Addis Abeba – Istruzione, formazione professionale, progetti di sviluppo, assistenza alle popolazioni colpite dalla carestia, sempre secondo lo spirito evangelico della prossimità: è questo l’impegno delle Missioni di Don Bosco in Etiopia e dei cooperanti del VIS , la loro Ong. La presenza dei Salesiani in Etiopia è venuta alla ribalta in questi giorni con l’arresto di una ventina di religiosi locali e di Alberto Livoni, cooperante cinquantenne italiano, rappresentante del VIS. Sono tutti trattenuti in stato di fermo nelle stazioni di polizia. Non sono note le ragioni per cui sono trattenuti in custodia dalle forze dell’ordine, né quali potranno essere le misure che l’autorità giudiziaria potrebbe assumere. Secondo informazioni raccolte da Fides, sono tutti in buone condizioni di salute.
Quella dei Salesiani in Etiopia è una presenza che che dura, ininterrotta, dal 1976, quando i religiosi hanno iniziato a occuparsi dei bambini e dei giovani locali, impegnando tutte le loro risorse umane, culturali, professionali, economiche per il bene della popolazione.
“I Salesiani c’erano durante la carestia che colpì l’Etiopia nel 1983-85 e che causò un milione di morti – spiegano a Fides fonti vicine ai religiosi – e ci sono oggi nella pandemia da Covid-19, nella carestia generata dall’invasione di locuste e nell’emergenza malnutrizione che mette a rischio la vita di migliaia di persone”. Le quattro missioni di Macallè, Adua, Scirè e Adigrat, si occupano di migliaia di bambini e ragazzi provenienti da contesti di miseria e con alle spalle storie di violenze, abusi e disperazione. “Grazie alle donazioni di migliaia di persone – si osserva – migliaia di bambini sono stati accolti nelle Case salesiane di Don Bosco e hanno potuto frequentare gli asili e le scuole primarie salesiane. Molti ragazzi di strada hanno ricevuto una formazione professionale, un futuro in cui credere e un lavoro nella loro terra”.
Nel 1998 i missionari sono stati poi affiancati dal VIS , Organizzazione non governativa nata nel 1986 come espressione del Centro nazionale opere salesiane e che si ispira al messaggio di San Giovanni Bosco e al suo sistema educativo. Il Vis lavora per costruire uno sviluppo sostenibile e durevole per le popolazioni locali.
In Tigray, regione sconvolta da una feroce guerra civile, è stato lanciato il progetto “Wash” che punta a migliorare l’accesso ad acqua potabile, servizi igienico-sanitari di base e le capacità locali di gestione delle risorse idriche e a promuovere la sicurezza alimentare in collaborazione con il partner locale “Dgmda” . L’attività viene svolta anche nella Somali Region, la regione orientale dell’Etiopia abitata da somali.
Seguendo la tradizione salesiana, il VIS è però anche impegnato nel settore della formazione professionale e dell’educazione. All’interno delle scuole tecniche salesiane della regione del Tigray, a Gambella e ad Addis Abeba sono stati attivati corsi in arti grafiche e tipografiche , sartoria, preparazione cibo e catering, lavorazione del legno, meccanica, pelletteria ed edilizia.
“Per promuovere l’inserimento lavorativo – spiegano a Fides i volontari del VIS – abbiamo messo a punto una strategia, che abbiamo adottato in Tigray e ad Addis Abeba, basata sull’organizzazione di corsi brevi in linea con il mercato del lavoro, la promozione dell’autoimpiego e l’inserimento in azienda attraverso il sostegno a partnership tra pubblico e privato”.
Le attività di formazione sono state portate avanti anche all’interno di campi profughi dove, grazie alla collaborazione dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo, i Salesiani hanno cercato di migliorare le condizioni di vita dei rifugiati nelle regioni di Gambella e del Tigray attraverso il rafforzamento delle loro competenze professionali e l’avviamento al lavoro per potenziali migranti e rifugiati eritrei attraverso un approccio innovativo per il Paese, basato sull’organizzazione di corsi in linea con il mercato, la promozione dell’autoimpiego e l’inserimento in azienda attraverso il sostegno a partnership pubblico-privato.
“La nostra prima missione – concludono le fonti di Fides – è quella di costruire un futuro su misura per i ragazzi e per le comunità più svantaggiate: un futuro fatto di opportunità e di integrazione con il tessuto sociale, un futuro a portata di mano per chi nella vita ha conosciuto solo povertà e emarginazione. A questa missione spirituale e sociale è proteso tutto il nostro impegno. A questa missione dedichiamo tutte le nostre risorse ed energie”.
delle
AMERICA/EL SALVADOR – Nomina del Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, don Cristobal Zavala Guevara
Città del Vaticano – Il Card. Luis Antonio G. Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in data 9 settembre 2021 ha nominato Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in El Salvador per un quinquennio , don Cristobal Zavala Guevara, del clero diocesano di Santa Ana.
Il nuovo Direttore nazionale, che subentra a don Luis Estefan Turcios Carpano, morto durante il suo secondo mandato, è nato a Metapan il 30 ottobre 1977 ed è stato ordinato sacerdote il 6 dicembre 2003. Ha conseguito la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma. Dopo l’ordinazione è stato Viceparroco, Parroco e Cappellano militare. Nel 2013 è stato nominato Segretario diocesano della Pontificia Opera dell’Infanzia e Adolescenza missionaria della sua diocesi di Santa Ana, e nel 2015 Segretario nazionale della stessa Opera.
Immigrazione, il fallimento delle “navi quarantena”
Micromega ha intervistato alcune delle persone che sono state a bordo delle cosiddette “navi quarantena” e che hanno raccontato le condizioni degli ospiti e dell’equipaggio. Da qui è partita un’inchiesta sui costi, sulle condizioni sanitarie e umanitarie a bordo, sul rispetto dei diritti umani sulla sicurezza degli ospiti e dell’equipaggio. Un articolo di Valerio Nicolosi su MicroMega del 9 Novembre 2021.
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AFRICA/ETIOPIA – Il Direttore nazionale delle POM: la preghiera, unica arma nella situazione drammatica del Corno d’Africa
Hosanna – “Abbiamo visto e seguito con attenzione l’appello di Papa Francesco sulla situazione di conflitto che sta vivendo la regione del Corno d’Africa in generale, ed in particolare la popolazione etiope. Questo appello alla preghiera è l’unica soluzione possibile e l’unica strada percorribile: speriamo che l’appello del Papa ad unirsi alla preghiera sia ascoltato e soprattutto venga rispettato il monito alla concordia fraterna e al dialogo”, dice all’Agenzia Fides il Vicario Apostolico di Hosanna, Mons. Seyoum Fransua, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Etiopia.
Aggiunge il Vescovo: “E’ necessario che prevalga il dialogo tra le parti, che ancora non vedo essere cercato da tutte le parti. E’ urgente rispettare l’appello del Papa alla preghiera e alla riconciliazione; in questo momento così critico la sua vicinanza paterna è un richiamo forte per tutti a risolvere questo drammatico conflitto, che sta mietendo tante vittime, attraverso la via della pace”.
Intanto la situazione in Etiopia è a un punto critico. Il fronte dei ribelli anti governativi, grazie a una nuova alleanza siglata negli Stati Uniti da nove gruppi che si oppongono al Primo Ministro Abiy, si allarga e punta allo scontro finale. Il Primo Ministro, dal canto suo, lo scorso 5 novembre ha chiamato la popolazione di Addis Abeba ad armarsi e a tenersi pronta a combattere per la patria contro i “nemici traditori”. Nel frattempo continua l’avvicinamento alla capitale da parte di vari gruppi armati anti-Abiy. Dopo la dichiarazione dell’Esercito di Liberazione Oromo , che la scorsa settimana ha fatto sapere di poter conquistare Addis Abeba “nel giro di mesi, se non di settimane”, il TPLF è appostato a circa 400 km dalla principale città dell’Etiopia. “La leggenda per cui la popolazione di Addis sarebbe violentemente ostile a noi – ha dichiarato Getachew Reda il portavoce del Fronte – è assolutamente sopravvalutata. Addis è la capitale dell’Etiopia, un vero melting pot. La voce secondo cui la città, se noi vi entrassimo, precipiterebbe in un bagno di sangue è ridicola”. In questa drammatica situazione, gli osservatori temono una guerra civile generalizzata che farebbe ulteriori vittime e profughi.
ASIA/PAKISTAN – Bocciato il disegno di legge a protezione delle donne: campagna di protesta dei cristiani
Karachi – “Dobbiamo essere tutti uniti per difendere e promuovere il disegno di legge proposto per tutelare le donne delle minoranze religiose dalle conversioni forzate. Non solo vogliamo che questa proposta diventi legge, ma vogliamo anche che venga attuata. Bocciare il disegno di legge che mira a fermare le conversioni forzate è contro i diritti umani. Questo rifiuto ha ferito i nostri sentimenti, soprattutto quelli delle donne appartenenti alle minoranze religiose del Pakistan. È responsabilità dello Stato fornire protezione ai suoi cittadini, in particolare alle donne e ai bambini, in mezzo ai pericoli per la loro vita e la loro pace mentale”: lo afferma all’Agenzia Fides Tabassum Yousaf, avvocatessa cattolica di Karachi, attiva nel partecipare alla campagna di protesta dopo il rigetto del testo di legge che intendeva preservare le donne più vulnerabili ed esposte al fenomeno del sequestro e della conversione forzata .
Tabassum Yousaf, che nei giorni scorsi ha preso parte alla protesta insieme ad ai cittadini al Karachi Press Club, dichiara a Fides: “Esiste già la ‘legge sul matrimonio infantile’ che proibisce il matrimonio dei minori di 18 anni; ma quando una ragazza minorenne appartenente alle comunità religiose minoritarie viene rapita e convertita con la forza e costretta a sposare un uomo due o tre volte maggiore della sua età, questa legge viene ignorata. È un chiaro segno che non c’è una corretta attuazione della legge quando si tratta di donne non musulmane. Vi è una applicazione selettiva delle legge. E’ una grave discriminazione”.
Il cristiano Shabir Shafaqat, presidente del Christian National Party, che ha guidato la protesta al Karachi Press Club contro il rigetto del disegno di legge, dice a Fides: “Stiamo lottando per i nostri diritti fondamentali, facciamo appello al Primo Ministro, alla magistratura e al Capo dell’Esercito del Pakistan, affinché assicurino la protezione delle nostre donne dai rapimenti per le conversioni forzate e i matrimoni forzati”. E rileva: “Cristiani e indù si sentono insicuri a causa dei rapimenti, in rapida crescita, a causa dei matrimoni forzati e delle conversioni forzate delle adolescenti appartenenti alle minoranze religiose del Pakistan. E’ necessario un intervento dello stato”.
Vari gruppi per i diritti delle minoranze hanno annunciato nuove proteste pacifiche in varie città del Pakistan il 13 novembre 2021.
La Commissione parlamentare sulle conversioni forzate ha rigettato il disegno di legge preparato dal Ministero dei diritti umani e ha definito questo disegno di legge “non islamico” il mese scorso, il 13 ottobre 2021.
Il disegno di legge all’articolo n. 3 stabilisce che qualsiasi non musulmano, per convertirsi ad un’aa religione, deve richiedere un “certificato di conversione” al giudice di primo grado nell’area dove ordinariamente risiede o svolge la sua attività. Il giudice deve fissare la data del colloquio entro 7 giorni dal ricevimento della domanda e alla data indicata il personale deve essere presente per garantire che la conversione religiosa avvenga in modo libero, non a causa di una costrizione e non sia dovuta ad alcun inganno o dichiarazione fraudolenta.
L’articolo afferma inoe che, su richiesta del cittadino non musulmano, il giudice può organizzare incontri con studiosi o leader religiosi della religione a cui la persona desidera convertirsi. Il giudice può concedere un periodo di 90 giorni per intraprendere uno studio comparativo delle religioni. Si riterrà infine che il cittadino non musulmano abbia cambiato ufficialmente la sua fede a partire dal “certificato di conversione” rilasciato dal giudice.
Nell’articolo n. 4 del disegno di legge, per vietare la conversione forzata, prevede che “chiunque con la forza delittuosa converte una persona ad un’aa religione, commette il reato di conversione forzata ed è punito con una pena di almeno 5 anni fino ad un massimo di 10 anni e a una multa di minimo 100.000 rupie pakistane”. Inoe chiunque compie, conduce, dirige, realizza o in qualsiasi modo facilita un matrimonio avendo la consapevolezza che una o entrambe le parti sono vittime di conversione forzata, è punito con la reclusione per un minimo di tre anni e una multa di 100.000 rupie pakistane.
L’articolo n. 6 della proposta di legge stabilisce che nessuna persona può cambiare religione fino a quando non diventa adulta, e se un minorenne afferma di aver cambiato religione prima di aver raggiunto la maggiore età, questa dichiarazione non si considera valida.
EUROPA/AUSTRIA – Conferma del Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, p. Karl Wallner, O.CIST.
Città del Vaticano – Il Card. Luis Antonio G. Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in data 1 settembre 2021 ha confermato nell’incarico di Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Austria per un ao quinquennio , p. Karl Wallner, dell’Ordine Cistercense.
ASIA/GIORDANIA – Appello internazionale islamo-cristiano per la protezione delle comunità di preghiera e dei Luoghi Santi
Amman – Gli attacchi sanguinari a luoghi di culto che ospitano comunità di fede raccolte in preghiera o mentre prendono parte ad atti rituali, rappresentano “il vertice” di atrocità e violenze giustificate tirando in ballo argomenti “religiosi”. Di fronte al perpetuarsi di tali fenomeni, occorre favorire la creazione di una “rete globale” interreligiosa e inter-culturale, che operi a protezione dei siti di culto e di tutti i credenti che li frequentano, come contributo allo sviluppo di una “comune civiltà umana” alimentata dal riconoscimento e dalla condivisione di “valori umani comuni”. E’ questa l’urgenza rilanciata dall’Appello internazionale per la protezione dei Luoghi Santi da tutte le violenze e i soprusi che colpiscono le diverse comunità oranti e adoranti. L’iniziativa è promossa dal Principe giordano Hassan Bin Talal , che presiede l’Arab Thought Forum e anche il Consiglio del Royal Institute for Religious Studies. All’appello hanno aderito più di 40 sostenitori musulmani e cristiani, compresi alti esponenti di comunità del Medio Oriente e rappresentanti di istituzioni accademiche, teologiche e culturali di diversi Paesi.
Il testo dell’appello presenta accenti e contenuti originali, pur muovendosi nell’orizzonte già delineato nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, sottoscritto il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo Sheikh sunnita Ahmed al Tayyeb, Grande Imam di al Azhar. In particolare, il nuovo appello insiste sulla necessità di favorire tra le diverse identità confessionali e culturali un dialogo che valorizzi la ragione umana e la condivisione di valori comuni. Gli attacchi perpetrati contro i luoghi di culto vengono collegati alle vicende che anche in tempi recenti hanno visto presi di mira siti di valore culturale, biblioteche e “ai centri rappresentativi della civiltà araba islamica”, in analogia a quanto avvenne già all’immensa Biblioteca Bayt al Hikma a Baghdad, distrutta dai Mongoli nel 1258.
I siti religiosi sono luoghi-simbolo “della nostra umanità, della nostra storia e delle tradizioni condivise delle persone in tutto il mondo”. E “senza la storia non possiamo sostenere il futuro. La storia e il suo patrimonio non sono ao che un pilastro del presente che cerchiamo di costruire”. Nei nostri tempi – rimarca l’appello promosso dal Principe Bin Talal – l’incitamento all’odio e le contrapposizioni che giustificano lo spargimento di sangue continuano ad aumentare, “accompagnati dal ricorso all’abuso di religioni e credenze come pretesto per violenza, esclusione e discriminazione”. Vengono presi di mira anche “siti storici e archeologici e il patrimonio architettonico, inclusi musei, biblioteche e manoscritti”, con l’intento evidente di “cancellare la memoria che preserva le civiltà dei popoli e il loro nucleo di valore dall’estinzione”.
A tale paura e rimozione della memoria storica dei popoli – sostiene l’appello – si può rispondere riconoscendo e promuovendo “il concetto di valori umani comuni”, e sperimentando che “contrariamente a quanto qualcuno potrebbe pensare, il concetto di ‘valori umani comuni’, nel suo senso più profondo, non indebolisce le specificità insite nelle diverse credenze religiose”, né “confligge con le identità culturali o nazionali”.
Nella lista di esponenti musulmani e cristiani che hanno sottoscritto l’appello del Principe Hassan bin Talal figurano, tra gli ai, il professor Ali Muhyiddin Al-Qura Daghi, Segretario Generale dell’Unione Internazionale degli Studiosi musulmani ; il professore turco Arshad Hormuzlu; il professore saudita Khalil al Khalil; il dottor Ahmed al Khamlichi, Direttore della Fondazione marocchina Dar Al-Hadith al Hassaniya; la studiosa libanese Nayla Tabbara, co-fondatrice della Fondazione Adyan; l’Imam Yahya Pallavicini, Presidente della Federazione delle Organizzazioni Islamiche Italiane; il dottor Martino Diez, Direttore della Fondazione internazionale Oasis; Atallah Hanna, Arcivescovo greco ortodosso di Sebastia; il Vescovo emerito Salim Sayegh, già Vicario patriarcale di Gerusalemme dei Latin per la Giordania; il sacerdote giordano Rifat Bader, direttore del Catholic Center for Studies and media.
ASIA/GIORDANIA – Appello internazionale islamo-cristiano per la protezione delle comunità di preghiera e dei luoghi di culto
Amman – Gli attacchi sanguinari a luoghi di culto che ospitano comunità di fede raccolte in preghiera o mentre prendono parte ad atti rituali, rappresentano “il vertice” di atrocità e violenze giustificate tirando in ballo argomenti “religiosi”. Di fronte al perpetuarsi di tali fenomeni, occorre favorire la creazione di una “rete globale” interreligiosa e inter-culturale, che operi a protezione dei siti di culto e di tutti i credenti che li frequentano, come contributo allo sviluppo di una “comune civiltà umana” alimentata dal riconoscimento e dalla condivisione di “valori umani comuni”. E’ questa l’urgenza rilanciata dall’Appello internazionale per la protezione dei Luoghi Santi da tutte le violenze e i soprusi che colpiscono le diverse comunità oranti e adoranti. L’iniziativa è promossa dal Principe giordano Hassan Bin Talal , che presiede l’Arab Thought Forum e anche il Consiglio del Royal Institute for Religious Studies. All’appello hanno aderito più di 40 sostenitori musulmani e cristiani, compresi alti esponenti di comunità del Medio Oriente e rappresentanti di istituzioni accademiche, teologiche e culturali di diversi Paesi.
Il testo dell’appello presenta accenti e contenuti originali, pur muovendosi nell’orizzonte già delineato nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, sottoscritto il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo Sheikh sunnita Ahmed al Tayyeb, Grande Imam di al Azhar. In particolare, il nuovo appello insiste sulla necessità di favorire tra le diverse identità confessionali e culturali un dialogo che valorizzi la ragione umana e la condivisione di valori comuni. Gli attacchi perpetrati contro i luoghi di culto vengono collegati alle vicende che anche in tempi recenti hanno visto presi di mira siti di valore culturale, biblioteche e “ai centri rappresentativi della civiltà araba islamica”, in analogia a quanto avvenne già all’immensa Biblioteca Bayt al Hikma a Baghdad, distrutta dai Mongoli nel 1258.
I siti religiosi sono luoghi-simbolo “della nostra umanità, della nostra storia e delle tradizioni condivise delle persone in tutto il mondo”. E “senza la storia non possiamo sostenere il futuro. La storia e il suo patrimonio non sono ao che un pilastro del presente che cerchiamo di costruire”. Nei nostri tempi – rimarca l’appello promosso dal Principe Bin Talal – l’incitamento all’odio e le contrapposizioni che giustificano lo spargimento di sangue continuano ad aumentare, “accompagnati dal ricorso all’abuso di religioni e credenze come pretesto per violenza, esclusione e discriminazione”. Vengono presi di mira anche “siti storici e archeologici e il patrimonio architettonico, inclusi musei, biblioteche e manoscritti”, con l’intento evidente di “cancellare la memoria che preserva le civiltà dei popoli e il loro nucleo di valore dall’estinzione”.
A tale paura e rimozione della memoria storica dei popoli – sostiene l’appello – si può rispondere riconoscendo e promuovendo “il concetto di valori umani comuni”, e sperimentando che “contrariamente a quanto qualcuno potrebbe pensare, il concetto di ‘valori umani comuni’, nel suo senso più profondo, non indebolisce le specificità insite nelle diverse credenze religiose”, né “confligge con le identità culturali o nazionali”.
Nella lista di esponenti musulmani e cristiani che hanno sottoscritto l’appello del Principe Hassan bin Talal figurano, tra gli ai, il professor Ali Muhyiddin Al-Qura Daghi, Segretario Generale dell’Unione Internazionale degli Studiosi musulmani ; il professore turco Arshad Hormuzlu; il professore saudita Khalil al Khalil; il dottor Ahmed al Khamlichi, Direttore della Fondazione marocchina Dar Al-Hadith al Hassaniya; la studiosa libanese Nayla Tabbara, co-fondatrice della Fondazione Adyan; l’Imam Yahya Pallavicini, Presidente della Federazione delle Organizzazioni Islamiche Italiane; il dottor Martino Diez, Direttore della Fondazione internazionale Oasis; Atallah Hanna, Arcivescovo greco ortodosso di Sebastia; il Vescovo emerito Salim Sayegh, già Vicario patriarcale di Gerusalemme dei Latin per la Giordania; il sacerdote giordano Rifat Bader, direttore del Catholic Center for Studies and media.
AMERICA/REP. DOMINICANA – La famiglia deve essere la protagonista principale delle politiche dello Stato: Manifesto della Famiglia 2021
Santo Domingo – Dal 1971 nella Repubblica Dominicana il mese di novembre è “il Mese della Famiglia” e per questa circostanza la Commissione Nazionale della famiglia, della Conferenza episcopale dominicana, insieme alle Commissioni diocesane e ai movimenti apostolici, hanno pubblicato il “Manifesto della famiglia 2021” nel contesto dell’ “Anno della Famiglia Amoris Laetitia”.
Nel testo, pervenuto a Fides, vengono ribaditi alcuni concetti fondamentali: “la Famiglia, come prima e vitale cellula della società, è stata una preoccupazione costante della nostra Chiesa cattolica, e i nostri Vescovi, in diverse occasioni, l’hanno dichiarata prioritaria all’interno dei loro piani pastorali”. In questo momento, in cui la famiglia dominicana riceve diversi attacchi, è opportuno mettere in risalto il suo valore, come stabilito dalla Costituzione dello Stato. “Nessuna istituzione può decidere al posto della famiglia – è scritto nel manifesto -. Non possiamo tollerare, in nessuna circostanza, che ci si imponga qualsiasi tipo di agenda che attenti alla vita stessa della persona umana, né di coloro che devono ancora nascere. Non possiamo tollerare neanche alcun tipo di ideologia che snaturi e sradichi la nostra identità familiare. Siamo costituzionalmente, i responsabili dell’educazione dei nostri figli”. Per questo la famiglia deve essere “una comunità di vita e di amore, formatrice di persone, partecipe dello sviluppo della società, e della vita e della missione della Chiesa”.
Ribadendo che “la famiglia deve essere la grande protagonista delle politiche pubbliche dello Stato”, i firmatari del Manifesto rivolgono una serie di richieste allo Stato. In primo luogo “riconoscere e garantire il diritto e il rispetto della protezione della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come sostiene la Costituzione Dominicana”. Le politiche pubbliche si occupino con urgenza delle famiglie, soprattutto quelle in povertà, assicurando cibo, salute, educazione e sicurezza cittadina. Lo Stato sviluppi un piano per abitazioni a basso costo; una rete di Centri di Assistenza Familiare per famiglie con difficoltà di convivenza; centri specializzati in terapie per bambini orfani traumatizzati dalle conseguenze della violenza domestica; assicuri fonti di lavoro che garantiscano l’autosostentamento delle famiglie; promuova programmi etici e umani di educazione affettivo-sessuale nei centri educativi; coinvolga i mezzi di comunicazione nella costruzione di famiglie sane, evitando tutto quello che può provocare la disgregazione familiare, la violenza e gli antivalori.
Infine chiedono allo Stato la creazione del Ministero della Famiglia, “che coordini, articoli e integri tutte le politiche pubbliche relative a tutti i membri della famiglia”. Si ribadisce infine al Governo, alle Camere legislative e a tutta la popolazione, che nessuno può appropriarsi della famiglia, dal momento che “ha il diritto di decidere sui suoi membri e sul loro futuro, tenendo presente che il bene della società dipende dal bene del matrimonio e della famiglia”.
AMERICA/CILE – Crescono violenza e polarizzazione in vista delle elezioni: i Vescovi chiamano al dialogo e alla responsabilità
Santiago – “Preoccupati per l’attuale clima di belligeranza e polarizzazione nella vita politica, specialmente nella campagna presidenziale, che dovrebbe essere invece l’occasione per confrontarsi con idee, progetti e programmi sul presente e sul futuro della nazione, in un esercizio che infonda speranza, senso di appartenenza e impegno per il bene comune”, i Vescovi cileni hanno pubblicato un messaggio, pervenuto a Fides, ad un mese dalle elezioni presidenziali, parlamentari e regionali del 21 novembre.
Il Comitato permanente dell’Episcopato cileno, nella nota intitolata “Per vivere il processo elettorale nella pace e nella concordia cittadina”, rileva: “purtroppo le manifestazioni di violenza
stanno crescendo tra noi. La polarizzazione e l’aggressività si esprimono a molti livelli della nostra convivenza, anche nei nostri rapporti quotidiani con gli altri. Gli omicidi e altre azioni criminali sono aumentati ultimamente. Il traffico di droga e la criminalità occupano ampi settori e spazi delle nostre città. La legittima protesta politica diventa spesso, per l’azione di alcuni gruppi, distruttiva di beni e spazi pubblici e privati”.
Di fronte a questa situazione, i Vescovi esortano i cileni a “rivedere seriamente il nostro modo di vivere insieme”, a “fermare la violenza”, a “imparare a dialogare come fratelli, tutti abitanti dello stesso Paese e casa comune”. Un altro motivo di preoccupazione viene dallo scenario economico, con le sue conseguenze negative che colpiscono soprattutto i poveri e le famiglie vulnerabili, cui si aggiunge la pandemia che ha generato problemi che dureranno a lungo. “È contraddittorio – proseguono – che, mentre cerchiamo e aneliamo a livelli più elevati di benessere e giustizia, non costruiamo con l’azione politica scenari più stabili, che ci permettano veramente di affrontare le sfide sociali ed economiche che abbiamo. Dobbiamo scommettere ancora di più per il bene del Paese, al di là dei calcoli elettorali”.
I Vescovi quindi invitano tutti “ad agire in modo responsabile”, sottolineando che “per chiunque verrà a governare il Paese nel prossimo periodo, il compito sarà difficile e complesso, a causa del contesto economico e politico che stiamo vivendo, senza dimenticare la presenza della crisi sanitaria”. Occorre quindi fare attenzione alle parole che vengono usate e alle iniziative che vengono intraprese, “per non generare quella polarizzazione che rende più opaco il nostro presente”. Infine esortano i credenti a “pregare per la nostra Patria, per i suoi governanti e leader, per le sue istituzioni e per i processi politici e sociali in corso, per ciascuno dei suoi abitanti”, affidando alla Vergine del Monte Carmelo “questo tempo di sfide per la nostra patria”.
ASIA/INDONESIA – Una missione a servizio delle giovani donne
Città del Vaticano – E’ stato l’invito della Vergine Maria “Andate, o mie Ancelle”, a spingere la congregazione delle Francescane Ancelle di Maria, istituto religioso italiano, nato in Toscana, a dirigersi verso terre lontane e ad avviare missioni in Indonesia e in Colombia. Lo ha spiegato suor Alessandra Dalpozzo, Madre Generale delle Francescane Ancelle di Maria, che ha presentato nella conferenza stampa tenutasi il 21 ottobre in Vaticano, l’attività missionaria della sua congregazione.
Le Francescane Ancelle di Maria sono nate nel 1744 a Quadalto, Palazzuolo sul Senio, in provincia di Firenze, dall’adesione di tre ragazze all’invito della Beata Vergine, apparsa loro in sogno, che disse loro: “Andate, o mie Ancelle”. Le religiose, che hanno come modello Maria nell’atteggiamento di ascolto, di contemplazione e di offerta, uniscono allo spirito contemplativo quello dell’apostolato, svolto nelle parrocchie, nelle missioni popolari, nell’istruzione, nella pastorale giovanile e nell’assistenza ai poveri e agli ammalati.
In particolare, nel 2009, spinte dal medesimo invito a “uscire” ed “andare per portare il Vangelo fino ai confini della terra” hanno iniziato la presenza della Congregazione ad Atambua, nell’isola di Timor, in Indonesia. E’ stata la prima “missione ad gentes delle suore, chiamate lì dalla Diocesi che ha affidato loro la cura di due convitti. I collegi, intitolati a Santa Teresa d’Avila e Santa Maria Goretti, ospitano nel complesso circa 150 ragazze e danno alle adolescenti del territorio, di famiglie molto povere, la possibilità di frequentare le scuole superiori.
Suor Alessandra ha ricordato il contributo determinante della Pontificia Opera della Propagazione della Fede che, offrendo loro un sussidio, ha consentito la costruzione della Cappella al centro di questa missione, luogo di preghiera, di vita spirituale, di celebrazione e di aggregazione della comunità.
Suor Alessandra ricorda: “Laddove siamo chiamate ad operare, in ogni luogo del mondo, avvertiamo che quelli sono anch’essi luoghi scelti da Maria, dove vogliamo essere sue ancelle, dove ci sentiamo coinvolte per essere nella Chiesa e per la missione della Chiesa; desideriamo essere costruttrici di pace, quella pace dono di Cristo morto e risorto per noi”.
ASIA/LIBANO – Strage di Beirut, gli sciiti accusano i miliziani delle Forze Libanesi. Padre Zgheib: c’è chi punta a far riesplodere gli scontri settari
Beirut – La crisi del Libano si tinge di sangue e torna a riaccendere nell’inconscio collettivo di tanti libanesi gli incubi mai rimossi degli anni di stragi e violenza della guerra civile. Dopo i sette manifestanti sciiti uccisi giovedì 14 ottobre a Beirut da cecchini appostati sui tetti nel quartiere “cristiano” di Tayouneh, il partito di Hezbollah e la stampa sciita attaccano frontalmente come autori del massacro miliziani delle Forze Libanesi – Partito guidato dal leader cristiano Samir Geagea, che dal canto suo smentisce le accuse di aver realizzato un “agguato” premeditato, leggendo la vicenda come un semplice caso di auto-difesa messo in atto dagli abitanti del quartiere di fronte alle aggressioni e provocazioni dei militanti sciiti. Sui media e nei contributi di alcuni analisti riaffiora la retorica settaria sulle milizie impegnate a “difendere” e “proteggere” i quartieri cosiddetti “cristiani” dalle incursioni dei gruppi legati ai Partiti sciiti di Hezbollah e di Hamas. Ma il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, lancia l’allarme”: “Tanti segnali” spiega padre Zgheib all’Agenzia Fides “fanno emergere che ancora una volta la terra libanese, in preda a una crisi senza precedenti, rimane terreno di scontro per partite geopolitiche regionali e globali. Chi gioca queste partite, sa bene che in Libano per far saltare tutto occorre infiammare i conflitti settari, per poi rivestire le proprie mosse sotto quella veste. Ma questo lo sanno bene anche tanti libanesi. Tutti hanno visto come si facevano operazioni di questo tipo durante gli anni tremendi della guerra civile. Questo nessuno lo ha dimenticato, e nessuno vuole tornare a quel tempo atroce”.
La strage di giovedì si è perpetrata dopo che una manifestazione di militanti di Amal e di Hezbollah erano entrati urlando slogan e provocando caos nel quartiere cristiani di Tayouneh , nei luoghi di radicamento storico dei militanti delle Forze Libanesi, vicino alla linea di demarcazione che divideva i quartieri cristiani da quelli sciiti nella Beirut durante il conflitto settario iniziato nel 1975. La manifestazione era stata convocata da Amal e da Hezbollah per chiedere la rimozione del giudice Tarek Bitar, titolare dell’inchiesta che sta mettendo nel mirino uomini di Amal – Partito guidato dal Presidente del Parlamento Nabih Berri- per le loro presunte responsabilità penali in merito alle tragiche esplosioni che devastarono il porto di Beirut il 4 agosto 2020.
Nel contorto scenario politico libanese, reso ancora più incandescente dalla crisi sociale e economica che sta mettendo in ginocchio il Paese, gli schieramenti politici locali e i rispettivi referenti geopolitici regionali e globali puntano a guadagnare terreno in vista delle elezioni, in programma il prossimo ???. Secondo alcuni analisti, in questo contesto anche i militanti delle Forze Libanesi tornano a sbandierare gli argomenti della logica miliziana tipici degli anni della guerra civile cercando di guadagnarsi la fama di “protettori dei cristiani” nei confronti delle strategie prevaricanti delle forze politiche sciite. Fonti libanesi contattate da Fides invitano a tener presenti i fattori geopolitici che condizionano il complicato scenario libanese, dove le alleanze sono sempre mutevoli e appaiono sul punto di cedere anche allineamenti di forze che negli ultimi anni apparivano più che solidi. Hezbollah e Amal, formazioni sciite che durante la guerra civile scontravano militarmente, ora appaiono legate da un asse di ferro. A mal digerire l’indagine degli giudice Bitar sono soprattutto gli uomini di Amal, e appartenevano tutti a Amal i sette manifestanti uccisi dai cecchini giovedì scorso. Sul fronte geopolitico, Hezbollah rimane legata all’Iran, mentre sono ben conosciuti i legami di Berri con gli Stati Uniti. Giovedì scorso, proprio nelle ore in cui su consumava la strage di Beirut, si trovava in visita nella capitale libanese Victoria Nuland, assistente del Segretario di Stato USA Tony Blinken, che nelle dichiarazioni rilasciate al termine della sua trasferta-lampo ha assicurato nuovi aiuti finanziari USA all’esercito libanese e ha definito inconsistenti le promesse di sostegno energetico all’economia libanese espresse dall’Iran. Nel contempo, negli ultimi giorni ambienti vicini ai leader di Amal accusano il Presidente Michel Aoun di sostenere politicamente le indagini del giudice Bitar come captatio benevolentiae per riallacciare rapporti meno tesi con l’attuale amministrazione USA. Dettagli controversi, a tratti contraddittori, che rendono ancora più evidente come sia banale e fuorviante invocare lo “scontro” tra cristiani e musulmani come chiave ermeneutica per comprendere le dinamiche in atto nell’intricato scenario libanese. Uno scenario dove da lungo tempo i settarismi e le contrapposizioni di matrice confessionali vengono utilizzati come veicolo per porre in atto provocazioni di matrice terroristica o militare, utili a cambiare i fragili equilibri di potere e sabotare prospettive di pacifica convivenza tra diversi.
VATICANO – In Asia centrale con “creatività missionaria”: il webinar delle Pontificie Opere Missionarie
Città del Vaticano – “La Chiesa in Asia centrale vive una situazione speciale che, forse proprio per la sua unicità, può sollecitare nuove forme di missione. Il Papa, nella Evangelii Gaudium ha parlato di ‘creatività missionaria’: un incontro digitale come questo, che riunisce i membri della Chiesa centrasiatica, può rappresentare uno strumento utile per individuare nuove forme di missione adatte a un contesto così specifico”. E’ quanto rimarcato ha l’Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie , a conclusione del webinar “La missione di evangelizzazione nell’Asia centrale ai tempi dell’Evangelii Gaudium. Contesto, difficoltà, prospettive”. L’evento è stato organizzato dalla Pontificia Unione Missionaria nei giorni 12 e 13 ottobre, nell’ambito dell’attività di sensibilizzazione e formazione promossa dalle POM .
Durante i due giorni di confronto e di scambio di esperienze, si sono approfonditi aspetti ed esperienze delle missioni nella regione dell’Asia centrale – che include Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan, Uzbekistan – e di paesi limitrofi quali Mongolia e Afghanistan. I partecipanti hanno avuto la possibilità di raccontare le situazioni e le sfide specifiche della Chiesa nelle varie realtà e di confrontarsi su criticità comuni ai vari paesi. Su tutte, è emerso, vi è la condizione di “piccolo gregge” ovvero l’essere una minoranza in contesti a maggioranza islamica , l’enorme varietà linguistica e l’esigenza di far penetrare e armonizzare il messaggio del Vangelo in tradizioni locali antiche e radicate. L’urgenza, si è sottolineato nei diversi interventi, è quella di aprirsi a tali culture, trovando però il giusto equilibrio per non perdere la rotta. Significativo, in tal senso, l’intervento di Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo della diocesi di Karaganda, che ha sottolineato: “Dobbiamo capire se abbiamo chiara una direzione per lo sviluppo della Chiesa o siamo confusi e portiamo avanti la solita immobile pastorale di sempre. Quando la gente del posto viene a chiederci come camminare, ha bisogno di sentirsi guidare attraverso una rotta chiara, o resterà delusa”.
Al tempo stesso, ha ricordato Mons. Dell’Oro, “il Papa ci ha dato un grande strumento, l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, che traccia una direzione per la nuova evangelizzazione indicando come modalità della testimonianza la gioia”, entrando nella storia e nella cultura locale ed evitando devozioni individuali e sentimentali.
E’ un richiamo a rinnovare l’annuncio, anche attraverso progetti comuni che possano creare uno spazio di incontro, “facendo del proprio meglio per lavorare come una sola famiglia e portare avanti la missione della chiesa”, ha sottolineato da P. Tadeusz Nowak OMI, Segretario generale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede.
I frutti di questo lavoro, ha concluso Mons. Dal Toso, potranno essere raccolti nel tempo: “Portare il Vangelo all’interno di culture diverse dalla nostra non vuol dire semplicemente imparare lingue o trovare parole e immagini per farsi capire, ma vuol dire anche impegnarsi affinché la cultura che riceve il cristianesimo possa lentamente accoglierlo e cambiare. Come ricorda Papa Francesco, è importante lavorare per un incontro fecondo tra la fede e la cultura, cioè tra quello in cui noi crediamo e la cultura di un popolo che ha bisogno di entrare nel mistero che noi annunciamo. L’esperienza di missione in questi paesi ci insegna che si tratta di un processo molto lungo che richiede pazienza. Dio ci chiede tempi lunghi ma che, nella sua volontà, porteranno frutto”.
I cattolici rappresentano una minoranza nei Paesi dell’Asia centrale: si tratta, infatti, di un’area geografica a maggioranza musulmana, dove la Chiesa è rinata in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica e alla conseguente fine delle persecuzioni religiose. Ad oggi si contano 70 parrocchie in Kazakistan, 5 in Uzbekistan, 3 in Kirghizistan, 2 in Tajikistan, mentre in Turkmenistan i circa 250 fedeli si riuniscono nella cappella della Trasfigurazione del Signore, nella capitale Ashgabat.
ASIA/PAKISTAN – Giornata internazionale delle bambine: la Chiesa ricorda matrimoni forzati e conversione religiosa di minorenni
Lahore – Il governo deve adoperarsi con ogni mezzo per porre fine al fenomeno dei matrimoni forzati e al sequestro e conversione religiosa delle ragazze minorenni: è l’appello diffuso dalla Conferenza Episcopale cattolica del Pakistan in occasione della Giornata internazionale delle bambine, indetta dall’Onu, che si celebra oggi, 11 ottobre.
In un comunicato inviato all’Agenzia Fides, la Commissione nazionale “Giustizia e pace” , organismo nella Conferenza episcopale cattolica del Pakistan, invita le autorità a intraprendere azioni legislative concrete per porre fine ai matrimoni forzati a scopo di conversione forzata. Il testo ricorda che ogni anno in Pakistan oltre 1.000 ragazze indù e cristiane, appartenenti cioè a comunità religiose di minoranza, sono vittime di sequestri e conversioni forzate attraverso matrimoni forzati. La comunità cristiana contesta questa violenza, stigmatizza l’abuso e le violazioni della libertà personale e della libertà religiosa delle adolescenti. La dichiarazione critica la resistenza del governo ad approvare una legislazione in tal senso.
Nella nota il Vescovo Samson Shukardin, Presidente della Commissione, P. Emmanuel Yousaf , direttore nazionale, e Naeem Yousaf Gill, direttore esecutivo, esortano il governo federale a prendere “una posizione logica e legale in conformità con i suoi obblighi internazionali e con le disposizioni costituzionali per la protezione dei diritti delle minoranze”. “Le bambine e le ragazze vittime di questa violenza affrontano il trauma della separazione dai genitori e subiscono un abuso fisico, mentale ed emotivo. I genitori delle ragazze sono minacciati e indotti a tacere. Il reato di conversione forzata comporta molteplici violazioni dei diritti umani, come la libertà di religione e i diritti umani fondamentali”, rileva il comunicato della Commissione.
L’azione dei Vescovi cattolici si unisce a quella di varie organizzazioni internazionali, tra le quali l’Ong “ADF International” , che ha pubblicato una Lettera aperta chiedendo che le ragazze delle minoranze religiose siano protette dagli orrori dei rapimenti e dei matrimoni forzati.
La lettera aperta invita il governo del Pakistan a creare apposite linee telefoniche di assistenza per segnalare i casi, a restituire i minori ai genitori, a far sì che la polizia e la magistratura proteggano al meglio le ragazze appartenenti a minoranze religiose.
“Nessuno dovrebbe essere perseguitato a causa della propria fede. In Pakistan, giovani ragazze cristiane vengono rapite e convertite attraverso il matrimonio forzato. Il caso di Maira è solo un esempio clamoroso. Chiediamo di sostenere la campagna #EndForcedMarriage e firmare la lettera per fare una pressione internazionale sulle autorità pakistane” rileva Tehmina Arora di ADF Internazionale.
L’organizzazione ricorda, tra le altre la storia della 14enne Maira, fuggita dal matrimonio forzato. Maira, sequestrata e costretta al matrimonio e alla conversione all’islam, è fuggita dal suo rapitore e ora vive nel nascondimento, mentre gli avvocati hanno chiesto al tribunale per annullare il suo certificato di matrimonio.
ll 19 dicembre 2011, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 66/170 per dichiarare l’11 ottobre Giornata internazionale delle bambine, per riconoscere i diritti delle ragazze e le sfide uniche che le ragazze devono affrontare in tutto il mondo.
AFRICA/MOZAMBICO – Evangelizzazione e carità: prima comunità delle suore di Don Orione
Maputo – “Da alcuni anni stavamo progettando di aprire una comunità delle Piccole Suore Missionarie della Carità in Mozambico: ora si è avverato questo sogno”. E’ quanto dichiara un in colloquio con l’Agenzia Fides Suor Claudia Maria Rio, Superiora generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità fondate da San Luigi Orione, che, nel mese scorso, è giunta a Maputo con le prime suore orionine che opereranno in una delle zone più povere della capitale mozambicana. “In questa prima fase – prosegue la Madre generale – possiamo contare sull’appoggio dei Figli della Divina Provvidenza, che da anni sono presenti con un Piccolo Cottolengo a Maputo”.
“La presenza delle Suore in quest’opera – spiega Suor Claudia – oltre a dare la possibilità di presentarci al completo come Famiglia Orionina nel Mozambico, ci permetterà di contribuire a innalzare il livello di assistenza e di accompagnamento interno delle attività del Cottolengo: il nostro compito – afferma – è quello di dare continuità in diversi modi alla grazia concessa dal nostro fondatore S. Luigi Orione. Con il Consiglio generale – continua la religiosa – abbiamo considerato la convenienza di incorporare questa nuova comunità alla vice-Delegazione Nostra Signora della Speranza della Costa d’Avorio perché, nonostante la differenza della lingua e la distanza, pensiamo che c’è una maggior affinità culturale e quindi sarà più garantita la continuità del servizio. Contiamo già della disponibilità di alcune suore della vice-Delegazione”.
Il Piccolo Cottolengo di Don Orione a Maputo offre accesso alla salute, all’istruzione e alla cura a oltre 200 bambini, adolescenti e adulti con disabilità multiple, fisica e intellettuale, che vivono in situazioni di rischio o di abbandono. L’attività di 700 volontari e di oltre 300 dipendenti garantisce la qualità della vita dei beneficiari. Inoltre, lo scorso 19 agosto, nella struttura orionina è stato inaugurato il Centro di Ortopedia, a conferma dello sviluppo e della crescita della missione orionina nel Paese africano.
“Siamo state accolte con grande gioia dalle autorità locali e dal Vescovo della zona – racconta Suor Claudia – e questo è di buon auspico per il nostro futuro in terra africana. La nostra missione – conclude – resta quella di fare del Piccolo Cottolengo uno spazio di evangelizzazione e un luogo di carità”.
Link correlati :Vedi sul canale Youtube l’intervista a suor Claudia Maria Rio
Comunicato dei e delle docenti di discipline giuridiche degli Atenei italiani a seguito della sentenza di condanna nei confronti di Mimmo Lucano
La sentenza di primo grado che condanna Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, a 13 anni e 2 mesi interroga il nostro senso di giustizia.
Da giuristi e giuriste, e studiosi e studiose del diritto e delle istituzioni, attendiamo, prima di ogni valutazione nel merito, di leggere le motivazioni della sentenza e con fiducia pensiamo ai successivi gradi di giudizio come a momenti in cui maggiore chiarezza potrà essere fatta.
Sin da subito, però, non possiamo esimerci dal sottolineare come il Tribunale di Locri abbia ritenuto, per i reati di associazione, truffa sulle erogazioni pubbliche e di peculato, ai cui singoli episodi è stata riconosciuta la continuazione, di applicare una pena estremamente elevata, a fronte di uno stimato danno erariale di meno di 800.000 euro di cui è stato comunque imposto il risarcimento. La sentenza irroga di conseguenza un ammontare complessivo di pena che raramente è stato disposto per reati analoghi anche in procedimenti in cui il vantaggio ingiusto era ben più consistente e rivolto a finalità ben più individualistiche di quelle attribuite a Mimmo Lucano. Basti pensare alle condanne inflitte, nell’ambito del cosiddetto processo “Mafia capitale”, poi diventato “Mondo di mezzo”, a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, che pur relative a sedici episodi corruttivi, sette di turbativa d’asta, uno di traffico di influenze illecite e uno di trasferimento fraudolento di valori, sono state di gravità inferiore a quella stabilita per l’ex sindaco di Riace.
Questo lascia spazio a dubbi, stupore, e al timore legittimo di un accanimento verso un uomo e una vicenda divenuti simbolo di una visione dell’accoglienza in Italia mirata alla costruzione di percorsi inclusivi effettivi e non alla burocratica osservanza dei protocolli ministeriali.
Ci meraviglia in particolare il fatto che il collegio non abbia ritenuto di applicare alcuna attenuante. Dichiariamo la nostra preoccupazione per un clima di ostilità che si respira a volte anche nelle aule giudiziarie nei confronti di chi, a vario titolo e in vari contesti, appartiene al mondo che esprime fattivamente solidarietà alle persone migranti, e la volontà di monitorare con tutti gli strumenti a nostra disposizione le fasi successive del procedimento aperto nei confronti di Mimmo Lucano.
Primi firmatari:
Emilio Santoro, Università di Firenze; Alessandra Sciurba, Università di Palermo; Aldo Schiavello, Università di Palermo; Perla Allegri, Università di Torino; Salvatore Amato, Università di Catania; Adalgiso Amendola, Università di Salerno; Alberto Andronico, Università di Catania; Luca Baccelli, Università di Camerino; Adriano Ballarini, Università di Macerata; Mauro Barberis, Università di Trieste; Clelia Bartoli, Università di Palermo; Viviana Battaglia, Università di Palermo; Barbara Giovanna Bello, Università di Milano Statale; Francesco Belvisi, Università di Modena e Reggio Emilia; Maria Giulia Bernardini, Università di Ferrara; Francesco Biondo, Università di Palermo; Giovanni Bisogni, Università di Salerno; Cecilia Blengino, Università di Torino; Silvio Bologna, Università di Palermo; Silvia Borelli, Università di Ferrara; Marco Borraccetti, Università di Bologna; Carlo Botrugno, Università di Firenze; Maria Borrello, Università di Torino; Marco Brigaglia, Università di Palermo; Raffaella Brighi, Università di Bologna; Gianvito Brindisi, Università della Campania Luigi Vanvitelli; Enrico Camilleri, Università di Palermo; Roberto Cammarata, Università di Milano Statale; Giuseppe Campesi, Università di Bari Aldo Moro; Damiano Canale, Università Bocconi; Carlo Caprioglio, Università di Roma tre; Cinzia Carta, Università di Genova; Thomas Casadei, Università di Modena e Reggio Emilia; Bruno Celano, Università di Palermo; Paola Chiarella, UMG – Università Magna Graecia di Catanzaro; William Chiaromonte, Università di Firenze; Daniela Chinnici, Università di Palermo; Fabio Ciaramelli Università di Napoli Federico II; Luigi Cinquemani, Università di Palermo; Sofia Ciuffoletti, Università di Firenze; Paolo Comanducci, Università di Genova; Luigi Cominelli, Università di Milano La Statale; Elena Consiglio, Università di Palermo; Fabio Corigliano, Università di Parma; Cecilia Corsi, Università di Firenze; Lucia Corso, Università di Enna Unikore; Giovanni Cosi, Università di Siena; Marco Cossutta, Università di Trieste; Rosaria Crupi, Università di Palermo; Paolo Cuttitta, IDPS, Université Sorbonne Paris-Nord; Roberta Dameno, Università di Milano Bicocca; Teresa Degenhardt, Queen’s University Belfast; Alessandro De Giorgi, San Jose State University; Luciana De Grazia, Università di Palermo; Cinzia De Marco, Università di Palermo; Francesco De Vanna Università di Modena e Reggio Emilia; Giuseppe Di Chiara, Università di Palermo; Alberto di Martino, Università Sant’Anna di Pisa; Chiara Di Stasio, Università di Brescia; Madia D’Onghia, Università di Foggia; Giulia Fabini, Università di Bologna; Alessandra Facchi Università di Milano La Statale; Isabel Fanlo Cortès, Università di Genova; Carla Faralli, Università di Bologna; Simona Feci, Università di Palermo; Luigi Ferrajoli, Università Roma tre; Maria Rosaria Ferrarese, Università di Cagliari; Vicenzo Ferrari Università di Milano La Statale; Valeria Ferraris, Università di Torino; Giovanni Fiandaca, Università di Palermo; Nicola Fiorita, Università della Calabria; Micaela Frulli, Università di Firenze; Giovanni Galasso, Università di Palermo; Orsetta Giolo, Università di Ferrara; Valeria Giordano, Università di Salerno; Tommaso Greco, Università di Pisa; Guido Gorgoni, Università di Padova; Riccardo Guastini, Università di Genova; Paolo Heritier, Università di Torino; Giulio Itzcovich, Università di Brescia; Anna Jellamo, Università della Calabria; Giulia Maria Labriola, Università Suor Orsola Benincasa; Marina Lalatta Costerbosa, Università di Bologna; Agostino Ennio La Scala, Università di Palermo; Nicola Lettieri, Università del Sannio; Carlo Lottieri Università di Verona; Claudio Luzzati, Università di Milano Statale; Francesca Malzani, Università di Brescia; Letizia Mancini, Università di Milano Statale; Massimo Mancini, Università di Perugia; Alessio Lo Giudice, Università di Messina; Fabio Macioce, Università di Roma Tor Vergata; Francesco Mancuso, Università di Salerno; Giorgio Maniaci, Università di Palermo; Marco Manno, Università di Palermo; Elisa Marchi, Università dell’Arizona; Leonardo Marchettoni, Università di Parma; Costanza Margiotta, Università di Padova; Realino Marra Università di Genova; Federico Martelloni, Università di Bologna; Luca Masera, Università di Brescia; Silvio Mazzarese, Università di Palermo; Michelina Masia, Università di Cagliari; Fabrizio Mastromartino, Università di Roma tre; Tecla Mazzarese, Università di Brescia; Giulia Melani, Università di Firenze; Dario Mellossi Università di Bologna; Ferdinando Menga, Università della Campania Luigi Vanvitelli; Giovanni Messina, Università di Napoli Federico II; Lorenzo Milazzo, Università di Pisa; Bruno Montanari, Università di Catania; Lalage Mormile, Università di Palermo; Luca Nivarra, Università di Palermo; Valeria Nuzzo, Università della Campania Luigi Vanvitelli; Francesco Pallante, Università di Torino; Giuseppa Palmeri, Università di Palermo; Giuseppe Palmisano, Università Roma tre; Letizia Palumbo, Università Ca Foscari di Venezia; Lina Panella, Università di Messina; Luigi Pannarale, Università di Bari Aldo Moro; Baldassare Pastore, Università di Ferrara Francesco Parisi, Università di Palermo; Paola Parolari, Università di Brescia; Davide Petrini, Università di Torino; Stefano Pietropaoli, Università di Firenze; Cesare Pinelli, Università di Roma La Sapienza; Anna Pintore, Università di Cagliari; Attilio Pisanò, Università del Salento; Tamar Pitch, Università di Perugia; Valerio Pocar, Università di Milano Bicocca; Francesca Poggi, Università di Milano; Ulderico Pomarici, Università della Campania Luigi Vanvitelli; Daniel Pomier, Università di Roma La Sapienza; Andrea Porciello, UMG – Università Magna Graecia di Catanzaro; Franco Prina, Università di Torino; Alessandro Purpura, Università di Palermo; Susanna Pozzolo, Università di Brescia; Isabella Quadrelli, Università di Urbino Carlo Bo; Marco Ragusa, Università di Palermo; Maura Ranieri Università Magna Graecia di Catanzaro; Vincenzo Rapone, Università di Napoli Federico II; Adrian Renteria Diaz, Università dell’Insubria; Giovan Battista Ratti, Università di Genova; Maria Cristina Reale, Università dell’Insubria; Maria Cristina Redondo, Università di Genova; Antonio Riccio, Università di Cassino e del Lazio Meridionale; Alessandro Riccobono, Università di Palermo; Francesco Riccobono, Università di Napoli Federico II; Enrica Rigo, Università Roma tre; Matteo Rinaldini, Università di Modena e Reggio Emilia; Eugenio Ripepe, Università di Pisa; Nicola Riva, Università di Milano Statale; Graziella Romeo, Università di Milano Bocconi; Daniela Ronco, Università di Torino; Paola Ronfani, Università di Milano Statale; Annamaria Rufino, Università della Campania Luigi Vanvitelli; Vincenzo Ruggiero, Middlesex University; Filippo Ruschi, Università di Firenze; Angelo Salento, Università del Salento; Giovanna Savorani, Università di Genova; Pier Francesco Savona, Università di Napoli Federico II; Caterina Scaccianoce, Università di Palermo; Vincenzo Scalia, Università di Firenze; Francesca Scamardella, Università di Napoli Federico II; Alberto Scerbo, UMG – Università Magna Graecia di Catanzaro; Angelo Schillaci, Università di Roma La Sapienza; Laura Scudieri, Università di Genova; Iacopo Senatori, Università di Modena e Reggio Emilia; M. Ausilia Simonelli, Università del Molise; Stefano Simonetta, Università di Milano Statale; Guido Smorto, Università di Palermo; Stefania Spada, Università di Bologna; Eleonora Spaventa, Università di Milano Bocconi; Ciro Tarantino, Università della Calabria; Gianluca Urbisaglia, Università di Roma La Sapienza; Alfredo Terrasi, Università di Palermo; Persio Tincani, Università di Bergamo; Giovanni Torrente, Università di Torino; Enza Maria Tramontana, Università di Palermo; Isabel Trujillo, Università di Palermo; Vito Velluzzi, Università di Milano Statale; Maria Carmela Venuti, Università di Palermo; Valeria Verdolini Università di Milano Bicocca; Massimiliano Verga, Università di Milano Bicocca; Susanna Vezzadini, Università di Bologna; Francesca Vianello, Università di Padova; Gloria Viarengo Università di Genova; Giacomo Viggiani, Università di Brescia; Francesco Viola, Emerito, Università di Palermo; Maria Virgilio Università di Bologna; Ermanno Vitale, Università della Val D’Aosta; Massimo Vogliotti, Università del Piemonte Orientale; Giuseppe Zaccaria Università di Padova; Loriana Zanuttigh, Università di Brescia; MatiJa Zgur, Università di Roma tre; Silvia Zullo, Università di Bologna
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ASIA – L’evangelizzazione in Asia centrale ai tempi dell’Evangelii Gaudium: un webinar delle Pontificie Opere Missionarie
Città del Vaticano – “La missione di evangelizzazione nell’Asia centrale ai tempi dell’Evangelii Gaudium. Contesto, difficoltà, prospettive”: è il titolo del webinar organizzato dalla Pontificia Unione Missionaria il 12 e 13 ottobre prossimi, nell’ambito dell’attività di sensibilizzazione e formazione promossa dalle Pontificie Opere Missionarie . Il webinar, gratuito e aperto a tutti, sarà in lingua Italiana e Inglese, e si terrà in due sessioni, dalle 14.00 alle 17.00 ora italiana, sulla piattaforma online “Kudo”.
Il 12 ottobre, al saluto di apertura di Mons. Giampietro Dal Toso, Presidente delle POM, seguirà la prima relazione dal titolo: “La missione nell’Asia centrale nel terzo millennio. Breve riflessione a partire dai dati storici ed esperienze pastorali”, offerta da Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo di Karaganda . La prima condivisione esperienziale, sul tema “Celebrando i 30 anni della presenza in Uzbekistan.
Frutti e sfide delle attività missionarie in Uzbekistan” è poi affidata a Mons. Jerzy Maculewicz , Amministratore Apostolico dell’Uzbekistan. Dopo un tempo di dibattito, sarà la volta della seconda testimonianza su “Le realtà pastorali missionarie del Kazakistan. Promuovendo l’annuncio e la vita di fede”, di cui parlerà Mons. José Luis Mumbiela Sierra, Vescovo della Santissima Trinità in Almaty, in Kazakistan, cui seguirà un intervento sul ruolo delle Pontificie Opere Missionarie in Kazakistan a sostegno della missione, di P. Leopold Kropfreiter SJM, Direttore nazionale delle POM in Kazakistan. Sarà invece P. Tadeusz Nowak OMI, Segretario generale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede a fornire anche delle indicazioni pratiche per il sostegno delle POM a progetti missionari nell’Asia centrale.
La seconda sessione di formazione, centrata su ” Le sfide dell’evangelizzazione in Kirghizistan”, vedrà l’intervento di P. Anthony James Corcoran SJ, Amministratore Apostolico del Kirghizistan, cui seguirà un excursus su “La missio sui iuris in Afghanistan”, del barnabita P. Giovanni Scalese, responsabile della Missio sui iuris in Afghanistan. Sarà, per concludere la giornata, Suor Roberta Tremarelli AMSS, Segretaria generale della Pontificia Opera della Santa Infanzia a dare ai presenti indicazioni pratiche della POSI per i progetti missionari dedicati in special modo ai bambini nell’Asia centrale.
Il giorno successivo, il 13 ottobre, il programma si apre con la relazione su “Il missionario tra l’annuncio evangelico e l’attività caritativa. Alcune provocazioni dalla Bibbia e dall’Evangelii Gaudium”, di padre Dinh Anh Nhue Nguyen OFMConv, Segretario generale della Pontificia Unione Missionaria. Seguirà la condivisione esperienziale su: “La missione in Mongolia. Bilanci e prospettive”, illustrata da Mons. Giorgio Marengo IMC, Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, in Mongolia.
Dopo il dibattito, Mons. Yevgeniy Zinkovskiy , Vescovo Ausiliare di Karaganda si soffermerà su “La formazione iniziale e permanente dei sacerdoti missionari nell’Asia centrale. Quadro complessivo e sfide”; seguirà una comunicazione sul sostegno della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo per l’Asia centrale, affidato a P. Guy Bognon PSS, Segretario generale della POSPA. La successiva condivisione dell’esperienza sarà centrata su “La Missio sui iuris in Turkmenistan”, di cui parlerà P. Andrzej Madej OMI, Superiore della Missio sui iuris in Turkmenistan. Infine P. Dinh Anh Nhue Nguyen OFMConv, Segretario generale della PUM e Paolo Affatato, responsabile Asia per l’Agenzia Fides, rimarcheranno il ruolo della PUM, dell’Agenzia Fides e del Centro Internazionale di Animazione Missionaria per l’Asia centrale.
Per partecipare al webinar, il link cui collegarsi il primo giorno è: https://live.kudoway.eu/ad/220217242516;
Il link per il secondo giorno del webinar è: https://live.kudoway.eu/ad/220215721353
AMERICA/MESSICO – Marcia del 3 ottobre a favore delle donne e della vita umana: per i Vescovi è “espressione di amore per le donne e per la vita”
Città del Messico – In occasione della marcia nazionale a favore delle donne e della vita umana che si terrà domenica 3 ottobre, in molte città del Paese, promossa da numerose organizzazioni della società civile, i Vescovi del Messico hanno pubblicato alcuni orientamenti, congratulandosi “con tutte le persone di buona volontà che hanno deciso di partecipare alla marcia” e incoraggiando “coloro che non l’hanno ancora fatto, ad unirsi profeticamente a questa espressione di amore per le donne e la vita”.
Nel comunicato pervenuto all’Agenzia Fides, che è firmato da Mons. Rogelio Cabrera Lopez, Arcivescovo di Monterrey, Presidente della Conferenza episcopale messicana ; da Mons. Jesús José Herrera Quiñonez, Vescovo di Nuevo Casas Grandes e Responsabile della dimensione episcopale della vita, e da Mons. Alfonso G. Miranda Guardiola, Vescovo ausiliare di Monterrey, Segretario generale della CEM, si sottolinea che si tratta di “una marcia cittadina, aperta a tutte le espressioni religiose, senza alcun tipo di rapporto o legame politico-partitico, e si svolge nell’esercizio delle libertà di espressione e di manifestazione rispettosa”.
I Vescovi inoe ribadiscono che “lo spirito che deve animare i partecipanti è quello della ‘cultura dell’incontro’, promossa dal Santo Padre Francesco, basata sull’amore, sul dialogo e che esige un comportamento impeccabile, pacifico, rispettoso e libero da qualsiasi forma di violenza ”.
“Di fronte al falso dilemma di scartare la vita umana per proteggere le donne – proseguono -, la marcia metterà in evidenza la difesa della dignità delle donne e promuoverà un impegno comune per cercare soluzioni creative ai vari problemi che affrontano in molteplici ambiti, in particolare per quelle vittime di violenza, sfruttamento, discriminazione o le donne incinte in situazioni vulnerabili. Allo stesso tempo e con la stessa convinzione, si evidenzierà la difesa della dignità dell’essere umano concepito non ancora nato e si alzerà la voce a favore della loro protezione e difesa da parte dello Stato”.
Il 6 settembre la Corte Suprema di Giustizia della nazione si è pronunciata sull’incostituzionalità di alcuni articoli del Codice penale dello Stato di Coahuila, riguardanti la criminalizzazione della donna che ricorre all’aborto in determinate condizioni, di chi l’ha aiutata e del personale sanitario che l’ha assistita. I Vescovi del Messico ritengono che “i problemi affrontati dalle donne e lo status giuridico del nascituro siano una questione complessa, con un’importanza antropologica, scientifica, filosofica ed etica che non può essere ridotta a una risoluzione in un provvedimento giudiziario”. Quindi ritengono essenziale che “tutti i protagonisti sociali –al di fuori di un clima di polarizzazione ideologica e senza aggrapparsi alle posizioni politiche– si impegnino in una nuova e profonda riflessione che permetta di trovare un percorso comune di soluzione a un problema multidimensionale e multifattoriale come questo” .
ASIA/LIBANO – Crisi delle scuole cristiane, il Patriarca siro cattolico esonera le famiglie dal pagamento delle rette scolastiche
Beirut – Il Patriarca siro cattolico Ignace Youssef III Younan, ha dato disposizione di esentare dal pagamento delle rette scolastiche per l’anno 2021-2022, le famiglie degli studenti siro-cattolici che frequentano le scuole collegate al Patriarcato. Lo riferiscono gli organi di comunicazione del Patriarcato di Antiochia dei siro-cattolici, specificando che l’esenzione si applica agli studenti del Lycée Mathaf e della scuola Deir El-Shorfa School).
La disposizione patriarcale rappresenta un tentativo concreto di rispondere almeno in parte alla crisi strutturale affrontata dalle scuole libanesi non statali, che rappresentano la parte preponderante del sistema scolastico nazionale. Una crisi aggravata negli ultimi anni dallo stato di paralisi economica in cui è sprofondato il Paese dei Cedri.
La misura di esentare dal pagamento delle tasse scolastiche gli studenti siro-cattolici che frequentano le scuole del Patriarcato, era stata presa anche per il precedente anno scolastico 2020-2021, durante il quale la crisi pandemica ha costretto gli istituti scolastici a tenere chiuse le aule e a sperimentare – con risultati non sempre soddisfacenti – sistemi di didattica a distanza.
In Libano, la rete di scuole e istituti d’istruzione non statali appariva in affanno già prima della pandemia da Covid-19, e denunciava la progressiva erosione delle risorse necessarie per assicurare la continuità dell’opera educativa svolta al servizio dell’intero Paese . All’inizio di settembre , il Presidente Michel Aoun aveva annunciato la convocazione di una Conferenza straordinaria per affrontare l’emergenza-scuola, divenuta ormai una allarmante questione nazionale. L’annuncio era stato diffuso dopo un incontro tra il Capo di Stato e i rappresentanti della Federazione degli Istituti Educativi, che avevano sottoposto ad Aoun un memorandum contenente dati e documenti che attestano la condizione e le difficoltà ormai insostenibili in cui gran parte degli istituti educativi continuano a portare avanti il proprio servizio, esposti ogni giorno al rischio di chiudere per sempre le porte dei propri edifici scolastici.
ASIA/PAKISTAN – Il governo riconosce i servizi straordinari delle scuole cattoliche
Karachi – “In questa epoca, educare gli ai è l’atto più virtuoso. Conosciamo le sfide che le scuole cattoliche e gli insegnanti stanno affrontando, riconosciamo il vostro ingegno, gli sforzi straordinari e il duro lavoro per i nostri studenti. Vi rendiamo omaggio per i grandi servizi per il contributo dato allo sviluppo della nazione nella nostra Provincia del Sindh. Le Scuole Missionarie sono la spina dorsale della conoscenza e della cultura nel nostro Paese, impartiscono un’istruzione di qualità e olistica a un prezzo accessibile”: è quanto ha affermato Syed Sardar Ali Shah, Ministro provinciale dell’Istruzione nella Provincia pakistana del Sindh, in un incontro con i presidi e gli insegnanti delle scuole cattoliche tenutosi nei giorni scorsi a Karachi.
Come appreso da Fides, Syed Sardar Ali Shah ha inoe affermato: “Questo riconoscimento per i vostri eccezionali servizi parte da un passato lontano. Voi contribuite all’istruzione del popolo da più di 160 anni, molto prima della nascita del Pakistan e della nascita dei fondatori del nostro Paese. Non è facile gestire scuole senza il sostegno del Governo. Apprezziamo la vostra opera che continuare senza alcun sostegno finanziario del governo”.
Il Ministro ha concluso: “Visiterò le vostre scuole in particolare quelle che sono state annunciate come edifici storici per affrontare e risolvere i problemi esistenti. Faremo del nostro meglio per restaurare gli edifici di valore storico”.
L’evento, co-organizzato dal Ministero per l’Istruzione e dell’associazione degli Scout di Karachi, intendeva rendere omaggio ai presidi, agli insegnanti e ai membri del personale delle istituzioni educative missionarie, per il loro impegno esemplare nel garantire istruzione ai giovani del Pakistan.ì Erano presenti anche sacerdoti, suore e fedeli della provincia del Sindh. Uno speciale riconoscimento è stato consegnato al preside e al personale della “St. Joseph’s Convent School” di Karachi per il servizio nel campo dell’istruzione offerto a partire dal dal 1862.
Rafiah Mallah, vicedirettore del ministero per l’ufficio che sovrintende delle scuole private nel Sindh, ha dichiarato: “Rendiamo omaggio alle scuole missionarie per aver impartito un’istruzione di eccellenza, contribuendo al futuro della nostra nazione con la massima sincerità e dedizione e per aver fornito pari opportunità opportunità di apprendimento per bambini di diversa estrazione etnica e religiosa con grande amore e cura”.
Sr. Elizabeth Niamat FC, Direttrice della St. Joseph’s Convent School parlando all’Agenzia Fides ha detto: “Siamo grati al Governo per aver riconosciuto e apprezzato le nostre scuole missionarie, assicurando il suo sostegno. Questo apprezzamento ci permetterà di continuare la nostra missione nell’ educare i bambini con zelo e dedizione”.
Secondo le statistiche del ministero, nella provincia del Sindh sono attive 116 scuole cattoliche di ogni ordine e grado: 60 sono a Karachi e 56 nelle ae città e paesi della provincia. Vi sono iscritti 56.242 studenti e 5.618 insegnanti vi lavorano con zelo e dedizione. Da queste istituzioni sono usciti eminenti accademici, politici, medici, ingegneri, intellettuali, scrittori, poeti e artisti.