Francesco De Sanctis – Preoccupazioni

Siamo giunti già ad uno stadio, in cui la guerra si ritiene anche da’ più increduli, come probabile. I giornali più riservati e dubbiosi l’hanno già innanzi agli occhi, e discutono il da fare.
Dobbiamo notare come buon segno che la guerra è popolarissima e desideratissima in Italia, e che tra noi ha incontrato più facile l’entusiasmo, che lo scoraggiamento. Avvolti in molte difficoltà, la guerra è salutata da noi come una crisi salutare, come una soluzione.
Nondimeno è un fatto sì grave, così decisivo, che è ben naturale che gli uomini più intelligenti se ne mostrino preoccupati, e mostrino i loro timori e suggeriscano i loro rimedii.
L’Opinione dice: e come si fa co’ danari, l’anima della guerra? E deplora che non si sieno ancora approvati i provvedimenti finanziarii, e la legge sulla Banca. Noi diciamo che ora sono inutili le recriminazioni e le querele, e che è da femmine battersi i fianchi e gridare innanzi al pericolo. L’iniziativa delle popolazioni italiane col Consorzio nazionale, la iniziativa degl’Istituti di Credito col prestito alla pari, mostrano qual è la soluzione di queste difficoltà. Venga la guerra, e non abbiamo bisogno di nessuno: i danari sappiamo come e dove trovarli. Il terribile in questi casi è quando il governo comanda, e il popolo rimane indifferente o avverso, com’è in tutt’i governi dispotici. Noi abbiamo l’orgoglio di dire alla Europa: quando vengono difficoltà, in Italia il popolo non aspetta ordini e disposizioni, va esso incontro al governo.
Il Diritto ha anch’esso le sue preoccupazioni. Prima gli venne il timore che potessero correr risico le pubbliche libertà! Ma su questa via non l’ha seguito nessuno, e in verità questo timore non l’ha alcuno. Nelle più dure prove la libertà è rimasa intatta: nè ci è alcun partito o alcun ministro che oserebre porvi la mano. Ora il Diritto sembra più rassicurato per questa parte; ma crede necessario che il ministero allarghi la sua base facendovi entrare uomini di tutte le gradazioni liberali affinchè tutt’i partiti vi sieno rappresentati, e il governo abbia la fiducia di tutti. Certamente la Camera è chiamata prossimamente a decidere della sorte del ministero; e un ministero di conciliazione ci pare cosa desiderabilissima in così gravi momenti. Ma qualunque sia il voto della Camera, e quale si sia il ministero, noi non partecipiamo alle preoccupazioni del Diritto. Siamo certi che al primo colpo di cannone, non ci saranno più partiti tra noi, e che tutti quelli che vogliono il plebiscito, diventeranno un solo grande partito, il partito italiano unitario. E siamo certi d’altra parte che essendo la guerra eminentemente nazionale, vi prenderanno parte tutte le forze del paese e l’elemento volontario vi dovrà rappresentare una gran parte. La patria ci chiederà danaro e sangue; e tutti daremo sangue e danaro. Il passato è pegno dell’avvenire. Non sarà con noi Garibaldi?
Ma cosa avverrà all’interno? I fogli di Sicilia se ne mostrano preoccupati. Le truppe vanno via; i giovani più animosi partono pel campo; la reazione rimarrà con le mani in seno? E qui dipingono i tentativi di associazioni cattoliche, i comitati segreti, i maneggi de’ preti e de’ frati, l’insorgere della plebe.
E diciamo francamente, che non abbiamo questa paura. Quando la rivoluzione si è arrestata, la reazione si è fatta essa rivoluzione, cospirando e briganteggiando; ma, per Dio! venga la guerra, ed essi si rintaneranno, come al 60. Venga la guerra, e vengano pure tra noi le brave guardie nazionali lombarde e piemontesi; uscirà, un’altra volta dai nostri petti quel grido formidabile, che li sgominò al 60: Italia e Vittorio Emmanuele!