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Title: Donna Paola
Author: Matilde Serao
Release Date: April 26, 2012 [EBook #39541]
Language: Italian
Character set encoding: UTF-8
*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK DONNA PAOLA ***
Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli, Barbara Magni, and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net.
This file was produced from images generously made available by The Internet Archive.
Piccola collezione ??Margherita??
MATILDE SERAO
Donna Paola
Disegni di A. Terzi
Incisioni del prof. Orlando
ROMA
Enrico Voghera, Editore
Via Nazionale, 201
???
1897
La presente opera
?? messa sotto la tutela
delle vigenti leggi e trattati
di propriet??
letteraria ed artistica.
????????????
Fulvio s'inchin??, prese dalla mano di Paola il gelato che ella, sorridendo dolcissimamente, gli porgeva, e le disse, guardandola negli occhi:
??? Vi amo.
??? Non dovete amarmi ??? mormor?? lei senza scomporsi, seguitando a sorridere.
??? E perch???
??? Perch?? ho marito ??? ribatt?? ella, ma placidamente.
E gli occhi di Fulvio, di un tetro azzurro, lampeggiarono di passione. Ella restava innanzi a lui, senza mostrare alcun turbamento, sorridendo ancora, tutta rossa, con le belle braccia bianche e prosciolte sotto il merletto nero delle maniche. Sul merletto nero e sulle bianche braccia scintillavano i braccialetti gemmati: erano ricaduti sui polsi, ella si occup?? a risollevarli verso il gomito, con molta cura, giocherellando con le catenine d'oro, coi cerchiolini sottilissimi. Irritato, Fulvio batteva col cucchiaino sul piattello del gelato:
??? Andatevene ??? mormor?? a un tratto, soffocando di collera ??? siete una donna odiosa, io vi detesto.
Paola croll?? lievemente il capo, come si fa per un malato incurabile, e si allontan?? da Fulvio. La brigata si aggruppava attorno al pianoforte, dove un maestro giovane, pallido, con un grosso ciuffo di capelli neri sulla fronte, accompagnava il canto di una fanciulla gracile, biancovestita, con un filo di voce simpatica, che cantava una romanza di Bizet. La romanza era di carattere orientale, una nenia bizzarra, a volte piena di strilli allegri, a volte piena di lunghi singulti: e due o tre signore s'illanguidivano, lasciavano liquefare il gelato nel piattello, prese dal delicato lamento della fanciulla orientale: il marito di Paola si dondolava in una poltrona, fumando, tranquillo, guardando con occhio distratto la svelta figura di sua moglie, tutta vestita di nero, tutta scintillante di perline nere. La freschissima brezza marina entrava dalle quattro finestre di quel lungo salone: appoggiato alla finestra, Fulvio guardava il mare, come assorbito. Ora Paola offriva le sigarette ai giovinotti e alle signore che osavano fumare. E la mano che porgeva il porta-sigarette era cos?? bianca, cos?? pura di linee, che Fulvio sent?? distruggersi di tenerezza.
??? Perdonatemi ??? fece lui levandole in faccia gli occhi supplichevoli.
??? Amico, non ho nulla da perdonarvi ??? disse Paola, soavemente.
??? Sono un brutale: voi siete buona.
??? No, no ??? e fece per ritirarsi.
??? Non restate mai un momento accanto a me ??? mormor?? lui con voce di pianto.
??? Non posso, amico; questi signori hanno bisogno di fumare. Ecco l?? mio marito senza sigarette.
S'invol??, leggiadra, offr?? le sigarette a suo marito, sorridendogli. Il marito la guardava quietamente, con un'aria soddisfatta di uomo dalla felicit?? imperturbabile e sceglieva la sigaretta, a lungo scherzando con le dita della moglie. Pareva che si dicessero tante cose, marito e moglie, tante cose d'amore: ed erano cos?? giovani, cos?? belli, cos?? ben accoppiati, che i loro amici li consideravano con compiacenza, come si guardano due fidanzati. Tutto solo appoggiato alla finestra, Fulvio fissava la scena e impallidiva: fece due o tre passi avanti. Ma, ecco, ella veniva di nuovo a lui, snella, leggiera.
??? La sigaretta ?? spenta, volete del fuoco?
??? Non temete voi ??? fece lui, a denti stretti, ma col pi?? amabile fra i sorrisi ??? non temete voi che io uccida vostro marito?
??? La spagnoletta ?? spenta... guardate...
??? Vedrete che lo uccido, signora.
Senza pi?? dirgli nulla, fattasi un po' seria nella faccia, Paola si allontan?? da lui, a rilento, come se l'avesse colpita una parola dolorosa. Ora tutti complimentavano la signorina Sofia che aveva cantato cos?? bene les adieux de l'h??tesse arabe: e la gracile fanciulla, tutta malinconica, sorrideva mestamente.
??? Vi piace Bizet? ??? chiese Sofia a Fulvio, che si era accostato al resto della brigata.
??? Bizet? ??? fece lui come trasognato.
??? S??: vi domandavo se vi piace.
??? Assai ??? mormor?? lui distratto.
La fanciulla gracile e mesta lo guard?? e ripetette, come fra s??, le prime parole della romanza francese:
??? Puisque rien ne t'arr??te...
Ma egli non ud??, concentrato nei suoi pensieri.
??? ... adieu bel ??tranger ??? fin?? Sofia pianissimamente.
Attorno al pianoforte, ora si rideva. Il maestro giovanetto, pallido, col grosso ciuffo di capelli neri sulla fronte, arrivato da poco da Londra, raccontava a quei suoi amici napoletani l'ostinazione delle misses e delle mistresses inglesi a voler imparare le patetiche romanze italiane; ne rifaceva le smorfie e le contorsioni, vivacemente, col brio del napoletano che si vendica della lunga stagione di nebbia sopportata a malincuore. Tutti ridevano, specialmente il marito di Paola: Paola, ritta in piedi, si sventolava col grande ventaglio di raso nero, dove un pittore fantastico aveva dipinto un paesaggio lunare. E Fulvio, non potendo parlare, guardava Paola: la guardava con tanta intensit??, con una fissit?? cos?? ardente, che a lei le palpebre batterono, due o tre volte, quasi per fastidio. Ma lui non si scosse, avvinto, ipnotizzato, bevendo dagli occhi di lei che non lo guardavano, il fascino invincibile: ed ella, naturalmente, come se la luce soverchia la infastidisse, lev?? l'ampio ventaglio di raso nero e si nascose il volto. Ora Fulvio non vedeva che il busto scintillante di perline nere e la mano sottile levata, premente le stecche nere del ventaglio: una vela di raso nero gli celava la faccia di Paola: tutti ridevano per le caricature del maestro di musica. Fulvio aveva gli occhi pieni di lacrime. Sofia lo guardava, con un lievissimo, malinconico sorriso.
Ma un delicato suono di mandolino entr?? dalle finestre che davano sul mare: le risa tacquero, tutti tesero gli orecchi. Il suono si avvicinava: e la brigata, come attratta, si affoll?? alla porta che dava sul terrazzo. Nero era il mare, nella notte nera: altissime, tremolavano le stelle sul cielo nero. Attraverso l'oscurit?? del mare una barchetta passava, portando a prora una fiaccola sanguigna che si rifletteva nell'acqua e vi metteva una vampa; sulla barchetta qualcuno suonava il mandolino, ma non si distingueva chi fosse; qualche cosa biancheggiava, come il vestito d'una donna. E la facella sanguigna rifletteva la sua luce sul mare, e il mandolino invisibile si lamentava, e l'ombra bianca era immobile, e la barchetta filava; un silenzio aveva colto la lieta brigata.
??? ?? una romanza in azione ??? disse il maestro di musica rompendo il silenzio.
??? Duetto d'amore ??? strill?? un giovanotto.
??? Non li disturbiamo ??? disse soavemente Paola.
??? Ehi, della barca! ??? url?? il marito di Paola, come per contraddire sua moglie ??? buonasera, buonasera, divertitevi!
Tutta la brigata ripetette:
??? Buonasera, buonasera, divertitevi!
Subito, immergendosi nell'acqua marina, la fiaccola sanguigna si spense, il mandolino tacque, la barchetta vog?? nella tenebra e nel silenzio.
??? Troppa superbia, o innamorati! ??? strill?? il marito di Paola.
??? Beati loro! ??? disse Fulvio.
??? Perch?? li invidii? ??? chiese il maestro di musica. ??? Napoli ha le sue spiaggie piene di barchette e le sue case piene di vestiti bianchi.
??? N?? vi ?? scarsezza di mandolini ??? aggiunse il marito di Paola.
??? Che m'importa della barchetta e della musica e del vestito bianco! quelli si amano: io li invidio.
??? Oh il sentimentale, il sentimentale! ??? esclamarono due o tre.
??? L'amore ?? una bellissima cosa ??? disse Fulvio, con una convinzione profonda.
??? Che scoperta, perdio! ??? grid?? il marito di Paola.
??? Bisogna ammogliarsi ??? disse il maestro di musica. ??? Fulvio, guard?? la signora Paola e suo marito: bisogna ammogliarsi.
??? Bisogna ammogliarsi ??? ripetette soavemente Paola.
??? Bisogna morire ??? mormor?? Fulvio.
Ma gli amici e le amiche rientravano nel salone: si combinava per la sera seguente, una gita per mare, con due barchette, con musica. Non era meglio aspettare che venisse la luna? Ma no, le gite con la luna sono volgari, non si ha paura di nulla, ci si vede troppo chiaro: ?? meglio andare nella notte, come la barchetta degli amanti. Questo dicevano le signore; i signori proponevano di portare la cena. Sulla soglia della porta, verso il terrazzo, Paola disse a Fulvio, da lontano:
??? Siete anche voi della gita?
??? No, no, sentite... ??? disse lui con voce soffocata.
Ma ella non usc?? sul terrazzo. Qualche signora parlava di andar via: ma per trattenere gli invitati ancora un poco, Sofia si mise a cantare il valtzer dell'Ombra nella Dinorah. La gente, in piedi, ascoltava; ma la breve voce simpatica della fanciulla non arrivava a eseguire quei trilli complicati, quelle risposte dell'eco. Sibbene ella cantava quel valtzer come se piangesse, e invero quella musica, che ?? il pianto di una illusione, pareva un singulto di dolcissima follia.
??? Datemi il mio ventaglio ??? disse Paola dolcemente a Fulvio, che se ne stava solo solo sul terrazzo.
??? No, se non mi sentite ??? disse lui, tenendosi il ventaglio stretto alle labbra.
??? Datemi il mio ventaglio ??? ripetette ella con fermezza e con dolcezza.
??? Sentitemi, sentitemi, ve ne scongiuro, ?? una cosa gravissima...
Paola non gli diede pi?? retta, rientr?? nel salone; ora il cameriere portava attorno dei bicchieri pieni di malaga dove un pezzo di ghiaccio galleggiava, ed ella girava premurosa, sorridente, serena. Quando ebbe compiuto il suo giro, naturalmente si ramment?? dell'altro suo ospite che stava solo, nell'ombra, sul terrazzo, fra la nerezza del cielo e quella del mare.
??? Datemi il ventaglio, amico.
??? Sentitemi... ??? disse lui, ancora.
E la voce era cos?? piena di dolore, che ella si arrest??.
Nella sala, adesso, con la nova allegria del vino, cantavano un coro napoletano. Ella ascoltava le parole di Fulvio.
??? Sentite. Io debbo parlarvi. Debbo dirvi delle cose gravissime. Non m'interrompete, Paola, ve ne prego. Ascoltate: ho da dirvi, da dirvi tante cose. Ma le dico presto, non dubitate. Ora non posso dirle. Vi ?? gente di l??, gente felice; io sono infelicissimo, Paola, se voi non ascoltate quello che ho a dirvi. Siate paziente, ve ne prego. Io soffro assai. Voi non soffrite, lo so; ma siete assai compassionevole. Ho da parlarvi, dunque. Dobbiamo esser soli. Sentite. Io non lascio questo terrazzo. Chiudete la porta, crederanno che io sia andato via. Ve ne prego, chiudetela. Vostro marito andr?? a letto..... e io voglio parlarvi. Aspetter?? qui fuori, quanto vorrete. Quando egli dorme, venite.
??? Non verr?? ??? disse lei, soavemente.
??? Sentite, Paola, io sono come in punto di morte. Di l?? cantano e ridono; qui vi ?? un agonizzante.
??? Io non verr?? ??? ripetette lei, senza turbarsi.
??? Sentite ancora. Ve ne scongiuro, in nome della vostra coscienza di donna onesta, per la vostra virt?? di fanciulla e di sposa, per la vostra dolcezza e per la vostra piet??, non mi negate quest'ultimo favore.....
??? Non verr??.
??? Se non venite, io mi ammazzo, Paola.
Ella lo guard?? un minuto secondo.
??? Io mi ammazzo, Paola, se non venite. Siete una cristiana. Non lascerete morire un uomo cos??.
??? Verr?? ??? disse lei.
E venne. La notte era alta, oramai, sul golfo napoletano e lontanissime, scintillavano le tremolanti stelle; sulla deserta strada di Posillipo, che sovrastava alla terrazza della villa, una fila di lumi correva sino a Napoli; alta la solitudine, alto il silenzio. Le imposte del balcone che davano sul terrazzo si schiusero pianissimamente e un'ombra bianca, lieve lieve, scivol?? sino a Fulvio che aspettava da tre ore.
??? Grazie ??? disse lui, cercando di vedere il volto di Paola all'oscuro.
??? Noi siamo in fiero pericolo di morte ??? rispose lei con molta dolcezza.
??? Lo so ??? e chin?? il capo.
Egli non parlava. Invece, nel momento che aveva strappato a Paola la fatale promessa, la sua passione era in uno stato di esaltamento. Nella prima ora di aspettativa egli non aveva fatto altro che ripetere a s?? stesso, affannosamente, turbinosamente, quello che voleva dire a Paola; e certe parole, certe frasi, mormorate sottovoce a s?? stesso, lo avevano affogato di emozione. Ella non veniva ancora. Sentiva che andavano e venivano, per casa, i servi, riordinando le stanze, chiudendo le finestre; sentiva le voci tranquille di Paola e di suo marito, che discorrevano; ma non poteva udire le parole. Poi tutto fu chiuso, si spensero i lumi, un grande silenzio regn??. Egli cominci?? a tremare d'impazienza, non osando muoversi, raggricchiato al suo posto, coi nervi che vibravano, ripetendo confusamente, a brani, quello che voleva dire a Paola, come un bimbo disperato cerca invano di raccapezzarsi nella lezione imparata a mente. Paola non veniva. Egli aveva contato cento volte i lampioni a gas sulla via di Posillipo; erano trentatre, gli altri si perdevano in una fila di luce. Per ingannare il tempo pens?? di contare le stelle; ma ci si perdette. Quante ore erano passate? Quella notte era dunque eterna? E una disperazione rassegnata lo colse, lo abbatt??; forse Paola non sarebbe mai venuta. A lui non restava che buttarsi di sotto, nel mare; giammai si sarebbe fatto cogliere dal giorno, dal sole, su quella terrazza. E tale idea, tale soluzione lo quiet??. Un accasciamento profondo lo cinse e non seppe pi?? nulla del tempo e del luogo. Tanto che lo schiudersi del balcone e l'ombra di Paola lo fecero appena trasalire. Ora, non trovava pi?? nulla da dirle. Tutto era finito, egli poteva buttarsi di sotto, nel mare nero.
??? Che avete a dirmi, amico?
??? Che vi amo.
??? Me lo avete gi?? detto. Null'altro? ??? e fece atto per andarsene.
??? Vi amo, vi amo, vi amo.
??? Amico, mio marito ?? di l?? che dorme. Se una zanzara gli fa udire la sua canzoncina, se un mobile scricchiola, se la vostra voce o la mia si levano un poco, egli si sveglia. Egli verr?? qui e noi moriremo.
??? Questo cerco ??? mormor?? con voce cupa.
??? Morirei per voi, se vi amassi. Ma non vi amo.
??? E perch?? vi esponete alla morte?
??? Per piet??.
??? Non sentite altro, per me?
??? Amicizia e piet??.
??? Voi altre donne siete infami.
??? Povero Fulvio! ??? fece ella con dolcezza.
??? Vi proibisco di compatirmi. Dovete amarmi, capite? Questo sono venuto a dirvi.
??? Non posso amarvi.
??? Dovete. Ho il diritto di essere amato! Ah voi credete che sia nulla la esistenza di un uomo? Credete che sia nulla passare accanto a un uomo e togliergli tutto? Credete che sia nulla farlo agghiacciare di freddo e farlo avvampare, dandogli una febbre che mai non si placa? Credete voi che una donna possa impunemente guardare con dolcezza, sorridere con dolcezza, parlare con dolcezza, come voi guardate, sorridete, parlate? O maledetta dolcezza, maledetta dolcezza!
Malgrado che le fosse molto vicino e quasi intuisse l'espressione del volto di Paola, egli non vide le lagrime che salivano agli occhi.
??? Perch??, infine, io ero una creatura felice. Io godevo la giovinezza e il sole e la lietezza del mio paese e la giocondit?? dei miei amici! Io avevo la serena indifferenza, la pi?? grande felicit?? umana, io ero egoista, ma tranquillo; io mi lasciavo amare, e non cercavo che mi amassero. Sereno, sereno come Giove!
??? Dio vi possa ridare la serenit?? ??? sussurr?? lei, con dolcezza.
??? Dio... io non lo prego!
??? Lo prego io, sempre, perch?? vi dia la pace.
??? O femmina ipocrita! non vi burlate anche del Signore, come vi burlate di me. Sentite. Voi dovete amarmi, per forza. Vi amo troppo, per non essere amato. Sarebbe una enorme ingiustizia. Non vi sono queste ingiustizie, nel mondo. Il mondo ?? equilibrato, tutto si pareggia. La mia fiamma ?? troppo viva, perch?? non v'infiammi. Dovete amarmi. Lascerete vostro marito, vostra madre, la vostra casa, i vostri servi, tutto quello che avete amato, tutto quello che avete adorato: e verrete con me. Andremo lontano. Saremo assai felici, assai felici, vedrete. Saremo anche infelici, lo so; ma non importa, cos?? ?? la vita. La passione ?? pi?? forte di noi. Io vi adoro, Paola, andiamo via!
??? Voi siete pazzo, amico ??? disse lei, appoggiando il gomito sul parapetto e guardando il mare, sotto.
??? No, o se vi piace, sono pazzo. Questo non importa. Sta che non posso vivere senza voi. Sta che ho bisogno di voi. Sta che vi voglio. Nessuno vi vuole come me; ora nulla resiste al magnetismo della volont??, essa liquefarebbe il diamante e spezzerebbe il ferro. Siete una donna, avete viscere umane, sentite, amate, odiate, sentirete il magnetismo dell'anima mia che vi vuole. Vostro marito vi ha, ma non vi vuole; ?? una bestia. Io l'odio ferocemente. Volevo ucciderlo stasera; lo uccider?? domani, se non venite via con me. Ma voi verrete. Siete venuta sul terrazzo, verrete via con me. Andiamo.
E le prese la mano, risolutamente, per portarla via.
??? No ??? disse lei.
??? Venite via.
??? No.
??? Perch???
??? Perch?? non vi amo.
??? O Paola, o Paola, non parlate cos?? ??? proruppe Fulvio, con voce di pianto.
??? Come volete che io parli?
??? Tacete piuttosto. Il suono della vostra voce, cos?? dolce e cos?? fredda mi fa disperare. Tacete ve ne prego.
Ella tacque. Fulvio si era buttato con le braccia e col capo sul parapetto, soffocando i singhiozzi. Ella aveva chinato la testa sul petto, come se pensasse profondamente. Una carrozza pass?? sulla via di Posillipo, al trotto, un suono di risa squillanti arriv??. Paola lev?? il capo.
??? Non piangete, Fulvio.
??? Non piango ??? disse lui, disperatamente.
??? Siate forte.
??? Sono assai forte.
??? Sentite, sentite quello che vi dice l'amica. Voi guarirete facilmente.
??? No, mai.
??? Guarirete. Siete onesto, voi?
??? Sono onesto.
??? Ebbene, guarirete. La passione ?? una cosa disonesta. Io ho marito, vedete. Questa sembra una risposta volgare; ?? onesta, invece. Quando siamo giovanette, la madre ci dice; l'uomo che sposate dovete amarlo. Se non potete amarlo dovete almeno rispettarlo, dovete essergli fedeli e obbedienti, conservargli il vostro corpo e la vostra anima, anche a costo di morire di dolore. E queste parole non solo le dice la madre, ma ce ne d?? l'esempio quotidiano. Questo dovere di onest??, questa tradizione di fedelt??, questa eredit?? di virt??, ci si trasmette nel sangue di madre in figlia. Non vi ?? nulla di sublime, vedete; ?? un dovere, si compie.
??? E si muore, Paola.
??? Non si muore. La passione, cieca, insulta il marito, il buon marito che dorme di l??, calmo, fidente, senza un sospetto. Questa ?? la grande ingiustizia. Perch??, infine, l'uomo che si sposa, anche quando fa un matrimonio di interesse o di ambizione, fa un sacrificio grave. Egli ci affida il suo nome e il suo cuore; egli ci d?? la sua fede e la sua libert??; egli si lega a un vincolo indissolubile; egli si mette a lavorare per noi e per i nostri figli, umilmente e gloriosamente. Noi siamo la sua consolazione e la sua gloria; noi rappresentiamo per lui le pi?? dolci e pi?? sicure soddisfazioni: la sua giornata passa nel desiderio di ritrovarci, di vederci; le sue ore pi?? care sono nella casa, nelle nostre braccia. O che tesoro di piccoli e grandi sacrifici ?? l'amore di un marito! Voi li ignorate. La passione ignora tutto; non conosce neppure s?? stessa.
??? I mariti tradiscono le mogli ??? mormor?? lui, come trasognato.
??? Le tradiscono, ma le amano. Nulla vale a vincere quel legame profondo, intimo, fatto di parole e fatto di lacrime, fatto di baci e fatto di sospiri; nulla vale a spezzare questo vincolo penetrato nel cuore e nei sensi. Ma, ecco la passione; vuol vincere il sacro legame, vuole spezzare il sacro vincolo. Chi siete voi? Un giovanotto, un uomo, un essere qualunque, della infinita umanit??; lontano da me, estraneo a me. Passate per la mia strada: io, forse, passo per la vostra. E subito mi amate. Che avete fatto per me? Nulla. Che potete fare? Nulla. Cio?? molto. Ho un nome, volete togliermelo; ho un onore, voi volete che lo butti via, come un cencio; ho la stima degli amici, debbo disdegnarla; ho la fede del mio sposo, debbo tradirla; ho la pace della mia coscienza, debbo perderla, per sempre. Perch??? Perch?? voi mi amate? Anche colui che dorme di l??, cos?? tranquillo, mi ama.
??? Non ?? vero!
??? Che ne sapete voi? Noi sole donne conosciamo chi ci ama. Parlate di diritti, voi? O povero uomo che dormi, va, adora una donna sino a sposarla; d?? a costei la miglior parte della tua vita, riponi in costei tutta la tua speranza, siile fratello, padre, marito, amante, amico, consigliere, infermiere; soffri per lei, nel corpo e nell'anima! Ecco che un estraneo, un bell'egoista avvampante di capriccio, un uomo che non ha fatto nulla, che offre alla tua donna una vita di disonore, ecco che costui, per forza di violenza, vuol toglierti tutto! Parlate d'ingiustizia voi? Che fate qua? Perch?? mi degno di ascoltarvi, di difendervi, di darvi delle spiegazioni? Non so chi siate, non vi conosco. Levatevi dalla mia strada. Andatevene.
??? Voi non mi amate, Paola, ecco tutto.
??? Questa ?? la verit??, non vi amo.
Ma una fuggevolissima luce, venuta dalla stanza del marito li colp?? entrambi. Un lampo brevissimo; poi l'ombra di nuovo. Fulvio e Paola si guardarono, s'intesero. E quietamente, dolcemente, come se fosse sul punto di morire, ella disse:
??? Madonna benedetta, vi raccomando l'anima mia.
Sottovoce, or??. Fulvio taceva, aspettando. Ma nessun rumore si fece udire, nessuna luce comparve, nessuno venne. Era stato un inganno. Restarono cos??, per del tempo. Egli non osava interrompere quel silenzio, non osava dire l'ultima parola. Tutto gli sembrava crollato, intorno, nella notte nera; e non poteva camminare fra le rovine. Pure, levando gli occhi, sent?? che gli occhi di lei lo interrogavano desiderosi della fine.
??? Che debbo fare? ??? egli domand?? glacialmente.
??? Andarvene ??? fece lei, con dolcezza imperturbabile.
??? Andar dove?
??? Dove volete; non qui, insomma.
??? Assai lontano?
??? Assai lontano.
??? Posso ritornare?
??? No.
??? Fra qualche anno?
??? No, mai.
??? Che farete, voi, qui?
??? Passeranno gli anni; poi, morir??.
??? Non vi vedr?? mai pi??, Paola.
??? Mai pi??.
??? ?? la morte, questa, per me.
Ella apr?? le braccia, come se nulla avesse ad aggiungere.
??? Addio, dunque.
??? Addio.
Non si diedero la mano. Egli volt?? le spalle, rientr?? nel salone oscuro, camminando come un sonnambulo. Ella tendeva l'orecchio, come a sentirne il passo attraverso la casa; e restava immobile, bianca. Poi lo vide, dalla terrazza, camminare solo, sulla via di Posillipo, perdersi solo nella notte, nell'ombra, come un morto. Allora solo Paola si volse. Una voce alle spalle le aveva detto:
??? Paola tu ami Fulvio.
Ella rispose al marito:
??? S??.
E le due disperazioni si guardarono in faccia.
Francesco II aveva dato la costituzione e quindi l'amnistia; gli emigrati napoletani, a cui l'esilio era duplice dolore, ritornavano, dopo dodici anni, in patria, vinti da una irresistibile nostalgia. Il quindici di agosto, giorno dell'Assunzione, era tornato in Napoli un emigrato di Terra di Lavoro, partito studente, nel '48 e da paesi assai lontani portava seco la moglie giovane, straniera, e una figliuolina di quattro anni. Ora, a Napoli, egli prevedeva rivolgimenti, tumulti e sangue; e pens?? a mettere in sicuro la moglie e la bambina. Cos?? le condusse in Terra di Lavoro, a Ventaroli, nella casa paterna, le raccomand?? ai suoi parenti e ripart?? per Napoli.
N?? voi troverete Ventaroli sulla carta geografica. Ventaroli ?? anche meno di un villaggio, ?? un piccoletto borgo sulla collina, pi?? vicino a Sparanise che a Gaeta. Vi sono duecento cinquantasei anime, tre case di signori, una chiesa tutta bianca e un cimitero tutto verde: vi erano allora un gobbo idiota, una vecchia pazza e un eremita in una cappelluccia, nella campagna: il nome del paese era inciso grossolanamente sopra una pietra: i protettori sono i SS. Filippo e Giacomo, la cui festa ricorre il primo di maggio; la protettrice ?? la Madonna della Libera, che sta nella cappelluccia dell'eremita. A Ventaroli ci si alza alle sei del mattino, si mangia a mezzogiorno, si dorme, si passeggia, si cena alle sette e si ridorme alle otto. Alla mattina vi ?? la messa; alla sera il vespro e il rosario. Verso l'imbrunire ?? un gran grugnito di maialetti che ritornano dal pascolo; e un mormorio di voci umane, strilli di donna e pianti di fanciulletti. Il parroco, don Ottaviano, uomo bruno e segaligno, era propriamente cugino dell'emigrato e capo della prima famiglia del paese.
***
Ora, dopo tre giorni, la fortezza di Capua si chiuse e le comunicazioni fra Napoli e la Terra di Lavoro furono interrotte. L'emigrato non seppe pi?? nulla della sua famiglia; e la moglie e la figliuolina restarono nel villaggio, straniere, parlanti male l'italiano, tra parenti non malevoli, ma rustici. A Ventaroli arrivarono notizie vaghe, paurose: si avanzavano i Garibaldini, si avanzavano i Piemontesi, ma le truppe borboniche tenevano tutta la campagna. Il parroco, che era anche consigliere comunale, cominci?? ad intimidirsi: la moglie dell'emigrato, sua cognata, la dama straniera, Cariclea, dovette dargli coraggio, ogni sera nelle conversazioni dopo cena; ma ogni mattina ricominciavano i terrori di don Ottaviano. N?? aveva torto: verso i venti di settembre s'intese nella valle un gran rumore di trombe, di cavalli, di soldati, e un distaccamento di Svizzeri venne ad accamparsi in Ventaroli. Nel cortile dell'unico palazzo, quello di don Ottaviano accamparono duecento fra soldati e ufficiali.
Furono ospiti terribili. Gli ufficiali svizzeri erano buoni e cortesi, assuefatti oramai alla dolcezza della vita napoletana, avendo lasciato a Napoli casa, famiglia, figliuoli, amici: addolorati di quella guerra che sentivano inutile, addolorati per quella causa che sentivano perduta: ma i soldati non tolleravano pi?? freno di disciplina, erano diventati ribelli a ogni ordine, si abbandonavano alla ubbriachezza, al gioco. Dopo tre giorni avean consumato tutto il vino, tutto l'olio, tutta la farina di don Ottaviano: e chiedevano ancora, insolentemente, bastonando i contadini, sgozzando le galline. Le vecchie zie, le donne antiche di casa, stavano chiuse nello stanzone di famiglia; tacevano, non osando neppure filare, pregando mentalmente. Le serve erano in cucina, intorno a certi caldaioni dove cuocevano i maccheroni che non bastavano mai. Tutta la notte era un cantare, un urlare, un litigare: don Ottaviano, chiuso nella stanzetta, leggeva ad alta voce i salmi penitenziali, per quietarsi o per stordirsi, ma non poteva dormire, il poveretto. Ma la pi?? forte, sebbene la pi?? minacciata, era la signora Cariclea, la moglie dell'emigrato. Lo sapevano bene, i soldati, che era la moglie di un cospiratore, di un nemico, di uno che aveva tolta Napoli a Francesco II: e ogni volta che ella compariva sulla terrazza o attraversava il cortile, vi era un mormorio crescente di ostilit??. Ella passava, quieta, serena, come se niente fosse, e pareva non udisse che la chiamavano moglie di brigante, moglie di assassino. Se ne lagnava, ella, con qualche ufficiale, specialmente con un maggiore, alto, biondo, robusto, un colosso.
??? Signora mia ??? le diceva costui in inglese ??? io non so che farvi. Badate alla vostra vita, io non posso garantirvela. Non garantisco neppure la mia.
Ella non temeva per s??, temeva per la sua creaturina. La bimba aveva un cappellino rotondo, chiamato allora alla Garibaldi, con un pompon tricolore: e la bimba voleva portarlo sempre, quel pericoloso cappellino. Quando i soldati la vedevano passare, tutta fiera di quel pomo di seta tricolore, era come una rivolta:
??? Tagliamo loro la testa, a questa razza di briganti, tagliamo la testa di questa creatura, cos?? imparer?? a portare il pomo tricolore!
La madre tirava un poco a s?? la bambina e fingeva di sorridere, e quando era sola, in camera sua, soltanto allora, abbracciava la bimba, con una stretta frenetica. Don Ottaviano urlava:
??? Ci farete ammazzare tutti, con quel vostro pomo tricolore!
Ma la bimba non voleva lasciarlo, gridava, gridava, glielo aveva dato il suo pap??, quel cappellino col pomo tricolore. Infine, i viveri cominciando a mancare, i soldati diventarono pi?? rabbiosi e chiesero quattrini: il maggiore port?? la imbasciata a don Ottaviano. Costui un giorno dette ai soldati trenta ducati messi da parte per le feste di Natale: ma di notte, aiutato dalla cognata donna Cariclea, dalla zia Rachele e dalla serva Ottavia, seppell?? in un angolo dell'orto, il tesoro della Madonna, collane di oro, anelli, orecchini, ex-voto di argento, pissidi, calici, candelabri, altri arredi sacri. L'altare famigliare, che era nel grande salone di famiglia, dedicato alla Vergine, rest?? spoglio di ogni ornamento. Il seppellimento fu fatto misteriosamente:
??? Benedetto, benedetto! ??? diceva don Ottaviano, baciando piamente ogni arnese sacro, prima di sotterrarlo.
E singhiozzava, il povero prete.
Poi dette ai soldati altri venti ducati, che erano una dote da estrarsi, il primo di novembre, per far maritare una zitella del paese: ma non bastarono. Donna Cariclea dette loro venti marenghi che il marito le aveva lasciati; ma non bastarono. Zia Rachele dette a questi svizzeri furiosi quindici ducati di economie fatte, in molti anni, a grano a grano; ma non bastarono. Ottavia, la serva, aveva diciotto carlini: li dette. In breve, nel palazzo non ci fu pi?? un soldo, n?? un pizzico di farina, n?? una goccia di vino. Gli ufficiali svizzeri si vergognavano: specialmente il maggiore, che era una persona assai gentile, chinava il capo, offeso nel suo orgoglio di militare. Ora i soldati volevano il tesoro della Madonna: lo volevano giuocare a carte.
??? La Madonna non ha tesoro ??? diceva don Ottaviano: ??? ditelo voi, donna Cariclea.
??? La Madonna non ha tesoro ??? ripeteva la coraggiosa signora.
Il maggiore andava e veniva, parlamentando fra i soldati e la famiglia.
??? Se non ci danno il tesoro ammazziamo la bimba ??? mandavano a dire i soldati.
??? Raccomandiamoci alla Vergine, cognata mia ??? mormorava il prete.
Cos??, prevedendo imminente la morte, tutta la famiglia si raccolse nello stanzone, innanzi all'altare denudato, e si mise a pregare. Don Ottaviano aveva vestito i paramenti sacri e stava inginocchiato sui gradini dell'altare. Era una settimana, dieci giorni di accampamento: nessuna notizia, nessun soccorso. Ora l'umore degli svizzeri era cambiato. Chiedevano un banchetto: volevano che nel cortile s'imbandisse una grande mensa, volevano i gnocchi, se no, mettevano fuoco alla casa. Il parroco giurava di non aver nulla, nulla da dare, neppure un tozzo di pane, il maggiore con le lacrime agli occhi lo scongiurava, che cercasse, che mandasse, per piet?? della vita di tutte quelle donne, vecchie e giovani. Furono spediti corrieri a Carinoia, a Casale, a Cascano, per trovar farina. Ma intanto i soldati andarono nella legnaia, ne cavaron fuori tutte le fascine e le disposero attorno alle mura del palazzo. I corrieri che erano andati per farina tardarono assai: forse erano stati arrestati, forse erano morti. Un mormorio crescente saliva dal grande cortile. Nel salone le donne dicevano le litanie, salmodiando. L'ora passava lenta.
??? Se fra dieci minuti non arriva il corriere con la farina, i soldati danno fuoco ??? venne a dire il maggiore.
??? Non potete fare pi?? nulla per noi? ??? chiese donna Cariclea.
??? Pi?? nulla, signora.
??? Portar via questa piccolina? Io non mi dolgo di morire; vorrei salvare la bimba.
??? Mi ucciderebbero con lei, signora.
??? Che Dio ci assista, dunque ??? mormor?? donna Cariclea.
E Dio li assistette. Un corriere da Cascano ritorn??. Portava farina: poca, insufficiente, ma ne portava. Cos?? le serve lasciarono di pregare e scesero in cucina, a fare i gnocchi, per i soldati.
Ma i soldati non vollero togliere le fascine: e la morte parve solo ritardata di qualche ora; si capiva che dopo il banchetto i soldati sarebbero diventati pi?? feroci; non avrebbero conosciuto pi?? ragione. Essi, nel cortile, tumultuavano; le povere serve, in cucina, manipolavano la pasta, instupidite; su, nello stanzone, il parroco aveva confessato e dato l'assoluzione a tutti i suoi parenti. La piccolina di donna Cariclea spalancava gli occhi, spaventata: ma non piangeva.
A un tratto il pesante martello del portone risuon??, tre volte sonoramente. Un silenzio profondo. Ma nessuno apr??. Tre altri colpi: e il battito del piede ferrato di un cavallo risuon?? innanzi al portone.
??? Chi va l??? ??? chiese la sentinella, senz'aprire.
??? Viva Francesco II! ??? grid?? una voce affannosa.
??? Viva, viva! ??? urlarono i soldati.
Era una staffetta: un soldato pallido e grondante sudore. Chiese del colonnello, del maggiore, di un capo; non aveva che due parole da dirgli. Il maggiore alto e biondo, il colosso affettuoso e fiero accorse; la staffetta si rizz??, gli parl?? all'orecchio. Il maggiore rest?? imperterrito, assent?? col capo; la staffetta ripart??, precipitosamente. Il maggiore sal?? sul terrazzino interno che dava sul cortile, fece suonare la tromba, due volte.
??? Soldati ??? disse con voce tonante ??? abbiamo innanzi a noi Garibaldi, alle spalle arriva Vittorio Emanuele. Facciamo il nostro dovere. Viva Francesco II!
??? Viva! ??? disse qualche voce.
E lentamente si misero in tenuta di partire. Andavano fiacchi, lenti, molli, attaccandosi la giberna, visitando i fucili: e il maggior loro dolore, per quei mercenari brutali, era di non poter banchettare, di non poter mangiare i gnocchi che le povere serve facevano in cucina. Gli ufficiali andavano, venivano, gridavano; ma inutilmente.
??? Consolatevi, signora ??? disse il maggiore a donna Cariclea, entrando nel salone ??? ora vengono i Garibaldini.
Ella non os?? consolarsi. Stringeva la piccolina sul petto e non parlava. Il parroco non levava la testa.
??? Addio, Signora, non ci vedremo pi?? ??? disse il maggiore. ??? Noi andiamo alla morte.
E non tremava la sua voce. Usc??, si pose alla testa dei soldati, marziale, bellissimo a cavallo, camminando serenamente alla battaglia; dietro di lui i soldati svizzeri andavano, come pecore, stretti stretti, taciturni, torvi. Nessuno os?? levare la voce, nel palazzo deserto, devastato; per un'ora tutti tacquero, innanzi all'altare, subendo ancora l'incubo di quell'assedio.
??? Ora vengono i Garibaldini ??? disse, a un tratto, la bambina.
E vennero. Portavano la camicia rossa, ma erano coperti di polvere, con le scarpe rotte, stanchi, sfiniti; volevano bere, volevano mangiare, non ne potevano pi??.
??? Che daremo loro? ??? diceva don Ottaviano, disperandosi.
I Garibaldini non credevano che non ci fosse nulla. Erano una quarantina, estenuati; avevano trovato la devastazione dappertutto. Dappertutto i Borbonici avevano mangiato tutto, bevuto tutto, non vi era pi?? nulla; come potevano dunque battersi? Un ufficiale, buonissimo, parlamentava con donna Cariclea e col parroco; era inutile, non vi era nulla, nulla. Ma un clamore venne dal cortile; i Garibaldini avevano scoperto la cucina e il caldaione dei gnocchi.
??? Ah, Borbonici, canaglia! Avevate da mangiare e ce lo negavate! Borbonici della malora, che vi porti via il diavolo!
Ma fra quelle voci irritate, furiose, una vocina sorse:
??? Viva Garibaldi!
La piccolina, in mezzo ai Garibaldini, agitava il suo cappelluccio col pomo di seta tricolore. Mentre la baciavano, levandola su in trionfo, ella strillava sempre. La madre piangeva.
***
Il cannoneggiamento cominci?? alle tre del pomeriggio. Ventaroli ?? sulla collina, l'eco dei cannoni vi si ripercuoteva fortemente. Donna Cariclea era salita sopra una torricella, donde si vedeva tutta la valle; ma nulla si scorgeva. Dove si battevano? Con che esito? Era impossibile saper nulla. I quaranta Garibaldini erano andati via allegramente, dopo aver pranzato, coi loro scarponi rotti, coi loro vecchi fucili; e tutte le case di Ventaroli si erano chiuse, i portoni erano sbarrati. Quando cominci?? il cannone, Pasqualina Cresce, che aveva paura dei tuoni, aveva cacciato il capo sotto i cuscini; il vecchio Nicola Borrelli, che aveva fatto il soldato, tendeva l'orecchio per sentire donde venisse; e la sorella dell'emigrato, Rosina, una fiera donna, era venuta nello stanzone e aveva accese due altre candele alla Vergine, per conto suo, perch?? vincessero i Garibaldini. Donna Cariclea fremeva: invano aguzzava gli occhi, sulla torricella, ma non un'anima passava nella valle, non un carro, non un contadino; un deserto, un paese morto. Il cannone si arrestava, talvolta, per cinque minuti, ma dopo riprendeva con pi?? vigore. Stette tre ore lass??, sino all'imbrunire. E sempre il cannone: talvolta allegro, talvolta lungo e lugubre. Poi tacque. Era notte. Nessuna notizia. Era perduta o salvata la patria?
Ma don Ottaviano, le vecchie zie, le giovani spose, le serve erano stanche di quella tremenda giornata; e, malgrado il terrore dell'indomani, malgrado la suprema incertezza, che era anche un supremo pericolo, andarono a dormire. Donna Cariclea si ritir?? nella sua stanzuccia, che era proprio sopra l'arco del portone. Aveva appena appena congiunte le mani della piccolina per la preghiera della sera, quando, nel silenzio profondo del villaggio, si ud?? un galoppo di cavallo; veniva verso la casa. E subito dopo un fievole colpo di martello risuon??. Donna Cariclea trasal??. Che doveva fare? Si affacci?? senza far rumore alla finestra: nell'ombra si vedeva un cavallo e un cavaliere, ma non si distingueva altro. Erano immobili, aspettavano. Ma pass?? qualche minuto; il cavaliere non picchi?? di nuovo, aspettando, pazientemente.
??? Chi sar?? mai? ??? pensava donna Cariclea, tutta trepidante.
E richiuse la finestra, senza far rumore. Ma quel cavaliere, l?? innanzi al portone, nella notte, le dava tormento. Riapr??, domand?? sottovoce:
??? Chi ???
??? Sono io ??? disse una nota voce.
??? Voi, maggiore?
??? Aprite, signora, per carit??!
Ella prese un lume, attravers?? due o tre stanze, scese per le scale, and?? a tirare i grossi catenacci. Silenziosamente il maggiore era disceso da cavallo e se lo trasse dietro, nel cortile; lo leg?? a un anello di ferro. La signora andava innanzi e il maggiore dietro; quando furono nella stanzetta, il maggiore le fece cenno di chiudere la porta, a chiave. La bimba, gi?? in letto, guardava tutto questo con un par d'occhioni spaventati.
??? Signora ??? disse il maggiore ??? io sono nelle vostre mani.
Ella lo guard??, sgomenta. L'ufficiale svizzero era in uniforme, tutto gallonato, tutto scintillante di oro: ma teneva il capo abbassato sul petto.
??? Che avete fatto? ??? chiese ella duramente.
??? Sono scappato, signora. Fuggo da tre ore; due ore siamo stati nascosti in una macchia, il mio cavallo e io.
??? Non avete preso parte alla battaglia?
??? No, signora, vi dico che sono scappato.
??? E perch??? ??? chiese ella a quel colosso.
??? Perch?? avevo paura ??? disse lui, semplicemente.
??? Oh! ??? fece soltanto lei, celandosi il volto per ribrezzo.
??? Avete ragione ??? disse lui, umilmente. ??? Ma la paura non si vince: sono fuggito.
??? Non vi vergognate, non vi vergognate? ??? chiese ella, tremando di emozione.
Egli non rispose. Si vergognava, forse. Stava buttato sulla sedia, grande corpo accasciato dalla vilt??.
??? E i vostri soldati?
??? Chiss??! ??? disse il maggiore, levando le spalle.
??? Chi ha vinto, dunque?
??? Non lo so. Avranno vinto gli Italiani.
??? E siete fuggito?
??? Gi??. Vi ripeto, avevo paura. Che m'importa della battaglia? Voi dovete salvarmi signora.
??? Io?
??? S??. Dovete farmi fuggire. Voglio ritornare a Napoli, in sicurezza. Ho famiglia io: ho figli io: che me ne importa di Francesco II? Salvatemi, signora, ve ne scongiuro.
??? E perch?? dovrei farlo?
??? Perch?? siete donna, perch?? siete buona, perch?? anche voi avete una figlia... e capite...
??? Siete un nemico, voi.
??? V'ingannate, sono un disertore.
??? Ebbene?
??? Significa che io temo egualmente i Borbonici, come i Garibaldini. Se mi trovano i vostri, sono un nemico e mi fucilano; se mi trovano i Borbonici, sono un disertore e mi fucilano. Ecco perch?? vi chieggo di salvarmi.
??? Se rientrate a Napoli vi fucileranno.
??? Garibaldi ?? buono ??? disse umilmente il maggiore svizzero.
??? ?? una vergogna ??? ripetette lei duramente.
??? Lo so; ma che posso farci? Salvatemi voi.
??? Stamane avreste lasciato morire la mia bambina.
??? Che potevo fare?
??? Eppure il re contava su voialtri! Che uomini siete dunque?
??? O signora mia, per carit??, non ne parliamo; se avete viscere di madre, trovatemi un mezzo per fuggire.
??? Io non ne ho.
??? Lasciatemi stare qua, in questa stanza.
??? Se vi ci trovano, siamo perduti tutti.
??? ?? vero ??? disse lui, dolorosamente.
La bambina aveva ascoltato tutto il discorso, guardando ora sua madre, ora il maggiore. Adesso, ambedue tacevano. Egli era immerso nel pi?? profondo avvilimento; ella era combattuta da tanti sentimenti diversi.
??? Ho anch'io un bimbo di questa et?? ??? mormor?? il maggiore. ??? Non lo vedr?? pi??, forse.
??? Aspettatemi qui ??? disse donna Cariclea, decidendosi.
E usc??. Il maggiore si era inginocchiato vicino al letto e aveva baciata la piccolina. Donna Cariclea tardava. Alla fine, muta, lieve come un'ombra, ritorn??. Portava un involto di panni:
??? Smorzer?? il lume????? disse, con voce breve, superando ogni ritrosia di donna ??? toglietevi l'uniforme e mettete questi abiti.
Cos?? fece. Dopo pochi momenti ella riaccese il lume; il maggiore era vestito da contadino e l'uniforme giaceva per terra. Egli se ne stava tutto umile, tutto contrito.
??? Bisogna nascondere quest'uniforme e questa spada ??? disse lui, ??? trovandosi, sareste perduta.
??? ?? vero ??? disse lei. ??? Spezzate dunque la spada.
Senza esitare, egli tent?? di spezzare la spada sul ginocchio. Ma la buona lama resisteva. Alla fine, con la tensione dei suoi muscoli robusti, la spezz??.
??? Scucite i galloni dall'uniforme ??? ordin?? donna Cariclea.
Pazientemente, il maggiore strapp?? i galloni del suo uniforme. Ella raccolse tutto.
??? Andiamo a buttarli via.
Egli la segu?? per le scale; essa lo guidava con un fioco cerino. Scesero nel cortile macchinalmente, ella butt?? i frammenti della spada nel profondo pozzo, che era in mezzo al cortile. Il maggiore sospir?? di sollievo. Poi passarono vicino alla conserva dell'olio; ella vi butt?? l'uniforme disadorna di galloni. Alla fine, passando presso un mucchio di letame, ella vi butt?? i galloni, rivoltandoli con una pala, per farli andare sotto.
??? Dio mio, ti ringrazio! ??? esclam?? il maggiore.
??? E il cavallo? che facciamo del cavallo? Se lo trovano siamo perduti.
??? ?? vero ??? mormor?? lui ??? Bisogna farlo scomparire. Ora lo ammazzo.
??? Con che?
??? Non ho armi, ?? vero.
Andarono presso il cavallo. La buona bestia nitr??; il maggiore fremette di paura. Poi, sciolse le redini dall'anello, trasse il cavallo fuori del portone e rinchiuse il portone. Stettero a sentire, il maggiore e donna Cariclea. Per un pezzo il cavallo scalpit?? sulla soglia, batt?? col capo contro il legno della porta; ma poi ne sentirono il galoppo furioso e pazzo per la campagna.
??? Domani la campagna sar?? piena di cavalli fuggenti ??? mormor?? il disertore.
??? Andiamo su ??? fece lei.
Risalirono. La bimba era sempre sveglia. Donna Cariclea si chin?? e baci?? sulla guancia la sua figliuola. In atteggiamento confuso il maggiore aspettava.
??? Sentite ??? disse donna Cariclea. ??? Io ho fatto svegliare Peppino, il boaro. ?? una creatura bestiale, ostinata e fedele. Far?? tutto quello che gli ho detto. Ha messa una scala alla finestra del grande salone. D?? sull'orto. Voi scenderete per quella scala; siete forte, mi pare?
??? Fortissimo.
??? Bene; andrete a traverso i campi, ma senza affrettarvi, dovrete avere il passo dei contadini che vanno al mercato. Parlate poco con Peppino, i contadini non parlano. Avete i baffi di un signore e di un militare; ecco le forbici, tagliateveli.
Egli esegu?? senz'esitare.
??? Bene. Andrete a passare il Volturno, molto al disotto di Capua; l?? troverete una scafa, passerete il fiume e vi recherete a Napoli. Peppino vi lascier??, torner?? indietro, non dir?? mai una parola con nessuno. Noi, probabilmente, non c'incontreremo pi??. Tanto meglio. Ma se ci dovessimo mai incontrare, badate bene, non mi ringraziate, non mi tendete la mano, non mi salutate, non mostrate di conoscermi. Se lo faceste, vi darei del disertore sulla faccia. Addio, dunque, signore.
??? Addio, signora.
E fece per accostarsi al letto, donde la bimba lo guardava, e voleva baciarla.
??? No ??? fece la madre opponendosi.
Egli usc??. Donna Cariclea lo sent?? scambiare una parola con Peppino che l'aspettava pazientemente, seduto nell'ombra dello stanzone; ud?? lo scricchiol??o della scala sotto quel corpo pesante; ud?? i due passi quasi allontanarsi. Allora si accost?? al letto della sua piccolina, si curv?? su lei:
??? Pensa che questo sia un sogno, Caterina: dimentica, dimentica tutto, piccolina mia.
.????.????.????.????.????.????.
Ma Caterina non ha potuto dimenticare.
Sentite ora il mio segreto, uno spaventoso segreto che rode l'anima. L'ho taciuto sinora per l'orrore della mia mostruosit??. Ma dentro, lo spasimo mio assume mille forme, io sento due martellini battermi sul cuore mortificandolo di colpi; io ho una vite d'acciaio che mi rotea nel petto come un cavaturacciolo; io ho un migliaio di spilli ficcati sotto il cranio; io ho un chiodo confitto nella tempia dritta. Eppure in questa lunga agonia, io non posso morire; dalla febbre il mio sangue si rinnovella, dalla tortura le mie fibre si disseccano, ma si rinvigoriscono dall'incitamento; la forza dei miei nervi si raddoppia. Morire no, non mi ?? concesso. Altri dovrebbero morire, meco. Scrivo il mio segreto non per sollievo, perch?? non ne spero, ma perch?? si sappia la verit?? del caso mio.
Sentite. Non ?? vero che io sia pazza; io vivo, sento, ricordo e ragiono. Quelli che mi tengono imprigionata nel manicomio, s'ingannano.
Mai ho posseduto tanta lucidit?? di mente, tanta solidit?? di cervello; mai ho contemplato con tanta serenit?? di dolore la mia sventura. Non sono pazza... ?? inutile la doccia sulla testa, il camerotto foderato di materassi, il bagno caldo, la sorveglianza continua. Questo non pu?? guarirmi, perch?? non sono pazza. Per me non ci vuole il medico, ma il prete. Deve venire il prete con il libro santo dei Vangeli, con la stola ricamata d'oro, con l'acqua benedetta. Deve leggere le preghiere per scongiurare gli spiriti maligni, mettermi sul capo la stola e aspergermi di acqua santa; deve battersi il petto, inginocchiarsi, pregare l'aiuto del Signore su me. Poich?? io non sono pazza, ma qualcuno si ?? impossessato di me: io non sono pazza, ma qualcuno ?? entrato in me, vive con me. Dentro l'anima mia vi ?? un'altr'anima. Dentro la mia volont?? vi ?? un'altra volont??. Dentro la mia ragione vi ?? un'altra ragione. Bisogna esorcizzarmi, bisogna cacciar via la mia nemica, togliermi quest'altra anima che mi riempie di terrore. Noi siamo due..
***
Quanto tempo ?? che ho veduto lei, l'altra, per la prima volta? Non so, la data non potrei dirla, perch?? mi sfugge. Certo era un tramonto pi?? rosso d'autunno; io correva nelle vie infangate, affrettandomi a una casa dove qualcuno che mi amava moriva. Correvo col capo chino sotto la pioggia mormorando le parole di consolazione e di perdono prima di giungere. D'un tratto, alzando gli occhi sotto la luce rossastra di un fanale a gas, vidi camminarmi accanto una figura femminile. Era una donna di mezza statura, col volto pallido e allungato, sciupato dall'et??, dalle sofferenze; ma in quel volto consumato ardevano gli occhi neri, bruciavano di sangue le labbra. Era vestita tutta di nero, il nero dei suoi occhi; portava al collo, come spillo, un ramoscello di corallo rosso come le labbra. Camminava accanto a me, guardando la terra; un sol momento mi alz?? gli occhi in viso, ma li riabbass?? subito. Io fui colpita da questa apparizione e distesi la mano quasi per toccarla, ma ella si allontan?? rapidamente. La seguii quasi per istinto senza saper perch??, presa da necessit?? di andare dove andava lei, di fare quello che lei faceva. La seguii con gli occhi fissi nella sua figura bruna, raggiungendola ogni tanto per vedere quello sguardo nero e ardente, quelle labbra febbricitanti, quell'abito nero come l'occhio, quel ramo di corallo rosso come le labbra. Ella se ne and?? per le strade con il suo passo ritmico, fermandosi innanzi alle mostre delle botteghe, salutando qualche creatura ignota, fermandosi a discorrere con qualche essere volgare. Io feci, dietro a lei, tutto quello che essa fece. Ella prese la via del teatro, sal?? le scale, entr?? in un palco e si pose immediatamente a dardeggiare la folla col suo sguardo nero. Si pose subito a ridere con le sue labbre di sangue; io in un palco dirimpetto a lei, imitandola, guardai sfacciatamente la folla e risi, risi sempre. D'un tratto ella scomparve, io m'abbandonai in una atonia come se mi mancassero gli spiriti, poi mi risvegliai nell'amarezza saliente dei rimorsi. L'amico che m'aspettava, a cui dovevo portare le parole di consolazione e di perdono, era morto, solo, mentre io rideva al teatro.
***
Io non amavo quell'uomo. Anzi non amavo nessuno in quel tempo. La mia indifferenza in fatto di sentimento era serena; non amavo, non avevo il rimpianto dell'amore. Poi quell'uomo era un essere volgare e miserabile di cui io vedeva tutta la miseria, tutta la volgarit??. Il suo amore fatto di vanit??, di capriccio, di puntiglio, non aveva il potere di irritarmi, ma aveva il potere di nausearmi. Le sue parole mi lasciavano inerte, le sue lettere non mi scuotevano, le sue mani che stringevano le mie non mi facevano impallidire. Odiarlo non potevo, e amarlo neppure: tutta la meschinit??, tutta la bassezza del suo spirito, la misuravo. Egli, divorato dal desiderio, ch'era vanit??, fremeva di rabbia, fremeva di falso amore e pregava e scongiurava, versava lagrime di dispetto. Io mi rifiutava; tranquilla, immobile, sorridente, quasi insolente, m'immergevo sempre pi?? in quella indifferenza che ?? il dono dei forti. Finch?? lui un giorno, in una scena di collera, mi disse:
??? O domani o mai pi??.
??? Mai pi?? ??? dissi io freddamente.
Il domani, nel pieno meriggio d'inverno, io passeggiava nella campagna, trasalendo d'emozione per la maest?? del fiume che se ne andava lento al mare, per gli anemoni crescenti nell'erba umida, per i piccoli salici neri che si piegavano brulli, quasi spinosi, per gli uccelli che stridevano sul mio capo nella profondit?? dei cieli. Queste sensazioni giungevano squisite, soavi ai miei nervi equilibrati. Ero quieta. Quand'ecco nelle lontananze della sponda, nella gialla lucentezza meridiana, ella m'apparve col suo viso smorto, disfatto, dove vivevano soltanto i carbonchi dei suoi occhi e la bocca rossa come un granato; vestita di nero, portando al collo un ramo di corallo rosso. Questa volta non mi guard??. Tutto il mio essere sobbalz?? a lei. Mentre si dirigeva lentamente alla citt??, io la seguii passo per passo come una bestia ubbidiente. Vedevo con paura che ella andava al luogo del convegno con quell'uomo, ma istintivamente non potevo manifestare questa paura. Vidi con spavento che quell'uomo era l??, che mi aspettava, che sorrideva di orgoglio. Egli non vedeva il fantasma che gli si accostava, vedeva me che mi accostavo a lui per seguire il fantasma.
??? Grazie ??? disse l'uomo trionfante.
Il fantasma sorrise dolcemente, ed io che volevo urlare di dolore, sorrisi di dolcezza.
??? Tu mi ami? ??? chiese l'uomo.
??? Ti amo ??? mormor?? il fantasma.
Io, cui sulle labbra si affollavano gli insulti, dissi a voce alta:
??? Ti amo.
??? Mi amerai sempre?
??? Sempre ??? rispose il fantasma.
Io, che agonizzavo, risposi:
??? Sempre.
??? Lo giuri sulla Madonna?
??? Lo giuro sulla Madonna ??? susurr?? l'ombra.
Io, che avevo il terrore del sacrilegio, bestemmiai:
??? Lo giuro sulla Madonna.
***
Ora mi dicono pazza. Pensate che ho trascinato due anni la catena di un amore falso e volgare, che ho mentito due anni, che ho tollerato due anni la menzogna, perch?? non mi amava, come io non l'amavo. Pensate al disgusto, al ribrezzo, alla stanchezza di due anni, ai giuramenti bugiardi fatti e ricevuti, ai trasporti fittizii, ai baci inutili e fiacchi, agli entusiasmi posticci, a questa commedia piena di fango. Era per lei tutto. Per fare quello che ella faceva, per dire quello ch'ella diceva, per seguirla, per imitarla. Era l'incantesimo di questa fata, di questa strega, di questa maliarda. Era il fascino, il filtro; avvinghiata ad essa che rappresentava la bugia e il tradimento, io sono stata la bugia e il tradimento.
Nel tempo, accadde altro. Un altro uomo mi amava veramente, con la lealt?? spirituale delle anime elette; io lo amava con l'umilt?? profonda del cuore che cerca riabilitarsi. Le nostre anime vibravano all'unisono nell'armonia potente dell'amore; si fondevano meravigliosamente nell'armonia dell'amore; era un effetto solo, completo, tutto divino e tutto umano. Ma la celestiale fusione dur?? poco. In un'ora suprema, mentre egli mi parlava soavemente, vidi comparire tra noi la donna dall'abito nero, che portava al collo un ramoscello di corallo rosso. Questa volta i soavi occhi lampeggiavano malignamente, le sue labbra di garofano sogghignavano. Egli mi parlava d'amore ed ella ghignava, ghignava.
??? Non ti credo ??? rispose a quell'uomo che diceva la verit??.
Cos?? l'amore nostro divenne uno spasimo. Dietro il volto di lui, onesto e buono, io vedeva l'ovale sciupato della donna che ghignava; egli diceva un s?? franco, sincero, e l'eco del fantasma era un no duro; egli mi accarezzava col suo sguardo innamorato, ed ella lampeggiava ferocemente gli occhi.
??? Non ti credo, non ti credo ??? ripetevo a quell'uomo, io diventata malvagia e scettica.
Poi egli non credette pi?? a me, mi vedeva sempre distratta, assorbita, scossa da subitanee paure, o perduta in esaurimenti mortali.
??? Tu non mi ami, tu sei lontana di qui: la tua anima ?? assente; oh ritorna, ritorna! ??? egli mi supplicava.
Eppure ci amavamo: la maga pallida dalle labbra di carminio, che ci scherniva, si metteva fra noi e ne faceva gelare il sangue, e rendeva deboli i nostri baci e fioche le voci. Io soffriva infinitamente pi?? di lui, io che vedevo la maga sedersi accanto a noi, io che sentivo lo spavento di questo spettro salirmi al cervello e farmi delirare. Io che giunsi fino ad essere gelosa di quel fantasma, a cui mi sembrava che egli dirigesse le sue parole di amore: io, che in uno scoppio di gelosia furiosa, gridai:
??? Tu m'inganni, tu ne ami un'altra, tu ami una donna pallida, sfinita, cogli occhi neri, le labbra sanguigne, la veste nera, il ramo di corallo rosso. Tu m'inganni, tu mi tradisci, tu ami un'altra!
Egli mi guard?? trasognato.
??? Tu sei quella ??? disse semplicemente.
Mi condusse allo specchio; vidi nel cristallo una faccia smorta, consunta dall'et??, dalla sofferenza, due occhi neri, ardenti, due labbra brucianti, una veste nera, un ramo di corallo rosso. Vidi la sua figura, che era la mia figura; urlai come una bestia:
??? Non sono pazza, non ?? la mia testa che devono curare, ma ?? la pi?? fiera nemica che ?? entrata in me; il fantasma si ?? messo nell'anima mia. L'altra non vuole andarsene, vuol vivere in me, cos?? siamo due; bisogna esorcizzarmi; chiamate un prete, e dica sul mio capo le parole sacre della preghiera che libera le anime.
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1?? Serie.
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Scipio Sighele ??? La donna nova.
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DI UN
LUOGOTENENTE DI VASCELLO
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ENRICO VOGHERA
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ENRICO SIENKIEWICZ
Il Protettore
ROMANZO
Prima traduzione italiana
con prefazione
di
Domenico Ci??mpoli
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DOMENICO CI??MPOLI
L'INVISIBILE
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I DRAMMI
DELLA
SCHIAVIT??
DI
EMILIO SALGARI
con
Illustrazioni di G. G. Bruno
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SONETTI ROMANESCHI
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