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a2 --- Il copyright/diritto d'autore del software

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Capitolo 627.   Il copyright/diritto d'autore del software

di Giulio Mazzolini <giuliomazzolini (ad) tin·it>

Fino a circa la fine degli anni 1980, il software veniva ceduto assieme alla macchina o veniva scritto su richiesta dei clienti. Se c'erano dei pacchetti pronti, questi dovevano venir personalizzati per ogni utente. È solo con la nascita del PC IBM, 1981, quando il computer si diffonde in milioni di pezzi che nasce una richiesta di massa di software.

Su come proteggere i diritti dell'autore del programma software esisteva un dibattito teorico sin da una decina d' anni. In Francia nel 1968, una legge dichiarava il software non brevettabile. Negli USA, con approccio più pragmatico, semplicemente il software non veniva brevettato in quanto l'ufficio brevetti non aveva la più pallida idea di come si potesse brevettare un programma software. Il problema esiste tuttora, essendo quasi impossibile riconoscere se un software in qualche modo lede i diritti brevettuali di un altro.

Oggi tuttavia si brevettano gli algoritmi, una assurdità totale, che però sull'onda del successo del concetto di «proprietà intellettuale», riesce a venir accettata dai legislatori e dall'opinione comune.

Sarebbe come se oggi la tabellina del nove o i logaritmi fossero brevettati e doveste pagare per usarli.

Nel 1980, su pressione dei produttori di software, il governo americano promulgò il Copyright Act con il quale si riconosceva al software lo stesso tipo di protezione accordata sino ad allora ai testi letterari o alle altre forme d'opere d'arte.

Non sfuggiva ai legislatori l'effetto «Mimete», ma venne semplicemente risolto vietando severamente ogni forma di duplicazione del software. Tanto era rigida la legge che un po' dopo dovettero chiarire che la duplicazione per uso di «back-up» era lecita!

Senza entrare nei dettagli, voglio solo far notare con l'ultima legge anti pirateria italiana, la copia illecita di software è punita con reclusione da tre mesi a tre anni, come mi ha ricordato vigorosamente un immenso cartellone a Malpensa: ci vogliono 3 minuti per copiare un programma ma ti può costare 3 anni...

627.1   Una breve storia del diritto d'autore

L'idea del copyright e la legislazione relativa nasce dopo l'invenzione della macchina da stampa di Gutemberg (1400-1468). L'idea era semplice: stampare un libro costa, quindi se lo stampo io non deve poterlo stampare un altro.

La legislazione originale quindi proteggeva gli interessi degli stampatori, l'autore non veniva preso in considerazione, anche perché spesso poi i libri contenevano testi di antichi scrittori morti da secoli. Il libro più stampato infatti era la Bibbia.

Il monopolio librario relegava gli autori in una posizione palesemente subalterna o inesistente. Dal 1709 (data che segna la nascita del diritto positivo del copyright) fino al 1774, la proprietà letteraria dell'autore fu affermata a beneficio degli editori più che degli autori.

Solo nel 1777 gli Editti che precedono la Rivoluzione Francese, riconoscono il diritto d'autore, nasce allora la concezione moderna della tutela dell'autore. Il diritto d'autore è la proprietà più sacra in quanto si considera «inscindibile l'oggetto dal soggetto».

Si riconosce finalmente la figura dell'autore e se ne tutelano i suoi diritti. L'autore dell'opera possiede tutti i diritti per il semplice fatto di esserne l'autore. Può poi cedere alcuni o tutti i diritti a terzi con un patto esplicito. Se si tratta di un testo, in genere i diritti sono quelli di riprodurre il testo in un libro, eventualmente di farne delle traduzione e ancora delle ristampe. Se l'opera è un quadro, l' autore può cedere il diritto di copia dell'opera, per esempio per farne una copertina, o un manifesto.

Un autore può tutelare la sua opera anche se ha ceduto i diritti di riproduzione. Può esigere che l'opera resti integra, o che non subisca modificazioni. Hanno quindi ragione quei registi che pretendono che il loro film passi senza interruzioni pubblicitarie, o che rifiutano che vengano tagliati (o censurati) in alcune scene.

In via generale se comperate un quadro, con il possesso e la proprietà legittima dello stesso, non avete automaticamente il diritto di riprodurlo.

I diritti d'autore sono ereditari, per cui gli eredi potranno godere dei vantaggi economici derivanti dai diritti d'autore anche dopo la morte dell'autore.

Le multinazionali (americane) del cinema, della musica e del software sono riuscite a ottenere il prolungamento della durata dei diritti d'autore fino a 70 anni dopo la morte.

Quando il legislatore dice «autore» intende «di opera artistica». Negli USA il concetto di copyright tende a venir esteso anche in mancanza di un'opera d'arte. Persino una lettera commerciale è stata considerata soggetta a copyright.

Negli USA è oramai prassi brevettare anche il software, non programmi interi, ma pezzi particolari. È brevettato il cestino dell'Apple, l'algoritmo di compressione usato dal programma Zip, l'XOR del puntatore grafico. La Microsoft deposita migliaia di brevetti e così pure le altre grandi case.

Oggi nessuno può seriamente pensare di scrivere del software commerciale se non ha capitali molto grandi. Infatti deve utilizzare schiere di avvocati a tempo pieno per assistere chi scrive, affinché non incorra in infrazioni di brevetti o di copyright. Poiché è impossibile che uno studio di avvocati conosca tutti i brevetti di software, c'è la quasi certezza di incappare in qualche azione legale. Cause che costano molto o si chiudono con costosi accordi.

Avevamo detto che la legislazione USA ha assimilato il software a una opera d'autore e quindi ha utilizzato il corpo legislativo del copyright per proteggerlo.

627.2   I sei punti della rivoluzione digitale

L'avvocato Pamela Samuelson ha così voluto riassumere i sei punti principali della rivoluzione digitale:

  1. È molto facile duplicare, si fa presto, costa poco, le copie sono dei duplicati perfetti dell'originale.

  2. È facilissimo trasmettere i dati e si trasmettono quasi istantaneamente, si trasmettono in tutto il mondo scavalcando barriere nazionali, doganali, censorie.

  3. Il dato digitale è malleabile, si può trasformare quanto si vuole, si può deformare quanto si vuole, un originale ne diventa facilmente un altro deformato o rielaborato.

  4. Le opere letterarie, sonore, grafiche, una volta messe in forma digitale, subiscono la stessa sorte, sono indistinguibili nel supporto, non sono più differenziate tra libro, quadro e disco, mettendo in crisi i concetti di copyright che sono diversi se si tratta di quadro disco o libro.

  5. Il dato digitale è compatto, è piccolo si trasporta facilmente.

  6. Il dato digitale non si visita più linearmente come si fa con un libro, ma in modo non lineare. Tutti coloro che hanno visitato un sito in Internet non hanno letto pagina dopo pagina, ma sono saltati da una pagina a un altro sito, creandosi percorsi individuali.

Ciascuna delle caratteristiche precedenti è sufficiente a causare una rottura delle dottrine esistenti sulla proprietà intellettuale. Tutte e sei assieme sicuramente costringeranno i legislatori a una modifica radicale del concetto di copyright e di proprietà intellettuale.

627.3   I vantaggi del «free software»

Le sei caratteristiche citate da Pamela Samuelson riguardano in generale tutti gli aspetti del digitale, per quanto riguarda in particolare il software, invece questi sono gli argomenti principali a favore del software libero.

  1. La diffusione del sapere funziona se l'informazione circola: Jefferson ha detto che se alla luce di una candela studiano due persone, il sapere dell'umanità aumenta, senza che per questo si consumino più candele.

  2. Le limitazioni imposte dai «privilegi» del copyright e dei brevetti impediscono lo sviluppo tecnologico e scientifico, facilitando i monopoli.

  3. Il mantenimento delle licenze con le quali il software oggi è venduto, e la relativa assimilazione del software a una opera letteraria, induce una legislazione oppressiva assurda e la sua applicazione necessita di un sistema poliziesco da grande fratello.

  4. Il software libero è meglio per gli utilizzatori, in quanto hanno a disposizione il codice sorgente per fare delle modifiche a degli adattamenti alle loro necessità specifiche rapidamente e senza esborsi onerosi.

  5. Il software libero è meglio per i programmatori, che non devono avere un avvocato alle spalle e in quanto hanno a disposizione dei codici che possono utilizzare per scrivere altro codice, in un processo di accumulazione e di sviluppo del sapere.

  6. Il «free» è meglio per gli utenti perché non ci sono licenze da pagare.

Ci sono al mondo 6 miliardi di individui e 100 milioni di PC, il «free» è il futuro, non soppianterà il software proprietario per quanto riguarda applicazioni complesse professionali, ma lo costringerà a tornare a prendere in considerazione la vecchia affermazione di Jim Warren: «quando costerà così poco che sarà più facile comperarlo che copiarlo»...


Dovrebbe essere possibile fare riferimento a questa pagina anche con il nome il_copyright_diritto_d_x0027_autore_del_software.htm

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