di quanto sofferse vostra zia in conseguenza della sua folle ostinazione, vi serva ormai di lezione... Firmate questa carta. ?

Emilia rest? alquanto indecisa; fremette alla rimembranza[78] e alle minacce che le si ponevano sott'occhio; ma l'immagine di Valancourt, che l'aveva animata per tanto tempo, ch'era forse vicino a lei, unita alla forte indignazione fino da' primi anni concepita per l'ingiustizia, le somministr? in quel momento un imprudente, ma nobile coraggio.

? Firmate questa carta, ? ripet? Montoni con maggiore impazienza.

— No, mai, ? rispose Emilia; ? il vostro procedere mi proverebbe l'ingiustizia delle vostre pretese, s'io avessi ignorati i miei diritti. ?

Montoni impallid? dal furore; gli tremavano le labbra, ed i suoi occhi fiammeggianti fecero quasi pentire Emilia dell'ardita sua risposta.

? Tremate della mia prossima vendetta, ? sclam? egli, con un'orrenda bestemmia; ? voi non avrete n? i beni di Linguadoca, n? quelli di Guascogna. Osaste mettere in dubbio i miei diritti; ora osate dubitare del mio potere. Ho pronto un gastigo cui non vi aspettate; esso ? terribile. Stanotte, s?, stanotte istessa...

— Stanotte! ? ripet? una voce.

Montoni rest? interdetto e si volse, poi, sembrando raccogliersi, disse piano: ? Avete veduto ultimamente un esempio terribile d'ostinazione e di foll?a; ma parmi non sia bastato a spaventarvi. Potrei citarvene altri, e farvi tremare solo nel raccontarveli. ?

Fu interrotto da un gemito che pareva venire di sotto la stanza. Guardossi intorno: i di lui sguardi sfavillavano di rabbia e d'impazienza; un'ombra di timore parve nulladimeno alterarne la fisonomia. Emilia sedette vicino alla porta, perch? i diversi movimenti provati avevano, per cos? dire, annichilate le sue forze; Montoni fece una breve pausa, poi ripigli? con voce pi? bassa, ma pi? severa:

? Vi ho detto che potrei citarvi altri esempi del mio potere e del mio carattere. Se voi lo concepiste,[79] non ardireste sfidarlo. Potrei provarvi che allorquando ho preso una risoluzione... Ma parlo ad una bambina; ve lo ripeto, gli esempi terribili che potrei citarvi non vi servirebbero a nulla; e quand'anco il pentimento finisse la vostra opposizione, non mi placherebbe. Sar? vendicato; mi far? giustizia. ?

Un altro gemito succed? al discorso di Montoni.

? Uscite, ? diss'egli, senza parer di badare allo strano incidente.

Fuori di stato d'implorar la sua piet?, Emilia alzossi per uscire, ma non potendo reggersi in piedi, e soccombendo al terrore, ricadde sulla sedia.

? Toglietevi dalla mia presenza, ? continu? Montoni; ? questa finzione di timore convien male ad un'eroina che os? affrontare tutto il mio sdegno.

— Non avete udito nulla, signore? ? disse Emilia tremando.

— Odo la mia voce soltanto, ? rispose Montoni severamente.

— Null'altro? ? soggiunse la fanciulla, esprimendosi con difficolt?. ? Ancora... non sentite nulla adesso?

— Obbedite, ? ripet? Montoni. ? Io poi sapr? scoprire l'autore di questi scherzi indecenti. ?

Emilia si alz? a stento, ed usc?. Montoni la segu?, ma invece di chiamare, come l'altra volta, i servi per far ricerche nel salotto, and? sulle mura.

La fanciulla da una finestra del corridoio vide scendere dai monti un distaccamento delle truppe di Montoni. Non vi bad? se non per riflettere agli infelici prigionieri che conducevano forse al castello. Giunta alfine in camera, si abbandon? sopra una sedia, oppressa da' nuovi affanni che peggioravano la di lei situazione. Non potea n? pentirsi, n? lodarsi della sua condotta: sol ricordavasi d'essere in potere d'un uomo il quale non conosceva altra regola se non la propria volont?. Fu scossa da tristi pensieri udendo un misto di voci e di nitriti[80] nei cortili. Le si offerse un'improvvisa speranza di qualche fortunato cambiamento; ma, pensando alle truppe vedute dalla finestra, cred? fossero le stesse, di cui Annetta le aveva detto che si aspettava il ritorno.

Poco dopo ud? molte voci nelle sale. Il rumore dei cavalli cess?, e fu seguito da perfetto silenzio. Emilia ascolt? attenta, cercando di conoscere i passi d'Annetta nel corridoio; tutto era quiete. D'improvviso, il castello parve immerso nella massima confusione. Era un camminare a precipizio, un andare e venire nelle sale, nelle gallerie e nei cortili, e discorsi veementi sul bastione. Corsa alla finestra, vide Montoni e gli altri officiali appoggiati al parapetto, od occupati ne' trinceramenti, mentre i soldati disponevano i cannoni. Il nuovo spettacolo la sbalord?.

Finalmente giunse Annetta, ma non sapea nulla di Valancourt. ? Mi danno ad intendere tutti, ? diss'ella, ? di non saper nulla dei prigionieri; ma qui ci sono di belle novit?! La truppa ? tornata ai galoppo, ed a rischio di restare schiacciati, e' facevano a gara per entrare sotto la v?lta. Hanno portato la notizia che un partito di nemici, com'ei dicono, tengon loro dietro per attaccare il castello. Cielo! che spavento!

— Dio buono, vi ringrazio, ? disse Emilia con fervore. ? Ora mi resta qualche speranza.

— Che dite mai, signorina? vorreste voi cadere nelle mani dei nemici?

— Non possiamo star peggio di qui, ? rispose Emilia.

— Ascoltate, ascoltate, tutto il castello ? sossopra. Si caricano i cannoni, si esaminano le porte e le mura, battono, picchiano, turano, vanno e vengono come se il nemico fosse sul punto di dare la scalata. Ma che cosa sar? di me, di voi, di Lodovico? Oh! se io sento sparare il cannone, morr?[81] di paura. Se potessi trovare aperto il portone per mezzo minuto, farei presto a fuggirmene via di qua, n? mi rivedrebbero pi?.

— Se lo potessi trovare aperto anch'io un solo istante, sarei salva. ? E in brevi parole narr? alla cameriera la sostanza del suo colloquio con Montoni, quindi soggiunse: ? Corri subito da Lodovico; digli ci? che ho da temere, e ci? che ho sofferto: pregalo di trovare un mezzo di fuggire senza dilazione, e di ci? mi fido intieramente nella sua prudenza. Se vuole incaricarsi della nostra liberazione, sar? ben ricompensato. Non posso parlargli io stessa: saremmo osservati e s'impedirebbe la nostra fuga. Ma fa presto, Annetta, e procura di agire con circospezione. Ti aspetter? qui. ?

La buona ragazza, la cui anima sensibile era stata penetrata da quel racconto, era allora tanto premurosa di obbedire, quanto la padroncina di adoprarla, ed usc? immediatamente.

Riflettendo Emilia ai motivi dell'assalto inaspettato, ne concluse che Montoni avesse devastato il paese, e che gli abitanti venissero ad attaccarlo per vendicarsi.

Montoni, senza essere precisamente, come Emilia lo supponeva, un capo di ladri, aveva impiegato le sue truppe a spedizioni audaci e atroci a un tempo. Non solo avevano esse spogliato all'occorrenza tutti i viaggiatori inermi, ma saccheggiate ben anco tutte le abitazioni situate in mezzo ai monti. In queste spedizioni, i capi non si facevano mai vedere: i soldati, in parte travestiti, erano presi talvolta per malandrini ordinari, altre volte per bande forastiere, che a quell'epoca innondavano l'Italia. Avevano dunque saccheggiate case, e portati via tesori immensi; ma avendo assalito un castello con ausiliari della loro specie, n'erano stati respinti, inseguiti dagli alleati degli avversari. Le truppe di Montoni si ritirarono precipitosamente verso Udolfo, ma furono[82] incalzate cos? da vicino nelle gole, che giunte appena sulle alture circostanti al forte, videro il nemico nella valle, distante poco pi? d'una lega. Allora affrettarono il passo per avvertir Montoni di prepararsi alla difesa; ed era il loro repentino arrivo che aveva piombato il castello in tanta confusione.

Mentre Emilia aspettava ansiosa il ritorno della fida ancella, vide dalla finestra un corpo di milizie scendere dalle alture. Annetta era uscita da poco; doveva eseguire una missione delicata e pericolosa, eppure era gi? tormentata dall'impazienza. Stava in orecchio, apriva la porta, e le movea incontro sino in fondo al corridoio. Finalmente ud? camminare, e vide, non Annetta, ma il vecchio Carlo. Fu assalita da nuovi timori. Egli le disse che il padrone lo mandava per avvertirla di prepararsi a partire immediatamente, ch? il castello stava per essere assediato, aggiungendo che si preparavano le mule, per condurla, sotto buona scorta, in luogo di sicurezza.

? Di sicurezza! ? sclam? Emilia senza riflettere. ? Il signor Montoni ha dunque tanta considerazione per me? ? Carlo non rispose. La fanciulla fu alternativamente combattuta da mille contrari affetti: sembravale impossibile che Montoni prendesse misure per la di lei sicurezza. Era tanto strano il farla uscire dal castello, ch'essa non attribuiva questa condotta se non al disegno di eseguir qualche nuovo progetto di vendetta, come ne l'avea minacciata; poco dopo rallegravasi all'idea di partire da que' tristi luoghi; ma poscia, pensando alla probabilit? che Valancourt fosse ivi prigioniero, se ne accorava vivamente.

Carlo le ramment? che non c'era tempo da perdere, il nemico essendo in vista. Emilia lo preg? di dirle in qual luogo dovessero condurla. Egli esit?, ma essa ripet? la domanda, ed allora rispose: ? Credo che dobbiate andare in Toscana. ?[83]

— In Toscana! ? sclam? la fanciulla; ? e perch? in quel paese? ?

Carlo disse di non saper altro, se non che sarebbe stata condotta sui confini toscani, in una casuccia alle falde degli Appennini, distante qualche giornata di cammino.

Emilia lo conged?. Preparava tremante una piccola valigia, quando comparve Annetta.

? Oh! signorina, non c'? pi? scampo; Lodovico assicura che il nuovo portinaio ? ancor pi? vigilante di Bernardino. Il povero giovane ? disperato per me, e dice che morir? di spavento alla prima cannonata. ?

Si mise a piangere, e sentendo che Emilia partiva, la preg? di condurla seco.

? Ben volentieri, ? rispose questa, ? se il signor Montoni vi acconsente. ?

Annetta non le rispose, e corse a cercar il castellano, ch'era sulle mura circondato dagli uffiziali. Preg?, pianse e si strapp? i capegli, ma tutto fu inutile, e Montoni la scacci? duramente con una ripulsa.

Nella sua disperazione, torn? presso Emilia, la quale augur? male da quel rifiuto. Vennero tosto ad avvertirla di scendere nel gran cortile, ove le guide e le mule l'attendevano. Essa tent? indarno di consolare Annetta, che, struggendosi in pianto, ripeteva ognora, che non avrebbe pi? riveduta la sua cara padroncina. Questa pensava fra s?, che i suoi timori potevano esser pur troppo fondati, pure cerc? di calmarla, e le disse addio con apparente tranquillit?. Annetta l'accompagn? nel cortile, la vide montare su d'una mula, e partire colle guide, poi rientr? nella sua stanza per piangere liberamente.

Emilia intanto, nell'uscire, osservava il castello, il quale non era pi? immerso in tetro silenzio, come quando eravi entrata; dappertutto era uno[84] strepito d'armi, un affaccendarsi ai preparativi di difesa. Quando fu uscita dal portone, quando s'ebbe lasciato indietro quella formidabile saracinesca, que' tetri bastioni, sent? una gioia improvvisa, come di schiavo che ricuperi la sua libert?. Questo sentimento non le permetteva di riflettere ai nuovi pericoli che potevano minacciarla: i monti infestati da saccomani, un viaggio cominciato con guide, la cui sola fisonomia valeva ad incuterle spavento. Sulle prime per? gio?, trovandosi fuori di quelle mura, dov'era entrata con s? tristi presagi. Rammentavasi di quali presentimenti superstiziosi fosse stata c?lta allora, e sorrideva dell'impressione ricevutane dal suo cuore.

Osservava con tai sentimenti le torri del castello, e pensando che lo straniero, cui credea ivi detenuto poteva essere Valancourt, la sua gioia fu di lieve durata. Riun? tutte le circostanze relative all'incognito, fin dalla notte in cui avevagli sentito cantare una canzone del suo paese. Se le era rammentate spesso, senza trarne alcuna convinzione, e credeva soltanto che Valancourt potesse esser prigioniero in Udolfo. Era probabile che, cammin facendo, raccogliesse da' suoi conduttori notizie pi? dettagliate; ma temendo d'interrogarli troppo presto, per paura che una diffidenza reciproca non li impedisse di spiegarsi in presenza l'uno dell'altro, aspett? l'occasione favorevole per intertenerli separatamente.

Poco dopo, udirono in lontananza il suono di una tromba. Le due guide si fermarono guardando indietro. Il bosco foltissimo, ond'eran circondati, non lasciava veder nulla. Uno di essi sal? sopra un poggio per osservare se il nemico si avanzasse, giacch? la tromba senza dubbio apparteneva alla sua vanguardia. Mentre l'altro intanto restava solo con Emilia, ella si arrischi? d'interrogarlo a proposito del supposto Valancourt. Ugo, tale era il nome di colui, rispose che il castello racchiudeva parecchi prigionieri,[85] ma che non rammentandosene n? la figura, n? il tempo dell'arrivo, non poteva darle informazioni precise. Gli domand? quali prigionieri fossero stati fatti dall'epoca che indic? cio? da quando aveva intesa la musica per la prima volta. ? Sono stato fuori colla truppa per tutta la settimana, ? rispose Ugo, ? e non so nulla di quel che ? accaduto nel castello. ?

Bertrando, l'altra guida, torn? ad informar il compagno di quanto avea veduto, ed Emilia non domand? pi? nulla. I viaggiatori uscirono dal bosco, e scesero in una valle per una direzione contraria a quella che doveva prendere il nemico. Emilia vide intieramente il castello, e contempl? colle lacrime agli occhi quelle mura ov'era forse chiuso Valancourt. Cominciarono a sentire le cannonate; desse elettrizzavano Ugo, il quale ardeva d'impazienza di trovarsi a combattere, maledicendo Montoni che lo mandava cos? lontano. I sentimenti del suo compagno parevano molto diversi, e pi? adattati alla crudelt?, che ai piaceri della guerra.

Emilia faceva frequenti interrogazioni sul luogo del suo destino; ma non pot? saper altro, se non che andava in Toscana; e tutte le volte che ne parlava, parevale scoprire nella faccia di quei due uomini un'espressione di malizia e fierezza che la faceva tremare.

Viaggiarono alcune ore in profonda solitudine; verso sera s'ingolfarono fra precipizi ombreggiati da cipressi, pini ed abeti; era un deserto cos? aspro e selvaggio, che se la malinconia avesse dovuto scegliersi un asilo, quello sarebbe stato il suo favorito soggiorno. Le guide decisero di riposar quivi. ? La sera si avanza, ? disse Ugo, ? e andando pi? oltre saremmo esposti ad esser divorati dai lupi. ? Questo fu un cattivo annunzio per Emilia, trovandosi ad ora cos? tarda in quei luoghi selvaggi, alla discrezione di coloro. Gli orribili sospetti concepiti[86] sui disegni di Montoni se le presentarono con maggior forza; fece di tutto per impedir la sosta, e domand? con inquietudine quanto cammino restasse da fare.

? Molte miglia ancora, ? disse Bertrando; ? se non volete mangiare, buona padrona, ma noi vogliamo cenare, ch? ne abbiamo bisogno. Il sole ? gi? tramontato: fermiamoci sotto questa rupe. ? Il suo camerata acconsent?, fecero scendere Emilia dalla mula, e sedutisi tutti sull'erba, si misero a mangiare alcuni cibi tratti da una valigia.

L'incertezza aveva talmente aumentata l'ansiet? di Emilia a proposito del prigioniero, che non potendo discorrere col solo Bertrando, lo interrog? alla presenza di Ugo; indarno: ei disse non saperne nulla affatto. Ciarlando di varie cose, vennero a discorrere di Orsino e del motivo per cui era fuggito da Venezia. Qual non fu il raccapriccio d'Emilia allorch? Bertrando narr? la storia d'un altro assassinio fatto commettere per conto del cavaliere, ed in cui il bravo avea sostenuta una parte principale! A tale scoperta, mille terribili supposizioni l'assalsero: essa credeva restar vittima della cupidigia di Montoni, il quale avesse deciso di disfarsi di lei in silenzio, e per mezzo di quegli scherani, per appropriarsi in pace i di lei beni.

Il sole era tramontato tra folte nubi, ed Emilia arrischi? tremando di rammentare alle guide che cominciava a farsi tardi, ma essi erano troppo occupati dei loro discorsi per badare a lei. Dopo aver finito di cenare, ripresero la strada della valle in silenzio. Emilia continuava a pensare alla propria situazione, ed alle ragioni che poteva aver Montoni per trattarla cos?. Era indubitato ch'egli aveva cattive mire su di lei. Se non la faceva perire per appropriarsi istantaneamente i di lei beni, non facevala nascondere per un certo tempo, se non per riservarla a progetti pi? tristi, degni della sua cupidigia,[87] e meglio adatti alla sua vendetta. Rammentandosi dell'insulto fattole nella galleria, la sua orribile supposizione acquist? maggior forza. A qual fine per? l'allontanava dal castello, ove probabilmente erano gi? stati commessi con segretezza tanti delitti?

Il di lei spavento divenne allora s? eccessivo, che proruppe in dirotto pianto. Pensava nel tempo stesso al diletto padre, ed a ci? che avrebbe sofferto se avesse potuto prevedere le strane e penose di lei avventure. Con qual cura si sarebbe guardato dall'affidare la sua figlia orfana ad una donna tanto debole come la signora Montoni! La sua posizione attuale sembravale cos? romanzesca, che, rammentandosi la calma e serenit? de' primi anni, si credeva quasi vittima di qualche sogno spaventoso, o di un'immaginazione delirante. La riservatezza impostale dalla presenza delle guide, cambi? il suo terrore in cupa disperazione. La prospettiva spaventevole di ci? che poteva accaderle in seguito la rendeva quasi indifferente ai pericoli che la circondavano. La notte era gi? tanto avanzata, che i viaggiatori vedevano appena la strada.

Dopo molte ore di penoso cammino, interrotto ben anco da una violenta burrasca, si trovarono fuori di quei boschi. Ad Emilia parve d'esser rinata, riflettendo che se quei due uomini avessero avuto ordine d'ucciderla, l'avrebbero certo eseguito nell'orrido deserto dond'erano usciti, e dove mai se ne sarebbe potuto trovare la traccia. Rianimata da questa riflessione, e dalla tranquillit? delle sue guide, discese tacendo per un sentiero fatto solo per gli armenti, contemplando con interesse la sottoposta valle coronata a levante e a settentrione dagli Appennini; a ponente ed a mezzogiorno, la vista si estendeva per le belle pianure della Toscana.

? Il mare ? l?, ? disse Bertrando, quasi avesse indovinato che Emilia esaminava quegli oggetti cui[88] il chiaro di luna le permetteva di scorgere; ? desso sta ad occidente, bench? non possiamo distinguerlo. ?

Emilia trov? subito una differenza di clima, molto pi? temperato di quello de' luoghi alpestri, poco prima attraversati. Il paese ora contrastava tanto colla grandezza spaventosa di quelli, ov'era stata confinata, e co' costumi di coloro che vi abitavano, che Emilia si cred? trasportata nella sua cara valle di Guascogna. Stupiva come Montoni l'avesse mandata in quel delizioso paese, e non potea credere fosse stato scelto da lui per servir di teatro ad un delitto.

La fanciulla si arrischi? a chiedere se il luogo di loro destinazione fosse ancora molto distante. Ugo le rispose che non n'erano lontani. ? A quel bosco di castagni in fondo alla valle, ? diss'egli, ? vicino al ruscello, dove specchiasi la luna. Non vedo l'ora di riposarmi l? con un fiasco di vino buono ed una fetta di prosciutto. ? Emilia esult? udendo che il suo viaggio stava per finire. In pochi momenti giunsero all'ingresso del bosco. Videro da lontano un lume: avanzaronsi costeggiando il ruscello, ed arrivarono in breve ad una capanna. Bertrando batt? forte. Un uomo si affacci? ad una finestrella, ed avendolo riconosciuto, scese immediatamente ad aprir la porta. L'abitazione era rustica, ma decente; costui ordin? alla moglie di portar qualche rinfresco ai viaggiatori, ed intanto parl? in disparte con Bertrando: Emilia l'osserv?; era un contadino grande, ma non robusto, pallido, e di sguardi penetranti. Il di lui esteriore non annunziava un carattere capace d'ispirar fiducia, e non aveva modi che potessero conciliargli la benevolenza.

Ugo s'impazientiva, chiedeva da cena, e prendeva anche un fare autorevole, che non sembrava ammettere replica. ? Vi aspettava un'ora fa, ? disse il contadino, ? avendo gi? ricevuto una lettera del signor Montoni.[89]

— Fate presto, per carit?, abbiamo fame; e sopratutto portate tanto vino. ? Il contadino ammann? loro immediatamente lardo, vino, fichi, pane ed uva squisita. Dopo che Emilia si fu alquanto rifocillata, la moglie del contadino le indic? la sua camera. La fanciulla le fece alcune interrogazioni intorno a Montoni: Dorina, cos? chiamavasi la donna, rispose con molta riservatezza, pretendendo ignorare le intenzioni di sua eccellenza. Convinta allora che non avrebbe ricevuto alcuno schiarimento sul nuovo suo destino, la licenzi?, e coricossi; ma le scene maravigliose accadute, tutte quelle che prevedeva, si presentarono a un tempo alla di lei inquieta immaginazione, e concorsero col sentimento della nuova situazione a privarla d'ogni sonno.


CAPITOLO XXXII

Quando, allo spuntar del giorno, Emilia apr? la finestra, rest? sorpresa contemplando le bellezze che la circondavano. La casa era ombreggiata da castagni, misti a cipressi e larici. A settentrione e a levante gli Appennini, coperti di boschi, formavano un anfiteatro superbo e maestoso. Le loro falde verdeggiavano di vigne e di oliveti. Le ville elegantissime della nobilt? toscana, sparse qua e l? sui colli, formavano una vista sorprendente. L'uva pendeva a festoni dai rami dei pioppi e dei gelsi. Prati immensi costeggiavano il ruscello che scendeva dalle montagne; a ponente ed a mezzogiorno, si scorgeva il mare a gran distanza. La casa era esposta a mezzogiorno, e circondata da fichi, gelsomini e viti dai rubicondi grappoli, che pendevano intorno alle finestre: il praticello innanzi alla casa era smaltato di fiori e d'erbe odorifere. Quel luogo era per Emilia un boschetto incantato, la cui vaghezza comunic? successivamente al di lei spirito la calma, che non aveva gustata da tanto tempo.[90]

Fu chiamata all'ora della colazione dalla figlia del contadino, fanciulla di fisonomia interessante, dell'et? di circa diciassette anni. Emilia vide con piacere che parea animata dalle pi? pure affezioni della natura: tutti quelli che la circondavano, annunziavano pi? o meno cattive disposizioni: crudelt?, malizia, ferocia e doppiezza; quest'ultimo carattere distingueva specialmente la fisonomia di Dorina e di suo marito. Maddalena parlava poco, ma con voce soave ed un'aria modesta e compiacente che interessarono Emilia. Le donne fecero colazione in casa mentre Ugo, Bertrando ed il loro ospite mangiavano sul prato prosciutto e formaggio, inaffiati di vini toscani. Appena ebbero finito, Ugo and? in fretta a cercare la sua mula. Emilia seppe allora ch'egli doveva tornare ad Udolfo, mentre Bertrando sarebbe rimasto alla capanna.

Quando Ugo fu partito, Emilia propose una passeggiata nel bosco; ma essendole stato detto che non poteva uscire se non in compagnia di Bertrando stim? meglio ritirarsi nella sua stanza.

Preferendo la solitudine alla societ? di quello scellerato e de' suoi ospiti, Emilia pranz? in camera, e Maddalena ebbe il permesso di servirla. La di lei conversazione ingenua le fece conoscere che i contadini abitavano da molto tempo in quella casa, la quale era un regalo di Montoni in ricompensa d'un servizio resogli da Marco, stretto parente del vecchio Carlo. ? Sono cos? tanti anni, signora, ? disse Maddalena, ? ch'io ne so pochissimo; ma sicuramente mio padre deve aver fatto del gran bene a sua eccellenza, perch? la mamma ha detto spessissimo, che questa casa era il menomo regalo che potesse fargli. ?

Emilia ascoltava con pena questo racconto, che dava un colore poco favorevole al carattere di Marco. Un servizio che Montoni ricompensava cos?, non poteva essere che delittuoso; e si convinceva sempre[91] pi? di non essere stata mandata in quel luogo se non per un colpo disperato.

? Sapete voi quanto tempo sar?, ? disse Emilia, pensando all'epoca in cui la signora Laurentini era sparita dal castello, ? sapete voi quanto tempo sia che vostro padre ha reso al signor Montoni il servizio di cui mi parlate?

— Fu un po' prima che venisse ad abitare in questa casa; saranno circa diciotto anni. ?

Era l'epoca in cui si diceva presso a poco che fosse sparita la signora Laurentini. Venne in mente ad Emilia che Marco avesse potuto servir Montoni in quell'affare misterioso, secondando forse un omicidio. L'orribile pensiero la piomb? in angosciose riflessioni. Rest? sola fino a sera, vide tramontare il sole, ed al momento del crepuscolo le sue idee furono tutte occupate di Valancourt. Riun? le circostanze relative alla musica notturna, e tutto ci? che appoggiava le sue congetture sulla di lui prigionia nel castello, e si conferm? nell'opinione di averne udita la voce. Stanca d'affannarsi, si gett? finalmente sul letto, e ced? al sonno. Un colpo battuto all'uscio non tard? a svegliarla. L'immagine di Bertrando con uno stile alla mano, si present? alla di lei immaginazione alterata. Domand? chi fosse. ? Son io, signorina, aprite, non abbiate timore, sono la Lena.

— Che cosa vi adduce s? tardi? ? disse Emilia facendola entrare.

— Zitto, signora, per l'amor del cielo, non facciamo rumore. Se ci sentissero, non me la perdonerebbero. Mio padre, mia madre e Bertrando dormono, ? soggiuns'ella chiudendo la porta. ? Siccome voi non avete cenato, vi ho portato uva, fichi, pane ed un bicchier di vino. ? Emilia la ringrazi?, ma le fece conoscere che si esponeva al risentimento di Dorina, quando si fosse accorta della mancanza dei frutti. ? Riprendeteli, Lena, ? le disse, ? io soffrir?[92] meno a non mangiare, che se sapessi doveste domani esserne sgridata da vostra madre.

— Oh! signora! non v'? pericolo, ? soggiunse la Lena; ? mia madre non pu? accorgersi di nulla, poich? ? la mia parte di cena; mi fareste dispiacere ricusando. ? Emilia fu talmente intenerita della generosit? della buona fanciulla, che le vennero le lagrime agli occhi. ? Non v'affliggete, ? le disse la Lena; ? mia madre ? un po' viva, ma le passa presto. Non vi accorate dunque. Ella mi sgrida spesso, ma io ho imparato a soffrirla; e se mi riesce di scappare nel bosco, quando ha finito, mi scordo di tutto. ?

Emilia sorrise, malgrado le sue lagrime, disse a Lena che aveva un ottimo cuore, ed accett? il dono. Desiderava molto sapere se Bertrando, Dorina e Marco avessero parlato di Montoni e dei suoi ordini in presenza di Maddalena; ma non volle sedurre l'innocente fanciulla, facendole tradire i discorsi de' suoi genitori. Quando se ne and?, Emilia la preg? di venire a trovarla pi? spesso che poteva, senza per? mancare ai doveri di figlia; Lena lo promise, ed augurolle la buona notte.

Emilia per alcuni giorni non usc? mai di camera, e la Lena veniva a trovarla solo nel tempo de' pasti. La sua dolce fisonomia e le sue maniere interessanti consolavano la solitaria nostra eroina. In quest'intervallo il di lei spirito, non avendo ricevuta alcuna nuova scossa di dolore o di timore, pot? giovarsi del divertimento della lettura. Ritrov? alcuni abbozzi, carta e matite, e si sent? disposta a ricrearsi disegnando qualche parte della magnifica prospettiva che aveva sott'occhio.

La sera d'un d? che faceva gran caldo, Emilia volle provarsi a fare una passeggiata, bench? Bertrando dovesse accompagnarla. Prese la Lena ed usc? seguita dallo scherano, che la lasci? padrona di scegliere la strada. Il tempo era sereno e fresco:[93] Emilia ammirava con entusiasmo quella bella contrada.

Il sole all'occaso dorava ancora la cima degli alberi e le vette pi? alte. Emilia segu? il corso del ruscello lungo gli alberi che lo costeggiavano. Sulla riva opposta alcune bianche pecorelle spiccavano fra il verde. D'improvviso, ud? un coro di voci. Si ferma, ascolta attenta, ma teme di farsi vedere. Fu la prima volta che riguard? Bertrando come il suo protettore; ei la seguiva davvicino discorrendo con un pastore. Rassicurata da questa certezza, si avanza dietro una collinetta; la musica cess?, e di l? a poco sent? una voce di donna che cantava sola. Emilia, raddoppiando il passo, gir? dietro la collina, e vide un praticello coronato da alberi altissimi. Vi osserv? due gruppi di contadini che stavano intorno ad una giovinetta, la quale cantava, tenendo in mano una ghirlanda di fiori.

Finita la canzone, alcune pastorelle si avvicinarono ad Emilia ed alla Lena, le fecero sedere in mezzo a loro, e le presentarono uva e fichi. Quella placida scena campestre la commosse oltremodo, e quando torn? a casa, si sent? lo spirito pi? calmato.

Dopo quella sera passeggi? spesso in compagnia della Lena, ma sempre colla scorta di Bertrando. La tranquillit? in cui viveva, le faceva credere che non si avessero cattivi disegni su di lei; e senza l'idea probabile che Valancourt in quel momento fosse prigioniero nel castello, avrebbe preferito di restare col? fino all'epoca del suo ritorno in patria. Riflettendo per? ai motivi che potevano aver deciso Montoni a farla passare in Toscana, la sua inquietudine non diminuiva, non essendo persuasa che il solo interesse della di lei sicurezza l'avesse deciso a condursi in questa guisa.

Emilia pass? qualche tempo nella capanna prima di ricordarsi che, nella precipitosa partenza, aveva lasciato ad Udolfo le carte della zia relative ai beni[94] della Linguadoca. Ci? le fece pena, ma poi sper? che il nascondiglio sarebbe sfuggito alle ricerche di Montoni.


CAPITOLO XXXIII

Torniamo un momento a Venezia, dove il conte Morano geme sotto il peso di nuove sciagure. Appena giunto quivi, era stato arrestato per ordine del Senato, e messo in una segreta cos? rigorosa, che tutti gli sforzi degli amici non riuscirono a saperne notizia. Egli non avea potuto indovinare a qual nemico dovesse la sua prigionia, a meno che non fosse Montoni, sul quale appunto fissavansi i suoi sospetti.

Essi erano non solo probabili, ma anche fondati. Nella faccenda della coppa avvelenata, Montoni avea sospettato Morano; ma, non potendo acquistar il grado di prova necessaria alla convinzione del delitto, ebbe ricorso ad altri modi di vendetta. Da una persona fidata fece gettare una lettera d'accusa nella bocca del leone, destinata a ricevere le denunzie segrete contro i cospiratori politici.

Il conte erasi attirato il rancore de' principali senatori; i modi altieri, la smodata ambizione faceanlo odiar dagli altri; non dovea dunque aspettarsi alcuna piet? da parte de' suoi nemici.

Montoni intanto faceva fronte ad altri pericoli. Il suo castello era assediato da gente risoluta a vincere. La forza della piazza resist? al violento attacco, la guarnigione si difese strenuamente e la mancanza di viveri costrinse gli assalitori a sgomberare. Quando Montoni si vide di nuovo pacifico possessore d'Udolfo, impaziente di aver ancora Emilia in mano, mand? a cercarla. Costretta a partire, la fanciulla, di? un tenero addio alla dolce Lena. Risalendo l'Appennino, fiss? un luogo sguardo di rammarico sulla deliziosa contrada che abbandonava;[95] ma il dolore che risentiva a dover tornare al teatro de' suoi patimenti, fu addolcito dalla probabile speranza di ritrovarvi Valancourt, bench? prigioniero.

Giunti a sera inoltrata, e senza tristi incontri, presso al castello, poterono scorgere al chiaro di luna i danni patiti dalle mura durante l'assedio. Anche i boschi avean sofferto: alberi atterrati, schiantati, spogli di frondi, bruciati, indicavano i furori della guerra.

Profondo silenzio era susseguito al tumulto delle armi. Alla porta, un soldato munito di lampada venne a riconoscere i viaggiatori, e li introdusse nel cortile. Emilia fu colta quasi da disperazione udendo rinchiudersi alle spalle quelle formidabili imposte che parevano separarla per sempre dal mondo.

Traversato il secondo cortile, trovaronsi alla porta del vestibolo; il soldato augur? loro la buona notte e torn? al suo posto. Intanto Emilia pensava al modo di ritirarsi nella sua antica stanza senza esser veduta, per paura d'incontrare s? tardi o Montoni o qualcuno della sua compagnia. L'allegria che regnava nel castello era allora talmente clamorosa, che Ugo batteva alla porta senza poter farsi intendere dalla servit?. Questa circostanza aument? i timori di Emilia, e le lasci? il tempo di riflettere. Avrebbe forse potuto giugnere allo scalone, ma non poteva andare alla sua camera senza lume. Bertrando aveva appena una torcia, ed ella sapeva benissimo che i servi accompagnavano col lume solo fino alla porta, perch? il lampione sospeso alla v?lta illuminava sufficentemente il vestibolo.

Carlo apr? alfine la porta: Emilia lo preg? di mandar subito Annetta con un lume nella galleria grande dove andava ad aspettarla, e, salita la scala, sedette sull'ultimo gradino. Il buio della galleria la dissuase dall'entrarvi. Mentre stava attenta per sentire se venisse Annetta, sent? Montoni ed i suoi[96] compagni, che, parlando tumultuosamente con gente ebbra, si dirigevano a passi barcollanti verso la scala. Obliando la paura, entr? colle braccia avanti nella galleria, sempre attenta alle voci che udiva dabbasso, e tra le quali distinse quelle di Bertolini e Verrezzi. Dalle poche parole che pot? intendere, cap? che si parlava di lei: ciascuno reclamava qualche antica promessa di Montoni. Dopo aver alcun poco altercato, sent? venir su gente, e si slanci? nella galleria colla rapidit? del lampo. Percorse cos? alla ventura parecchi di que' vetusti anditi; finalmente riesc? in uno d'essi in fondo al quale le parve vedere un filo di luce.

Mentre dirigevasi col?, scorse venirle incontro Verrezzi barcollante. Per cansarlo, si gett? in una porta che trov? a sinistra, sperando di non essere stata veduta; poco dopo, socchiuse l'uscio per cercar d'andarsene, quando un lume spunt? in fondo a quel corridoio, e riconobbe Annetta; le corse incontro, e questa, vedendola, le si butt? al collo con un grido. Emilia pot? farle comprendere il suo pericolo, e recaronsi ambedue nella camera di Annetta alquanto distante. Alcun timore per? non valse a farla tacere. ? Oh! mia cara padrona, ? diceva essa camminando, ? quanta paura ho avuto! Ah! ho creduto di morire mille volte, e non sapeva se sarei sopravvissuta al fragor dei cannoni per potervi rivedere. Non ho mai provato in vita mia un contento maggiore quanto adesso che vi ritrovo.

— Zitto! ? diceva Emilia; ? siamo inseguite! ?

Ma era l'eco de' loro passi.

? No, ? disse Annetta, ? hanno chiusa una porta.

— Facciamo silenzio per carit?, e non parliamo pi?, finch? non siamo giunte alla tua camera. ? Vi arrivarono finalmente senza sinistri incontri. La cameriera apr?, e Emilia si mise a sedere sul letto per riposarsi alquanto. La sua prima domanda fa se Valancourt era prigioniero. Annetta le rispose[97] non poter dirglielo con precisione, ma esser certa ch'eranvi molti prigionieri nel castello. Poscia cominci? a sua guisa a fare la descrizione dell'assedio, o piuttosto il dettaglio di tutte le paure sofferte durante l'attacco. ? Ma, ? soggiuns'ella, ? quando intesi sulle mura i gridi di vittoria, credei che noi fossimo stati presi, e mi tenni perduta; in vece avevamo scacciati i nemici. Andai nella galleria settentrionale, e vidi un gran numero di fuggitivi sulle montagne. Del resto poi si pu? dire che i bastioni sono in rovina. Facea spavento il vedere nel bosco sottoposto tanti morti, ammucchiati l'un sopra l'altro!... Durante l'assedio, il signor Montoni correa qua, l?, era da per tutto, a quanto mi disse Lodovico. Per me, egli non mi lasciava veder nulla. Mi chiudeva in una stanza nel centro del castello, mi portava da mangiare, e veniva a trovarmi pi? spesso che poteva. Debbo confessare che, senza Lodovico, sarei morta, sicuramente.

— E come vanno le cose dopo l'assedio?

— V'? un fracasso terribile, ? rispose Annetta; ? i signori non fanno altro che mangiare, bere e giuocare. Stanno a tavola tutta notte e giuocano tra loro le belle e ricche cose, che hanno preso quando andavano al saccheggio od a qualcosa di simile. Hanno alterchi vivissimi sulla perdita e sul guadagno; il signor Verrezzi perde sempre, a quanto si dice: Orsino guadagna, e sono sempre in lite. Tutte quelle belle signore sono ancora qui, e vi confesso che mi fanno ribrezzo quando le incontro.

— Sicuramente, ? disse Emilia sussultando, ? odo rumore, ascolta.

— Oib?! ? il vento. Lo sento spesso quando soffia pi? forte del solito, e scuote le porte della galleria. Ma perch? non volete coricarvi? credo non vorrete restar cos? tutta notte. ?

Emilia si stese sul letto pregandola di lasciare il lume acceso. Annetta si coric? accanto a lei; ma[98] la fanciulla non poteva dormire, e le pareva sempre d'intendere qualche rumore. Mentre Annetta cercava persuaderla ch'era il vento, udirono rumor di passi vicino all'uscio. La cameriera voleva scendere dal letto, ma Emilia la trattenne; si buss? leggermente, e si chiam? Annetta sottovoce.

? Per l'amor del cielo, non rispondere, ? disse Emilia, ? sta quieta. Faremmo bene a spegnere il lume, che potrebbe tradirci.

— Madonna! ? sclam? la cameriera; ? non resterei al buio adesso per tutto l'oro del mondo. ? Mentre parlava fu ripetuto pi? forte il nome di Annetta. ? Ah! ? Lodovico, ? grid? essa allora, e si alzava per aprir la porta; ma Emilia ne la imped? volendo prima assicurarsi se era solo. Annetta gli parl? qualche tempo, ed egli le disse che, avendola lasciata uscire per andare a trovar la padroncina, veniva a rinchiuderla di nuovo. Questa temendo di essere sorpresa se continuavano a parlare in quel modo, acconsent? a lasciarlo entrare. La fisonomia franca e buona del giovane rassicur? Emilia, la quale implor? il di lui soccorso, se Verrezzi lo avesse reso necessario. Lodovico promise di passar la notte in una camera attigua per difenderla da qualunque insulto, e, acceso un lume, se ne and? al suo posto.

Emilia avrebbe desiderato riposare, ma troppi interessi occupavano la sua mente: si vedeva in un luogo divenuto soggiorno del vizio e della violenza, fuori della protezione delle leggi, in potere d'un uomo instancabile nella persecuzione e nella vendetta; e riconobbe che resistere pi? a lungo alla di lui prepotenza sarebbe stata follia. Abbandon? pertanto la speranza di vivere agiatamente con Valancourt, e decise di ceder tutto a Montoni la mattina seguente, purch? le permettesse di tornarsene tosto in Francia. Queste riflessioni la tennero svegliata tutta notte.[99]

Appena fu giorno, Emilia ebbe un lungo colloquio con Lodovico, il quale le raccont? varie circostanze relative al castello, e le di? alcune notizie sui progetti di Montoni, che accrebbero i suoi fondati timori. Gli dimostr? gran sorpresa perch?, sembrando cos? commosso dalla di lei trista situazione in quel castello non pensasse d'andarsene. Ei l'assicur? non essere sua intenzione di restarvi, ed allora essa rischi? a domandargli se volesse assecondare la sua fuga. Lodovico l'accert? ch'era dispostissimo a tentarla, ma le rappresent? tutte le difficolt? dell'impresa, giacch? la di lui perdita sarebbe stata certa, se Montoni li raggiungesse prima d'esser fuori de' monti. Promise nulladimeno di cercarne con premura l'occasione, e di occuparsi d'un piano di fuga. Emilia gli confid? allora il nome di Valancourt, pregandolo d'informarsi se fosse nel numero dei prigionieri. La debole speranza che le rinacque da questo colloquio, dissuase Emilia dal trattare immediatamente con Montoni; risolse, s'era possibile, di ritardare a parlargli fin quando avesse saputo qualcosa da Lodovico, e di non far la cessione se non quando le fosse riuscito impossibile ogni mezzo di fuggire. Mentre fantasticava cos?, Montoni rinvenuto dall'ubbriachezza, la mand? a chiamare; essa obbed?, e lo trov? solo, ? Ho saputo, ? diss'egli, ? che non passaste la notte nella vostra camera; dove siete stata? ? Emilia gli dettagli? le circostanze che ne l'aveano impedita, e le chiese la sua protezione per l'avvenire. ? Voi conoscete i patti della mia protezione, ? diss'egli; ? se realmente ne fate caso, procurate di meritarvela. ?

Quella dichiarazione precisa, che non l'avrebbe protetta se non condizionatamente, durante la sua cattivit? nel castello, convinse Emilia della necessit? di arrendersi; ma prima gli domand? se le avrebbe permesso di partire immediatamente dopo aver firmata la cessione; egli le ne fece solenne[100] promessa, e le present? la carta, colla quale essa gli trasferiva tutti i suoi diritti.

Fu per qualche tempo incapace di firmare, avendo il cuore lacerato da opposti affetti; stava per rinunziare alla felicit? della sua vita, e alla speranza che l'avea sostenuta in un s? lungo corso di avversit?.

Montoni le ripet? i patti della sua obbedienza, osservandole che tutti i momenti erano preziosi. Essa prese la penna e firm? la cessione. Appena ebbe finito, lo preg? di ordinare la sua partenza e di lasciarle condur seco Annetta. Montoni allora si mise a ridere. ? Era necessario ingannarvi, ? diss'egli; ? era l'unico mezzo per farvi agire ragionevolmente: voi partirete ma non adesso. Bisogna prima ch'io prenda possesso di quei beni; quando ci? sar? fatto, potrete tornarvene in Francia. ?

La fredda scelleratezza colla quale ei violava il solenne impegno da lui preso, ridusse Emilia alla disperazione, conoscendo che il suo sacrifizio non le avrebbe giovato a nulla, e sarebbe rimasta prigioniera: non sapeva trovar parole per esprimere i suoi sentimenti, e capiva bene che ogni osservazione sarebbe stata infruttuosa; guard? Montoni con aria supplichevole, ma egli volse il capo, e la preg? di ritirarsi. Incapace di fare neppure un passo, ella si abbandon? sopra una sedia, sospirando affannosamente senza poter piangere, n? parlare.

? Perch? abbandonarvi a questo inopportuno dolore? ? le disse Montoni; ? sforzatevi di sopportare coraggiosamente ci? che ora non potete evitare. Non avete da lagnarvi di verun affanno reale; abbiate pazienza, e sarete rimandata in Francia. Intanto tornate alla vostra stanza.

— Non oso, signore, ? rispose Emilia, ? andare in un luogo ove pu? introdursi il signor Verrezzi. — Non vi ho io promesso di proteggervi? ? disse Montoni. — Promesso! ? ribatt? Emilia titubando. — La[101] mia promessa dunque non basta? ? riprese egli severamente. — Rammentatevi della vostra prima promessa, ? disse Emilia tremando, ? e giudicherete voi stesso qual caso io debba fare delle altre. — Guardatevi dal farmi ritrattare le mie parole. Ritiratevi, voi non avete nulla da temere nel vostro appartamento. ?

Emilia ritirossi a passi lenti, e quando fu giunta nella sua camera, esamin? attentamente se vi fosse nascosto qualcuno, chiuse la porta, e si mise a sedere vicino alla finestra. La misera avrebbe forse perduta la ragione, se non avesse lottato fortemente contro il peso delle sue sciagure. Invano sforzavasi di credere che Montoni l'avrebbe realmente rimandata in Francia, tostoch? si fosse assicurato de' suoi beni, e che intanto l'avrebbe guarentita dagl'insulti. La sua speranza principale per? era riposta in Lodovico; n? dubitava del suo zelo, malgrado la poca fiducia di lui stesso nella progettata evasione.

Questa trista giornata la trascorse come tante altre nella propria camera. Cal? la notte, ed Emilia sarebbesi ritirata nella stanza di Annetta se un interesse pi? forte non l'avesse trattenuta: voleva attendere all'ora consueta il ritorno della musica, la quale, se non potea assicurarla positivamente della presenza di Valancourt nel castello, valea a confermarla nella sua idea e procurarle una consolazione s? necessaria nel suo attuale abbattimento.

La notte era burrascosa: il vento soffiava veemente; le ore passarono: Emilia ud? appostar le sentinelle. Di l? a poco, una fioca melodia travers? l'aere; riconobbe il suono di un liuto accompagnato da' queruli accenti d'un uomo. Essa ascoltava sperando e temendo; ritrov? la dolcezza armoniosa della voce e del liuto, che gi? conosceva. Convinta che la musica partiva da una delle stanze sottoposte, si sporse in fuori per iscoprire alcun lume, ma indarno. Chiam? anche sottovoce, ma il vento imped?[102] senza dubbio di udirla; la musica continuava. D'improvviso, ud? battere all'uscio della camera, ed avendo riconosciuto la voce di Annetta, le apr?, invitandola ad avvicinarsi pian piano alla finestra per ascoltare.

? Gran Dio! ? sclam? Annetta; ? io conosco questa canzone: essa ? francese, ed una delle ariette favorite del mio caro paese... ? un nostro compatriota che canta e dev'essere il signor Valancourt. — Piano, Annetta, ? disse Emilia, ? non parlar s? forte; potremmo essere intese. — Da chi? dal cavaliere? — No, ma qualcuno potrebbe tradirci. Perch? credi tu sia Valancourt quello che canta? Ma zitto: la voce diventa pi? forte. La riconosci? — Signorina, ? rispose Annetta, ? io non ho mai udito cantare il cavaliere. ? Ad Emilia spiacque assai che l'unico motivo di Annetta per credere ch'era Valancourt, fosse che il cantore era Francese. Poco dopo ud? la romanza intesa alla peschiera, e il di lei nome fu ripetuto cos? spesso, che Annetta grid? ad alta voce: ? Signor Valancourt! signor Valancourt! ? Emilia tent? trattenerla, ma essa gridava sempre pi? forte; la musica cess?, e nessuno rispose. ? Non importa, signora Emilia, ? disse la ragazza; ? ? il cavaliere senz'altro, ed io voglio parlargli. — No, no, Annetta; voglio parlargli io stessa. Se ? lui, riconoscer? la mia voce, e risponder?. Chi ?, ? grid? ella, ? che canta cos? tardi? ? Sussegu? un lungo silenzio. Ripet? la domanda, ed intese fievoli accenti, i quali parevano venir s? da lontano, che non pot? distinguer nessuna parola. Allora cred? che l'incognito fosse Valancourt senz'altro, giacch? aveva risposto alla sua voce, e lusingandosi che l'avesse riconosciuta, si abbandon? a trasporti di gioia. Annetta intanto continuava a chiamare. Emilia, temendo allora di esser tradita nelle sue ricerche, la fece tacere, riservandosi ad interrogare Lodovico la mattina seguente.[103]

Stettero ambedue qualche tempo alla finestra, ma tutto rimase tranquillo. Emilia, giubilante, camminava a gran passi per la camera, chiamando sottovoce Valancourt, e tornava quindi alla finestra, dove non udiva altro che il mormorio del vento tra le frondi. Annetta mostravasi impaziente quanto lei; ma la prudenza le decise infine a chiudere la finestra, ed andarsene a letto.


CAPITOLO XXXIV

Passarono alcuni giorni nell'incertezza. Lodovico aveva potuto sapere solamente che c'era un prigioniero nel luogo indicato da Emilia, un Francese, stato preso in una scaramuccia. Nell'intervallo, Emilia sfugg? alle persecuzioni di Verrezzi e Bertolini, confinandosi nella sua camera. Talvolta passeggiava la sera nel corridoio. Montoni pareva rispettar l'ultima sua promessa, sebbene avesse violata la prima; ed ella non poteva attribuire il suo riposo che al favore della di lui protezione. Erane allora cos? persuasa, che non desiderava partire dal castello se non dopo aver ottenuto qualche certezza a proposito di Valancourt. L'aspettava adunque, senza che ci? le costasse verun sacrifizio, non essendosi presentata fin allora nessuna occasione propizia di fuggire.

Finalmente, Lodovico venne ad avvertirla che sperava di vedere il prigioniero, dovendo questi avere per guardia la notte seguente un soldato di cui erasi fatto amico. La di lui speranza non fu vana, giacch? pot? entrare nella prigione col pretesto di portargli acqua. La prudenza per? gl'impose di non confidare alla sentinella il vero motivo di quella visita, che fu molto breve.

Emilia stette impaziente ad aspettarne il risultato; infine vide ricomparire il giovano con Annetta. ? Il prigioniero, signorina, ? diss'egli, ? non ha voluto[104] confidarmi il suo nome. Quando pronunziai il vostro, si mostr? meno sorpreso di quel ch'io m'immaginassi.

— Come sta egli? Dev'essere molto abbattuto dopo una s? lunga prigionia... — Oh no! mi parve che stesse bene, quantunque non glie l'abbia domandato. — Non vi ha consegnato nulla per me? ? disse Emilia. — Mi ha dato questo, dicendo che vi avrebbe scritto se avesse avuto l'occorrente. Prendete. ? E le consegn? una miniatura. Emilia riconobbe il suo proprio ritratto, lo stesso che aveva perduto sua madre in modo cos? singolare alla peschiera della valle. Pianse allora di gioia e tenerezza, e Lodovico continu?: ? Mi ha scongiurato a procurargli un abboccamento con voi. Gli rappresentai quanto mi paresse difficile farvi acconsentire il suo custode; mi rispose ci? esser pi? facile che non immaginassi, e che se ne gli avessi portata la vostra risposta, si sarebbe spiegato meglio. — Quando potrete rivedere il cavaliere, ditegli che acconsento a vederlo. — Ma quando, signora, in qual luogo? — Ci? dipender? dalle circostanze; desse fisseranno l'ora ed il luogo. ?

Il giovane le augur? la buona notte, e se ne and?.

Pass? una settimana prima che Lodovico potesse rientrare nella prigione. Nell'intervallo, comunic? ad Emilia rapporti spaventosi di quanto accadeva nel castello: il di lei nome era spesso pronunziato ne' discorsi di Bertolini e Verrezzi, e diveniva sempre soggetto di alterchi. Montoni aveva perduto al giuoco somme enormi con Verrezzi, e c'era tutta la probabilit? che gliela destinasse in isposa per isdebitarsi, ad onta dell'opposizione di Bertolini. A tai notizie, la meschina scongiurava Lodovico a riveder tosto il prigioniero, ed a favorire la loro fuga.

Finalmente Lodovico le disse d'aver riveduto il cavaliere, il quale avealo indotto a fidar nel carceriere,[105] di cui aveva gi? esperimentata la condiscendenza, e che avevagli promesso di uscire per mezz'ora la notte seguente, quando Montoni ed i suoi compagni stessero gozzovigliando. ? ? una bella cosa per certo, ? soggiunse il giovane; ? ma Sebastiano sa bene che non corre alcun rischio, lasciando uscire il prigioniero, poich? se potr? scappare dalle porte di ferro sar? molto destro. Il cavaliere mi manda da voi, o signora, per supplicarvi in nome suo di permettergli che vi veda stanotte, quando pur fosse per un momento solo, non potendo pi? vivere sotto il medesimo tetto senza vedervi; circa all'ora, non pu? precisarla, giacch? dipende dalle circostanze, come voi diceste, e vi prega di scegliere il luogo che crederete il pi? sicuro. ?

Emilia era s? agitata dalla prossima speranza di rivedere Valancourt, che passarono alcuni minuti prima di poter rispondere. Finalmente, non seppe indicare un luogo pi? sicuro del corridoio. Fu dunque stabilito che il cavaliere sarebbe venuto quella notte nel corridoio, e che Lodovico avrebbe pensato a scegliere l'ora. Emilia, come pu? credersi, pass? quest'intervallo in un tumulto di speranza, di gioia e d'ansiosa impazienza. Dopo il suo arrivo al castello non aveva mai osservato con tanto piacere il tramonto del sole. Contava le ore, e le parea che il tempo non passasse mai.

Finalmente suon? mezzanotte. Apr? la porta del corridoio per ascoltare se vi fosse rumore nel castello, e ud? solo l'eco delle risa smoderate che partivano dalla sala grande. S'immagin? che Montoni ed i suoi ospiti fossero a tavola. ? Essi sono occupati per tutta la notte, ? disse fra s?, ? e Valancourt sar? presto qui. ? Chiuse la porta, e passeggi? per la camera coll'agitazione dell'impazienza. Si affacciava alla finestra, lusingandosi di sentir suonare il liuto; ma tutto era silenzio, e la sua[106] emozione cresceva. Annetta, che aveva fatto restare in sua compagnia, ciarlava secondo il solito; ma Emilia non intendeva sillaba de' suoi discorsi. Tornando alla finestra, sent? alfine la solita voce cantare accompagnata dal liuto. Non pot? astenersi dal piangere per la tenerezza. Finita la romanza, Emilia la consider? come un segnale che le indicasse l'uscita di Valancourt. Poco dopo ud? camminare nel corridoio, apr? la porta, corse incontro all'amante, e si trov? fra le braccia d'un uomo che non aveva mai veduto. La faccia ed il suono della voce dell'incognito la disingannarono sul momento, e svenne.

Allorch? risens?, trovossi sostenuta da quest'uomo, il quale la considerava con viva espressione di tenerezza e d'inquietudine. Non ebbe la forza per interrogare, n? per rispondere: proruppe in dirotto pianto, e si sciolse dalle di lui braccia. L'incognito impallid?. Sorpreso, guardava Lodovico come per domandargli qualche schiarimento; ma Annetta gli spieg? il mistero che non intendeva neppur Lodovico. ? Signore, ? grid? ella singhiozzando, ? voi non siete l'altro cavaliere. Noi aspettavamo il signor Valancourt, e non siete voi quello. Ah! Lodovico, come avete potuto ingannarci cos?? la mia povera padrona se ne risentir? per molto tempo. ? L'incognito, il quale pareva agitatissimo, voleva parlare, ma gli spirarono le parole sul labbro, e battendosi colla mano la fronte, come preso da improvvisa disperazione, si ritir? dalla parte opposta del corridoio.

Annetta si terse le lagrime, e disse a Lodovico: ? Pu? darsi che l'altro cavaliere, cio? il signor Valancourt, sia tuttora dabbasso. ? Emilia alz? la testa. ? No, ? replic? Lodovico, ? il signor Valancourt non c'? stato mai, se questo cavaliere non ? lui. Se aveste avuta la bont? di confidarmi il vostro nome, signore, ? diss'egli all'incognito, ? quest'equivoco[107] non avrebbe avuto luogo. — ? verissimo, ? rispos'egli in cattivo italiano; ? ma m'importava molto che Montoni lo ignorasse. Signora, ? soggiunse quindi, volgendosi in francese a Emilia, ? permettetemi due parole. Soffrite che spieghi a voi sola il mio nome e le circostanze che m'indussero nell'errore. Io sono vostro compatriotta, e ci troviamo ambidue in una terra straniera. ?

Emilia procur? di calmarsi, ed esitava ad accordargli la sua domanda; in fine, preg? Lodovico di andar ad aspettarla in fondo al corridoio, trattenne Annetta, e disse all'incognito che quella fanciulla intendendo pochissimo l'italiano, ei poteva favellarle in questa lingua. Si ritirarono in un angolo, e l'incognito le disse, dopo un lungo sospiro: ? Signora, la mia famiglia non dev'esservi ignota. Io mi chiamo Dupont; i miei parenti vivevano a qualche distanza dal vostro castello della valle, ed io ebbi la fortuna d'incontrarvi qualche volta, visitando il vicinato. Non vi offender? certo ripetendovi quanto sapeste interessarmi, quanto mi compiaceva di errare nei luoghi che voi frequentavate, quante volte ho visitato la vostra peschiera favorita, e quanto gemeva allora delle circostanze che m'impedivano di dichiararvi la mia passione! Non vi spiegher? come potei cedere alla tentazione, ed in qual modo divenni possessore d'un tesoro inestimabile per me, che affidai, pochi giorni sono, al vostro messaggero, con una speranza ben diversa da quella che or mi resta. Non mi estender? di pi?. Lasciate ch'io implori il vostro perdono, e circa a quel ritratto che restituii cos? male a proposito, la vostra generosit? ne scuser? il furto, e vorr? rendermelo. Il mio delitto stesso ? divenuto il mio castigo; e quel ritratto che involai aliment? una passione che dev'essere sempre il mio tormento. ?

Emilia, interrompendolo, disse: ? Lascio alla vostra coscienza, o signore, il decidere se, dopo tutto[108] quant'? accaduto a proposito del signor Valancourt, io debba rendervi il ritratto. Non sarebbe un'azione generosa: dovete convenirne voi stesso, e mi permetterete di aggiungere che mi fareste un'ingiuria insistendo per ottenerlo. Mi trovo onorata della favorevole opinione che concepiste di me; ma... l'equivoco di questa sera mi dispensa dal dirvi di pi?.

— S?, signora, oim?! s?, ? replic? Dupont; ? accordatemi almeno di farvi conoscere il mio disinteresse, se non il mio amore. Accettate i servigi d'un amico, il quale, bench? prigioniero, giura di fare ogni tentativo per togliervi da quest'orribile soggiorno, e non mi negate la ricompensa d'aver tentato almeno di meritare la vostra gratitudine.

— Voi la meritate gi?, signore, ? disse Emilia, ? ed il voto che esprimete merita tutti i miei ringraziamenti. Scusatemi se vi rammento il pericolo a cui siamo esposti, prolungando questo abboccamento. Sar? per me una gran consolazione, sia che i vostri tentativi vadano a vuoto, od abbiano un esito felice, di avere un generoso compatriotta disposto a proteggermi. ?

Dupont prese la mano di Emilia, che voleva ritirarla, e se l'appress? rispettosamente alle labbra.

? Permettetemi, ? le disse, ? di sospirare vivamente per la vostra felicit?, e lodarmi d'una passione che m'? impossibile di vincere. ? In quel punto Emilia ud? rumore nella sua camera, e voltandosi da quella parte, vide un uomo il quale, precipitandosi nel corridoio brandendo uno stile, grid?: ? v'insegner? io a vincere questa passione! ? E corse incontro a Dupont ch'era inerme. Questi scans? il colpo, si gett? su colui, nel quale Emilia riconobbe Verrezzi e lo disarm?. Durante la lotta, Emilia e Annetta corsero a chiamar Lodovico, ma era sparito. Tornando indietro, il rumore della lotta le fece sovvenire del pericolo. Annetta and? a cercar Lodovico; la fanciulla s'affrett? dove Dupont[109] e Verrezzi erano sempre alle prese, e li scongiur? a separarsi. Il primo finalmente gett? in terra l'avversario e ve lo lasci? sbalordito dalla caduta. Emilia lo preg? di fuggire, prima che comparisse Montoni, o qualcun altro: ei ricus? di lasciarla cos? senza difesa, e mentr'ella, pi? spaventata per lui che per s? medesima, raddoppiava le sue premurose istanze, udirono salire la scala segreta.

? Siete perduto, ? diss'ella; ? ? la gente di Montoni. ? Dupont non rispose, e sostenendo Emilia, che stentava a reggersi, aspett? di pi? fermo gli avversari. Poco dopo entr? Lodovico solo, e gettando un'occhiata dappertutto: ? Seguitemi, ? disse loro, ? se vi ? cara la vita; non abbiamo un momento da perdere. ?

Emilia domand? cosa fosse accaduto, e dove convenisse andare.

? Non ho tempo di dirvelo, ? rispose Lodovico. ? Fuggite, fuggite. ?

Essa lo segu? all'istante, sostenuta da Dupont. Scesero la scala, e mentre traversavano un andito segreto, si ricord? di Annetta, e chiese dove fosse, ? Ci aspetta, ? le rispose Lodovico sottovoce. ? Poco fa furono aperte le porte per un distaccamento che arriva, e temo che vengano chiuse nuovamente, prima che noi vi giungiamo. ? Emilia tremava sempre pi? dopo aver saputo che la sua fuga dipendeva da un solo istante. Dupont le dava braccio, e procurava, camminando, di rianimare il suo coraggio.

Lodovico apr? un'altra porta, dietro la quale trovarono Annetta, e scesero alcuni gradini. Il giovane disse che quel passaggio conduceva al secondo cortile, e comunicava col primo. A misura che si avanzavano, un tumulto confuso, che pareva venire dal secondo cortile, spavent? Emilia.

? Non temete, signora, ? disse Lodovico, ? la nostra sola speranza ? riposta in questo tumulto: mentre la gente del castello ? occupata di quelli[110] che giungono, potremo forse uscir dalle porte inosservati. Ma zitto, ? soggiunse avvicinandosi ad una porticella che metteva sul primo cortile; ? restate qui un momento: io vado a vedere se le porte sono aperte, e se c'? qualcuno per via. Vi prego, signore, di spegnere il lume se mi sentirete parlare, ? aggiunse consegnando la lampada a Dupont, ? ed in tal caso restate in silenzio. ?

Usc?, e chiuse la porta. ? Noi saremo in breve fuori di queste mura, ? disse Dupont a Emilia; ? fatevi coraggio, e tutto andr? bene. ?

Poco dopo udirono Lodovico parlar forte, e distinsero anche un'altra voce. Dupont spense subito il lume. ? Gran Dio! ? troppo tardi, ? esclam? Emilia; ? che sar? di noi? ? Ascoltarono attenti, e si accorsero che Lodovico parlava colla sentinella. Il cane di Emilia, che l'aveva seguita, cominci? a latrare. Dupont lo prese in braccio per farlo tacere, e sentirono che il giovane diceva alla sentinella: ? Intanto far? io la guardia per voi. — Aspettiamo un momento, ? replic? la sentinella, ? e non avrete questo incomodo. I cavalli devono esser mandati alle stalle vicine, si chiuderanno le porte, e potr? assentarmi per un minuto — Oib?! Per me non ? un incomodo, caro camerata, ? disse Lodovico; ? farete a me lo stesso servizio un'altra volta. Andate, andate ad assaggiare quel vino, altrimenti la truppa arrivata lo berr? tutto, e non ve ne rimarr? pi?. ?

Il soldato esit?, e chiam? nel secondo cortile, per sapere se i cavalli dovevano esser condotti fuori, e se potevano chiudersi le porte. Erano tutti troppo occupati per rispondergli, quand'anco l'avessero inteso.

? S?, s?, ? disse Lodovico, ? non son cos? gonzi, si dividono tutto fra loro. Se aspettate quando partono i cavalli, troverete il vino bevuto tutto. Io ne ebbi la mia parte, ma giacch? non ne volete, andr? io in vece vostra.[111]

— Alto l?, camerata, ? soggiunse la sentinella, ? prendete il mio posto per pochi minuti, che torno subito. ?

E andossene correndo.

Lodovico, vedendosi in libert?, si affrett? di aprire la porta dell'andito. Emilia soccombea quasi all'ansiet? cagionatagli dal lungo colloquio. Egli disse loro che il cortile era libero: lo seguirono senza perder tempo, e menarono seco due cavalli che trovarono isolati.

Usciti senza ostacolo dalle formidabili porte, corsero ai boschi. Emilia, Dupont e Annetta erano a piedi; Lodovico sopra un cavallo, conduceva l'altro. Giunti nella selva, le due fanciulle salirono in groppa coi loro protettori. Lodovico serviva di guida, e fuggirono tanto presto quanto lo permetteva una strada rovinata, ed il fioco chiaror di luna traverso gli alberi.

Emilia era cos? stordita dall'inattesa partenza, che osava credere appena di essere sveglia: dubitava per? molto che l'avventura potesse andar a finir bene, ed il dubbio era pur troppo ragionevole. Prima di uscire dal bosco udirono alte grida, e videro molti lumi nelle vicinanze del castello. Dupont spron? il cavallo, e con molta pena lo costrinse a correr pi? presto.

? Povera bestia, ? disse Lodovico, ? dev'essere ben stanca, essendo stata fuori tutto il giorno. Ma signore, andiamo da questa parte, perch? i lumi vengono per di qua. ? E spronati i cavalli, si misero a galoppare. Dopo una lunga corsa, guardarono indietro: i lumi erano tanto lontani, che a mala pena potevano distinguersi; le grida avean fatto luogo a profondo silenzio. I viaggiatori allora moderarono il passo, e tennero consiglio sulla direzione da prendere. Decisero di andare in Toscana per guadagnare il Mediterraneo, e cercar d'imbarcarsi prontamente per la Francia. Dupont aveva[112] progettato di accompagnarvi Emilia, se avesse potuto sapere che il suo reggimento vi fosse tornato.

Erano allora sulla strada gi? percorsa da Emilia con Ugo e Bertrando. Lodovico, il solo di essi che conoscesse i tortuosi sentieri di que' monti, assicur? che a poca distanza ne avrebbero trovato uno pel quale sarebbesi potuto scender facilmente in Toscana, e che alle falde degli Appennini c'era una piccola citt?, dove avrebbero potuto procacciarsi le cose necessarie pel viaggio.

Emilia pensava a Valancourt ed alla Francia con gioia; ma intanto essa sola era l'oggetto delle riflessioni malinconiche di Dupont. L'affanno per? ch'ei provava pel suo equivoco, veniva addolcito dal piacere di vederla, Annetta pensava alla lor fuga sorprendente, e al susurro che avrebber fatto Montoni ed i suoi. Tornata in patria, voleva sposare il suo liberatore per gratitudine e per inclinazione. Lodovico, per parte sua, si compiaceva di avere strappato Annetta ed Emilia al pericolo che le minacciava, lieto di fuggire egli stesso da quella gente che gli faceva orrore. Aveva resa la libert? a Dupont, e sperava di viver felice coll'oggetto del suo amore.

Occupati dai loro pensieri, i viaggiatori restarono in silenzio per pi? di un'ora, meno qualche domanda che faceva tratto tratto Dupont sulla direzione della strada, o qualche esclamazione di Annetta sugli oggetti che il crepuscolo lasciava vedere imperfettamente. Infine scorsero lumi alle falde di un monte, e Lodovico non dubit? pi? non fosse la desiata citt?. Soddisfatti di questa certezza, i suoi compagni si abbandonarono di nuovo ai loro pensieri; Annetta fu quindi la prima a parlare.

? Dio buono, ? diss'ella, ? dove troveremo noi denaro? So che n? la mia padrona, n? io non abbiamo un soldo. Il signor Montoni ci provvedeva egli! ? L'osservazione produsse un esame che termin?[113] in un imbarazzo seriissimo. Dupont era stato spogliato di quasi tutti i suoi denari allorch? cadde prigioniero; il resto l'aveva regalato alla sentinella, che avevagli permesso di uscire dal carcere. Lodovico, che da molto tempo non poteva ottenere il pagamento del suo salario, aveva appena di che supplire al primo rinfresco nella citt? in cui dovean giungere.

La loro povert? li affliggeva tanto pi?, perch? poteva trattenerli in cammino, e, sebbene in una citt?, temevano sempre il potere di Montoni. I viaggiatori adunque non ebbero altro partito che quello di andare avanti a tentar la fortuna. Passarono per luoghi deserti; finalmente udirono da lontano i campanelli di un armento, e poco dopo il belato delle pecore, e riconobbero le tracce di qualche abitazione umana. I lumi veduti da Lodovico erano spariti da molto tempo, nascosti dagli alti monti. Rianimati da questa speranza, accelerarono il passo, e scopersero alfine una delle valli pastorali degli Appennini, fatta per dare l'idea della felice Arcadia. La sua freschezza e bella semplicit? contrastavano maestosamente colle nevose montagne circostanti.

L'alba faceva biancheggiare l'orizzonte. A poca distanza, e sul fianco di un colle, i viaggiatori distinsero la citt? che cercavano, e vi giunsero in breve. Con molta difficolt? poterono trovarvi un asilo momentaneo. Emilia domand? di non fermarsi pi? del tempo strettamente necessario per rinfrescare i cavalli; la di lei vista eccitava sorpresa, essendo senza cappello, ed avendo appena avuto il tempo di prendere un velo. Le rincresceva perci? la mancanza di denaro, che non permettevale di procacciarsi quest'articolo essenziale.

Lodovico esamin? la sua borsa, e trov? che non bastava neppur a pagare il rinfresco. Dupont si arrischi? di confidarsi all'oste, che gli pareva umano ed onesto; gli narr? la loro posizione, pregandolo[114] d'aiutarli a continuare il viaggio. Colui promise di far tutto il possibile, tanto pi? essendo essi prigionieri fuggiti dalle mani di Montoni, cui egli aveva ragioni personali per odiare: acconsent? a somministrar loro i cavalli freschi per partire immediatamente, ma non era ricco abbastanza per fornirli anche di denaro. Stavano lamentandosi, lorch? Lodovico, dopo aver condotto i cavalli in istalla, ritorn? tutto allegro, e le mise tosto a parte della sua gioia: nel levare la sella ad un cavallo, vi avea trovata una borsa piena di monete d'oro, porzione senza dubbio del bottino fatto dai condottieri. Tornavano essi dal saccheggio allorch? Lodovico era fuggito, ed il cavallo essendo uscito dal secondo cortile, ove stava a bere il suo padrone, aveva portato via il tesoro, sul quale per certo contava quel birbante.

Dupont trov? questa somma sufficientissima per ricondurli tutti in Francia, e risolse allora di accompagnarvi Emilia. Si fidava di Lodovico quanto poteva permetterglielo una conoscenza s? breve, eppure non reggeva all'idea di confidargli Emilia per un s? lungo viaggio. D'altronde, non aveva forse il coraggio di privarsi del pericoloso piacere di vederla.

Tennero consiglio sulla direzione da prendere. Lodovico avendo assicurato che Livorno era il porto pi? vicino ed accreditato, decisero d'incamminarvisi.

Emilia compr? un cappello e qualche altro piccolo oggetto indispensabile. I viaggiatori cambiarono i cavalli stanchi con altri migliori, e si rimisero lietamente in cammino al sorger del sole. Dopo qualche ora di viaggio attraverso un paese pittoresco, cominciarono a scendere nella valle dell'Arno. Emilia contempl? tutte le bellezze di quei luoghi pastorali e montuosi, unite al lusso delle ville dei nobili fiorentini, e alle ricchezze di una svariata[115] coltura. Verso mezzogiorno scoprirono Firenze, le cui torri s'innalzavano superbe sullo splendido orizzonte.

Il caldo era eccessivo, e la comitiva cerc? riposo all'ombra. Fermatisi sotto alcuni alberi, i cui folti rami li difendevano dai raggi del sole, fecero una refezione frugale, contemplando il magnifico paese con entusiasmo.

Emilia e Dupont ridiventarono a poco a poco taciturni e pensierosi, Annetta era giuliva, e non si stancava mai di ciarlare, Lodovico era molto allegro, senza obliare per? i riguardi dovuti ai suoi compagni di viaggio. Finito il pasto, Dupont persuase Emilia a procurare di gustar un'ora di sonno, mentre Lodovico avrebbe vegliato. Le due fanciulle, stanche dal viaggio, si addormentarono.

Quando Emilia svegliossi, trov? la sentinella addormentata al suo posto, e Dupont desto, ma immerso ne' suoi tristi pensieri. Il sole era ancora troppo alto per continuare il viaggio, e giustizia volea che Lodovico, stanco dalle tante fatiche, potesse finire in pace il suo sonno. Emilia profitt? di questo momento onde sapere per qual caso Dupont fosse caduto prigioniero di Montoni. Lusingato dall'interesse che dimostravagli questa domanda, e dell'occasione che gli somministrava di parlare di s? medesimo, Dupont la soddisfece immediatamente.

? Io venni in Italia, signora, al servizio del mio paese. Una mischia ne' monti colle bande di Montoni mise in rotta il mio distaccamento, e fui preso con alcuni altri. Quando seppi d'essere prigioniero di Montoni, questo nome mi colp?. Mi rammentai che vostra zia aveva sposato un Italiano di tal nome, e che voi li avevate seguiti in Italia. Non potei per? sapere con certezza, se non molto dopo, che costui era quello stesso, e che voi abitavate sotto il medesimo tetto con me. Non vi stancher?[116] dipingendovi la mia emozione allorch? seppi questa nuova, la quale mi fu data da una sentinella che potei sedurre fino al punto di accordarmi qualche ricreazione, una delle quali m'interessava assai, ed era pericolosissima per lui. Ma non fu possibile indurlo ad incaricarsi d'una lettera, e di farmi conoscere a voi. Temeva di essere scoperto, e provare tutta la vendetta di Montoni. Mi somministr? per? l'occasione di vedervi parecchie volte. Ci? vi sorprende, ma vi spiegher? meglio. La mia salute soffriva molto per mancanza d'aria e d'esercizio, e potei finalmente ottenere, dalla piet? o dall'avarizia sua, di passeggiare la notte sul bastione. ? Emilia divenne attenta, e Dupont continu?:

? Accordandomi questo permesso, la mia guardia sapeva bene ch'io non poteva fuggire. Il castello era custodito con vigilanza, ed il bastione sorgea sopra una rupe perpendicolare. M'insegn? egualmente una porta nascosta nella parete della stanza, ov'io era detenuto, ed imparai ad aprirla. Questa porta metteva in un andito stretto praticato nella grossezza del muro, che girava per tutto il castello, e veniva a riuscire all'angolo del bastione orientale. Ho saputo in seguito che ve ne sono altri consimili nelle muraglie enormi di quel prodigioso edifizio, destinati senza dubbio a facilitare la fuga in tempo di guerra. Per tal mezzo adunque io andava la notte sul bastione, e vi passeggiava con cautela onde non essere scoperto. Le sentinelle erano molto lontane, perch? le alte mura da quella parte supplivano ai soldati. In una di queste passeggiate notturne, osservai un lume alla finestra d'una stanza superiore alla mia prigione: mi venne in idea che quella fosse la vostra camera, e, sperando di vedervi, mi fermai in faccia alla finestra. ?

Emilia, rammentandosi allora la figura veduta sul bastione, che l'aveva tenuta in tanta perplessit?, esclam?: ? Eravate dunque voi, signor Dupont,[117] che mi cagionaste un terrore cos? ridicolo? La mia fantasia era tanto indebolita dai lunghi patimenti, che il pi? lieve incidente bastava a farmi tremare. ?

Dupont le manifest? il suo rammarico d'averla spaventata, poi soggiunse: ? Appoggiato al parapetto in faccia alla vostra finestra, il pensiero della vostra situazione malinconica e della mia mi strapp? alcuni gemiti involontari che vi attrassero alla finestra, almeno cos? supposi. Vidi una persona, e credetti foste voi. Non vi dir? nulla della mia emozione in quel momento. Voleva parlare ma la prudenza mi trattenne, e l'avanzarsi della sentinella mi obblig? a fuggire.

? Passarono alcuni giorni prima ch'io potessi tentare una seconda passeggiata, poich? non poteva uscire se non quando era di guardia il milite da me guadagnato coi doni. Intanto mi persuasi della realt? delle mie congetture sulla situazione della vostra camera. Appena potei uscire, tornai sotto la vostra finestra, e vi vidi senza ardir di parlarvi. Vi salutai colla mano, e voi spariste. Obliando la mia prudenza, esalai un lungo sospiro. Voi tornaste e diceste qualcosa. Intesi la vostra voce, e stava per abbandonare ogni riguardo, quando udii venire una sentinella, e mi ritirai prontamente; ma quel soldato mi aveva veduto. Egli mi segu?, e mi avrebbe raggiunto, senza un ridicolo stratagemma che form? in quel momento la mia salvezza. Conoscendo la superstizione di quella gente, gettai un grido lugubre, sperando che avrebbe cessato d'inseguirmi, e fortunatamente riuscii. Quell'uomo pativa di mal caduco: il timore ch'io gl'incussi lo fece cadere a terra tramortito, ed io m'involai prontamente. Il sentimento del pericolo incorso, e che il raddoppiamento delle guardie, per questo motivo, rendeva maggiore, mi dissuase dal tornar a passeggiare sul bastione. Nel silenzio delle notti per? mi divertiva[118] con un vecchio liuto procuratomi dal mio custode, e talvolta cantava, ve lo confesso, sperando d'essere inteso da voi. Infatti poche sere fa, parvemi udire una voce che mi chiamasse, ma non volli rispondere per timore della sentinella. Ditemi, in grazia, signora, eravate voi?

— S?, ? rispose Emilia, con un sospiro involontario, ? avevate ragione. ?

Dupont, osservando la penosa sensazione che tal soggetto le cagionava, cambi? discorso.

? In una delle mie gite nell'andito di cui vi ho parlato, intesi, ? diss'egli, ? un colloquio singolare che veniva da una stanza contigua al medesimo. Il muro era in quel luogo cos? sottile, che potei udire distintamente tutti i discorsi che si facevano. Montoni stava col? coi compagni. Egli cominci? il racconto dell'istoria straordinaria dell'antica padrona del castello. Descrisse circostanze strane; la sua coscienza per? deve sapere fino a qual punto fossero credibili. Ma voi dovete conoscere, signorina, le notizie vaghe che si fanno circolare sul destino misterioso di quella dama.

— Le conosco, signore, ? diss'Emilia, ? e mi accorgo che voi non ci credete.

— Io ne dubitava, ? replic? Dupont, ? prima dell'epoca di cui vi parlo; ma il racconto di Montoni aggrav? i miei sospetti, e restai quasi persuaso ch'ei fosse un assassino. Tremai per voi. Aveva udito pronunziare il vostro nome dai convitati in modo inquietante, e sapendo che gli uomini i pi? empi sogliono essere i pi? superstiziosi, mi decisi a spaventarli, per distoglierli dal nuovo delitto ch'io temeva. Ascoltai attentamente Montoni, e nel luogo pi? interessante del racconto, ripetei pi? volte le sue ultime parole.

— Non avevate timore di essere scoperto? ? chiese Emilia.

— No, ? rispose Dupont, ? sapendo, che se Montoni[119] avesse conosciuto il segreto dell'andito non mi avrebbe rinchiuso in quella stanza. La compagnia, per qualche momento, non bad? alla mia voce, ma finalmente l'allarme fu s? grande, che fuggirono tutti. Montoni ordin? ai servi di fare attive ricerche, ed io tornai alla mia prigione. ?

Dupont ed Emilia continuarono a discorrere di Montoni, della Francia, e del piano del loro viaggio. Ella gli disse che aveva intenzione di ritirarsi in un convento della Linguadoca; pensava di scrivere a Quesnel, per informarlo della sua condotta, ed aspettare la scadenza dell'affitto del suo castello della valle, per andare a stabilirvisi. Dupont la persuase che i beni, dei quali Montoni aveva voluto spogliarla, non erano perduti per sempre, e si rallegr? che fosse fuggita dalle mani di quel barbaro, il quale senza dubbio l'avrebbe tenuta prigioniera per tutta la vita. La probabilit? di rivendicare i beni della zia, non tanto per s? medesima quanto per Valancourt, le fecero provare un senso di gioia ond'era stata priva per molto tempo.

Verso il declinar del sole, Dupont svegli? Lodovico per continuare il loro viaggio. Giunsero in Firenze a notte avanzata, ed avrebbero voluto rimanervi qualche giorno per rimirare le bellezze di quella famosa metropoli, ma l'impazienza di ritornare in patria li fece rinunziare a tal idea; ed il giorno seguente, di buonissim'ora, avviaronsi alla volta di Pisa, cui traversarono fermandosi appena il tempo necessario per rinfrescare i cavalli, e giunsero a Livorno verso la sera del giorno dipoi.

La vista di quella florida citt? piena di persone di tante diverse nazioni, ed i loro svariati abbigliamenti, rammentarono ad Emilia le mascherate di Venezia in tempo del carnevale; ma non vi regnava il brio e l'allegria dei Veneziani, essendo tutta gente occupata nel commercio.

Dupont corse al porto, e seppe che un bastimento[120] doveva far vela in breve per Marsiglia, dove avrebbero potuto trovare facilmente un imbarco per traversare il golfo di Lione e giungere a Narbona. Il convento, nel quale Emilia voleva ritirarsi era situato a poca distanza da questa citt?. La fanciulla fu dunque lietissima nel sentire che il suo viaggio per la Francia non avrebbe sofferto verun ostacolo. Non temendo pi? d'essere inseguita, e sperando rivedere in breve la sua cara patria ed il paese abitato da Valancourt, si trov? talmente sollevata, che, dopo la morte di suo padre, non aveva passati mai momenti cos? tranquilli. Dupont fu informato a Livorno che il suo reggimento era tornato in Francia: questa notizia lo colm? di gioia, giacch? in caso diverso non avrebbe potuto accompagnarvi Emilia senza esporsi ai rimproveri, e fors'anco al castigo del suo colonnello. Seppe reprimere la sua passione fino al punto di non parlarne pi? alla fanciulla, obbligandola cos? a stimarlo ed a compiangerlo, se non poteva amarlo.


CAPITOLO XXXV

Torniamo ora in Linguadoca, ed occupiamoci del Conte di Villefort, lo stesso che aveva ereditato i beni del marchese di Villeroy, in vicinanza del monastero di Santa Chiara. Rammentiamoci che quel castello era disabitato, allorquando Emilia si trov? in quelle vicinanze con suo padre, e che Sant'Aubert parve assai commosso, allorch? seppe di trovarsi cos? vicino al castello di Blangy. Il buon Voisin aveva fatti discorsi molto allarmanti per la curiosit? d'Emilia a proposito di quel luogo.

Nel 1584, anno in cui Sant'Aubert mor?, Francesco di Beauveau, conte di Villefort, prese possesso dell'immensa tenuta chiamata Blangy, situata in Linguadoca, sulle sponde del mare. Queste terre per parecchi secoli avevano appartenuto alla sua[121] famiglia, e gli ritornavano per la morte del marchese di Villeroy suo parente, uomo di carattere austero e di maniere riservatissime. Questa circostanza, unita ai doveri della sua professione, che lo chiamavano spesso alla guerra, aveva impedita ogni specie d'intrinsichezza tra lui ed il conte di Villefort. Si conoscevano poco, ed il conte non seppe la sua morte se non quando ricev? il testamento che lo faceva padrone di Blangy. Non and? a visitare i suoi nuovi possessi se non un anno dopo, e vi pass? tutto l'autunno. Si rammentava spesso Blangy co' vivi colori che presta l'immaginazione alla rimembranza dei diletti giovanili. Ne' suoi primi anni, aveva conosciuta la marchesa, e visitato quel soggiorno nell'et? in cui i piaceri restano sensibilmente impressi. L'intervallo scorso in appresso fra il tumulto degli affari, che troppo spesso corrompono il cuore e guastano la fantasia, non aveva per? mai cancellato dalla sua memoria i giorni felici passati in Linguadoca.

Il defunto marchese aveva abbandonato il castello da molti anni, ed il suo vecchio agente l'aveva lasciato cadere in rovina. Il conte prese dunque il partito di passarvi l'autunno per farlo restaurare. Le preghiere e le lagrime ben anco della contessa, che sapeva piangere all'ocorrenza, non ebbero il potere di fargli cambiar risoluzione. Essa dovette dunque acconciarsi a permettere ci? che non poteva impedire, e a partir da Parigi. La sua bellezza la facea ammirare, ma il di lei spirito era poco adatto ad ispirare stima. L'ombra misteriosa dei boschi, la grandezza selvaggia dei monti, e la solitudine imponente delle sale gotiche, delle lunghe gallerie, non le offrivano che una trista prospettiva. Procurava di farsi coraggio pensando ai racconti statile fatti sulla bella vendemmia di Linguadoca, ma ivi non si conoscevano le contraddanze di Parigi, e le feste campestri dei contadini non potevano[122] lusingare un cuore, dal quale il lusso e la vanit? avean bandito da tanto tempo il gusto della semplicit? e le buone inclinazioni.

Il conte aveva due figli del primo letto, e volle che venissero con lui. Enrico, in et? di venti anni, era gi? al servizio militare; Bianca, che non ne aveva ancora diciotto, era sempre nel convento, dove l'avean messa all'epoca delle seconde nozze del padre. La contessa non aveva talenti bastanti per dare una buona educazione alla figliastra, n? il coraggio per intraprenderla, e perci? aveva consigliato il marito ad allontanarla; temendo quindi che una bellezza nascente venisse ad eclissare la sua, aveva impiegato in seguito tutta l'arte per prolungare la reclusione della fanciulla. La notizia ch'essa usciva di monastero fu per lei di gran mortificazione, la quale per? mitigossi considerando che, se Bianca usciva dal chiostro, l'oscurit? della provincia avrebbe sepolte le sue grazie per qualche tempo.

Il giorno della partenza, la carrozza del conte si ferm? al convento. Il cuore della giovinetta palpitava di piacere alle idee di novit? e libert? che le s'offrivano. A misura che si avvicinava l'epoca del viaggio, la sua impazienza crebbe al punto di contar perfino i minuti che le mancavano a finir quella notte. Appena spuntata l'alba, Bianca era balzata dal letto per salutare quel bel giorno, in cui sarebbe stata liberata dai vincoli del chiostro, per andar a godere la libert? in un mondo, ove il piacere sorride sempre, la bont? non si altera mai, e regna col piacere senza verun ostacolo. Quando intese suonare il campanello, corse al parlatorio, ud? il rumore delle ruote e vide fermarsi nel cortile la carrozza di suo padre: ebbra di gioia, correva pei corridoi annunziando alle amiche la sua imminente partenza. Una monaca venne a cercarla per ordine della superiora, che scese alla porta onde ricevere la contessa, la quale parve a Bianca un angelo sceso[123] per condurla al tempio della felicit?. La contessa per?, nel vederla, non fu animata dagl'istessi sentimenti. Bianca non era mai parsa tanto amabile, ed il sorriso dell'allegrezza dava a tutta la sua fisonomia la belt? dell'innocenza felice. Dopo un breve colloquio, la contessa si conged?: era il momento che Bianca attendeva con impazienza, come l'istante in cui stava per cominciare la sua felicit?; ma non pot? astenersi dal versar lacrime, abbracciando le sue compagne che piangevano egualmente nel dirle addio. La badessa, cos? grave, cos? imponente, la vide partire con un dispiacere, di cui non si sarebbe creduta capace un'ora prima. Bianca usc? dunque piangendo da quel soggiorno, ch'erasi immaginata di abbandonar ridendo.

La presenza del padre, le distrazioni del viaggio assorbirono presto le sue idee, e dispersero quell'ombra di sensibilit?. Poco attenta ai discorsi della contessa e di madamigella Bearn sua amica che l'accompagnava; ella perdeasi in soavi meditazioni; vedeva le nubi tacite solcar l'azzurro firmamento velando il sole, ed oscurando cos? tratti di paese con bella alternativa di ombre e di luce. Quel viaggio fu per Bianca un seguito di piaceri; la natura, ai suoi occhi, variava ogni momento, mostrandole le pi? belle ed incantevoli vedute.

Verso la sera del settimo giorno, i viaggiatori scorsero in lontananza il castello di Blangy. La sua pittoresca situazione impression? molto la fanciulla. A misura che si avvicinavano, ammirava la gotica struttura, le superbe torri, la porta immensa dell'antico edificio; essa credeva quasi d'avvicinarsi ad uno di que' castelli celebrati nell'istorie antiche, dove i cavalieri vedevano dai merli un campione col suo seguito, vestito di negra armatura, venire a strappar la dama de' suoi pensieri dall'oppressione d'un orgoglioso rivale. Essa aveva letto questa novella nella libreria del monastero, ripiena di cronache antiche.[124]

Le carrozze si fermarono ad una porta che metteva nel recinto del castello, e che allora era chiusa. La grossa campana che serviva ad annunziar gli stranieri era da lunga pezza caduta; un servo sal? sur un muro rovinato, per avvertire l'agente dell'arrivo del padrone. Bianca, appoggiata allo sportello, considerava con emozione i luoghi circostanti. Il sole era tramontato, il crepuscolo avvolgeva i monti; il mare lontano ripercotea ancora all'orizzonte una striscia di luce. Udivasi il fragor monotono dell'onde che venivano a frangersi sul lido. Ciascuno della compagnia pensava ai diversi oggetti che pi? l'interessavano. La contessa sospirava i piaceri di Parigi, vedendo con pena ci? ch'ella chiamava orridi boschi e selvaggia solitudine; penetrata dall'unica idea di dover essere sequestrata in quell'antico castello, si doleva di tutto. I sentimenti d'Enrico erano eguali; pensava sospirando alle delizie della capitale e ad una vaghissima dama ch'egli amava; ma il paese, ed un genere di vita diverso, avevano per lui l'incantesimo della novit? ed il suo rincrescimento era mitigato dalle ridenti illusioni della giovent?.

Le porte s'apersero alfine; la carrozza penetr? lentamente tra folti castagni che impedivan la vista. Era il viale di cui gi? s'erano internati Sant'Aubert ed Emilia nella speranza di trovare un asilo vicino.

? Che brutti luoghi! ? sclam? la contessa; ? certo, voi non contate, signore, restare tutto l'autunno in questa barbara solitudine. Bisognerebbe aver portata una bottiglia d'acqua di Lete, affinch? almeno la rimembranza d'un paese meno sgradevole non aumentasse la tristezza di questo.

— Io mi regoler? secondo le circostanze, ? rispose il conte; ? questa barbara solitudine era l'abitazione de' miei antenati. ?

Il custode del castello insieme ai servi stati mandati[125] anticipatamente da Parigi, ricevettero il padrone all'ingresso del portico. Bianca riconobbe che l'edifizio non era intieramente di stile gotico. La sala immensa in cui entrarono non era per? di gusto moderno. Un finestrone lasciava vedere un piano inclinato di verzura, formato dalla cima degli alberi sul pend?o del colle, ove sorgea il castello. Si scorgevano al di l? le onde del Mediterraneo perdersi, a mezzogiorno od a levante, nell'orizzonte.

Bianca, nel traversar la sala, si ferm? ad osservare un s? bel colpo d'occhio, ma ne fu presto riscossa dalla contessa la quale, malcontenta di tutto, impaziente di rifocillarsi e di riposare, si affrett? di giungere ad un salotto, adorno di mobili antichissimi, ma riccamente guarniti di velluto e di frange d'oro.

Mentre la contessa aspettava qualche rinfresco, il conte, in compagnia d'Enrico, visitavano l'interno del castello. Bianca rimase testimone, suo malgrado, del cattivo umore e del malcontento della matrigna.

? Quanto tempo passaste voi in questo tristo soggiorno? ? chiese la contessa alla moglie del custode, quando venne ad offrirle il suo omaggio.

— Saranno trent'anni, signora, al d? di san Lorenzo.

— Come avete fatto a starvi cos? tanto e quasi sola? Mi fu detto per? che il castello ? rimasto chiuso per qualche tempo.

— S?, signora, qualche mese dopo che il defunto signor marchese mio padrone fu partito per la guerra; sono pi? di venti anni che mio marito ed io siamo al di lui servizio. Questa casa ? cos? grande e deserta, che in capo a qualche tempo andammo ad abitare vicino al villaggio, e venivamo solo tratto tratto a visitare il castello. Allorch? il mio padrone fin? le sue campagne, avendo preso in avversione questo soggiorno, non ci torn? pi?, e non volle che abbandonassimo la nostra dimora. Ma ohim?! Quanto[126] ? cambiato il castello da quell'epoca! La mia povera padrona vi abitava col massimo piacere, e mi ricorder? sempre di quel giorno che arriv? qui dopo essersi sposata! Com'era bella! Da allora il castello venne sempre negletto, ed io non passer? pi? giorni cos? felici. ?

La contessa parve quasi offesa dai discorsi ingenui di quella buona donna sui tempi passati, e Dorotea soggiunse: ? Il castello per? sar? nuovamente abitato; ma io non vi starei sola per tutto l'oro del mondo. ?

L'arrivo del conte fece cessare le ciarle della vecchia. Egli le disse che aveva visitato buona parte del castello, il quale aveva bisogno di molti risarcimenti prima di essere abitabile.

? Me ne spiace, ? disse la contessa.

— E perch?, signora?

— Perch? questo luogo corrisponder? male a tante premure. ?

Il conte non replic?, e voltossi bruscamente verso una finestra.

La cameriera della contessa entr?; questa chiese di essere accompagnata nel suo appartamento, e si ritir? unitamente alla signora Bearn.

Bianca, profittando della poca luce diurna che restava ancora, and? a far nuove scoperte. Dopo aver percorso vari appartamenti, si trov? in una vasta galleria adorna d'antichissimi quadri e di statue rappresentanti, a quanto le parve, i suoi antenati. Cominciava ad annottare, e si affacci? ad una finestra, ove contempl? con interesse la vista imponente di quei luoghi meravigliosi, udendo il sordo e lontano mormorio del mare, ed abbandonandosi cos? all'entusiasmo di quella scena affatto nuova per lei.

— Ho io dunque vissuto tanto tempo in questo mondo, diceva fra s? medesima, senza aver veduto questo stupendo spettacolo, senza aver gustate queste delizie! La pi? umile villana dei beni di mio padre,[127] avr? veduto fin dall'infanzia il bel colpo d'occhio della natura, e percorse liberamente queste posizioni pittoresche, ed io, nel fondo d'un chiostro, rimasi priva di queste meraviglie, che devono incantare la vista e rapire tutti i cuori! Com'? mai possibile che quelle povere monache, quei poveri frati possano provare un violento fervore, se non vedono n? sorgere, n? tramontare il sole? Io non ho mai conosciuto ci? ch'? veramente la devozione fino a stasera. Fino a questa sera io non aveva mai veduto il sole lasciare il nostro emisfero. Domani io lo vedr? sorgere per la prima volta. Com'? possibile di vivere a Parigi, non vedendo che case oscure e vie fangose, quando alla campagna si pu? vedere la v?lta azzurra del cielo e il verde smalto della terra? —

Questo soliloquio venne interrotto da un lieve rumor di passi, ed avendo Bianca domandato chi fosse, ud? rispondersi: ? Son io, Dorotea, che vengo a chiudere le finestre. ? Il tuono di voce per? col quale pronunzi? queste parole sorprese alquanto Bianca. ? Mi sembrate spaventata; ? le disse; ? chi vi ha fatto paura?

— No, no, non sono spaventata, signorina, ? rispose Dorotea titubando. ? Io son vecchia e poco ci vuole per turbarmi. Son lieta per? che il signor conte sia venuto ad abitare in questo castello, il quale ? stato deserto per tanti anni; ora somiglier? un poco al tempo in cui viveva la mia povera padrona. ? Bianca le domand? da quanto tempo fosse morta la marchesa. ? Ne ? gi? passato tanto ch'io mi sono stancata di contar gli anni. Il castello da quell'epoca mi ? sempre parso in lutto, e son certa che i vassalli l'hanno sempre in cuore. Ma voi vi siete smarrita, signorina. Volete tornare nell'altra parte della casa? ?

La fanciulla domand? da quanto tempo fosse fabbricato il quartiere in cui si ritrovavano. ? Poco[128] dopo il matrimonio del mio padrone, ? rispose Dorotea. ? Il castello era bastantemente grande senza questo accrescimento. Vi sono nell'antico edifizio molti appartamenti, di cui si ? mai servito. ? un'abitazione principesca; ma il mio padrone la trovava trista, come lo ? infatti. ? Bianca le disse di condurla nel quartiere abitato; Dorotea la fece passare per un cortile, apr? la gran sala, e vi trov? la signora Bearn. ? Dove siete stata fino ad ora? ? le disse questa. ? Cominciava a credere che vi fosse accaduta qualche avventura sorprendente, e che il gigante di questo castello incantato, o lo spirito che vi comparisce, vi avessero gettata da un trabocchetto in qualche sotterraneo per non lasciarvi uscire mai pi?.

— No, ? rispose Bianca ridendo; ? voi sembrate tanto amante delle avventure, che io ve le regalo tutte.

— Ebbene! v'acconsento, purch? un giorno possa raccontarle.

— Mia cara signora Bearn, ? disse Enrico entrando nella sala, ? gli spiriti odierni non sarebbero tanto scortesi per cercar di farvi tacere. I nostri spettri son troppo inciviliti per condannare una signora ad un purgatorio pi? crudele del loro, qualunque esso sia. ?

La Bearn si mise a ridere; entr? Villefort, e fu servita la cena. Il conte parl? pochissimo, parve astratto e fece spesso l'osservazione che dall'epoca in cui non l'aveva veduto, il castello era molto cambiato. ? Sono scorsi molti anni, ? diss'egli, ? i siti sono i medesimi, ma mi fanno un'impressione ben diversa da quella ch'io provava altre volte.

— Questo luogo vi ? parso forse per l'addietro pi? piacevole che adesso? ? disse Bianca; ? mi pare impossibile. ?

Il conte la guard? con sorriso malinconico. ? Era per l'addietro tanto delizioso a' miei occhi,[129] quanto lo ? ora ai vostri. Il paese non ? cambiato, ma ho cambiato io col tempo. L'illusione del mio spirito godeva alla vista della natura; ora essa ? perduta! Se nel corso della vostra vita, cara Bianca, voi tornerete in questi luoghi, dopo esserne stata assente per molti anni, vi rammenterete forse i sentimenti di vostro padre, ed allora li comprenderete. ?

Bianca tacque, afflitta da tali parole, e rivolse le sue idee all'epoca di cui parlava il conte. Considerando che chi le parlava allora probabilmente non esisterebbe pi?, chin? gli occhi, e sentendoli pregni di lagrime, prese la mano del padre, gli sorrise con tenerezza, e and? alla finestra per nascondere l'emozione.

La stanchezza del viaggio obblig? la compagnia a separarsi di buon' ora. Bianca, traversando una lunga galleria, si ritir? nel suo appartamento, luogo spazioso, colle finestre alte, il cui aspetto lugubre non era acconcio ad indennizzare della posizione quasi isolata in cui si trovava. I mobili n'erano antichi, il letto di damasco turchino, guarnito di frange d'argento. Tutto era per la giovine Bianca oggetto di curiosit?. Prese il lume della donna che l'accompagnava per esaminare le pitture del soffitto, e riconobbe un fatto dell'assedio di Troia. Si divert? un poco a rilevare le assurdit? della composizione, ma quando riflett? che l'artista che l'aveva eseguita, ed il poeta d'onde aveva ricavato il soggetto non erano pi? che fredda cenere, fu colta dalla malinconia.

Diede ordine di essere svegliata prima del sorger del sole, rimand? la cameriera e volendo dissipare quell'ombra di tristezza, apr? una finestra, e si rianim? alla vista della natura. La terra, l'aria ed il mare, tutto era tranquillo. Il cielo era sereno: qualche leggero vapore ondeggiava lentamente nelle pi? alte regioni, aumentando lo splendore delle[130] stelle, che scintillavano come tanti soli. I pensieri di Bianca s'innalzarono involontariamente al grande Autore di quegli oggetti sublimi. Fece una preghiera pi? fervida di quelle non avesse mai fatto sotto le tristi v?lte del chiostro; poi a mezzanotte si coric?, e non ebbe che sogni felici. Dolce sonno, conosciuto soltanto dalla salute, dall'animo contento e dall'innocenza!


CAPITOLO XXXVI

Bianca dorm? assai pi? dell'ora indicata con tanta impazienza: la sua cameriera, stanca dal viaggio, la dest? solo per l'ora della colazione. Questo dispiacere fu tosto dimenticato, quando, aprendo la finestra, vide da una parte l'ampio mare colorito dai raggi del mattino, le candide vele delle barche ed i remi che fendevano le onde; dall'altra, i boschi, la loro freschezza, le vaste pianure, e le azzurre montagne che tingevansi dello splendore del giorno.

Respirando quell'aria pura, le sue guance si colorirono di porpora, e facendo la sua preghiera: ? Chi ha mai potuto inventare i conventi? ? diss'ella; ? chi ha potuto pel primo persuadere ai mortali di recarvisi, e col pretesto della religione, allontanarli da tutti gli oggetti che l'ispirano? L'omaggio d'un cuore riconoscente ? quello che ci chiede Iddio; e quando veggonsi le sue opere, non si ? grati? Non ho mai sentita tanta divozione, in tutte le ore noiose, trascorse in convento, come nei pochi minuti che ho passati qui. Io guardo intorno e adoro Iddio dal fondo del cuore. ?

S? dicendo si ritrasse dalla finestra, e traversando la galleria, entr? nella sala da pranzo, ove trov? il padre. Il fulgido sole aveva dissipato la sua tristezza; il riso ne sfiorava le labbra: parl? alla figlia con serenit?, ed il cuore di lei corrispose a quella dolce[131] disposizione. Comparvero poco dopo Enrico, la contessa e madamigella Bearn, e tutta la compagnia parve risentir l'influenza dell'ora e del luogo.

Si separarono dopo colazione. Il conte si ritir? nel suo gabinetto coll'intendente. Enrico corse alla riva per esaminare un battello, di cui dovevano servirsi l'istessa sera, e vi fece adattare una piccola tenda. La contessa e madamigella Bearn andarono a vedere un appartamento moderno costruito con eleganza. Le finestre guardavano sopra un terrazzo in faccia al mare, evitando cos? la vista de' selvaggi Pirenei.

Bianca intanto si divertiva a vedere le parti dell'edifizio che non conosceva ancora. La pi? antica attir? tosto la di lei curiosit?. Sal? lo scalone, e traversando un'immensa galleria, entr? in una fila di stanze, dalle pareti ornate d'arazzi, o coperte di cedro intarsiato a colori; i mobili sembravano della medesima data del castello; gli ampi camini offrivano la fredda immagine dell'abbandono: tutte quelle stanze portavano tanto bene l'impronta della solitudine e della desolazione, che coloro, i cui ritratti vi erano appesi, ne parevano stati gli ultimi abitatori.

Uscendo di l?, si trov? in un'altra galleria, una delle cui estremit? riusciva ad una scala, e l'altra ad una porta chiusa. Scesa la scala, si ritrov? in una stanzetta della torre di ponente. Tre finestre presentavano tre punti di vista diversi e sublimi: al nord la Linguadoca; a ponente i Pirenei, le cui cime coronavano il paese; al mezzogiorno, il Mediterraneo e parte della costa del Rossiglione. Usc? dalla torre, e scendendo per una scala strettissima, si ritrov? in un andito oscuro, ove si smarr?. Non potendo ritrovare il suo cammino, e l'impazienza facendo luogo al timore, grid? aiuto. Ud? camminare all'estremit? dell'andito e vide brillare un lume tenuto da una persona la quale apr? una porticina con[132] cautela. Non osando inoltrarsi, Bianca l'osservava tacendo, ma allorch? vide che la porta si rinchiudeva, chiam? nuovamente, corse a quella volta, e riconobbe la vecchia Dorotea.

? Ah! siete voi, cara padroncina? ? diss'ella ? come mai poteste venire in questo luogo? ? Se Bianca fosse stata meno occupata dalla sua paura, avrebbe probabilmente osservato la forte espressione di terrore e sorpresa che alterava la fisonomia di Dorotea, la quale la fece passare per un numero infinito di stanze, che, parevano disabitate da un secolo. Giunte finalmente alla residenza della custode, Dorotea la preg? di sedere e rinfrescarsi. Bianca, accettando l'invito, parl? della bella torre scoperta, e mostr? il desiderio di appropriarsela. Sia che Dorotea fosse meno sensibile alle grandi bellezze della natura, o che l'abitudine glie le avesse reso meno interessanti, non incoragg? l'entusiasmo di Bianca, la quale, domand? ove conducesse la porta chiusa in fondo alla galleria. L'altra rispose che comunicava con una fila di stanze nelle quali nessuno era entrato da molti anni.

? La nostra defunta padrona ? morta col?, ed io non ho pi? avuto il coraggio di penetrarvi. ?

Bianca, curiosa di veder quel luogo, si astenne dal farne domanda a Dorotea, vedendole gli occhi molli di pianto: poco dopo and? ad abbigliarsi per il pranzo. Tutta la societ? si riun? di buon umore, tranne la contessa, il cui spirito, assolutamente vuoto, oppresso dall'ozio, non poteva n? renderla felice, n? contribuire all'altrui contentezza.

L'allegria provata da Bianca nel riunirsi alla sua famiglia, si moder? allorquando fu sulla riva del mare, e guard? con paura quella gran distesa di acque. Da lontano l'avea osservata con entusiasmo; ma stent? a vincere il timore e seguire il padre in battello.

Contemplava tacendo il vasto orizzonte, che circoscriveva[133] solo la vista del mare, una sublime emozione lottava in lei contro il sentimento del pericolo. Un lieve zeffiro increspava la superficie dell'acque, sfiorando le vele ed agitando le frondi delle foreste che coronavano la costa per molte miglia.

A qualche distanza esisteva in que' boschi un casino stato in altri tempi l'asilo dei piaceri, e per la sua posizione sempre interessante e pittoresco. Il conte vi aveva fatto portare il caff? ed i rinfreschi. I rematori si diressero a quella parte, costeggiando le sinuosit? della riva, oltre il vasto selvoso promontorio e la circonferenza di una baia, mentre in un secondo battello alcuni suonatori facevano echeggiar i circostanti dirupi di belle melodie. Bianca non temeva pi?; una deliziosa tranquillit? si era impossessata di lei, e la faceva tacere. Era troppo felice per rammentarsi il monastero, e la noia ivi provata per tanto tempo.

Dopo un'ora di navigazione, presero terra e salirono per uno stretto sentiero sparso di fiorite zolle. A poca distanza, e sulla punta di un'eminenza, si vedova il casino ombreggiato dagli alberi. Bench? preparato in tutta fretta, esso era bastantemente decente. Mentre la compagnia prendeva i rinfreschi e mangiava le frutta, i musicanti interrompevano la quiete deliziosa di quel luogo isolato. Il casino giunse perfino ad interessar la contessa, la quale, forse pel piacere di parlare di cose appartenenti al lusso, si diffuse a lungo sulla necessit? di abbellirlo.

Dopo una passeggiata molto lunga, la famiglia torn? ad imbarcarsi. La bellezza della sera l'indusse a prolungare la gita ed avanzarsi nella baia. Una calma perfetta era succeduta al vento, che fin allora aveva spinto il battello, ed i marinai diedero mano ai remi. Bianca si compiaceva nel veder remare; osservava i cerchi concentrici formati nell'acqua dai colpi, ed il tremol?o che imprimevano nel quadro del paese senza sfigurarne l'armonia. Al disopra dell'oscurit?[134] del bosco distinse un gruppo di torricelle tuttavia illuminate dai raggi del sole, ed in un intervallo di silenzio della musica ud? un coro di voci.

? Che voci son queste? ? disse il conte, ascoltando attentamente; ma il canto cess?, — ? l'inno del vespro, ? disse Bianca, ? io l'ho inteso in convento. — Noi siamo dunque vicini ad un monastero? ? disse il conte; ed il battello avendo spuntato un capo molto alto, videro il convento di Santa Chiara in fondo ad una piccola baia: il bosco che lo circondava, lasciava vedere parte dell'edificio, la porta maggiore, la finestra gotica dell'atrio, il chiostro ed un lato della cappella; un arco maestoso che univa anticamente la casa ad un'altra porzione degli edifizi, allora demolita, restava come una rovina venerabile staccata da tutto l'edifizio.

Tutto era in profondo silenzio, e Bianca osservava con ammirazione quell'arco maestoso, il cui effetto cresceva colle masse di luce e d'ombra, che spandeva il tramonto coperto di nubi. In quella l'imponente inno de' vespri ricominci?, accompagnato dal grave suono dell'organo; poi il coro and? affievolendosi gradatamente, e si spense quindi affatto. Mentre erano tutti intenti ad ascoltare con religioso raccoglimento, videro uscire dal chiostro una processione di monache vestite di nero con un velo bianco in testa, passare pel bosco, e girare intorno al monastero. La contessa fu la prima a rompere il silenzio. ? Quest'inno e queste religiose sono d'una tristezza che mi opprime, ? diss'ella; ? comincia a farsi tardi; ritorniamo al castello, e sar? gi? notte prima che noi vi siamo arrivati. ? Il conte alz? gli occhi, e si accorse che una tempesta minacciosa anticipava l'oscurit?. Gli uccelli marini s'aggiravano sull'onde, vi bagnavan le penne, e fuggivan verso qualche asilo lontano; i marinai facevan forza di remi, ma il tuono romoreggiante da lontano, e la pioggia, che gi? principiava a cadere, determinarono[135] il conte a cercar ricovero nel monastero. Il battello cambi? direzione, ed a misura che la tempesta si avvicinava a ponente, l'aria diveniva pi? oscura, e i frequenti lampi infiammavano la sommit? degli alberi ed i comignoli del convento. L'apparenza de' cieli allarm? la contessa e la Bearn, le cui strida ed i pianti inquietarono il conte ed i rematori. Bianca si teneva in silenzio, ora agitata dal timore, ora dall'ammirazione: osservava la grandezza delle nubi, il loro effetto sulla scena, ed ascoltava gli scrosci della folgore che scuotevano l'aere.

Il battello si ferm? in faccia al monastero. Il conte mand? un servo ad annunziare il suo arrivo alla superiora e chiederle asilo. Bench? l'ordine di Santa Chiara fosse fino da quell'epoca poco austero, le donne sole potevano essere ricevute nel santo recinto. Il servitore riport? una risposta che spirava al tempo stesso l'ospitalit? e l'orgoglio, ma un orgoglio nascosto sotto il velo della sommissione. Sbarcarono, e traversato velocemente il prato a motivo della pioggia dirotta, furono ricevuti dalla superiora che prima stese la mano ed impart? la benedizione. Passarono in una sala, ove trovavansi alcune religiose tutte vestite di nero e velate di bianco. Il velo della badessa per? era semialzato, e lasciava scorgere una dolce dignit? temperata da cortese sorriso. Ella condusse la contessa, la Bearn e Bianca in un salotto, ed il conte con Enrico restarono nel parlatorio.

La badessa domand? i rinfreschi, ed intanto discorse colla contessa. Bianca, avvicinandosi ad una finestra, pot? considerare i progressi della burrasca; le onde del mare, che pochi momenti prima parevano ancora addormentate, si gonfiavano enormemente, infrangendosi senza interruzione contro la costa. Un colore sulfureo circondava le nubi, che si addensavano a ponente, mentre i lampi illumiminavano da lontano le rive della Linguadoca: tutto[136] il resto era avvolto nelle tenebre. In qualche intervallo, un lampo dorava le ali d'un uccello marino che volava nelle pi? alte regioni, o si posava sulle vele d'una nave in bal?a dei marosi. Bianca osserv? per qualche tempo il pericolo di quel bastimento, sospirando sul destino dell'equipaggio e dei passaggeri.

Infine, l'oscurit? divenne completa. Il bastimento si distingueva appena, e Bianca fu costretta a chiuder la finestra per l'impeto del vento. La badessa, avendo esauriti colla contessa tutti i complimenti di civilt?, ebbe campo di rivolgersi a Bianca. La loro conversazione venne presto interrotta dal suono della campana che invitava le monache alla preghiera, giacch? la burrasca andava sempre crescendo. I servi del conte erano iti al castello per far venire le carrozze, le quali giunsero sul finir della preghiera. La tempesta essendo meno violenta, il conte torn? al castello colla sua famiglia. Bianca fu sorpresa di vedere quanto si fosse ingannata sulla distanza del monastero per le sinuosit? della spiaggia.

La contessa, appena arrivata, si ritir? nel suo appartamento. Il conte, Enrico e Bianca andarono nel salotto, ma appena vi furono giunti, udirono, un colpo di cannone. Il conte riconobbe il segnale d'un bastimento in pericolo che chiedeva soccorso; apr? una finestra, ma il mare avvolto nelle tenebre ed il fracasso della tempesta non lasciavan distinguer nulla. Bianca si ricord? della nave gi? veduta, e ne avvert? tremando suo padre. Di l? a poco udirono un'altra cannonata, e poterono scorgere al chiarore d'un lampo una barca agitata dai flutti spumosi, con una sola vela, e che, ora scomparendo nell'abbisso, ora sollevandosi sino alle nubi, cercava di guadagnar la costa. Bianca si attacc? al collo del padre con uno sguardo doloroso in cui si dipingevano lo spavento e la compassione. Non eravi bisogno[137] di questo mezzo per intenerire il conte: egli guardava il mare con espressione di piet?, ma vedendo che i battelli non potrebbero resistere alla burrasca, proib? di arrischiarsi a perdita sicura, e fece portare molte torce accese sulle punte degli scogli, a mo' di faro.

Enrico usc? per andar a dirigere i servi, e Bianca col padre rest? alla finestra, di dove si scorgeva al lume dei baleni il misero bastimento. Ad ogni cannonata rispondevano i servi alzando ed agitando le torce, e al debole chiarore dei lampi Bianca cred? vedere nuovamente la nave molto vicino alla riva. Allora si videro i domestici del conte correre da tutte le parti avanzarsi sulla punta degli scogli, chinarsi sporgendo le torce; altri, dei quali non si distingueva la direzione che al movimento dei lumi, scendevano per sentieri pericolosi fin sulla spiaggia, chiamando ad alte grida i marinai, di cui sentivano i fischi e le fioche voci, che per intervalli si confondevano col fracasso della burrasca. Quei gridi inaspettati che partivano dagli scogli, accrescevano il terrore di Bianca ad un grado insopportabile; ma il di lei tenero interesse fu in breve sollevato, quando Enrico arriv?, correndo, a dar la notizia che il bastimento aveva gettato l'?ncora nel fondo della baia, ma in s? miserando stato, che sarebbesi forse sommerso prima che l'equipaggio fosse sbarcato. Il conte fece tosto partire tulle le barche, annunziando agli stranieri che li avrebbe ricevuti nel castello. Tra essi eranvi Emilia Sant'Aubert, Dupont, Lodovico ed Annetta, i quali imbarcatisi a Livorno, e giunti a Marsiglia, traversavano il golfo di Lione quando vennero assaliti dalla tempesta. Furono tutti ricevuti dal conte con grande affabilit?. Emilia avrebbe voluto andare al convento di Santa Chiara quell'istessa sera, ma egli non volle permetterglielo.

Il conte ritrov? in Dupont un'antica conoscenza,[138] e si fecero i pi? cordiali complimenti. Emilia fu ricevuta colla pi? cortese ospitalit?, e la cena fu servita.

L'affabilit? naturale di Bianca, e la gioia cui esprimeva per la salvezza dei forestieri, che aveva s? sinceramente compianti, rianimarono a poco a poco gli spiriti di Emilia. Dupont, sciolto dal timore provato per lei e per s? medesimo, sentiva la differenza della propria situazione. Uscendo da un mare procelloso, in procinto d'inghiottirli, si ritrovava in una bella casa, ove regnavano l'abbondanza ed il gusto, e nella quale riceveva cortesissima accoglienza.

Annetta intanto raccontava alla servit? i pericoli sofferti, felicitandosi della propria salvezza e di quella di Lodovico. In una parola, risvegli? il brio e l'allegrezza in tutta quella gente. Lodovico era lieto come lei, ma sapeva contenersi, e procurava inutilmente di farla tacere. In fine, le risa smoderate furono intese persino dall'appartamento della contessa, che mand? a sentire cosa fosse quel chiasso, raccomandando il silenzio.

Emilia si ritir? di buon'ora per cercare quel riposo, onde avea tanto bisogno; ma stette un pezzo senza poter dormire, perch? il di lei ritorno in patria le ridestava interessanti memorie. I casi occorsi, i patimenti sofferti dopo la sua partenza, le si affacciarono con forza, non cedendo che all'immagine di Valancourt. Sapere ch'essa abitava la medesima terra, dopo s? lunga separazione, era per lei una fonte di gioia. Passava quindi all'inquietudine e all'ansiet?, quando considerava lo spazio del tempo scorso dall'ultima lettera ricevuta, e tutti gli avvenimenti che, in cotesto intervallo, avrebber potuto cospirare contro il suo riposo e la sua felicit?; ma l'idea che Valancourt non esistesse pi?, o che, se viveva, l'avesse dimenticata, era s? terribile pel suo cuore, che non pot? sopportarla. Risolse d'informarlo subito il giorno dopo del suo arrivo in[139] Francia con una lettera. La speranza finalmente di sapere in breve ch'egli stava bene, ch'era poco lontano da lei, ed in ispecie che l'amava ancora, calm? la di lei agitazione: il suo spirito si racchet?, chiuse gli occhi, e addormentossi.


CAPITOLO XXXVII

Bianca aveva preso tanto interesse per Emilia, che quando seppe ch'essa voleva andar ad abitare il convento vicino, preg? il padre d'impegnarla a prolungare il suo soggiorno nel castello ? Voi comprendete benissimo, ? soggiunse, ? quanto sarei contenta di avere una tal compagna. Ora non ho verun'amica, colla quale io possa leggere o passeggiare. La signora Bearn ? amica soltanto della mamma. ?

Il conte sorrise di quell'ingenua semplicit?, che faceva cedere la figlia alle prime impressioni. Si propose di dimostrargliene il pericolo a suo tempo; ma in quel punto applaud?, col suo silenzio, a quella cordialit? che la portava a fidarsi istantaneamente d'una sconosciuta.

Aveva osservato Emilia con attenzione, e gli era piaciuta, per quanto poteva comportarlo una s? breve conoscenza. Il modo con cui Dupont aveagli parlato di lei, l'aveva confermato nella sua idea; ma vigilantissimo sulle relazioni della figlia, e intendendo come Emilia fosse conosciuta al convento di Santa Chiara, risolse di recarsi a visitare l'abbadessa, e se le di lei informazioni avessero corrisposto ai suoi desiderii, voleva invitare Emilia a passar qualche giorno in casa sua. Aveva in vista, sotto questo rapporto, pi? il piacere della figlia, che il desiderio di far cosa grata all'orfana, ma nulladimeno prendeva per lei un sincero interesse.

Il d? dopo, Emilia era troppo stanca, e non pot? scendere cogli altri a far colazione. Dupont fu pregato[140] dal conte, come antico conoscente, di prolungare il suo soggiorno nel castello. Egli vi acconsent? volentieri, tanto pi? che questa circostanza lo tratteneva presso Emilia. Non poteva in fondo al cuore alimentare la speranza ch'ella corrispondesse giammai alla sua passione ma non aveva coraggio di procurar di vincerla.

Allorch? Emilia fu alquanto riposata, and? a passeggiare colla novella amica, e fu sensibilissima alle bellezze di quei punti di vista. Nel vedere il campanile del monastero, annunzi? a Bianca esser quello il luogo in cui voleva andare a risiedere.

? Ahi ? rispose questa sorpresa; ? io sono appena uscita di convento, e voi vi ci volete rinchiudere! Se sapeste quanto piacere io provo nel passeggiar qui con libert?, e nel vedere il cielo, i campi ed i boschi intorno a me, credo che abbandonereste quest'idea. ? Emilia sorrise dell'eloquenza, colla quale ella si esprimeva, dicendole come non avesse l'intenzione di chiudersi in monastero per tutta la vita.

Rientrando in casa, Bianca la condusse alla sua torre favorita, e nelle antiche stanze gi? da lei visitate. Emilia si divert? ad esaminare la distribuzione, a considerare il genere e la magnificenza dei mobili ed a paragonarli con quelli del castello di Udolfo, ch'erano per? pi? antichi e straordinari. Consider? anche Dorotea che le accompagnava, e parea quasi tanto antica, quanto gli oggetti che la circondavano. Parve che la vecchia guardasse Emilia con interesse, ed anzi l'osservava con tanta attenzione, che appena intendeva quanto le dicevano.

Emilia, affacciatasi ad una finestra, volse gli sguardi sulla campagna, e vide con sorpresa molti oggetti, di cui conservava ancora la memoria: i campi, i boschi ed il ruscello che aveva traversati con Voisin una sera, dopo la morte di Sant'Aubert, nel tornare dal convento alla casa di quel buon vecchio. Riconobbe[141] Blangy essere il castello che aveva scansato allora, e sul quale Voisin aveva tenuto discorsi cos? strani.

Sorpresa di tale scoperta, ed intimorita senza saperne il motivo, rest? qualche tempo in silenzio, e rammentossi l'emozione di suo padre al trovarsi vicino a quella dimora. Anche la musica da lei sentita, e sulla quale Voisin le aveva fatto un racconto cos? ridicolo, le torn? allora in mente. Curiosa di saperne davvantaggio, domand? a Dorotea se si sentisse ancora musica a mezzanotte, e se ne conoscesse l'autore.

? S?, signorina, ? rispose la vecchia, ? si sente tuttavia quella musica, ma non se ne conosce l'autore, ed io credo che non si sapr? mai. Avvi qualcuno che indovina cos'?.

— Davvero! ? sclam? Emilia; ? e perch? non seguitano a far ricerche?

— Ah! signorina, abbiamo cercato anche troppo; ma chi pu? seguire uno spirito? ?

Emilia sorrise, e rammentandosi quanto avesse recentemente sofferto per la superstizione, risolse di resistervi, bench? sentisse suo malgrado un certo timore mescolarsi alla curiosit?. Bianca, che fin allora aveva ascoltato in silenzio, domand? cosa fosse questa musica, e da quanto tempo la si sentisse.

? Sempre, dopo la morte della nostra padrona, ? rispose Dorotea. ? Ma ci? non c'entra con quel che voleva dirvi.

— Diteci, ve ne prego, diteci tutto, ? rispose Bianca. ? Ho preso molto interesse a quel che mi hanno raccontato suor Concetta e suor Teresa in convento sulle apparizioni.

— Voi non avete mai saputo, o signorina, per qual motivo fummo costretti di uscire dal castello per andar ad abitare in quella casuccia? ? continu? Dorotea.

— No, al certo, ? rispose Bianca impaziente.[142]

— N? la ragione, per la quale il signor marchese... ? Qui titub?, e cambi? discorso; ma la curiosit? di Bianca era destata; ella sollecit? la vecchia a continuar il suo racconto, ma non pot? indurvela. Era dunque evidente ch'essa s'allarmava della sua imprudenza.

? So bene, ? disse Emilia sorridendo, ? che tutte le case antiche sono frequentate dagli spiriti. Vengo da un teatro di prodigi, ma disgraziatamente, dopo che ne uscii, n'ebbi la spiegazione. ?

Bianca taceva, e Dorotea stava seria e sospirava. Emilia, rammentando lo spettacolo veduto in una camera di Udolfo, e, per una bizzarra relazione, le parole allarmanti lette accidentalmente in una delle carte bruciate per cieca obbedienza agli ordini paterni, fremeva al significato che sembrava avessero, quasi quanto all'orribile oggetto da lei scoperto sotto il velo funesto.

Bianca intanto, non potendo indurre Dorotea a spiegarsi di pi?, la preg?, passando vicino alla porta chiusa, di farle vedere tutti gli appartamenti.

? Cara signorina, ? rispose la custode, ? vi ho gi? dette le mie ragioni per non aprire quella stanza. Non vi sono pi? entrata dopo la morte della mia cara padrona: quella camera mi affliggerebbe troppo: per carit? dispensatemene.

— S?, certo, ? rispose Bianca, ? se tal ? il vostro vero motivo.

— Pur troppo ? l'unico, ? disse la vecchia. ? Noi l'amavamo tanto, ed io la pianger? sempre. Il tempo vola s? rapido! Sono molti anni ch'? morta, eppur mi ricordo, come se fosse oggi, di tutto quel che accadde allora. Molte cose nuove mi sfuggirono dalla memoria; ma le antiche le vedo come in uno specchio. ? Poi, avanzandosi nella galleria, e guardando Emilia, soggiunse: ? Questa signorina mi rammenta la signora marchesa: mi ricordo ch'era fresca come lei ed aveva il medesimo sorriso. Povera donna! Com'era allegra quando fece il suo ingresso qui![143]

— Che! forse non lo fu anche in seguito? ? disse Bianca.

Dorotea scosse la testa. Emilia l'osservava, e sentivasi penetrata da vivo interesse. ? Se ci? non vi affligge, ? disse Bianca, ? fateci la grazia di raccontare qualcosa della marchesa.

— Signora, ? rispose Dorotea, ? se voi ne sapeste quanto me, le trovereste troppo penose, e ve ne pentireste. Vorrei cancellarne l'idea sulla mia memoria, ma ? impossibile... Io vedo sempre la mia cara padrona al suo letto di morte, vedo i suoi sguardi e mi rammento i suoi discorsi. Dio! che scena terribile!

— Che le accade dunque di s? terribile?

— Ah! la morte non ? dunque abbastanza terribile? ?

La vecchia non rispose ad alcuna delle interrogazioni di Bianca. Emilia, osservando che le spuntavano le lacrime, cess? d'importunarla, e procur? di attirare l'attenzione della sua giovine amica su qualche punto del giardino. Il conte, la contessa e Dupont vi stavano passeggiando, ed esse li raggiunsero.

Quando il conte vide Emilia, le and? incontro, e la present? alla contessa in un modo cos? gentile, che le ramment? l'affabilit? del proprio genitore.

Prima di aver finito i suoi ringraziamenti per l'ospitalit? ricevuta, ed espresso il desiderio di recarsi tosto al convento, fu interrotta da un invito pressantissimo di prolungare il di lei soggiorno nel castello. Il conte e la contessa ne la pregarono con tanta sincerit?, che malgrado il desiderio che aveva di rivedere le amiche del monastero, e sospirare nuovamente sulla tomba dell'amato padre, acconsent? di restare per qualche giorno. Scrisse intanto alla badessa per informarla del suo arrivo, e pregarla di riceverla nel convento come educanda. Scrisse parimente a Quesnel ed a Valancourt, e siccome non[144] sapeva ove indirizzare precisamente quest'ultima lettera, la diresse in Guascogna al fratello del cavaliere.

Verso sera, Bianca e Dupont accompagnarono Emilia alla casa di Voisin; nell'avvicinarsene, prov? una specie di piacere misto ad amarezza. Il tempo aveva calmato il suo dolore, ma la perdita fatta non poteva cessare di esserle sensibile; si abbandon? con dolce tristezza alle memorie che le rammentava quel luogo. Voisin viveva ancora, e sembrava godere, come in passato, della placida sera di una vita senza rimorso. Era seduto innanzi alla porta della sua casa, compiacendosi della vista dei nipotini, che scherzavano intorno a lui, e di cui ora il suo riso, ora le sue parole eccitavano l'emulazione. Riconobbe subito Emilia, e mostr? gran gioia nel rivederla, annunciandole che, dopo la sua partenza, la di lui famiglia non aveva sofferto affanni o perdite funeste.

Emilia non ebbe coraggio di entrare nella camera ov'era morto Sant'Aubert, e dopo un'ora di conversazione, torn? al castello.

Nei primi giorni che soggiorn? a Blangy, osserv? con pena la malinconia profonda, che assorbiva troppo spesso Dupont. Emilia compiangeva l'acciecamento che lo tratteneva vicino a lei, e risolse di ritirarsi al convento appena potesse farlo. L'abbattimento dell'amico non tard? ad inquietare il conte, e Dupont gli confid? finalmente il segreto del suo amore senza speranza. Villefort si limit? a compiangerlo, ma decise fra s? di non trascurare veruna occasione per favorirlo. Allorch? conobbe la pericolosa situazione di Dupont, si oppose debolmente al desiderio da lui esternato di partire da Blangy l'indomani; gli fece per? promettere di venire a passarvi qualche tempo, quando il suo cuore fosse stato pi? tranquillo. Emilia, che pur non potendo incoraggiare il suo amore, ne stimava le buone qualit?, ed era gratissima ai di lui servigi, prov? grand'emozione[145] quando lo vide partire per la Guascogna. Si separ? da lei con tal espressione di dolore, che il conte s'interess? vie pi? per l'amico.

Pochi giorni dopo, anche Emilia part? dal castello, avendo per? dovuto promettere al conte ed alla contessa di venire spesso a trovarli. La badessa la ricev? colla materna bont? di cui le aveva gi? data prova, e le monache con nuovi segni d'amicizia. Quel convento, a lei s? noto, risvegli? le sue tristi idee; ringraziava il Supremo Motore di averla fatta sfuggire a tanti pericoli, sentiva il prezzo dei beni che le restavano, e sebbene bagnasse sovente la tomba di suo padre delle sue lacrime, non sentiva pi? per? la medesima amarezza.

Qualche tempo dopo il suo arrivo nel monastero, Emilia ricev? una lettera dello zio Quesnel in risposta alla sua, e alle domande su' suoi beni, che egli aveva preteso amministrare nella di lei assenza. Erasi specialmente informata sull'affitto del castello della valle, che desiderava abitare, se le sue sostanze glie lo permettevano. La risposta di Quesnel fu secca e fredda come se l'aspettava; non esprimeva n? interesse per i di lei patimenti, n? piacere perch? ne fosse sfuggita. Quesnel non perd? l'occasione per rimproverarle il suo rifiuto alle nozze del conte Morano, cui cercava rappresentare come ricco e uomo d'onore; declamava con veemenza con quell'istesso Montoni, al quale fin allora, erasi riconosciuto tanto inferiore; era laconico circa gl'interessi pecuniari di Emilia, avvertendola per? che l'affitto del castello della valle spirava fra poco; non l'invitava ad andare da lui, ed aggiungeva che, nello stato meschino della sua sostanza, avrebbe fatto benissimo a restare per qualche tempo a Santa Chiara. Non rispondeva nulla alle di lei domande sulla sorte della povera Teresa, la vecchia serva del padre suo. In un poscritto, Quesnel, parlando di Motteville, nelle cui mani Sant'Aubert aveva posto la maggior parte[146] del suo patrimonio, le annunziava che i di lui affari stavano per accomodarsi, e ch'essa ne ritirerebbe pi? di quel che avrebbe potuto aspettarsi. La lettera conteneva parimente una cambiale a vista per riscuotere una modica somma da un mercante di Narbona.

La tranquillit? del monastero, la libert? statale accordata di passeggiare sul lido e pei boschi circonvicini, tranquillarono a poco a poco lo spirito di Emilia, la quale per? sentivasi inquieta a proposito di Valancourt, ed impaziente di riceverne una risposta.

 
 

FINE DEL TERZO VOLUME

 
 


Milano 1875 — Tip. Ditta Wilmant.


NOTA DEL TRASCRITTORE

La presente edizione del libro ? una traduzione abbreviata e priva di quasi tutte le parti in poesia. La versione originale completa in inglese ? disponibile su Project Gutenberg: The mysteries of Udolpho.

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annnotazione minimi errori tipografici. In particolare, l'uso di trattini e virgolette per introdurre il discorso diretto, molto irregolare e incoerente, ? stato per quanto possibile regolarizzato. Un indice ? stato inserito all'inizio.

I seguenti refusi sono stati corretti [tra parentesi il testo originale]:

P.     9 - vide uscire Cavign?, Verrezzi [Verezzi] e Bertolini
20 - spaventata al maggior [maggiar] segno.
35 - quanto voi state in [in in] pena
38 - mi ha dato questa chiave, incaricandomi [incarincandomi]
48 - violente [violenti] e diverse passioni
50 - se [se se] si fosse di nuovo mostrata
113 - quest'articolo essenziale [esenziale].
142 - le parole allarmanti lette accidentalmente [accidentalmante]

Grafie alternative mantenute:

  • balia / bal?a
  • colta / c?lta
  • follia / foll?a





























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Ann Radcliffe









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Section  2.  Information about the Mission of Project Gutenberg-tm









Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of




electronic works in formats readable by the widest variety of computers




including obsolete, old, middle-aged and new computers.  It exists




because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from




people in all walks of life.









Volunteers and financial support to provide volunteers with the




assistance they need, are critical to reaching Project Gutenberg-tm's




goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will




remain freely available for generations to come.  In 2001, the Project




Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure




and permanent future for Project Gutenberg-tm and future generations.




To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation




and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4




and the Foundation web page at http://www.pglaf.org.














Section 3.  Information about the Project Gutenberg Literary Archive




Foundation









The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit




501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the




state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal




Revenue Service.  The Foundation's EIN or federal tax identification




number is 64-6221541.  Its 501(c)(3) letter is posted at




http://pglaf.org/fundraising.  Contributions to the Project Gutenberg




Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent




permitted by U.S. federal laws and your state's laws.









The Foundation's principal office is located at 4557 Melan Dr. S.




Fairbanks, AK, 99712., but its volunteers and employees are scattered




throughout numerous locations.  Its business office is located at




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information can be found at the Foundation's web site and official




page at http://pglaf.org









For additional contact information:




     Dr. Gregory B. Newby




     Chief Executive and Director




     gbnewby@pglaf.org














Section 4.  Information about Donations to the Project Gutenberg




Literary Archive Foundation









Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide




spread public support and donations to carry out its mission of




increasing the number of public domain and licensed works that can be




freely distributed in machine readable form accessible by the widest




array of equipment including outdated equipment.  Many small donations




($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt




status with the IRS.









The Foundation is committed to complying with the laws regulating




charities and charitable donations in all 50 states of the United




States.  Compliance requirements are not uniform and it takes a




considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up




with these requirements.  We do not solicit donations in locations




where we have not received written confirmation of compliance.  To




SEND DONATIONS or determine the status of compliance for any




particular state visit http://pglaf.org









While we cannot and do not solicit contributions from states where we




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against accepting unsolicited donations from donors in such states who




approach us with offers to donate.









International donations are gratefully accepted, but we cannot make




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outside the United States.  U.S. laws alone swamp our small staff.









Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation




methods and addresses.  Donations are accepted in a number of other




ways including checks, online payments and credit card donations.




To donate, please visit: http://pglaf.org/donate














Section 5.  General Information About Project Gutenberg-tm electronic




works.









Professor Michael S. Hart is the originator of the Project Gutenberg-tm




concept of a library of electronic works that could be freely shared




with anyone.  For thirty years, he produced and distributed Project




Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of volunteer support.














Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed




editions, all of which are confirmed as Public Domain in the U.S.




unless a copyright notice is included.  Thus, we do not necessarily




keep eBooks in compliance with any particular paper edition.














Most people start at our Web site which has the main PG search facility:









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including how to make donations to the Project Gutenberg Literary




Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to




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