Un’avventura di viaggio This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at http://www.gutenberg.org/license. Title: Un’avventura di viaggio Author: Roberto Bracco Release Date: November 05, 2011 [EBook #37931] Language: Italian Character set encoding: UTF-8 *** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK UN’AVVENTURA DI VIAGGIO *** Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli, Barbara Magni, and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net. This file was produced from images generously made available by The Internet Archive. ROBERTO BRACCO TEATRO VOLUME PRIMO NON FARE AD ALTRI... — LUI LEI LUI — *UN’AVVENTURA DI VIAGGIO* — UNA DONNA — LE DISILLUSE — DOPO IL VEGLIONE 2ª EDIZIONE. REMO SANDRON — Editore Libraio della Real Casa MILANO-PALERMO-NAPOLI PROPRIETÀ LETTERARIA _I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia._ È assolutamente proibito di rappresentare questi lavori senza il consenso scritto dell’Autore _(Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882)_. Published in Palermo, 10th. June Privilege of Copyright in the United States reserved under the Act approved March 3rd. 1905, by Roberto Bracco and Remo Sandron. Off. Tip. Sandron — 126 — I — 290312. ———— UN’AVVENTURA DI VIAGGIO. _Commedia in un atto_ Rappresentata per la prima volta da _Pia Marchi_, nel 1887. PERSONAGGI: _Carlo_. _Francesco_. _Bianca_. _Fifì_. A Roma — Epoca attuale. ATTO UNICO. _Una camera destinata alle galanterie e agli affari. Due porte laterali. Una finestra alla parete di fondo. Molta eleganza civettuola. Seggiole a sdraio, soffici divani, cuscini larghi e morbidi, tappeti e drapperie abbondanti. — Un tavolinetto grazioso. — Sul tavolinetto, alle pareti, da per tutto, ninnoli, stampe antiche, ricordi e fotografie di donne. — Qualche vaso di fiori. — Bottiglie di vino e di liquori. — Verso il fondo della camera, un paraventino messo di sbieco, che nasconde a metà una toilette, una specchiera, un divanetto e altri mobili, per così dire, opportuni._ SCENA I. CARLO _e_ FIFÌ. _Fifì_ _(innanzi alla specchiera, dietro il paravento, aggiustandosi il cappello sul capo e badando all’effetto complessivo della sua figurina)_ Dunque, a stasera, eh? _Carlo_ _(accendendo una sigaretta e guardando lei con familiare compiacenza)_ A stasera. _(Lunga pausa.)_ Ma sì, ma sì che va bene! _Fifì_ No, vieni qua, Fuffino mio. Ti piace più così... _(variando la posizione del cappello)_ o così? _Carlo_ _(le va vicino)_ Aspetta. Fammi vedere. _Fifì_ _(ripetendo più esageratamente la variazione suddetta)_ Così... o così? Come preferisci? _Carlo_ Preferisco... tutti e due i modi. _Fifì_ _(piegando le braccia con aria seria seria)_ E come farò, adesso? _Carlo_ Come farai che cosa? _Fifì_ Come farò a decidermi? _(Sedendo di proposito)_ Io resto qui finchè non avrò deciso come debbo portare il cappello. _(Si alza.)_ Ah! Ecco un’idea luminosa. _(Si toglie il cappello e s’avvicina a Carlo.)_ _Carlo_ Che fai? _Fifì_ Zitto, Fuffino mio. _(Gli mette il cappello in capo.)_ Vedi, bisogna pensare col proprio capo, ma guardare i cappelli sul capo altrui. _Carlo_ _(graziosamente)_ Santa pazienza! _Fifì_ _(contemplandolo)_ Dà a me questa sigaretta: è una stonatura. _(Prende la sigaretta e fuma, aggiustando in varie maniere il cappello sul capo di Carlo.)_ Vediamo un po’. _(Lo contempla di nuovo.)_ Bene! Benone! Ho trovato. _(Gli toglie il cappello e se lo rimette.)_ _Carlo_ Ora, posso accendere un’altra sigaretta? _Fifì_ Accendi pure. _(Guardandosi nello specchio)_ Oh! precisamente!! A meraviglia!... _(Andandosene)_ Sicchè, a stasera. _Carlo_ Sì, a stasera, carina. _Fifì_ _(scambia il mozzicone della sigaretta, che ha fra le labbra, con quella intera che ha in bocca Carlo, dicendogli con civetteria e con un accento bambinesco:)_ Questa a me, e questa a te. _Carlo_ Cioè, a me un mozzicone.... _Fifì_ Tu sai che le mie labbra... sarebbero capaci di ridurre in cenere una sigaretta ogni minuto secondo. _Carlo_ Cielo, ti ringrazio! _Fifì_ Di che? _Carlo_ Di non essere una sigaretta. Del resto, tu mi fumi lo stesso. _Fifì_ _(mentre, ridendo, sta per partire, s’arresta)_ Oh! _(Desolata, mostra un piede)_ Fuffino, non vedi? _Carlo_ Un piede. _Fifì_ Un bottone mi ha tradita. Aggiusta tu. _Carlo_ _(inginocchiandosi per abbottonare lo stivalino)_ Tradimento momentaneo. Il bottone è al suo posto, e non bisogna che farlo rientrare nell’occhiello. Rientrerà, rientrerà. Dice un poeta: _(declamando)_ Non abbandona un cuore il cuor gemello; non abbandona il suo botton l’occhiello! _Fifì_ _(guardando il capo di Carlo, in tono d’allarme)_ Fuffino! _Carlo_ Lasciami lavorare.... _Fifì_ Un capello bianco! _(Pausa.)_ È come l’argento! _Carlo_ _(senza darle retta)_ Questo diavolo di bottone è più impertinente di quanto pareva. _Fifì_ Fuffino, me lo piglio io questo capello? _Carlo_ _(borbotta e non le bada, mentre ella s’accinge a tirargli il capello bianco)_ Ah, perbacco! È caparbio! _Fifì_ _(tirandogli il capello, trionfalmente)_ È fatta! Te l’ho strappato! _(Se lo avvolge al dito.)_ _Carlo_ _(alzandosi, tutto compunto, col bottone in mano)_ E te l’ho strappato anch’io. _Fifì_ Ecco come vanno le cose del mondo: io faccio ritardare d’un capello la tua vecchiezza e tu fai accelerare... d’un bottone la vecchiezza dei miei stivalini! _Carlo_ Taci, taci, per carità! _(Mettendole la mano sulla bocca)_ Non filosofare! _Fifì_ Perchè, Fuffino, perchè debbo tacere? _Carlo_ _(solennemente)_ Perchè se il mio capello è d’argento, il tuo silenzio è d’oro. _Fifì_ _(allegramente)_ Ora, poi, me ne vado davvero. _Carlo_ A rivederci, Fifì. _Fifì_ _(sulla soglia della porta di destra)_ Un bacetto? _Carlo_ _(dandoglielo)_ Un bacetto. _Fifì_ E mi vuoi sempre bene? _Carlo_ Semprissimo. _Fifì_ Mi vuoi bene più di otto giorni fa? _Carlo_ Più di otto giorni fa. _Fifì_ Più di ieri sera? _Carlo_ Più di ieri sera. _Fifì_ _(incalzante)_ Più di stamane? _Carlo_ Più di stamane. _Fifì_ Più di domani? _Carlo_ Più di domani. _Fifì_ Oh!? _Carlo_ Cioè, no!... Vedi che mi fai dire? Oggi, meno di domani, domani più di oggi. Che diamine! Sono cose che si capiscono. _Fifì_ Ora va bene, ora va bene. _(Va via, ridendo festosamente, mentre Carlo la segue con lo sguardo, buttandole baci con la punta delle dita.)_ SCENA II. CARLO _solo. Poi_ FRANCESCO. _Carlo_ _(chiudendo la porta)_ Carina... ma cretina! Cioè, cretino io... ovvero, cretini tutti e due. _(Prende di su la scrivanietta una bottiglia di Cognac e due bicchierini e ripone tutto sopra una mensola.)_ Ecco una specie di barometro della galanteria da scapolo. _(Riprende la bottiglia e, contemplandola)_ Dopo un tête-à-tête, guardando i cerchietti di cristallo d’una bottiglia di Cognac, si può sapere in che condizione si trovi l’atmosfera della galanteria. Qui mancano due sole prese di Cognac. Il liquido è molto su: atmosfera pesante. Il barometro segna: noia. _(Mentre ripone, sbadigliando, la bottiglia sulla scrivanietta, sente picchiare.)_ Oh! una visita fuori programma. Chi sarà mai? _(Va ad aprire la porta a destra.)_ _Francesco_ _(comparisce con in mano molte valige.)_ _Carlo_ Chi vedo? _Francesco_ Eh! sono qui. _(Posa le valige.)_ _Carlo_ Ma bravo! Che bella sorpresa! _Francesco_ Bella... più di no che di sì. _Carlo_ E perchè poi? _Francesco_ Perchè io non vengo soltanto a farti una visita. Io vengo a depositare in casa tua.... _Carlo_ Le valige? _Francesco_ Qualche cosa di più! _Carlo_ La tua persona? _Francesco_ Qualche cosa di più: una conquista! _Carlo_ Tanto meglio! Ma bada: questa non è precisamente la mia casa. _Francesco_ Non me ne affliggo, purchè possa diventare, provvisoriamente, la casa mia. Ma, a proposito, non ti ho sempre scritto, indirizzando le lettere qui? _Carlo_ Naturale. Io, qui, in questo grazioso bugigattolo, ricevo lettere, e ricevo... intendi? _Francesco_ Intendo: è il tuo bureau... d’affari. Sicchè, cattivo soggetto, ti ho lasciato scapolo, e, dopo tre anni, ti ritrovo, benchè ammogliato, più scapolo di prima. E di tua moglie, che io non ho il piacere di conoscere, che ne è? _Carlo_ È lontana! Separazione completa e definitiva per incompatibilità di carattere.... _Francesco_ E di attribuzioni. Poverina! _Carlo_ Sai... qualche mia scappatella.... Ma non parliamo di ciò, adesso. Parlami piuttosto di te e della tua conquista, e dimmi se persisti nell’idea di depositarmi... non so che cosa. _Francesco_ Persisto. Fra qualche minuto... ella è qui. _Carlo_ Qui?... Ed io? _Francesco_ Oh, non ti preoccupare! Ho pensato a tutto. Tu te ne andrai. _Carlo_ Molto bene! _Francesco_ Amico mio, finalmente ho saputo che cosa significa un’avventura di viaggio. Avevo sempre creduto che le avventure di viaggio fossero una rèclame bugiarda delle società ferroviarie, e non ci avevo mai prestato fede; ma ora.... _Carlo_ Raccontami... raccontami.... _Francesco_ _(emozionato)_ Raccontarti? È impossibile! Figurati la stazione di Genova.... _Carlo_ Me la figuro. _Francesco_ _(entusiasmato)_ I vagoni, la vaporiera, i facchini e il resto.... _Carlo_ _(secondandolo)_ E il resto. _Francesco_ Nel primo scompartimento d’un vagone entro io. Due donne sono entrate prima di me: una sui sessant’anni.... _Carlo_ Era lei? _Francesco_ No. L’altra dai trenta ai quindici anni, o viceversa. Questa era lei. «Scusi — mi dice — questo scompartimento è riservato alle signore». «Sì, ma non si dia pena — rispondo io — . Benchè riservato alle signore, io ci starò bene lo stesso».... Non ci ridi? _Carlo_ _(ridendo per convenienza)_ Ah, ah, ah! _Francesco_ Grazie. Ella ha riso come te. E dice un proverbio arabo: «donna che ride, mezzo conquistata.» Insomma, la vecchia borbottava in tedesco, ed io non aveva l’obbligo di capire, la giovane continuava a ridere in italiano, il capo treno accettava un biglietto di scusa cosmopolita... da dieci lire; e sono restato. _Carlo_ Che cosa avvenne durante il viaggio?... _Francesco_ Niente! Neanche un’occhiata incoraggiante, neanche una parolina che m’avesse lasciato sperare. Non c’era mica da meravigliarsene. Io pensavo: in uno scompartimento riservato, non ci possono essere che delle signore riservate. Carina anche questa, eh? _Carlo_ E la conquista? _Francesco_ Un momento. Quando il treno è giunto alla stazione di Roma, mentre un facchino prendeva la roba di lei e la roba mia, mettendo le mie valige a contatto delle sue, io le ho chiesto se avesse bisogno dei miei servigi.... _Carlo_ Ella ha risposto di sì?... _Francesco_ Oibò! Ella ha risposto di no. Ma quando le ho offerto la mia carta di visita, sulla quale, con un lapis, avevo segnato l’indirizzo della tua dimora, dove già contavo di piombare, la mia bella incognita — perchè era ed è ancora per me un’incognita — si è sentita presa da una subitanea passione per me. Evidentemente, il mio nome è stato per lei irresistibile. I suoi occhi hanno avuto sguardi voluttuosamente intensi, le sue mani hanno più e più volte strette le mie e.... «A rivederci, signore» — m’ha detto con effusione — «A rivederci al più presto possibile. Anzi, fra pochi minuti, io verrò a farvi una visita.» Era commossa, nervosa, eccitata. Io, che vuoi? pure essendo un po’ abituato a queste cose, ho sentito un groppo alla gola, e sono rimasto lì, senza nemmeno ringraziarla. Soltanto, quando lei, dolcemente, mi ha soggiunto: «mi riceverete?», io le ho risposto.... _Carlo_ Che le hai risposto? _Francesco_ «Vi adoro»! _Carlo_ E lei? _Francesco_ _(come se dicesse una cosa naturale e perfettamente lusinghiera per lui)_ Lei se n’era già andata! _Carlo_ Ma verrà certamente? _Francesco_ Oh, se verrà! Il cuore non m’inganna: quella donna mi ama, e sono innamorato anch’io, sai, sono innamorato sul serio. Oh! la ferrovia fa dei miracoli in fatto d’amore. La velocità stessa del treno affretta gli avvenimenti. Si vede una donna alla stazione di Genova, la si ama alla stazione di Spezia, la si adora alla stazione di Roma. Se si continuasse il viaggio insieme sino a Napoli, si giungerebbe alla stazione di Napoli o troppo presto o troppo tardi. _Carlo_ E quando non si continua il viaggio sino a Napoli.... _Francesco_ Si va in casa d’un amico e gli si dice.... _Carlo_ «Va a passeggiare....» _Francesco_ Nè più nè meno. _Carlo_ _(scherzosamente)_ E sta bene. _(Si mette il cappello.)_ Me ne vado. _(Consegnandogli la stanza.)_ Questa, come vedi, è una stanza unica, ma molto comoda. _(Con significato di circostanza, quasi mostrandogli i divani, il paravento, ecc.)_ È una stanza, insomma, piena di comfort. Ci sono due porte. Una di qui, _(a destra)_ porta ufficiale, l’altra di là _(a sinistra)_, valvola di sicurezza. Ti raccomando. A rivederci. Io ritornerò.... _Francesco_ _(vorrebbe dire qualche cosa.)_ _Carlo_ Non temere. Quando la finestra sarà aperta... significherà che io potrò ritornare. Restiamo intesi? _Francesco_ Restiamo intesi. _Carlo_ Buona fortuna! _Francesco_ _(con compiacenza e ostentata modestia)_ Eh! _Carlo_ _(esce dalla porta a sinistra; quindi, prima di chiudere l’uscio, facendo capolino)_ Ti occorre altro? _Francesco_ No, grazie. Il resto l’ho con me. _Carlo_ _(se ne va.)_ SCENA III. FRANCESCO _solo. Poi_ BIANCA. _Francesco_ _(girando per la stanza)_ Vediamo un po’. Non c’è che dire, è proprio quello che ci voleva. Intanto, giacchè ce n’è il tempo, completiamo la persona elegante che abbiamo abbozzata nella stanza di toilette della stazione. _(Si pettina, si appunta i baffi, si spolvera, si profuma, si guarda nello specchio. È molto soddisfatto di sè.)_ Pih! non c’è male. Così, a occhio e croce, sono... non toccherebbe a me il dirlo, ma, via, sono belloccio. _(Si picchia alla porta a destra.)_ È lei! Eppure, non ho provato mai tanta emozione. _(Tutto affaccendato e perplesso, va verso la porta e s’accorge d’avere ancora una spazzola in mano.)_ Uh! la spazzola! _(Si confonde, come se nella stanza non trovasse dove mettere la spazzola. Sta per cacciarsela in saccoccia, quindi si decide a posarla sul mobile che è più lontano dalla porta. Infine, delicatissimamente, apre l’uscio.)_ _Bianca_ _(entra.)_ _Francesco_ _(commosso, le prende le due mani con effusione frenata)_ Ma è proprio vero?... Voi... siete venuta? _Bianca_ _(guardando intorno e sforzandosi di sembrare gentile e amorevole verso Francesco)_ Mi pare di sì. _Francesco_ _(con una certa vanitosa soddisfazione)_ Sicchè... il vostro contegno durante il viaggio non era una manifestazione d’indifferenza. _Bianca_ _(con mal celata timidezza)_ Oh! tutt’altro! _Francesco_ _(fra sè, mentre ella è assorta nella curiosa contemplazione del salotto)_ Evidentemente, non è una cocotte, è semplicemente una donna leggera. _Bianca_ Che salottino profumato! _Francesco_ Infatti, sì. Vi dispiace il profumo? Vi dispiace di trovarvi qui? _Bianca_ Anzi!... _Francesco_ _(sempre insinuante)_ Volete levarvi il cappello e il mantello? _Bianca_ Ma.... _(Continua a guardare attorno.)_ _Francesco_ _(con languore, seducendola)_ Coraggio! In fondo, non si tratta che d’aver coraggio.... _Bianca_ _(risoluta)_ Oh, non dubitate, ce n’ho del coraggio! _Francesco_ Meno male. Vuol dire che non vi faccio paura. E perchè poi farvi paura? Tanto più che se voi, bella e strana signora, vorrete serbare l’incognito, io, fede di gentiluomo, sarò ben lieto di rispettarlo ciecamente. _Bianca_ Non v’interessa di sapere chi sono io? _Francesco_ So che siete bella, so che siete qui, sola, vicino a me, so che qui vi ha condotta il presentimento di trovare in me l’uomo capace di comprendervi e di amarvi!... Il resto non m’importa. Sedete, sedetemi accanto. _(Prendendola per una mano, la conduce sin presso un divano.)_ _Bianca_ _(siede di malavoglia.)_ _Francesco_ _(sedendo anche lui)_ Parliamo. _Bianca_ Sì, parlate. _(Preoccupata, continua a guardare intorno, poi, levandosi e allontanandosi)_ Io vi ascolto tanto volentieri. _Francesco_ Se vi allontanate da me, non potrò fare che un soliloquio. _Bianca_ _(sforzandosi di essere gentile)_ Ma io non v’impedisco di seguirmi. _(Andando di qua e di là, guarda i muri.)_ _Francesco_ _(tra sè)_ Veramente, preferirei un tête-à-tête meno peripatetico. _Bianca_ _(tra sè, imbizzita)_ È il laboratorio galante di quel mostro di mio marito. _(A Francesco, che è ancora seduto)_ Vi ho detto che non v’impedisco di seguirmi. _Francesco_ _(tra sè)_ Facciamo a modo suo. _(A lei, seguendola)_ Vi seguo. _Bianca_ _(tra sè, tormentandosi)_ Ed è qui che gli spedivo le mie lettere d’affari! _Francesco_ Che guardate? che mormorate? _Bianca_ Non ho mai visto un salotto così. _Francesco_ Eppure, non c’è nulla di speciale. _Bianca_ C’è tutto di speciale. Questo non è un salotto... onesto. Le donne che ci hanno lasciato qualche cosa sono innumerevoli! _Francesco_ _(tra sè)_ È gelosa, buon segno! _(A lei)_ Può darsi che questo salotto non sia precisamente mio e che io alloggi qua, così, di passaggio, e che di tutte le donne, di cui voi vedete le tracce, io non ne conosca nessuna. _(Tra sè)_ Bisogna lasciarla nel dubbio. _Bianca_ _(esaminando i ritratti)_ Questo per esempio, è proprio il ritratto d’una ballerina! _Francesco_ _(andando a guardare il ritratto)_ Già! _Bianca_ _(nervosissima)_ Si vede dall’abito... che non ha. Ed è bellina, la sfacciata! _Francesco_ _(tra sè)_ Non è una donna leggera, è semplicemente una donna bizzarra. _(A lei)_ Non ci badate, cara. _(Prendendole una mano)_ Io non conosco che voi, io non ho che un solo ritratto: il vostro... impresso nel cuore. _Bianca_ _(continuando l’analisi, domanda con violenza)_ E questa, perchè è vestita da uomo? _Francesco_ Mah!... Probabilmente per provare le emozioni dell’altro sesso! _Bianca_ _(col tono di chi non si lascia ingannare)_ Ma è una donna! Oh, se lo è! _Francesco_ _(indicando, col gesto, le forme abbondanti della donna fotografata)_ Perbacco, se lo è! _Bianca_ E c’è una dedica, «Al Carlino dei mio cuore». _Francesco_ Lo vedete! Il Carlino non sono io. _Bianca_ _(sempre cercando e guardando con una mal dissimulata ansia)_ Oh! uno scarpino! _(Mettendolo sotto il muso di Francesco)_ Questo è uno scarpino. _(È una elegante scarpettina da ballo, d’un microscopico piedino femminile.)_ _Francesco_ _(con la convinzione di fare una scoperta)_ E credo che sia uno scarpino... di donna. _Bianca_ Se fosse d’un uomo, quest’uomo dovrebbe essere un lilliputto! _Francesco_ Vi giuro che non ho nulla di comune con questo scarpino. _Bianca_ _(con rabbia)_ È un ricordo!... _Francesco_ Dei Paesi Bassi! _Bianca_ _(guardandone con disgusto la suola)_ E qui c’è un’altra dedica. Si fa dedicare tutto, questo signore: anche uno scarpino! Che dice? Non si legge bene. _(Mostrandolo a Francesco)_ Leggete voi. _Francesco_ _(interpretando)_ No, non è una dedica: è un versetto biblico o quasi biblico. _(Leggendo:)_ «Il piede sinistro non deve sapere quello che dà il piede destro!» _Bianca_ _(irritandosi)_ E che cosa mai può dare il piede destro? _Francesco_ _(con l’analogo movimento d’una gamba, e timidamente)_ Mio Dio, una pedata. _Bianca_ _(scoppiando)_ Ma è un’indegnità! È un’infamia! _Francesco_ _(sodisfatto, tra sè)_ È gelosa. Come mi ama! _(A lei)_ Calmatevi, via, calmatevi. E non continuate questo increscioso inventario. Non vi sembra che ci sia da fare qualche cosa di meglio? Tutta questa roba non è che tappezzeria. _Bianca_ _(sempre più commossa)_ Ma è di quella tappezzeria che abitua a una vita molle, leggera, sciocca. E chi non è avvezzo a vederla ne sente disgusto, nausea, schifo! _(Poi, risoluta)_ Me ne voglio andare. _Francesco_ _(tra sè)_ Come mi ama! _(A lei)_ Io vi garantisco che potete chetarvi, mia bella e bizzarra incognita. Guardatemi, guardatemi in viso.... _Bianca_ _(gli volta le spalle, senza badargli punto.)_ _Francesco_ Brava! Così! Non v’accorgete che sono innocente, e che... sono vostro? _Bianca_ Tutto questo sta bene; ma io me ne voglio andare. _Francesco_ No, rimanete. Astraetevi dall’ambiente che vi circonda.... Riconcentratevi in voi. Anzi, riconcentratevi in me. _Bianca_ _(scoprendo sopra una mensola il ritratto di Carlo)_ Ah, quel ritratto lì.... _Francesco_ Ricomincia l’inventario! _Bianca_ _(pigliando il ritratto, e osservandolo con amarezza)_.... è un ritratto... completamente mascolino! _Francesco_ _(tra sè)_ Quello di Carlo, ora. _(A lei)_ Sì... questa volta, la persona fotografata, benchè sia pur essa vestita da uomo,... non è una donna. _Bianca_ È un mostro. _Francesco_ Mostro mostro, no. Via, bruttino! _Bianca_ Bruttissimo! Uh!... Che muso! _(Sempre eccitata, fissando la fotografia)_ Sì, avete ragione. Voglio restare. _(Smette precipitosamente il mantello.)_ E voglio togliermi perfino.... _Francesco_ Perfino?... _Bianca_ Il cappello! _(Esegue.)_ _Francesco_ Non è molto. _Bianca_ È moltissimo. _Francesco_ _(con fatuità)_ Moltissimo? _(Tra sè)_ È fatta! _Bianca_ Io voglio restare, vi dico! Voglio restare. _Francesco_ Ma sì, ho capito! _(Tra sè)_ Non è una donna bizzarra; è semplicemente un angelo. _Bianca_ _(ripone la fotografia di Carlo sulla mensola, quindi va a sedere sul divano, quasi trascinando Francesco con finta dolcezza)_ Venite, sedete vicino a me. _Francesco_ _(inebriato)_ Oh! _Bianca_ _(rialzandosi)_ Un momento. _(Va a pigliare la fotografia di Carlo e la colloca sul mobile più vicino al divano, come per farla presenziare alle sue espansioni. Quindi, torna a sedere.)_ Io sono qui per voi, soltanto per voi, e mi riconcentro in voi. _Francesco_ Raccontatemi tutto quello che è avvenuto in poche ore nel vostro cuoricino. Durante il viaggio, voi volevate vincere, volevate soffocare, non è vero?, quel non so che, dal quale vi sentivate presa per la mia persona. _Bianca_ Sicuro! _Francesco_ Ma era destino! Nel momento di separarci, io vi ho data la mia carta, col mio indirizzo.... _Bianca_ Ed io subito vi ho dato il mio cuore, senza il mio indirizzo.... _Francesco_ Ed ora siete mia. _Bianca_ Vostra. _Francesco_ In mio potere.... _Bianca_ In vostro potere.... _Francesco_ E avete fiducia in me? _Bianca_ _(come se pensasse per la prima volta a qualche cosa)_ Se ho fiducia in voi? Aspettate. _(Pausa. Lo guarda bene.)_ Perchè no? Sì, ho fiducia in voi. _Francesco_ _(preoccupato e imbarazzato)_ Ma scusate... che specie di fiducia? _Bianca_ E... scusate, _(con furberia e sussiego)_ quale fiducia voi credete di meritare? _Francesco_ Quella del gentiluomo: _(cambiando tono)_ ma anche quella del.... _Bianca_ _(a tempo)_ Fermiamoci qui, fermiamoci a «gentiluomo». _Francesco_ _(accendendosi molto)_ Ma questo gentiluomo ha un cuore che palpita e ha del sangue nelle vene. Questo gentiluomo sa intravvedere tutto un paradiso inaspettato: e, intravvedutolo, non può, non vuole, non deve rinunziarvi. _(Eccitato, con intimità)_ Se questo gentiluomo non picchiasse alla porta di quel paradiso, sarebbe o un ingrato o uno sciocco... _(afferrandole le mani)_ ed io, mia bella, mia adorabile incognita, _(sta per abbracciarla con entusiasmo)_ io picchio! _Bianca_ _(alzandosi e dandogli uno schiaffo)_ E picchio anch’io! _Francesco_ _(portando la mano alla guancia)_ Me ne sono accorto! _(Pausa. Poi, tra sè)_ Non è un angelo, è semplicemente un dragone. _Bianca_ _(tra sè, allontanandosi)_ Se avessi saputo che, venendo in casa di mio marito, non avrei trovato... che il suo ritratto, certo non mi sarei arrischiata a scegliermi per istrumento di vendetta un viaggiatore così intraprendente. _Francesco_ _(con solennità)_ Signora, tutto è finito tra noi due! _Bianca_ E le porte del paradiso? _Francesco_ Mi sono state chiuse sulla faccia con una certa violenza. _Bianca_ _(gentile)_ Ma io vi offro.... _Francesco_ _(ansiosamente)_ Mi offrite...? _Bianca_ Il purgatorio. _Francesco_ Sarebbe? _Bianca_ La mia amicizia. Vi si può entrare senza aver bisogno di picchiare. Basta una buona stretta di mano. _(Esegue.)_ _Francesco_ Vada pel purgatorio! _(Borbotta a mezza voce:)_ Il purgatorio dell’oggi dovrebbe essere il paradiso del domani. Speriamo! _(A lei, forte:)_ Ma, dunque, chi siete?... chi siete?... _Bianca_ _(col proposito di non rispondergli)_ Di grazia, il mio cappello e il mio mantello dove sono? _Francesco_ _(tutto affaccendato e confuso)_ Li cerco. _Bianca_ _(sul tavolinetto, trova, intanto, un piccolo portafogli. Lo prende e mormora:)_ Un portafoglino femminile! _(Lo apre, ne trae una carta di visita e legge:)_ Fifì Bandinelli. _(Tra sè)_ L’indegno! Ma troverà invece il mio portafogli. _(Sostituisce con il suo il portafogli trovato, che conserva.)_ Provi un po’ quel che ho provato io. E mi servirà anche di pretesto per tornare! _(A Francesco, che ha cercato e preso il mantello e il cappello)_ Il mio mantello, il mio cappello, subito.... _Francesco_ Sono qui. _(Aiutandola a mettere l’uno e l’altro)_ Ecco quello che io mi domando. Chi siete? Un enigma? Un rebus? Una sciarada? _Bianca_ Appunto. Una sciarada. Una sciarada che potete offrire all’acume di... tutti i vostri amici: il primo ama, il secondo perdona, l’intero ritorna. _Francesco_ È una sciarada a premio? _Bianca_ Chi sa! Dipende dallo scioglitore. A rivederci.... _Francesco_ Permettete che v’accompagni sino alla porta del cortile? Siete venuta, è vero, di nascosto; ma potete andarvene, ahimè, palesemente. _Bianca_ Il vostro braccio. _Francesco_ Un momentino. _(Corre a spalancare la finestra.)_ _Bianca_ Fate bene ad aprire la finestra. _Francesco_ Perchè? _Bianca_ Perchè, in questo salotto destinato alle conquiste, dopo il nostro abboccamento, c’era bisogno di rinnovare un po’ l’aria. _Francesco_ _(tornando a lei)_ Il mio braccio è ai vostri ordini. _Bianca_ _(accettando)_ Mi dispiace, per altro, d’incomodarvi. Dovete essere molto stanco.... _Francesco_ _(sulla soglia)_ Veramente, non c’è di che! _(Escono.)_ SCENA IV. CARLO, _poi_ FRANCESCO. _Carlo_ _(facendo capolino dalla porta a sinistra, chiama:)_ Francesco! Francesco! Oh! È andato via anche lui! _(Entra, guardando intorno, con l’aria di credere che in quella stanza non si è mica detto il rosario.)_ Nessuna traccia. Un po’ di disordine nei ninnoli e nei ritratti, e niente altro. _(Sorpreso)_ Il mio ritratto sull’orlo... d’un precipizio, forse!... Veramente, avrebbero potuto lasciarmi in pace. _(Vede il portafogli.)_ Un portafoglino dimenticato.... Che sia quello di Fifì? È tanto stordita! _(Lo apre, legge un biglietto di visita, trasalisce, impallidisce.)_ Bianca Tebaldi! Com’è possibile? _(Profondamente scosso)_ Ma sì: lei, lei! Qui... con... _(Inorridendo)_ È una combinazione raccapricciante! _(Riflette)_ Eppure, non è una combinazione. Ella sapeva l’indirizzo di questa casa, perchè è qui che io ricevo le sue lettere d’affari. Ed è venuta qui per un convegno galante! Ah, è orribile, è orribile! _Francesco_ _(entrando, nota il suo turbamento e gli dice:)_ Ohè, che hai? _Carlo_ Niente. _Francesco_ Come niente? Hai una certa faccia.... _Carlo_ Ho un po’ di mal di capo. _(Toccandosi naturalmente la fronte)_ Non ci badare. _(Con forzata disinvoltura)_ Ebbene? _Francesco_ _(mortificato, ma non volendo confessare il fiasco)_ Ebbene?... _Carlo_ _Prosit._ _Francesco_ Ti ringrazio. Ma lasciamo andare.... _Carlo_ Insomma, dimmi, uomo fortunato, uomo irresistibile: come sono andate le cose? Benone, eh? _Francesco_ Sì, benone.... _Carlo_ _(sussultando e fingendo gaiezza)_ A vele gonfie?... E sei giunto in porto sano e salvo? _Francesco_ Sano, _(ricordandosi dello schiaffo)_ via, per miracolo. _Carlo_ Perbacco, una donna assai facile! Il colloquio... è stato tanto breve! _Francesco_ Breve, _(toccandosi la guancia)_ ma... sentito. _Carlo_ Molta vivacità. _Francesco_ Molta. _Carlo_ Su! Sentiamo i particolari. _Francesco_ _(evitando)_ Un’altra volta: ora sono ancora troppo commosso. _Carlo_ Diamine! Sei vecchio del mestiere!... Ma come! Sei commosso davvero? Questa... donnina ti ha proprio stregato? _Francesco_ Mi ha... stregato. _Carlo_ E... ti ama? _Francesco_ Mi ama... a modo suo... si capisce. Non tutte le donne amano allo stesso modo. _Carlo_ _(con ansia raffrenata)_ E in che modo ti ama? Dimmi, dimmi! _Francesco_ Non so spiegartelo. _Carlo_ È appassionata? è altera? è alla mano? _Francesco_ È alla mano: precisamente. _Carlo_ Piacente, graziosa, elegante? _Francesco_ Oh, quanto a questo, è insuperabile! Un bocconcino, amico mio! Ma,... basta.... _Carlo_ Con le tue reticenze, mi dai sui nervi. Fuori, fuori i particolari. _Francesco_ Sei un bel tipo. Non ti credere che si tratti d’una crestaina o d’una _cocotte_ qualunque! _Carlo_ Ah no! E di chi si tratta? _Francesco_ Caro mio, ella ha serbato l’incognito; ma dev’essere una gran signora... di cervello un po’ balzano, beninteso. Dev’essere una gran dama bisbetica, capricciosa...: qualche strana donna, maritata chi sa come, chi sa dove, chi sa con chi... Con un imbecille, di certo!... _Carlo_ _(trattenendosi e secondandolo)_ Sì sì!... Però, imbecille poi, perchè? _Francesco_ Perchè un uomo che possiede una donna come quella lì, e la lascia passeggiare sola per il mondo, se non è proprio un imbecille nato, dev’essere un imbecille di carriera, o deve avere una gran voglia di diventarlo. Bisogna proprio essere un marito per avere di tali ambizioni. E se questo povero sventurato esiste.... _Carlo_ Io dico di sì!... _Francesco_ Tanto meglio! Se, dunque, questo povero sventurato esiste, l’ha scappata bella! _Carlo_ L’ha scappata bella? Sicchè non...? _Francesco_ Già, tu sai come sono le donne. Certe volte fanno la corsa dell’asino. Vanno, vanno, vanno, e poi, a un tratto, _tta_, si arrestano. _Carlo_ Lei... _tta_... si è arrestata? _Francesco_ Crederei di sì. _Carlo_ _(scattando irritato)_ Sì o no? _(Poi, frenandosi e fingendo di sorridere)_ Scherzo. Eppure, ti confesso, sono curioso. Dunque, sì o no? _Francesco_ Giudica tu stesso. _Carlo_ Oh! Di’! Da bravo! _Francesco_ Smanie, spasimi, irrequietezze, ogni sorta di manifestazioni d’amore verbale, e gelosia, poi, senza fine. Figùrati una _Otella_! E... che so... le ho mostrato, per esempio, il tuo ritratto, per vedere che impressione le facesse un altro uomo a paragone di me... e.... _Carlo_ Abbrevia! _Francesco_ Tu, in complesso, sei una persona piuttosto simpatica.... _Carlo_ Questo è vero, ma abbrevia! _Francesco_ Ebbene, non avertelo a male: tu a paragone di me, le sei sembrato brutto. _Carlo_ Brutto addirittura? _Francesco_ Nè più nè meno che brutto! Insomma, era un crescendo che faceva sperare il più delizioso dei punti coronati.... _Carlo_ E invece? _Francesco_ Invece, il punto coronato è stato un... ceffone! _Carlo_ _(scoppiando in gioia)_ Ah ah! Benissimo! _Francesco_ Ti prego di moderare le esclamazioni! _Carlo_ Perchè? _Francesco_ Perchè m’irriti! _Carlo_ Per ora, racconta. T’irriterai dopo. _Francesco_ Non ho più nulla d’importante da raccontare. Rasserenatasi alquanto, mi ha lasciato, affidandomi una certa sciarada da sciogliere. _Carlo_ Una sciarada? _Francesco_ «Il primo ama, il secondo perdona, l’intero ritorna.» _Carlo_ _(sempre più rianimandosi)_ Ah! ritorna? _Francesco_ E se son rose, fioriranno. _(Si sente picchiare alla porta di destra.)_ Che sia proprio lei che ritorna? _Carlo_ Di già? _(Sta per aprire.)_ _Francesco_ _(trattenendolo)_ Lascia andare me. Voglio prima domandare. Se è lei, non bisogna comprometterla. Tu sei qui.... Sarebbe una indelicatezza da parte mia il farla entrare. _(Si sente picchiare di nuovo.)_ Eccomi. _(Con dolcezza)_ Chi è? SCENA V. BIANCA, FRANCESCO, CARLO. _Bianca_ _(di fuori)_ Sono io, sono io: la vostra incognita. _Francesco_ _(rivolgendosi a Carlo)_ Lei. _Carlo_ Lei! _Bianca_ _(di fuori)_ Debbo aver dimenticato il mio portafogli. _Francesco_ _(a Carlo)_ È un pretesto per ritornare da me. _(A Bianca)_ Sì, sì, grazie, grazie! capisco! Ma ora, mia adorabile incognita, non sono solo. È qui con me un mio amico. Voi conoscete la mia discrezione, e debbo rassegnarmi a non aprirvi le porte di quel paradiso che sapete. _(Tossisce per farsi capire.)_ _Carlo_ _(tra sè)_ Te lo do io il paradiso. _Bianca_ _(di fuori)_ Ma come si chiama il vostro amico? _Carlo_ _(subito)_ Si chiama Carlo Tebaldi. _Francesco_ Sicuro, si chiama Carlo Tebaldi. _Bianca_ _(di fuori)_ Allora, non m’importa. Questo signore non lo conosco e non mi conosce. Non temo di essere compromessa. Aprite. _Francesco_ _(tra sè)_ Quale imprudenza! Andate poi a dire che questa donna non mi ama. _(Apre.)_ _Bianca_ _(entra.)_ _Francesco_ _(le prende ambo le mani.)_ _Carlo e Bianca_ _(si scambiano occhiate di rabbia.)_ _Francesco_ _(all’orecchio di Bianca, con mellifluità)_ Io non so se voi abbiate lasciato davvero qui il vostro portafogli, ma, in ogni caso, per giustificare la vostra venuta, io fingerò di cercarlo. _Bianca_ _(nervosa e frettolosa)_ Più tardi. Per ora, vi prego, fate la presentazione. _Francesco_ Vi presento il mio intimo amico: Carlo Tebaldi, giovane ammogliato, che è.... _Carlo_ _(interrompendolo stizzosamente)_... celibe. _Francesco_ Un ammogliato celibe è un bel fatto! _Bianca_ Ah! celibe? _Carlo_ _(aspettando il compimento della presentazione, a Francesco)_ E la signora? _Francesco_ La signora... _(Facendo dei cenni a Bianca, come per domandarle che cosa debba dire)_ Come devo?... _Bianca_ Quanto al cognome, non vi date pena. Quello che porto è un po’... discreditato. E quanto al nome, datemene uno a piacere. _Francesco_ Celeste!! _Carlo_ Bianca. _Bianca_ Sì, preferisco Bianca. _Francesco_ Vada per Bianca. _Carlo_ Ragazza? maritata? vedova? _Bianca_ Così così. _Carlo_ Ma non le pare che ci siamo conosciuti un’altra volta,... non so dove? _Francesco_ _(tra sè)_ Diamine, diamine! _Bianca_ _(fingendo di ricordarsi)_ No... a me non pare: anzi, certamente no. _Carlo_ Ah, è vero: quella lì era un’altra. Un po’ di rassomiglianza nei lineamenti, nel portamento, nella voce; ma poi, nel resto, tutta diversa. _Francesco_ _(tra sè)_ Meno male. _(Forte)_ Intanto, cerchiamo questo portafogli. _Carlo_ _(avvicinandosi a Bianca)_ Ma credo d’averlo trovato io. _Bianca_ _(soddisfatta)_ Ah? _Carlo_ È stato dimenticato proprio qui. _(Mostrandolo)_ È questo? _Bianca_ Precisamente. Sa, in certi momenti, quando la testa gira.... _Francesco_ Cara! _Bianca_ Ognuno può disperdere.... _Carlo_ Un portafogli compromettente. E quando la testa non gira, ognuno può ritrovarlo. _Bianca_ Tanto vero, che io, quando la testa non girava, ne ho ritrovato uno, con cui, senza volere, ho scambiato il mio. _Francesco_ _(seguendo ingenuamente la conversazione)_ Oh, vedete che combinazione! _Carlo_ Davvero? _Bianca_ _(mostrandolo)_ Eccolo. _Carlo_ _(tra sè, seccato)_ Il portafogli di Fifì! _Bianca_ Non si turbi. Il documento più importante contenuto in questo portafogli non è che qualche biglietto di visita d’una donna. La donna dei suoi pensieri, forse? _Carlo_ _(punto)_ No. _(Con stizza)_ Semplicemente una donna da avventure. _Bianca_ _(atteggiandosi a ingenua)_ In verità, non capisco... _Francesco_ _(piano a Carlo, tirandolo per la giacca)_ Bada a quello che dici! _Carlo_ _(a Bianca)_ Non capisce? È giusto. Mi spiegherò: le donnine da avventure... sono, come si direbbe in gergo commerciale, degli articoli a buon mercato. Ce n’è per tutti i gusti. Io, per esempio, vivo qui, a Roma, solo, annoiato; ed ecco che mi procuro una donnina che mi serva da antidoto alla noia: articolo per salottino da scapolo. Al mio amico, invece, piace di viaggiare, ed egli, naturalmente, si procura degli articoli da viaggio. _Bianca_ _(scattando)_ Ma questo è troppo! _Francesco_ Carlo! _Carlo_ _(a Bianca)_ Non le va? _Francesco_ _(a Carlo)_ Tu sei un insolente! _(A Bianca, cercando di rimediare)_ Non gli date retta. Il mio amico si compiace di mostrarsi più cinico di quanto veramente non sia. E voi, che siete, soprattutto, una donna di spirito, vorrete perdonarlo. _Bianca_ _(disinvolta)_ Di che? Perchè? Un salottino come questo non mi dà il diritto di pretendere un’accoglienza diversa da quella concessa alle ballerine, che ne illustrano le pareti. Del resto, un salottino di tal genere, se non garantisce il rispetto, garantisce in compenso il mistero. E l’animo mio fu profetico. _(A Francesco)_ Difatti, ricordate voi che durante il viaggio io... vi amavo, è vero, ma vi amavo... senza farvene accorgere? _Francesco_ Verissimo. _Bianca_ E dite. _(Richiamando su questo particolare l’attenzione di Carlo)_ Quand’è che mi risolvetti ad amarvi diversamente? _Francesco_ Quando vi diedi il mio nome e il mio indirizzo. _Bianca_ L’indirizzo di questa casa.... _Carlo_ _(gioendo, tra sè)_ Ora comincio a capire. _Bianca_ Ebbene... gli è che, profeticamente, io rinunziavo al rispetto _(sempre sottolineando)_ e mi accaparravo il mistero! _Francesco_ Cara, cara, cara! _(Tra sè)_ Andate poi a dire che questa donna non mi ama! _Carlo_ _(tra sè)_ Ho torto io. _Bianca_ _(a Carlo)_ A proposito: lei signor... signor Tebaldi, vuole riprendere il portafogli della sua... della sua... come ho da dire? _Carlo_ Me lo dia pure, ma non dica nulla: direbbe certamente una malignità. _Bianca_ Glielo restituisco immacolato. Badi: è vuoto, perfettamente vuoto! e forse, _(con intenzione maliziosa)_ è stato qui dimenticato... non senza uno scopo. _Carlo_ Ed ecco il suo. Non è vuoto, ma credo che nemmeno esso sia stato qui dimenticato... senza una scopo. _(Si scambiano i portafogli con esagerata e ostentata gentilezza; quindi, di scatto, si allontanano l’uno dall’altra con violenza e sgarbo.)_ _Francesco_ _(tra sè)_ Antipatia reciproca. Meglio così! _(Si sente picchiare alla porta.)_ _Carlo_ _(forte)_ Chi è che batte? SCENA VI. FIFÌ, BIANCA, CARLO, FRANCESCO. _Fifì_ _(di fuori)_ Batte la tua Fifì. _Carlo_ _(imbarazzatissimo, fra sè)_ Maledetta! _Fifì_ _(di fuori)_ Mi pare d’aver lasciato sul tavolino il mio bel portafoglino. Apri, Fuffino. Ti farò anche un bacino. _Francesco_ _(a Carlo)_ _Ino ino ino!_... L’hai abituata al diminutivo? _Bianca_ _(anche lei a Carlo)_ Oh! non s’imbarazzi. Io non voglio disturbare nessuno. Faccia entrare. Faccia pure il suo comodo. _Francesco_ Il suo _comodino_. _Fifì_ _(di fuori)_ Apri, Fuffino, fa presto! _Bianca_ _(guardando il paravento)_ E per non offendere il pudore della signorina Fifì, nè quello di Fuffino, noi due _(accennando a Francesco)_ ci nasconderemo dietro quel paravento. _Francesco_ Ottima idea! Noi due ci nasconderemo. _Carlo_ _(arrabbiato e sempre imbarazzato)_ Ma no, non è necessario che vi nascondiate tutti e due. Tu _(a Francesco)_ puoi restar qui. _Bianca_ Egoista. Mi annoierei a star sola lì dietro. _Francesco_ Si annoierebbe. _Bianca_ Invece, in due, ci divertiremo un mondo. E lei, signor Fuffino, potrà trattenersi con l’oggetto del suo cuore. _(A Francesco con amore)_ Non è vero? _Francesco_ Sì, tesoro. _Fifì_ _(di fuori)_ Non vuoi aprire, Fuffino? _Carlo_ Auff!... Vengo. _Bianca_ _(eccitata dalla gelosia, afferrando Francesco violentemente per un braccio, lo tira verso il paravento)_ Qui, qui, amor mio! _(A Carlo)_ Questo paravento sarà la gran muraglia della Cina: insormontabile! Ogni coppia sarà libera.... _Francesco_ ... e indipendente! _Carlo_ _(sulle spine)_ Non troppa indipendenza, sai! _(Si decide ad aprire.)_ _Fifì_ _(entrando)_ Oh, finalmente! Perchè non aprivi? Che facevi? _Carlo_ Un bagno!... Sì, un bagno turco. Molto turco! _(In questa scena a quartetto, Francesco dà in ismanie d’amore, e Bianca finge di secondarlo, mentre, inquieta, stizzita, spia ed ascolta il colloquio tra Carlo e Fifì.)_ _Fifì_ Ti ho fatto una bella sorpresa? _Carlo_ Bellissima! _Fifì_ Non mi sembri contento. _Francesco_ _(si accalora, s’inginocchia, si alza, siede, gesticola. Se ne vedono la testa le braccia agitate.)_ _Carlo_ Lasciatemi stare.... Non mi sento disposto.... _Fifì_ Che cos’è quel _voi_? _Carlo_ Quel _voi_ è un _voi_ come tutti i _voi_. _(Cerca di guardare ciò che accade dietro il paravento.)_ _Fifì_ Fuffino mio bello, perchè mi tratti così? _(Fa per dargli un bacio ed egli si scansa.)_ Non lo vuoi un bacino? _Carlo_ Questo è il portafogli che avete dimenticato. _(Glie lo porge.)_ _Fifì_ _(pigliandolo)_.... E dàgli col _voi_, Fuffino! _Carlo_ Ma che Fuffino d’Egitto! Non lo capite che ho bisogno di star solo?! _Fifì_ Mi mandi via? _Carlo_ _(quasi con bontà, per non irritarla)_ No, non ti mando via.... _Bianca_ _(per rappresaglia, s’intenerisce con Francesco.)_ _Carlo_ _(continuando)_ Bensì, ti prego d’andartene! _Fifì_ Ma quando ci rivedremo qui? _Carlo_ Qui, mai più! _Fifì_ E allora, dove? _Carlo_ Nella Valle di Giosafatte. _Fifì_ _(con serietà e con buona fede)_ Io non ci sono mai stata. Dammi l’indirizzo preciso. _Carlo_ Cerca nella _Guida_. _(A questo punto, dietro il paravento, Francesco, nel tentativo di un suo slancio troppo audace, è respinto da Bianca con energia e rotola giù, arrovesciato. Se ne vedono a terra il torace e la testa fuori del paravento.)_ _Fifì_ Insomma, mi licenzii senza neanche darmi questo indirizzo?! Sta benissimo!,.. Addio! _(Va verso la porta. Sulla soglia, apre il portafogli e, trovandolo vuoto com’era, esclama a Carlo, minacciosa:)_ Ma faremo i conti! _Carlo_ Senza l’oste. _Fifì_ _(va via.)_ _Bianca_ _(facendo capolino dietro il paravento)_ Partita? _(Slanciandosi freneticamente al collo di Carlo)_ Ed ora, il bacio te lo do io. _(Gli dà un gran bacio sulla guancia.)_ _Francesco_ _(al colmo della meraviglia)_ Ohè, ohè! Che vuol dire ciò? _Bianca_ Vuol dire che la sciarada è sciolta, e il premio è dato. Il primo ama, il secondo perdona, l’intero ritorna.... _Carlo_ Ritorna a essere quello che era. _(A Francesco)_ Ho l’onore di presentarti Bianca Tebaldi, mia moglie. _Francesco_ _(comprendendo a poco a poco e trasalendo, prorompe in tre esclamazioni crescenti:)_ Ah!... Aah!... Aaaah!.... _Carlo_ Che ti viene? _Francesco_ _(cascando sopra una seggiola)_ Un accidente!... _(Poi, subito, ricomponendosi ed alzandosi:)_ _Pardon!_ Signora ben lieto di... _Carlo_ Sicchè, quel tale marito, sai, quel marito imbecille... ero io! _Francesco_ Va là! Comincio a persuadermi che, per fare la carriera dell’imbecille, _(accennando a sè stesso)_ non è indispensabile essere... un marito. _(Sipario.)_ *** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK UN’AVVENTURA DI VIAGGIO *** A Word from Project Gutenberg We will update this book if we find any errors. 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