Il Cairo – La convivenza quotidiana tra comunità musulmane e cristiane nei Paesi a maggioranza islamica è spesso segnata da problemi e incidenti, ma è anche disseminata di gesti di generosità vicendevole e di usanze codificate che esprimono attenzione e rispetto, soprattutto in concomitanza con le rispettive festività religiose. Anche quest’anno – informano i media egiziani come il sito web Copts United – diverse parrocchie copte, ortodosse e cattoliche, hanno partecipato simbolicamente all’acquisto di alcune “obbligazioni” offerte dal Ministero delle Dotazioni religiose in vista della “Festa del sacrificio” , la festività islamica che quest’anno viene celebrata il 21 luglio. In particolare, nella provincia di Minya, quattro parrocchie hanno acquistato 13 quote delle “obbligazioni sacrificali” presso la sezione provinciale del Dicastero per le dotazioni religiose, per un valore di 26mila lire egiziane.. A sottoscrizioni analoghe hanno aderito la parrocchia copta ortodossa della Vergine Maria ad Abu Kabir, nel Governatorato di Sharkia, e una parrocchia copta cattolica sul Mar Rosso.
La festa di Eid al Adha vuole commemorare la prova di obbedienza a Dio resa da Abramo, mostratosi pronto a sacrificare la vita del figlio Isacco, se ciò corrispondeva al volere di Dio. Il sacrificio rituale che si pratica nel corso della festività ricorda il sacrificio sostitutivo effettuato con un montone da Abramo/Ibrāhīm, del tutto obbediente al disposto divino di sacrificare il figlio a Dio, prima di venire fermato dall’Angelo. Nelle comunità islamiche, da tempo immemore, si sono sviluppate varie forme di raccolta di offerte per consentire di partecipare alla Eid al Adha anche alle famiglie che non possono permettersi di acquistare l’animale da sacrificare secondo le usanze rituali.
Autore: Fides News - Italian
ASIA/PAKISTAN – I fedeli laici, evangelizzatori nelle periferie
Karachi – “C’è urgente bisogno di raggiungere i nostri fedeli della parrocchia, rimanere in contatto con loro, pregare con loro e far sentire loro che la Chiesa si prende cura di loro ed è accanto a loro in ogni esigenza o difficoltà. In effetti le chiese e cappelle della mia parrocchia sono piene la domenica, ma solo il dieci per cento del totale dei cattolici della zona partecipa. Dobbiamo guardare e pensare anche a tutti gli altri: per questo ci aiuteranno i laici missionari”: con queste parole p. Arthur Charles, parroco nella chiesa di Sant’Antonio a Karachi, riferisce all’Agenzia Fides di aver conferito il solenne mandato missionario a 19 fedeli laici, tra i quali 5 donne, coinvolgendoli come operatori pastorali nella Chiesa locale.
P. Arthur Charles, uno dei sacerdoti anziani dell’Arcidiocesi di Karachi, per otto mesi ha curato la formazione di questi laici alla luce dei contenuti fondamentali della fede cattolica e li ha preparati organizzando per loro sessioni di studio delle Sacre Scritture, del Catechismo della Chiesa Cattolica, dei Sacramenti e della Pastorale. Raccontando questa esperienza, dichiara all’Agenzia Fides: “Nel nostro territorio, le parrocchie hanno immensa estensione e i sacerdoti e i catechisti hanno bisogno dell’aiuto di altri operatori pastorali perché spesso non riusciamo a raggiungere tutti i nostri parrocchiani, nelle periferie e nei villaggi. Per questo mi è venuta l’idea di coinvolgere più attivamente operatori pastorali laici e inviarli in missione nel territorio della parrocchia”.
Parlando delle responsabilità degli operatori pastorali p. Charles rimarca: “Ogni operatore pastorale ha deciso di dedicare ogni giorno due ore alle visite a domicilio. Viene chiesto un breve tempo di preghiera con ogni famiglia, dai 15 ai 20 minuti, in cui si legge il Vangelo e si prega per la famiglia. Liberamente le famiglie possono dare un’offerta. Gli operatori pastorali, poi, vedendo le situazioni locali, possono segnalare al parroco le famiglie particolarmente bisognose perché si possano aiutare con speciali iniziative di carità”.
P. Arthur Charles osserva: “Ci sono molte aree nelle nostre parrocchie dove ci sono diversi Pastori protestanti e pentecostali che, con la loro predicazione, possono allontanare le nostre famiglie dalla fede cattolica. Speriamo che, grazie alla visita dei nostri operatori pastorali nelle zone più lontane, i nostri fedeli possano radicarsi e rafforzarsi nella fede, nella speranza e nella carità”.
Aggiunge il parroco: “Per i prossimi quattro mesi accompagnerò personalmente gli operatori pastorali e li incontrerò per ascoltare le loro esperienze e le sfide che incontrano, li guiderò e continuerò a curare la loro formazione”.
“Spero che in futuro – conclude – attraverso questa iniziativa avremo buoni candidati per svolgere il ministero di Catechisti e, grazie alle buone opere di questi operatori pastorali, possa anche aprirsi la strada per il ministero degli accoliti e dei diaconi sposati nella Chiesa in Pakistan”.
AFRICA/CONGO RD – “Rafforziamo l’unità nazionale lottando contro i disvalori che la minacciano” esortano i Vescovi
Kinshasa – Ci sono segnali positivi di rafforzamento dell’unità nazionale, ma accanto a questi ve ne sono altri che minacciano la coesione del Paese, affermano i Vescovi della Repubblica Democratica del Congo, nel messaggio pubblicato al termine della 58esima Assemblea Plenaria della CENCO .
La successione ai vertici dello Stato, avvenuta con l’elezione del Presidente Félix Tshisekedi, ha segnato una svolta che è stata salutata così dai Vescovi: “Abbiamo apprezzato i primi gesti del Presidente della Repubblica, in particolare la distensione del clima politico e la maggiore libertà di espressione nei media, il rilascio di prigionieri politici e di opinione, il ritorno nel Paese degli esuli politici, l’attuazione dell’istruzione di base gratuita, e ora la vicinanza ai nostri fratelli e sorelle colpiti dall’eruzione del vulcano Nyiragongo” .
“Questi gesti rafforzano l’unità del Congo e la coesione nazionale” prosegue il messaggio inviato all’Agenzia Fides. “Tuttavia, notiamo che questa unità è sempre più minacciata da disvalori come il nepotismo, il tribalismo, il regionalismo, il clientelismo, l’esclusione degli oppositori politici, le pratiche e i discorsi che indeboliscono i legami sociali. Questo stato di cose infrange il sogno comune e compromette la coesione nazionale su più livelli”.
Tra i disvalori che affliggono la RDC, i Vescovi sottolineano l’enorme divario tra una maggioranza che fatica a vivere in modo decente e una minoranza di persone che hanno accumulato ricchezze sempre più ingenti. “La maggioranza della popolazione continua ad affrontare la povertà estrema. Stranamente, accanto a lei c’è ancora un pugno di connazionali che si arricchiscono scandalosamente e senza motivo. Alcuni si chiedono se questo non sia il risultato della corruzione e dell’appropriazione indebita di fondi pubblici per tornaconto personale. Questa situazione ha anche un impatto negativo sulla coesione nazionale in quanto allarga ulteriormente il divario tra ricchi e poveri”.
La corruzione è diffusa a tutti i livelli, ma particolarmente avvertita in campo giudiziario, al punto che il messaggio afferma che “per molti dei nostri compatrioti, la magistratura è vista come uno spazio per regolare i conti e perdonare le ingiustizie. La corruzione, ahimè, sembra essere il modo principale per vincere una causa. Inoltre, la legge lascia il posto al clientelismo, al regionalismo, al tribalismo e al nepotismo. La coesione nazionale è così minata, in particolare quando la giustizia è usata per rimuovere i concorrenti politici”.
Nelle loro raccomandazioni finali i Vescovi si rivolgono, tra gli altri, alla popolazione “perché sostenga ogni buona iniziativa del nostro Governo, al di là delle proprie tendenze politiche; continui ad affrontare la pandemia da coronavirus rispettando le misure di contenimento e facendoci vaccinare per proteggere se stessi e gli altri; rimanere vigile in vista delle elezioni nel 2023”. Infine il 30 giugno, festa dell’indipendenza nazionale, si terrà una giornata di preghiera per l’unità nazionale.
AMERICA/ECUADOR – I ministeri della Parola e dell’Eucaristia conferiti a cinque membri delle comunità indigene Kichwa
Puyo – Nell’ambito della sua visita pastorale alle comunità indigene di Kichwa, insediate nella foresta pluviale amazzonica ecuadoriana, il Vicario Apostolico di Puyo, Monsignor Rafael Cob, ha conferito il ministero della Parola e dell’Eucaristia a cinque membri delle comunità di Boveras Montalvo, tre uomini e due donne. Come sottolinea la nota diffusa dal Celam, si tratta della prima volta che questi ministeri vengono conferiti alle donne. I laici che hanno ricevuto questo ministero sono stati preparati per tre anni presso la Scuola di formazione indigena Kichwas del Cefir, e hanno seguito il corso specifico per i ministeri.
Papa Francesco ha stabilito con il motu proprio “Spiritus Domini” del 10 gennaio 2021, che i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato siano d’ora in poi aperti anche alle donne, in forma stabile e istituzionalizzata, con un apposito mandato. Nella Esortazione apostolica postsinodale “Querida Amazonia” del 2 febbraio 2020, aveva scritto: “Abbiamo bisogno di promuovere l’incontro con la Parola e la maturazione nella santità attraverso vari servizi laicali, che presuppongono un processo di maturazione – biblica, dottrinale, spirituale e pratica – e vari percorsi di formazione permanente” . “In una Chiesa sinodale le donne, che di fatto svolgono un ruolo centrale nelle comunità amazzoniche, dovrebbero poter accedere a funzioni e anche a servizi ecclesiali che non richiedano l’Ordine sacro e permettano di esprimere meglio il posto loro proprio. È bene ricordare che tali servizi comportano una stabilità, un riconoscimento pubblico e il mandato da parte del Vescovo” .
I nuovi ministri della Parola e dell’Eucaristia quindi si dedicheranno al servizio delle comunità cristiane di questo territorio, dove la presenza dei sacerdoti può essere solo periodica, per i molteplici incarichi che gli sono affidati, l’inaccessibilità dei luoghi e le grandi distanze da percorrere. Ora i membri delle comunità potranno ricevere l’Eucaristia durante la celebrazione domenicale in assenza del sacrdote, e anche i malati e i disabili impossibilitati potranno riceverla nelle loro abitazioni.
Nel corso della celebrazione, Monsignor Cob ha ricordato ai nuovi ministri l’importanza del dono che ricevono e della benedizione che Dio concede loro affidandogli questo compito, che rappresenta anche un impegno di servizio ecclesiale al popolo di Dio. Ha anche invitato la comunità alla preghiera per questi membri, affinché ogni giorno cresca la loro fedeltà, il loro atteggiamento sia un esempio vivente dell’incontro con Dio e del loro impegno nella missione affidata.
Il Vicariato apostolico di Puyo, in Ecuador, comprende la provincia del Pastaza. Sede del Vicariato è la città di Puyo, dove si trova la Cattedrale dedicate a Nostra Signora del Rosario. Ha una superficie di 30.000 kmq, una popolazione di 90.600 abitanti di cui 62.900 cattolici. Le parrocchie sono 20, I sacerdoti diocesani 11 e quelli religiosi 3, I religiosi non sacerdoti sono 13 e le religiose 59.
AFRICA/LIBERIA – Un missionario: “Accanto alla gente in una Chiesa locale che muove i primi passi”
Foya – In molti paesi del continente Africano i giovani hanno poche prospettive e spesso vivono di espedienti. A Foya, in un angolo sperduto della Liberia, la situazione non è diversa. “L’ambiente è difficile, ci sono poche opportunità di lavoro, ma ci sono tanti giovani generosi e volenterosi” scrive padre Lorenzo Snider, sacerdote della Società per le Missioni Africane dalla Liberia.
Il missionario da un anno e mezzo si trova a Foya, dopo 8 anni in Costa d’Avorio e poi 7 in Italia nell’animazione missionaria e vocazionale. Si definisce in modo giocoso un “apprendista missionario” e racconta che non è stato facile ricominciare con una nuova lingua, tentare di imparare qualche espressione del kissi, la lingua locale parlata in tutto il distretto e nei paesi limitrofi Guinea e Sierra Leone, per un totale di circa un milione di persone.
“Mi sono trovato ad entrare in una cultura, in una storia nuova, in una Chiesa locale che sta facendo i primi passi e, come apprendista missionario e apprendista parroco straniero, scopro che è possibile supplire ai propri limiti e alla mancanza di esperienza, semplicemente chiedendo aiuto, lavorando insieme, in comunità, con la gente” afferma il missionario a Fides.
Padre Lorenzo spiega che la parrocchia è dotata di solide strutture di comunione, “i laici sono abituati, non solo a partecipare al processo decisionale, ma anche a portare avanti con responsabilità il compito della comunione e dell’evangelizzazione. Ed è bello vedere dei giovani coraggiosi, pronti a fare sacrifici per contribuire allo sviluppo della loro terra, e farlo con gioia.”
“Molti dei bambini della nostra missione – racconta – si alzano alle cinque ogni mattina per i lavori domestici, pulizie della casa, ricerca dell’acqua e della legna, ecc., prima di andare a scuola alle 8, e rimanerci fino alle 13, per alcuni senza aver messo nulla nello stomaco dalla sera prima. Dopo scuola: nei campi per aiutare la famiglia. E questi si considerano fortunati, perché possono andare a scuola. Nelle numerose chiese pentecostali, una ventina a Foya, che hanno per prime fatto l’evangelizzazione di questo territorio, si predica spesso la caccia alle streghe, accusando, creando divisioni nelle famiglie, paura, sospetto, in un clima che conduce a vedere più la presenza del demonio e dei suoi emissari che le grandi opere di Dio, più a cercare la protezione di Dio contro le forze occulte, che a cercare insieme le vie per crescere nel suo amore.”
“Inoltre – conclude il missionario – con le prime piogge, molta gente è impegnata nei campi, per iniziare la semina del riso, vera ricchezza della regione. Chi fa l’operaio non specializzato lavora per due dollari al giorno e un insegnante può essere soddisfatto se guadagna sessanta dollari al mese. Alcuni di loro si accontentano di 15 o 20 dollari”.
ASIA/THAILANDIA – Evangelizzazione e dialogo con i buddisti nel Nord del paese, per il bene comune
Bangkok – “E’ importante continuare il dialogo di vita tra cattolici e buddisti in Thailandia”: lo dice all’Agenzia Fides Mons. Anthony Weradet Chaiseri, Arcivescovo di Thare e Nonseng, nella regione nord-orientale della Thailandia. Il dialogo interreligioso tra cattolici e buddisti è parte integrante del piano pastorale della Chiesa cattolica in Thailandia, immersa in una nazione e in un ambiente culturale e religioso segnato dal Buddismo: partendo da questa constatazione nei giorni scorsi l’Arcivescovo Chaiseri ha incontrato Sutham Suthammo, abate buddista del monastero di Forest a Kesetsrikhun a Nong Phai.
“La Chiesa vuole promuovere e rafforzare i rapporti con i rappresentanti della comunità buddista locale”, ha detto Mons. Chaiseri all’Agenzia Fides. “Una più forte collaborazione con la comunità buddista può aiutare a lavorare insieme per il bene comune, la pace, l’armonia e lo sviluppo”, ha aggiunto. “Non ci sono attriti o tensioni tra le comunità cattoliche e buddiste nel Paese, perché la società thailandese è aperta e tollerante, ma serve approfondire la collaborazione tra le due comunità di fede”, ha sottolineato.
Suthammo, monaco buddista, ha affermato che “la comunità buddista vuole intraprendere alcuni progetti di sviluppo comuni per aiutare i bisognosi durante la pandemia di Covid-19”, in collaborazione con altre comunità di fede. “Non vediamo l’ora di compiere ulteriori sforzi congiunti per la comprensione reciproca e di portare avanti progetti comuni che possono aiutare le persone in questi tempi difficili”, ha aggiunto.
La Thailandia è il secondo paese buddista al mondo dopo la Cina. La missione cattolica in Thailandia è iniziata 350 anni fa, in un paese a larga maggioranza buddista. Tra i 69,5 milioni di cittadini, quasi il 95% sono buddisti. I cattolici rappresentano meno dell’1% della popolazione.
AMERICA/PERU’ – Concentratori di ossigeno dalla Spagna alla foresta peruviana
Toledo – L’Arcidiocesi spagnola di Toledo ha inviato tre concentratori di ossigeno in Perù, per curare i malati di Covid-19. La Pastorale della Salute e la Delegazione Missionaria Diocesana di Toledo continuano infatti a lavorare per alleviare le conseguenze del Covid-19 ai più bisognosi nella Prelatura di Moyobamba .
La Prelatura di Moyobamba è affidata dalla Santa Sede all’Arcidiocesi di Toledo . Il Patrono è l’Apostolo Santiago. Con la Bolla “Romanus Pontifex” del 7 marzo 1948, Pio XII separò il dipartimento di San Martín dalla diocesi di Chachapoyas e creò la Prelatura di Moyobamba, la prima in Perù, rendendola suffraganea dell’Arcidiocesi metropolitana di Trujillo. Secondo l’Annuario Pontificio, la Prelatura territoriale di Moyobamba ha una popolazione di 763.795 abitanti, di cui 645.000 sono cattolici, su una superficie di 39.419 kmq. I sacerdoti diocesani sono 28 e quelli religiosi 13, i religiosi non sacerdoti 15 e le suore 86. La Chiesa cattolica gestisce11 istituti di beneficenza e assistenza.
Grazie alle donazioni della società Linde Healthcare Spain e dell’imprenditore Ricardo Lavandeira Adán, sono stati inviati in Perù tre concentratori di ossigeno, con la collaborazione della Delegazione delle missioni di Córdoba. Responsabili di questa iniziativa sono la Pastorale della Salute e la Delegazione diocesana delle missioni dell’Arcidiocesi di Toledo. Quest’ultima ricorda, nella nota inviata a Fides, che la situazione causata dalla pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato le situazioni di povertà che già esistevano nella Prelatura di Moyobamba, come del resto in molte parti del mondo.
In particolare, nella regione di San Martín, situata nell’area della giungla peruviana, le possibilità di sviluppo sono state notevolmente ridotte. L’assistenza sanitaria è stata messa sotto pressione, contando su risorse molto scarse, soprattutto per il trattamento delle malattie respiratorie conseguenti alla pandemia di Covid-19. Non è la prima volta che la Delegazione Missionaria di Toledo sostiene iniziative urgenti legate alle diverse fasi della pandemia in molte parti del mondo, contribuendo così all’opera dei missionari.
ASIA/MYANMAR – Tregua nello stato Chin: gli sfollati iniziano a tornare nelle loro case, i sacerdoti impegnati nell’assistenza
Hakha – Dopo settimane intense di scontri armati, è tregua nello stato Chin tra esercito regolare e combattenti locali delle “Chinland Defence Forces” . Lo conferma all’Agenzia Fides don Timothy Shing, sacerdote cattolico locale di Mindat, nella diocesi di Hakha, nello stato birmano di Chin, nel Myanmar orientale. Il sacerdote, con altri parroci. religiosi e laici cattolici locali, è impegnato ad assistere gli sfollati, fuggiti per i combattimenti. Nei giorni scorsi i parroci locali hanno lanciato un accorato appello a fermare la violenza, notando che “molta gente innocente soffre ed è disperata” e avevano invocato un aiuto internazionale.
“Esercito e gruppi di resistenza hanno acconsentito a un cessate-il-fuoco, per permettere ai civili di rientrare nelle loro case e consentire a feriti e malati di essere traportai e curati negli ospedali pubblici” rileva don Timothy Shing. Tuttavia “l’esercito birmano non consente alle organizzazioni non governative e ad altri enti di portare aiuti umanitari. E i civili che hanno scelto di tornare alle loro dimore sono per ora un 20% degli sfollati, poiché tuttora temono per la loro sicurezza e sopravvivenza”.
P. Timothy Shing rilancia l’appello per “una tregua definitiva, per poter salvare la vita dei civili e tutelare donne, bambini e anziani”, ricordando che l’emergenza umanitaria è ancora in corso. Il sacerdote condivide l’appello dei Vescovi birmani per “l’apertura di speciali corridoi umanitari” e ringrazia Papa Francesco per l’attenzione al Myanmar e per l’ulteriore appello, lanciato durante l’Angelus del 20 giugno, per la tutela della popolazione civile che soffre nel paese.
AFRICA/SUDAFRICA – “Non lasciate indietro i rifugiati nelle vaccinazioni Covid-19, nessuno è al sicuro finché non siamo tutti al sicuro”
Johannesburg – L’esclusione dei rifugiati dalle cure e dalle vaccinazioni Covid-19 dimostra che non abbiamo ancora pienamente apprezzato o compreso la saggezza del detto “nessuno di noi è al sicuro finché non siamo tutti al sicuro” denuncia la Southern African Catholic Bishops’ Conference , in un messaggio in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato celebratasi ieri, domenica 20 giugno.
“I rifugiati in diversi Paesi africani continuano ad essere esclusi dai programmi per contrastare il Covid-19 comprendenti la fornitura di dispositivi di protezione individuale e la vaccinazione contro il coronavirus” afferma la SACBC, che invita i governi a promuovere e sostenere l’accesso ai servizi sanitari per i rifugiati.
La SACBC denuncia il “nazionalismo dei vaccini” adottato dai Paesi più ricchi, che hanno pensato prima a mettere in sicurezza la propria popolazione, e le risposte egoistiche che hanno mostrato la “profonda crisi di solidarietà o mancanza di essa che prevale nel sistema politico internazionale”.
“Solo se tutti sono vaccinati contro il virus, si vincerà la lotta contro di esso” sottolineano i Vescovi che ricordano l’insegnamento di San Giovanni Paolo II nella sua Sollicitudo Rei Socialis: “la virtù della solidarietà è un impegno fermo e duraturo per il bene comune, che spesso può comportare un sacrificio personale da parte di alcuni membri della comunità per proteggere i diritti fondamentali di altri membri più vulnerabili”. “L’esclusione dei rifugiati dalle risposte e dalle Covid-19, dimostra che non abbiamo ancora pienamente apprezzato o compreso la saggezza del detto “nessuno di noi è al sicuro finché non siamo tutti al sicuro”.
ASIA/LIBANO – Il Sinodo dei Vescovi maroniti rilancia la proposta sulla “neutralità libanese” promossa dal Patriarca Raï
Bkerké – Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa maronita, nel suo complesso, torna a confermare il suo pieno sostegno alla proposta – avanzata da tempo dal Patriarca Béchara Boutros Raï – di un atto formale che ufficializzi la posizione di neutralità del Libano sugli scenari politici mediorientali, nel quadro di una conferenza internazionale sponsorizzata dall’Onu e dedicata al presente e al futuro del Paese dei Cedri. La piena adesione dei Vescovi maroniti all’appello più volte ribadito dal Cardinale Raï – e volto a ricercare un “ancoraggio” internazionale della posizione di neutralità libanese – è stata confermata alla fine dell’Assemblea annuale del Sinodo della Chiesa maronita, conclusasi il 19 giugno presso la sede patriarcale di Bkerké.
Nel comunicato finale dell’Assemblea sinodale, i Vescovi maroniti descrivono la proposta avanzata dal Patriarca Raï come una valida via d’uscita alla crisi sistemica che affligge la Nazione, privo di governo dall’’agosto 2020, dopo le dimissioni del premier uscente Hassan Diab, in seguito alle micidiali esplosioni avvenute il 4 agosto nel porto di Beirut.
Nel comunicato finale dell’Assemblea sinodale maronita si fa riferimento anche all’incontro di riflessione e preghiera per il Libano convocato in Vaticano il prossimo 1° luglio da Papa Francesco, che vedrà la partecipazione dei Capi delle diverse Chiese e comunità ecclesiali presenti nel Paese dei Cedri. I Vescovi maroniti auspicano e pregano che tale summit contribuisca a riaffermare l’identità del Libano come “modello di libertà, democrazia e convivenza cristiano-islamica, nel rispetto del pluralismo”.
AFRICA/ERITREA – “No alla chiusura o alla nazionalizzazione delle restanti scuole cattoliche” denunciano i Vescovi
Asmara – “Siamo profondamente rattristati e feriti dalle misure che il governo sta adottando con la forza, togliendoci le istituzioni educative e sanitarie che legittimamente ci appartengono” lamentano i Vescovi dell’Eritrea in una lettera indirizzata al Ministro dell’Istruzione, On. Mr. Semere Reesom, nella quale denunciano la chiusura e la nazionalizzazione delle scuole cattoliche da parte del governo.
I Vescovi ricordano il recente sequestro da parte del governo delle cliniche cattoliche, che limita gravemente i servizi della Chiesa nel Paese, e lamentano che in precedenza, nel 2018, le scuole secondarie di proprietà della Chiesa furono confiscate. Ora “sono state avviate le procedure per la confisca o, in alternativa, la chiusura delle nostre restanti istituzioni educative, dalle scuole materne alle scuole primarie intermedie, sparse per il Paese”.
Oltre agli istituti scolastici già confiscati, lo Stato intende nazionalizzare o chiudere altre scuole primarie cattoliche, tra cui una nell’Eparchia di Barentù; 16 nell’Eparchia di Cheren e due nell’Arcieparchia di Asmara.
I Vescovi chiariscono che i servizi offerti dalla Chiesa cattolica alla popolazione “non intendono essere competitivi o sostitutivi di quanto fa lo Stato nelle stesse aree”, ma sono volte a “offrire alla popolazione maggiori opportunità di scelta e di fruizione”.
“Questi provvedimenti – affermano i Vescovi – violano in linea di principio i diritti della Chiesa e sono apertamente lesivi dei più elementari principi di giustizia”, “negando alle famiglie la possibilità di mandare i propri figli in una scuola di loro libera scelta”.
La chiusura di alcune strutture sanitarie e la nazionalizzazione di altri centri sanitari “a servizio delle persone con dedizione esemplare e senza alcuna distinzione di religione, etnia o gruppo”, è stata giustificata dal governo con la motivazione che le strutture confiscate “appartengono al popolo, e non alla Chiesa”.
“Questa è una distorsione aperta della verità, concepita per confondere le persone. Ed è giusto e doveroso che noi, Vescovi cattolici dell’Eritrea, denunciamo prontamente l’indiscutibile falsità del travisamento di cui sopra. Le scuole e gli ambulatori confiscati o chiusi, o destinati a subire la stessa sorte, sono proprietà legittima della Chiesa cattolica, edificati, costituiti e organizzati nell’interesse supremo ed esclusivo di servire la popolazione”.
I Vescovi concludono riaffermando “che la Chiesa cattolica in Eritrea, continuerà a sostenere e difendere, come suoi principi ispiratori, le vie del dialogo, della comprensione reciproca, della pace e del rispetto reciproco”.
AMERICA/BRASILE – Mezzo milione di vite perdute per il Covid: appello all’unità nazionale in difesa della vita e della democrazia
Brasilia – “Se, da un lato, la morte di tanti richiede un silenzio rispettoso e le preghiere di coloro che hanno fede, dall’altro lato chiediamo, ancora una volta, l’unità nazionale in difesa della vita e della democrazia in Brasile. Verranno giorni migliori. Che sia questa la bandiera di un nuovo tempo. Le vite perdute non saranno dimenticate”. Questa la richiesta degli organismi che danno vita al “Patto per la vita e per il Brasile” , diffusa in occasione della commemorazione delle 500.mila vittime del Covid in Brasile .
Nella dichiarazione si esprime solidarietà alle migliaia di famiglie colpite dalla perdita dei propri cari, e indignazione per le manifestazioni contrarie alle misure raccomandate dalle autorità sanitarie, per la cura e la promozione della vita umana. “È incomprensibile, soprattutto da parte del Presidente della Repubblica, nell’esercizio delle sue funzioni costituzionali, la promozione di agglomerati con obiettivi ideologico-politici, stimolando comportamenti sociali a rischio epidemiologico. Tali atteggiamenti sono un attacco alla vita e ai valori democratici”.
Il testo, pervenuto a Fides, individua le cause che hanno portato a questo numero esorbitante di malati e di morti: le manifestazioni delle autorità che promuovono l’uso di farmaci inefficaci nella lotta contro il virus, il discredito diffuso intorno alla scienza, le omissioni in relazione ai vaccini, la moltiplicazione delle fake news, il disorientamento sanitario e la mancanza di coordinamento nazionale nell’affrontare la pandemia. Viene anche sottolineata l’importanza del lavoro svolto dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta per indagare sulla gestione pubblica della crisi pandemica, e denunciata “la falsa opposizione tra salvare vite umane e salvare l’economia”. “La popolazione soffre per la mancanza di vaccini, il cui acquisto è stato sistematicamente trascurato dagli organismi ufficiali, come soffre per la mancanza di lavoro e di prospettive. La contcentrazione del reddito, una delle più grandi al mondo, continua il suo corso, mentre la fame si insedia in milioni di case. L’aiuto d’urgenza necessario, che dovrebbe continuare ad essere di 600 R$, serve da palliativo, mai come soluzione”.
Alcuni settori della società e parte dei governanti non stanno promuovendo la coesistenza sociale pacifica, come è nel loro ruolo, al fine di costruire una società più giusta e fraterna, sottolineano i firmatari del documento. La mancanza di politiche pubbliche nell’ambito della salute, dell’istruzione, della cultura, dell’ambiente, dell’alloggio, dell’occupazione, della generazione di reddito, del sostegno alla scienza e all’innovazione, “rivelano una società che si sente confusa, abbandonata e malata”.
AMERICA/HONDURAS – Il Vescovo di La Ceiba sulle Zedes: “difendiamo il bene comune, difendiamo la sovranità territoriale e i nostri valori”
La Ceiba – Il progetto di costituzione delle “Zone di Lavoro e Sviluppo”, Zede in spagnolo , che interessa diverse regioni dell’Honduras, ma soprattutto i dipartimenti di Atlántida e Islas de la Bahía, appare come illegale e incostituzionale sin dal suo inizio, secondo la diocesi di La Ceiba. Il comunicato, firmato dal Vescovo, Mons. Michael Lenihan, O.F.M., è stato letto durante una conferenza stampa il 18 giugno.
Le “Zone di Lavoro e Sviluppo”, secondo la Chiesa cattolica e non solo, intendono trasformare la vita politica e sociale della zona, influenzando la sovranità dell’Honduras. L’idea del progetto è nata alcuni anni fa, con l’obiettivo di far crescere l’economia nella zona come per esempio in Asia, ma in Honduras non ci sono le fondamenta per avviare un progetto del genere. La stampa specializzata che segue l’economia del continente, aveva informato già nel 2011 e 2012 del progetto, evidenziando la caratteristica di essere anticostituzionale per l’Honduras, aspetto che è stato risolto momentaneamente nel 2013 modificando la Costituzione.
Le ZEDE sono concepite come uno stato dentro un altro stato, un paese dentro un altro, a cui serve un paese di riferimento per essere gestito. Nel caso dell’Honduras, il territorio autonomo sarebbe gestito da un Segretario tecnico nominato dal Presidente dell’Honduras. Gli analisti denunciano il fatto che in questo modo un paese democratico rinuncia alla sua sovranità.
La diocesi di Ceuta si è fatta interprete del sentimento popolare, e nel comunicato diffuso si legge: “Di fronte all’allarme sociale e al clamore popolare che questo progetto ha suscitato, ci esprimiamo nei seguenti termini: Tutta questa questione è stata viziata fin dall’inizio, quando sono state proposte le città modello e il progetto è stato dichiarato incostituzionale dai magistrati della Sala Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia”. Il Vescovo invita la popolazione ad agire: “A tutto il popolo della nostra Diocesi di La Ceiba diciamo: difendiamo in modo inclusivo il bene comune di tutti, difendiamo la sovranità territoriale e i nostri valori, difendiamo la giustizia fondata su leggi giuste e sulla autentica applicazione della Costituzione della Repubblica. Per questo diciamo ‘No alle ZEDES’ nel nostro territorio e chiediamo alle autorità di cercare forme di sviluppo eque per tutti.”
Il pomeriggio di sabato 19 giugno era stato programmato, davanti al comune di La Ceiba, un incontro per manifestare la posizione della popolazione sul progetto, ma è stato annullato dal sindaco in seguito al caos creato dai gruppi presenti che ha impedito ogni forma di dialogo e confronto.
EUROPA/ITALIA – Con due nuovi sacerdoti, la comunità birmana in Italia ricorda “la patria che soffre” e prega per Aung San Suu Kyi
Monza – “Ricordiamo nelle nostre preghiere Aung San Suu Kyi, affinché con la benedizione di Dio abbia una buona salute e i desideri del suo cuore si avverino”, dice suor Beatrice, religiosa birmana residente in Italia, originaria di Myitkyina, capitale dello Stato del Kachin. Se vi fosse ancora un dubbio su come la comunità religiosa birmana in Italia stia vivendo quanto avviene in Myanmar dal golpe del 1° febbraio scorso, la giornata di sabato 19 giugno, che corrisponde al compleanno di Aung San Suu Kyi, lo ha fugato del tutto. Il luogo è il Seminario teologico internazionale del Pontificio Istituto Missioni Estere di Monza, antica struttura incuneata nel più grande parco cintato d’Europa e diretta da p. Gianni Criveller. L’appuntamento è la festa che segue all’ordinazione di due nuovi sacerdoti birmani, Gregorio Ba Oo e Columban San Li, missionari del Pime che celebrano la loro prima messa in lingua birmana. Ci sono suore, sacerdoti, seminaristi e laici a riempire parte dell’ampio parco e ad ascoltare i canti delle sorelle birmane delle Suore della Riparazione, in gran parte della sede di Abbiategrasso.
Spetta a madre Beatrice introdurre la funzione in “un giorno di gioia, di grazia e di gratitudine perché il Signore ci ha benedetto in modo speciale donandoci due sacerdoti per farci vivere nella sua piena presenza”. Suor Beatrice vive da oltre 15 anni in Italia ma l’affetto per il suo Paese non si è mai spento: “Non possiamo non ricordare la nostra amata patria che sta gemendo – dice – per il dolore della perdita dei suoi figli, per i figli che hanno perso i loro cari, per i figli in fuga, per i figli in campo di guerra che si stanno impegnando per vincere la malvagità degli uomini che la governano con crudeltà e violenza”.
Desideri che sono di tutti i birmani: di San Li, che è Kachin come Beatrice, e di Ba Oo che è Kayah, della città di Paung Loung dove vive la sua famiglia che, molto probabilmente, non potrà rivedere presto: “Li ho sentiti domenica scorsa e stanno bene. Ma la nostra città è diventata un luogo pieno di gente che scappa dai villaggi vicini”, profughi di una guerra molto cruenta soprattutto nel Kayah dove l’esercito nazionale non ha risparmiato chiese e villaggi bombardati senza pietà.
L’atmosfera a Monza è serena e la violenza, per quanto ben presente nel cuore dei presenti, lontana. Molte suore – la maggior parte vengono dal Myanmar – vestono abiti tradizionali dei loro villaggi di provenienza. Lin, un cuoco che lavora a Bergamo, arriva intanto con due torte gigantesche: sulla prima sono raffigurati i due neo sacerdoti. Sull’altra Aung San Suu Kyi. La giovane figlia di Lin taglia la torta tra canti e applausi. Per un attimo il Myanmar dimentica il dolore e, collegato via Internet in tanti luoghi del pianeta, festeggia la leader che ha guidato per 5 anni la giovane e fragile democrazia birmana. Il processo della leader è iniziato una settimana con accuse che mancano di prove fattuali e senza che la dona abbia potuto incontrare il suo team difensivo più di due volte. Ma nel mondo i difensori e i sostenitori non le mancano e i religiosi cattolici birmani in Italia pregano per lei e la tengono nel cuore.
ASIA/TAIWAN – Dimissioni del Vescovo di Tainan e nomina dell’Amministratore Apostolico
Città del Vaticano – Il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tainan , presentata da S.E. Mons. John Lee Juo-wang. Contemporaneamente il Santo Padre ha nominato Amministratore Apostolico Sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi S.E. Mons. Bosco Lin Chi-nan, Vescovo emerito di Tainan.
AMERICA/ARGENTINA – Dall’esperienza della pandemia nasca un nuovo modo di prendersi cura di migranti e rifugiati
Buenos Aires – “E’ passato più di un anno dall’inizio della crisi globale causata dalla pandemia di Covid-19 che ha colpito tutta l’umanità. È passato più di un anno da quando le persone più colpite sono state quelle che si trovano in situazioni vulnerabili, come rifugiati e migranti, in particolare donne, bambini e adolescenti” ricorda la Commissione episcopale per i migranti e gli itineranti della Conferenza Episcopale Argentina che, in occasione della Giornata mondiale dei rifugiati del 20 giugno, “vuole rendere visibile la situazione di milioni di rifugiati che sono costretti a lasciare le loro case e i loro affetti, a causa dei conflitti armati, della violenza e delle persecuzioni a cui sono sottoposti nei loro paesi d’origine”.
Nel messaggio, pervenuto all’Agenzia Fides, si ricorda che almeno 79,5 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette a fuggire dalle loro case. Tra questi ci sono quasi 26 milioni di persone come rifugiati, più della metà delle quali ha meno di 18 anni. “La pandemia, che ha messo a nudo la nostra vulnerabilità globale, è un’opportunità per reinventare una nuova modalità di prendersi cura di loro” prosegue il testo. “Ciò significa che la nostra collaborazione/servizio ai rifugiati si deve collegare sempre più ai loro sogni e progetti come persone. E’ necessario che le nostre mani, le nostre comunità ecclesiali, le nostre società diventino l’espressione sensibile e concreta dell’accoglienza, dell’ospitalità, della fraternità”. Infine il messaggio invita a chiedere a Dio, con la preghiera di Papa Francesco, che migranti e rifugiati abbiano ampio accesso ai diritti della salute, dell’alloggio, dell’istruzione e del lavoro.
Nei giorni 4 e 5 giugno si è tenuto in forma virtuale l’Incontro nazionale della Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, convocato dalla stessa Commissione Episcopale, cui hanno partecipato oltre 100 delegati. P. Fabio Baggio, Sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero Vaticano che si occupa dello sviluppo umano integrale, ha riflettuto sul messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale del Migranti e dei Rifugiati “Verso un noi sempre più grande”. Quindi il Prof. Marcelo Murua ha coordinato un workshop per conoscere l’enciclica “Fratelli Tutti” alla luce della pastorale dei migranti e degli itineranti. Come consuetudine, ogni delegazione pastorale ha presentato il lavoro svolto nel corso del 2020 e le iniziative che vengono realizzate per fornire sostegno e accompagnamento ai migranti e agli itineranti durante la crisi causata dal Covid-19. Nel corso delle diverse presentazioni, è stato possibile verificare la costante generosità della Chiesa, che si rende concreta grazie alla dedizione di tanti operatori pastorali.
AFRICA/GUINEA BISSAU – Dopo quasi venti anni, riapre il Centro di Formazione per famiglie-catechiste nel mondo rurale
Bissau – Il 15 giugno, dopo anni di chiusura, ha finalmente riaperto le porte il Centro di formazione catechetica “Beato Isidoro Bakanja”, con una cerimonia presieduta da Mons. José Lampra Cá, Amministratore Apostolico della Diocesi di Bissau. Erano presenti p. Lucio Brentegani, Amministratore della diocesi di Bafata, Superiore del PIME in Guinea Bissau, religiose e religiosi, e le famiglie che parteciperanno alla formazione nei prossimi tre anni.
Inaugurato il 28 giugno 1997 da Sua Ecc. Mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, primo Vescovo e Primate della Chiesa in Guinea Bissau, il Centro di Formazione per le famiglie catechiste del mondo rurale, con il nome “Centro di formazione catechetica “Beato Isidoro Bakanja”, situato nelle vicinanze di Mansoa, nel nord della Guinea Bissau, a circa 45 Km dalla capitale Bissau, venne chiuso nel 2004 per una valutazione sul cammino percorso. Avendo come base l’esperienza vissuta nei primi sette anni, si è arrivati alla conclusione che era necessario cambiare qualcosa e che gli edifici avevano bisogno di una ristrutturazione.
Nell’omelia Mons. José Lampara Cá ha chiesto la perseveranza alle famiglie catechiste, invitandole a prendere come modello di vita Gesù Cristo, per contaminare positivamente gli abitanti dei loro villaggi. “Ciò che vi chiedo è di essere perseveranti fino alla fine, perché nel grande giorno non si pentiranno della scelta fatta. Durante questi anni di formazione, cercate di conoscere Gesù Cristo, per prenderlo come modello di vita per poi contaminare positivamente gli abitanti dei vostri villaggi quanto vi ritornerete”.
Coordinatore del Centro è P. Marco Pifferi, missionario italiano del PIME, con la collaborazione di suor Alessandra Bonfanti, Missionaria dell’Immacolata, ex vice-direttrice dell’emittente cattolica della Guinea Bissau, Radio Sol Mansi, e del signor Paolo Imbadji. Il corso durerà 3 anni, con la partecipazione di 6 famiglie cristiane, venute dai villaggi delle due Diocesi del paese . Il Centro catechistico è una struttura interdiocesana al servizio della Chiesa della Guinea Bissau che ha come finalità la formazione di famiglie catechiste per il mondo rurale che possano testimoniare la vita cristiana e nello stesso tempo essere leader e animatori rurali nei propri villaggi, promovendo lo sviluppo nel territorio dove vivono.
P. Pifferi non ha nascosto la sua soddisfazione per la riapertura del centro: “è con grande gioia che dopo una pausa alquanto lunga, oggi il centro riapre le sue porte per accogliere un nuovo gruppo di famiglie che inizieranno il corso, il terzo ad essere realizzato in questa struttura, di formazione integrale”. Il primo corso è stato realizzato nel periodo 1997-2000. Il secondo nel 2001-2004. Il forte impulso e gli sforzi dei missionari del Pime e delle Missionarie dell’Immacolata sono stati determinanti per la riapertura del centro.
L’idea ha avuto il suo inizio nel 1990, nel settore pastorale OIO, nel nord del Paese, in quel tempo formato dalle missioni di Mansoa, Bissora, Farim e Bigene. I missionari presenti erano in maggior parte del PIME e delle Missionarie dell’Immacolata. Dodici famiglie hanno partecipato ai due primi corsi. Tre anni di intensa formazione per tutta la famiglia hanno fatto sì che le famiglie diventassero operatori efficaci di evangelizzazione e testimoni di vita cristiana nei loro villaggi. Questa iniziativa è certamente importante per la vita delle comunità cristiana soprattutto nei villaggi più lontani.
EUROPA/ITALIA – Anno Ignaziano: i Gesuiti celebrano un tempo speciale di rinnovamento “per mettere Cristo al centro”
Roma – “La conversione di Sant’Ignazio non riguarda solo il passato, ma anche il presente e il futuro. È un’opportunità di rinnovamento e di riscoperta delle radici ignaziane. È un’occasione per fermarsi, fare un bilancio e rimettere Cristo al centro. Seguendo questo spirito, abbiamo pensato di dare un rilievo particolare ai 500 anni della conversione di Sant’Ignazio di Loyola dopo la sua ferita a Pamplona, indicendo uno speciale Anno giubilare, che è partito lo scorso maggio e avrà termine il 31 luglio 2022, giorno della festa di Sant’ignazio”. A riferirlo all’Agenzia Fides è padre Arturo Sosa, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ricordando che il 12 marzo 2022, ricorrerà il 400esimo anniversario della canonizzazione di Sant’Ignazio: “Ignazio – spiega – ha fondato la Compagnia di Gesù per aiutare le persone a vedere che Dio sta lavorando nella realtà della loro vita e ad apprezzare il sogno più ampio e più grande a cui il Signore ci chiama ogni giorno”.
In tutto il mondo, sono numerosi gli eventi, le iniziative e i programmi pastorali e missionari dedicati alla spiritualità Ignaziana. In Germania, sarà proiettato un documentario in più lingue su Ignazio e la sua spiritualità, dal titolo “Ignatius the Godseeker”. Negli Stati Uniti è stata lanciata un’iniziativa di racconti, dal titolo “In the Pilgrim’s Company”. In Francia, a Marsiglia, si sta organizzando un incontro di grande importanza della famiglia Ignaziana per novembre 2021. In Ungheria, si sta preparando un gioco da tavolo in numerose lingue per apprendere in maniera divertente la storia dei Gesuiti e per avere un’esperienza in comunità. In America Latina, è in fase di preparazione una serie di guide alla preghiera, con capsule audio-visive, da diffondere sui social media. In Africa sarà bandito un concorso fotografico per giovani Gesuiti per catturare in immagini vari aspetti della missione della Compagnia di Gesù nel continente.
“È bene ricordare – osserva padre Arturo – che la ferita subita da Ignazio a Pamplona non fu tanto un lieto fine, ma un felice inizio. La conversione consiste, a volte, in grandi momenti di cambiamento, ma è anche un processo che ci accompagna durante tutta la nostra vita: questo processo – conclude – è un pellegrinaggio lungo strade tortuose, a volte dovendo tornare sui nostri passi, a volte sentendoci persi. Ma incontrando lungo la strada persone che ci indicano la via e ci tendono la mano”.
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