Dubai – “Collegare le anime”: con questo spirito il 17 e 18 novembre, in occasione di Expo 2020, nella settimana dedicata al tema della “Tolleranza e Inclusività”, va in scena a Dubai lo spettacolo – ispirato a un racconto de Le Mille e una Notte – dal titolo “Le due lune”. Sullo sfondo del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato il 4 febbraio 2019 da Papa Francesco e dal grande imam di al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, il progetto “Le due lune” nasce dalla collaborazione tra l’Università degli studi di Napoli L’Orientale, la Fondazione World Youth Orchestra e l’Università IULM di Milano, e ha ricevuto il sostegno della Fondazione “Cultura e Arte”, che promuove iniziative culturali e artistiche all’insegna della solidarietà e della interculturalità.
Lo spettacolo, tra musica e azione teatrale, traccia un percorso che attraversa e unisce due culture e religioni diverse ma intrinsecamente legate l’una all’aa: quella del mondo arabo-islamico e quella occidentale-cristiana. Attraverso il linguaggio universale della musica, si invita il pubblico a varcare ogni barriera linguistico-culturale, ogni confine geografico, per raccontare una meravigliosa storia di inclusività, pace e tolleranza.
Lo spettacolo vede partecipare i musicisti della World Youth Orchestra, che sono giovani di tutto il mondo, di diverse formazione, cultura, lingue religione. “E’ una storia colma di metafore, che rappresenta perfettamente due facce della stessa realtà: due culture, quella occidentale e quella orientale, che si confrontano usando lo strumento privilegiato dell’arte come peculiare messaggio di fraternità, amore e bellezza”, racconta a Fides il direttore artistico della Fondazione World Youth Orchestra, il Maestro Damiano Giuranna.
“Da sempre sono convinto che le arti, tra cui la musica, svolgano un ruolo di primo piano nella crescita culturale e spirituale della persona e nella formazione della coscienza, annullando le differenze a favore dell’inclusione sociale degli individui e del dialogo costruttivo fra i popoli”, asserisce il prof. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione “Terzo Pilastro”, che include la Fondazione “Cultura e Arte”.
Il progetto “Le due Lune”, allora, getta un ponte ideale tra mondi, culture e religioni diverse, all’insegna del dialogo, della fraternità, dell’universalità dei valori umani, rappresentati dalla musica, dalla letteratura e dalla poesia.
oriente
ASIA/IRAQ – El patriarca caldeo Sako: el futuro de los cristianos en Oriente Medio depende de ellos en primer lugar
Bagdad – La presencia de las comunidades cristianas en Oriente Medio y su supervivencia en las tierras de la primera predicación apostólica ponen en tela de juicio “en primer lugar” las responsabilidades de los propios cristianos de Oriente Medio, que también están llamados a “admitir sus errores” y a liberarse de una persistente “mentalidad sectaria” para construir junto a sus conciudadanos instituciones civiles adecuadas para garantizar la convivencia entre diferentes. Así es como el patriarca caldeo Louis Raphael Sako ve el presente y el futuro de los cristianos de Oriente Medio, una cuestión delicada y controvertida que está en el centro de una larga y articulada reflexión difundida por el cardenal iraquí a través de las herramientas de comunicación oficiales del patriarcado caldeo.
El punto de inspiración de las nuevas reflexiones patriarcales está marcado por las próximas elecciones políticas en Irak, previstas para el 12 de octubre. “Una cita considerada crucial por muchos analistas – subraya el patriarca Sako – y que una vez más plantea la pregunta: ¿hay un futuro para los cristianos de Irak y de la región?”. Las consideraciones del Patriarca sobre la condición de los cristianos en Oriente Medio expresan una perspectiva diferente, alejada de las actitudes victimizadas dominantes en las “narrativas mediáticas” sobre las comunidades cristianas de Oriente Medio que hacen furor sobre todo en Occidente. Muchos de los puntos de reflexión ofrecidos por el cardenal iraquí parecen estar en plena sintonía con las peticiones contenidas en el documento «Elegimos la vida» sobre la condición y las perspectivas de futuro de la presencia cristiana en Oriente Medio, editado por el equipo ecuménico de teólogos y estudiosos Nakhtar al Hayat . El Patriarca Sako también invita a los cristianos de Oriente Medio a liberarse de un cierto “complejo de minoría” que lleva a algunos a esperar que las soluciones a los problemas provengan de entidades políticas y geopolíticas externas, o incluso de las propias instituciones eclesiales. El patriarca exhorta a distanciarse de los bautizados que delegan en las instituciones civiles o en los organismos eclesiásticos la tarea de liberarlos de las dificultades y aprensiones que marcan su vida cotidiana.
En una breve recapitulación histórica, el patriarca caldeo no oculta la violencia y otros factores de angustia que desde 2003, tras el derrocamiento del régimen de Saddam Hussein, han llevado a “más de un millón de cristianos iraquíes a emigrar”. La reflexión del cardenal iraquí recuerda la difusión de las corrientes islamistas extremistas y de una “cultura sectaria” generalizada. Al mismo tiempo, el patriarca caldeo también invita a reconocer las responsabilidades y los errores cometidos por los cristianos, incluidos los de carácter sociopolítico. “Después de la caída del régimen – recuerda el cardenal iraquí -, algunos cristianos formaron partidos políticos nacionales, y esto fue un comienzo alentador”. Pero sucesivamente los grupos y representantes políticos cristianos “no han unido sus fuerzas en una acción compartida, con una visión única y un plan de acción preciso”, y muchos se han replegado para proteger “intereses personales”. Ahora, ante una situación en la que se multiplican los signos preocupantes, conviene que los cristianos sean los primeros en abandonar las formas de sectarismo que les llevan a dividirse entre sí, y traten de abrazarse “como un grupo unido en sus discursos y toma de posiciones”, dispuestos a colaborar con sus conciudadanos de fe islámica para construir juntos instituciones civiles basadas en el principio de ciudadanía y justicia.
En su intervención, el cardenal Sako además, ha vuelto a recordar las reflexiones recientemente propuestas por el arzobispo Michel Sabbah, patriarca emérito de Jerusalén de los latinos, publicadas por la Agencia Fides . Los interrogantes y también las incertidumbres que se ciernen sobre el futuro de los cristianos en Oriente Medio – había subrayado el Patriarca Sabbah comentando también él el documento publicado por el grupo Nakhtar al Hayat “no son una cuestión de números, aunque los números sean importantes, sino que son una cuestión de fe”.
ASIA/IRAQ – Patriarca caldeo Sako: il futuro dei cristiani in Medio Oriente dipende innanzitutto da loro
Baghdad – La presenza delle comunità cristiane in Medio Oriente e la loro sopravvivenza nelle terre della prima predicazione apostolica chiamano in causa “prima di tutto” le responsabilità degli stessi cristiani mediorientali, chiamati anche a “ammettere i propri errori” a liberarsi da una perdurante “mentalità settaria” per costruire insieme ai loro concittadini istituzioni civili consone a garantire la convivenza tra diversi. Così il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako vede il presente e il futuro dei cristiani mediorientali, questione delicata e controversa posta al centro di una lunga e articolata riflessione diffusa dal cardinale iracheno attraverso gli strumenti ufficiali di comunicazione del Patriarcato caldeo.
Lo spunto ispiratore delle nuove riflessioni patriarcali è rappresentato dalle imminenti elezioni politiche irachene, in agenda il prossimo 12 ottobre. Un appuntamento considerato cruciale da molti analisti – sottolinea il Patriarca Sako, – “e che porta con sé ancora una volta la domanda: c’è un futuro per i cristiani dell’Iraq e della regione?”. Le considerazioni del Patriarca sulla condizione dei cristiani in Medio Oriente esprimono uno sguardo diverso e lontano dai registri vittimistici dominanti nelle ‘narrazioni mediatiche’ sulle comunità cristiane mediorientali. Mediorientali che imperversano soprattutto in Occidente. Molti spunti di riflessione offerti dal porporato iracheno appaiono invece in piena sintonia con le sollecitazioni contenute nel documento “noi scegliamo la vita”, recente contributo di approfondimento sulla condizione e le prospettive future della presenza cristiana in Medio Oriente, curato dall’equipe ecumenica di teologi e studiosi Nakhtar al Hayat . Anche il Patriarca Sako invita i cristiani mediorientali a affrancarsi da un certo “complesso di minoranza” che porta alcuni a attendere la soluzione dei problemi da parte di entità politiche e geopolitiche esterne, o magari dalle stesse istituzioni ecclesiali. Il Patriarca invita a prendere le distanze da battezzati che delegano a istituzioni civili o organismi ecclesiastici il compito di liberarli da difficoltà e apprensioni che segnano il loro vissuto quotidiano. In una breve ricapitolazione storica, il Patriarca caldeo non nasconde le violenze e gli ai fattori di angoscia che dal 2003, dopo l’abbattimento del regime di Saddam Hussein, hanno spinto “più di un milione di cristiani iracheni a emigrare”. Nella riflessione del cardinale iracheno si ricorda il dilagare di correnti islamiste estremiste e di una generale “cultura settaria”. Nel contempo, il Patriarca caldeo invita anche a riconoscere responsabilità e errori compiuti dai cristiani, compresi quelli di ordine socio- politico. “Dopo la caduta del regime – ricorda tra l’ao il cardinale iracheno – alcuni cristiani formarono partiti politici nazionali, e si trattò di un inizio incoraggiante”. Ma poi sigle e rappresentanti politici cristiani “non hanno unito le forze in un’azione condivisa, con un’unica visione e un preciso piano d’azione”, e molti si sono ripiegati a tutelare “ristretti interessi personali”. Adesso, di fronte a una situazione in chi crescono segnali preoccupanti, conviene che i cristiani per primi abbandonino forme di settarismo che li spignono anche a dividersi tra loro, per provare a abbracciarsi “come una compagine unita nei discorsi e nelle posizioni”, disposta a collaborare con i concittadini di fede islamica per costruire insieme istituzioni civili fondate sul principio di cittadinanza e di giustizia.
Nel suo intervento, il cardinale Sako rilancia anche le riflessioni recentemente proposte dall’Arcivescovo Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, rilanciate dall’Agenzia Fides . Le domande e anche le incertezze che aleggiano sul futuro dei cristiani in Medio Oriente – aveva sottolineato il Patriarca Sabbah commentando anche lui il documento pubblicato dal gruppo Nakhtar al Hayat “non sono innanzitutto una questione di numeri, anche se i numeri sono importanti, ma sono una questione di fede”.
ASIA/MEDIO ORIENTE – Il Patriarca emerito Michel Sabbah: il futuro dei cristiani in Medio Oriente non è una questione di numeri, ma di fede
Antelias – Le domande e anche le incertezze che aleggiano sul futuro dei cristiani in Medio oriente “non sono innanzitutto una questione di numeri, anche se i numeri sono importanti, ma sono una questione di fede”. Lo sostiene l’Arcivescovo palestinese Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme dei latini, prendendo spunto dalle tante sollecitazioni contenute nel documento “noi scegliamo la vita” sulla condizione e le prospettive future della presenza cristiana in Medio Oriente, curato dall’équipe ecumenica di teologi e studiosi Nakhtar al Hayat .
Nell’intervento inviato come contributo alla presentazione ufficiale del documento, svoltasi martedì 28 settembre nella città libanese di Antelias, Sabbah ha indicato nella pubblicazione del testo una occasione offerta a tutte le Chiese e comunità ecclesiali mediorientali per “riconsiderare il nostro messaggio cristiano”. Cristo stesso – ha proseguito il Patriarca – ”ha detto che se si fosse trovato un po’ di fede si potevano spostare le montagne, cioè si potevano cambiare le condizioni in cui ci si trova. La domanda è: siamo credenti? E allora perché non possiamo spostare le montagne?”
Nella sua presentazione e valorizzazione dei tanti spunti disseminati nel documento, il Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini ha richiamato l’attenzione sui problemi “che riguardano innanzitutto noi in quanto cristiani, come ad esempio la nostra unione, il fatto di avere un solo cuore e condividere gli stessi intento Occorre rispettare le peculiarità di ogni Chiesa – ha proseguito Sabbah – ma l’amore non ha confini, e nessun settarismo lo soffoca. Conviene che ogni cristiano venga educato ad amare ogni ao cristiano, sia della sua Chiesa che di ae Chiese. E poi, occorre collaborare con tutti costruire insieme la nostra società plurale”. Proseguendo la sua presentazione del Documento, il Patriarca Sabbah ha ricordato che anche le comunità cristiane mediorientali sono chiamate a ridefinire l’approccio nei confronti di quello che lui ha definito “l’Occidente politico” e con i processi della globalizzazione, per evitare di cadere nelle trappole di nuove forme di “colonialismo palese o nascosto”.
Anche il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako ha espresso la propria gratitudine per lo stimolante lavoro di riflessione condivisa confluito nella pubblicazione del documento “Noi scegliamo la vita”. I cento paragrafi del documento – ha sottolineato il cardinale iracheno in un intervento filmato diffuso durante la presentazione ufficiale svoltasi a Antelias – possono aiutare a predisporre “la ‘road map’ per una nuova opera ecclesiale e civile, per un ‘rinascimento’ nella nostra difficile realtà mediorientale”, e offrono piste di riflessione che vanno presi sul serio anche da “tutti i capi delle Chiese orientali, e in primo luogo dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, che per me è come una ‘tenda ecumenica’ “.
Il documento diffuso ieri è il prodotto di un lavoro di riflessione e studio portato avanti per un anno e mezzo da un gruppo ecumenico di studiosi di teologia, diritto, politica e scienze sociali che si è denominato Nakhtar al Hayat , formula che riecheggia un versetto del Deuteronomio.
La riflessione comune è stata condivisa da cristiani appartenenti a diversi Paesi e varie Chiese e denominazioni ecclesiali del Medio Oriente .
Il lungo testo è disseminato di spunti lucidi riguardo alla condizione presente e futura delle comunità cristiane in Medio Oriente. Considerazioni spesso fuori dagli stereotipi di matrice vittimistica che dilagano sui media occidentali riguardo alle vicende vissute dai cristiani mediorientali, appartenenti a Chiese e tradizioni spirituali di origine apostolica. Ad esempio, nel paragrafo 57 del documento si legge che “il ‘discorso’ dei cristiani in Medio Oriente sta affrontando oggi l’urgenza di destrutturare il ‘complesso della minoranza’, in cui c’è sempre bisogno di invocare protezione interna e esterna”. Nel paragrafo 63, ricorrendo a interessanti riferimenti alla stagione storica del cosiddetto “Rinascimento arabo”, si prende atto che “oggi molti cristiani in Medio Oriente vivono sotto la pressione di quella che potrebbe essere definita come una ‘crisi di ruolo’. Durante il periodo del Rinascimento arabo, e anche dopo, celebri personalità cristiane hanno svolto ruoli di primo piano sul terreno della riflessione, nella cultura, nella politica, nell’educazione e nella sanità, ma raramente troviamo nei loro scritti una discussione teorica sul ‘ruolo dei cristiani’. La maggior parte di loro non ha inteso la propria identità cristiana, religiosa in senso stretto o culturale in senso lato, come appartenenza a un blocco sociale monolitico. Invece oggi, dopo il declino di molti dei ruoli che ricoprivano i cristiani, si sente molto teorizzare sul ‘ruolo cristiano’ e sulla sua importanza, suggerendo che il declino di questo ruolo comporta la necessità di costruire un discorso enfatizzante su di esso”. I cristiani – rimarcano invece gli autori del documento – dovrebbero evitare di “concepirsi come un blocco monolitico che deve svolgere un ruolo reale o virtuale per legittimare per sé o per ai la propria esistenza, ma come un insieme di cittadini, uomini e donne, che, insieme agli ai contribuiscono al bene comune attraverso i molteplici ruoli da loro svolti”.
ASIA/ORIENTE MEDIO – El patriarca emérito Michel Sabbah: el futuro de los cristianos en Oriente Medio no es una cuestión de números, sino de fe
Antelias – Los interrogantes y también las incertidumbres que se ciernen sobre el futuro de los cristianos en Oriente Medio “no son una cuestión de números, aunque los números sean importantes, sino que son una cuestión de fe”. Así lo afirma el arzobispo palestino Michel Sabbah, patriarca emérito de Jerusalén de los latinos, basándose en las numerosas sugerencias contenidas en el documento «Elegimos la vida» sobre la condición y las perspectivas de futuro de la presencia cristiana en Oriente Medio, editado por el equipo ecuménico de teólogos y estudiosos Nakhtar al Hayat .
En el discurso enviado como contribución a la presentación oficial del documento, celebrada el martes 28 de septiembre en la ciudad libanesa de Antelias, Sabbah ha señalado la publicación del texto como una oportunidad ofrecida a todas las Iglesias y comunidades eclesiales de Oriente Medio para “reconsiderar nuestro mensaje cristiano”. El propio Cristo – ha continuado el Patriarca -, ha dicho que si tuviésemos un poco de fe podríamos mover montañas, es decir, podríamos cambiar las condiciones en las que estamos. La pregunta es: ¿somos creyentes? Entonces, ¿por qué no podemos mover montañas?”.
En su presentación y apreciación de las numerosas ideas dispersas en el documento, el Patriarca emérito de Jerusalén de los Latinos ha llamado la atención sobre los problemas “que nos conciernen ante todo como cristianos, como por ejemplo nuestra unión, el hecho de tener un solo corazón y compartir las mismas intenciones. Es necesario respetar las peculiaridades de cada Iglesia – ha seguido diciendo Sabbah -, pero el amor no tiene fronteras, y ningún sectarismo lo ahoga. Todo cristiano debe ser educado para amar a todos los demás cristianos, tanto de su propia Iglesia como de otras Iglesias. Y luego, es necesario trabajar con todos para construir juntos nuestra sociedad plural”.
Continuando con la presentación del documento, el patriarca Sabbah ha recordado que las comunidades cristianas de Oriente Medio están llamadas a revisar su relación con lo que ha definido como “el Occidente político” y con los procesos de globalización, para evitar caer en las trampas de nuevas formas de “colonialismo abierto o encubierto”.
Por su parte, el patriarca caldeo Louis Raphael Sako también ha expresado su gratitud por el estimulante trabajo de reflexión compartida que ha dado lugar a la publicación del documento «Elegimos la vida». “Los cien párrafos del documento – ha subrayado el cardenal iraquí en una intervención filmada y difundida durante la presentación oficial celebrada en Antelias -, pueden ayudar a preparar la ‘hoja de ruta’ para una nueva obra eclesial y civil, para un ‘renacimiento’ en nuestra difícil realidad de Oriente Medio”, y ofrecen vías de reflexión que también deben ser tomadas en serio por “todos los responsables de las Iglesias orientales, y en primer lugar por el Consejo de las Iglesias de Oriente Medio, que para mí es como una ‘tienda ecuménica’”.
El documento hecho público ayer es fruto de la reflexión y el estudio realizados durante año y medio por un grupo ecuménico de estudiosos de teología, derecho, política y ciencias sociales llamado Nakhtar al Hayat , fórmula que se hace eco de un versículo del Deuteronomio.
La reflexión común fue compartida por cristianos pertenecientes a diferentes países y a diversas Iglesias y denominaciones eclesiales de Oriente Medio .
El extenso texto está lleno de reflexiones sobre la condición presente y futura de las comunidades cristianas en Oriente Medio. Consideraciones que a menudo se alejan de los estereotipos que proliferan en los medios de comunicación occidentales sobre las experiencias de los cristianos de Oriente Medio pertenecientes a Iglesias y tradiciones espirituales de origen apostólico. Por ejemplo, el párrafo 57 del documento afirma que “el ‘discurso’ de los cristianos en Oriente Medio se enfrenta hoy a la urgencia de desestructurar el ‘complejo de minoría’, en el que siempre hay que invocar la protección interna y externa”. En el párrafo 63, utilizando interesantes referencias al período histórico del llamado “Renacimiento árabe”, se señala que “hoy en día muchos cristianos de Oriente Medio viven bajo la presión de lo que podría describirse como una ‘crisis de roles’. Durante el periodo del Renacimiento árabe, e incluso después, célebres personalidades cristianas desempeñaron papeles destacados en el ámbito de la reflexión, la cultura, la política, la educación y la sanidad, pero rara vez encontramos en sus escritos una discusión teórica sobre el ‘papel de los cristianos’. La mayoría de ellos no entendía su identidad cristiana, ya fuera religiosa en sentido estricto o cultural en sentido amplio, como la pertenencia a un bloque social monolítico. En cambio, hoy en día, tras el declive de muchos de los papeles que los cristianos solían desempeñar, oímos muchas teorías sobre el ‘papel cristiano’ y su importancia, sugiriendo que el declive de este papel implica la necesidad de construir un discurso enfático sobre el mismo”. Los cristianos -subrayan los autores del documento- deben evitar “concebirse a sí mismos como un bloque monolítico que tiene que desempeñar un papel real o virtual para legitimar su existencia para sí mismos o para los demás, sino como un grupo de ciudadanos, hombres y mujeres, que, junto con otros, contribuyen al bien común a través de las múltiples funciones que desempeñan”.
ASIA/MEDIO ORIENTE – Documento sul futuro dei Cristiani in Medio Oriente: non ci aiutano “protezioni” occidentali o “alleanze tra minoranze”
Antelias – In Medio Oriente ci sono realtà ecclesiali che “per ottenere assistenza da alcuni gruppi cristiani americani ed europei, adottano idee che militano contro la convivenza, esagerano le sofferenze dei cristiani e promuovono la teoria della persecuzione sistematica da parte dei musulmani”. Ai soggetti ecclesiali puntano tutto sulla strategia della “alleanza tra minoranze” o sulla protezione di regimi autoritari come uniche vie per assicurare la sopravvivenza in Medio Oriente delle comunità cristiane autoctone. Si tratta di scelte e orientamenti fuorvianti, che rischiano di pesare negativamente sul futuro delle presenze cristiane nell’area mediorientale e di rinnegare la stessa missione a cui oggi la Chiesa chiamata nella parte del mondo ha vissuto la sua vita terrena. Sono queste alcune delle provocazioni disseminate nel documento intitolato “Cristiani in Medio Oriente: per un rinnovamento delle scelte teologiche, sociali e politiche”. Il denso contributo, articolato in cento paragrafi, si offre come un tentativo sistematico do considerare in profondità la condizione presente delle comunità cristiane nel contesto arabo-mediorientale. Si tratta di una iniziativa che non ha uguali nella storia recente della riflessione teologica e pastorale sul presente e il futuro dei cristiani in Medio oriente. Il documento, diffuso oggi nel corso di una presentazione ufficiale organizzata presso la sala conferenze della chiesa di Sant’Elia, a Antelias , è frutto del lungo lavoro compiuto da un’equipe ecumenica di specialisti in teologia, studi sociali e questioni geopolitiche. Uomini e donne, ministri ordinati e laici, che hanno voluto confrontarsi con franchezza e libertà anche “su questioni che qualcuno può considerare non consone a un dibattito pubblico”. Nell’equipe, che ha assunto come sigla una formula che riecheggia un versetto del Deuteronomio , figurano tra gli ai la professoressa Souraya Bechealany, già segretaria generale del Consiglio sulle Chiese del Medio Oriente, e il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Libano.
In molti passaggi, il documento si smarca dagli stereotipi che condizionano e offuscano la rappresentazione dominante sui media occidentali in merito alle comunità cristiane mediorientali, presentate sempre come “minoranze” assediate e bisognose di protezione esterna, di ordine finanziario o geopolitico.
I cristiani in Medio Oriente – riconoscono gli autori del documento – affrontano emergenze e provocazioni enormi “che ci mettono di fronte a scelte dalle quali dipende la nostra esistenza e presenza futura”. Il “graduale affievolirsi della nostra presenza e testimonianza” rende “imperativo intraprendere un esame approfondito della nostra situazione, attingendo a una lettura critica pacata”. Nelle convulsioni geopolitiche mediorientali, analizzate dal documento con dovizia di lucidi riferimenti storici alle stagioni del “rinascimento” arabo” e del “risveglio islamico”, il documento rimarca che il rischio più insidioso per le attuali comunità cristiane mediorientali consiste nell’ “approccio riduzionista basato esclusivamente sulla logica della maggioranza e della minoranza”. Una lettura distorta della realtà che spinge alcuni a cercare protezione “attraverso una ‘alleanza di minoranze’, vedendo in questo una garanzia per perpetuare la presenza cristiana in Medio Oriente”. Una opzione che – sostengono gli autori del documento – alla lunga “snatura una genuina testimonianza cristiana”, fondata “non sull’uso della religione come strumento politico, né sulla rivendicazione di specifici diritti o privilegi per mantenere una rigida identità, ma piuttosto sull’apertura all’ao nel dialogo”.
Il lungo documento descrive con realismo le conseguenze del settarismo e del fanatismo religioso come fattori devastanti per ogni progetto di “convivenza tra diversi” che riscopra la matrice “plurale” della storia dei popoli e delle civiltà del Medio Oriente. Si riconosce che le comunità cristiane nei Paesi dell’area vivono all’interno di società “permeate dall’Islam”, dove “l’Islam è diventato un fattore intrinseco” anche per le vie assunte dalla predicazione del Vangelo. Si sottolinea che L’emigrazione dei cristiani, intensificatasi negli ultimi decenni, non può essere interpretata esclusivamente come un effetto diretto del sorgere di violenti movimenti islamisti, mentre vengono indicati con realismo anche tanti fattori di “debolezza interna” che appesantiscono lo spirito apostolico di istituzioni e realtà ecclesiali. Tra le ae cose, si prende atto che “il linguaggio utilizzato dall’establishment religioso, in molti casi, è ancora lontano dalla realtà quotidiana, dalle sofferenze e dalle paure dei cristiani locali”, e perde gradualmente la propria forza di attrazione per le giovani generazioni, tra le quali cresce una tendenza all’indifferentismo e addirittura all’ateismo non ancora ‘registrata’ dalle ordinarie direttive pastorali. Il documento descrive in termini critici i casi di competizione tra istituzioni ecclesiastiche impegnate a tempo pieno a cercare di trovare risorse finanziarie per garantire la propria sopravvivenza, e in diversi passaggi deplora la modalità di rapporto delle istituzioni ecclesiali con i poteri politici, spesso dominata “da interessi personali e di fazione, una mentalità minoritaria e una ricerca di ristrette conquiste settarie”.
Tra le “soluzioni sbagliate” sperimentata per affrontare i problemi delle comunità cristiane mediorientali, il documento indica la tendenza che spinge rappresentanti e gruppi ecclesiali “ad aderire a ideologie totalitarie, regimi autoritari”, o la corsa a “occupare posizioni di influenza e acquisire benefici e protezioni autoritarie” sostenendo che ciò possa “garantire la continuità e il valore della loro presenza in Medio Oriente”.
Oe ai rilievi critici, il documento suggerisce anche piste costruttive da sperimentare per affrontare le urgenze che assediano le comunità cristiane mediorientali. Nel documento ricorre in molti passaggi il richiamo a riscoprire il tesoro delle proprie tradizioni ecclesiali: “La maggior parte delle Chiese storiche del Medio Oriente” fanno notare gli autori del testo “sono patriarcali o sinodali. Entrambi i sistemi si ispirano all’idea di sinodalità, che, nel suo significato originario, si riferisce alla comunione e al camminare insieme”. Questi tratti tradizionali della vita ecclesiale delle comunità d’Oriente vanno oggi recuperati, mentre “ purtroppo oggi nelle nostre Chiese vediamo spesso il popolo di Dio – soprattutto donne e giovani – emarginato nelle decisioni importanti. Spesso assistiamo alla crescita di uno spirito autoritario, che cancella la responsabilità condivisa, il governo equilibrato e lo spirito di responsabilità tra le persone e i loro pastori”.
Secondo gli autori del documento, la vita ecclesiale delle comunità mediorientali deve liberarsi “da pratiche che riducono le donne a esseri di seconda classe, pratiche contrarie allo spirito del Vangelo”. Inoe i cristiani in Medio Oriente “dovrebbero rifiutarsi di aderire a regimi politici dittatoriali, sia ideologicamente laici, teocratici o feudali, o di identificarsi con essi. Devono anche rifiutare una “alleanza di minoranza” e la scelta di chiedere protezione”. La prospettiva suggerita è quella di riconoscere la comunanza di destino dei cristiani con i concittadini di ae fedi e “favorire il loro coinvolgimento nella sfera pubblica e la lotta per uno Stato civile”, governato secondo il principio di cittadinanza e uguaglianza. Uno stato “guidato dal diritto civile moderno”, che sia in grado di abbracciare e integrare tutte le “diversità “ e le pluralità del Medio Oriente.
ASIA/ORIENTE MEDIO – Documento sobre el futuro de los cristianos en Oriente Medio: las “protecciones” occidentales o las “alianzas entre minorías” no nos ayudan
Antelias – En Oriente Medio hay realidades eclesiales que “para obtener ayuda de algunos grupos cristianos americanos y europeos, adoptan ideas que militan contra la convivencia, exageran el sufrimiento de los cristianos y promueven la teoría de la persecución sistemática por parte de los musulmanes”. Otros actores eclesiales confían en la estrategia de la “alianza entre minorías” o en la protección de los regímenes autoritarios como únicas formas de garantizar la supervivencia de las comunidades cristianas autóctonas en Oriente Medio. Se trata de opciones y orientaciones equívocas, que corren el riesgo de pesar negativamente sobre el futuro de la presencia cristiana en Oriente Medio y de negar la misión misma a la que la Iglesia está llamada en esa parte del mundo en la que Cristo ha vivido su vida terrenal. Estas son algunas de las provocaciones difundidas en el documento titulado «Cristianos en Oriente Medio: por una renovación de las opciones teológicas, sociales y políticas». La contribución, articulada en cien párrafos, se ofrece como un intento sistemático de considerar en profundidad la condición actual de las comunidades cristianas en el contexto árabe-mediterráneo. Esta iniciativa no tiene parangón en la historia reciente de la reflexión teológica y pastoral sobre el presente y el futuro de los cristianos en Oriente Medio. El documento, que se ha dado a conocer hoy durante una presentación oficial en la sala de conferencias de la Iglesia de San Elías en Antelias , es el resultado de un largo proceso realizado por un equipo ecuménico de especialistas en teología, estudios sociales y cuestiones geopolíticas. Hombres y mujeres, ministros ordenados y laicos, que han querido debatir con franqueza y libertad “sobre cuestiones que algunos pueden considerar inadecuadas para el debate público”. El equipo, que ha adoptado una fórmula que se hace eco de un versículo del Deuteronomio , incluye, entre otros, al profesor Souraya Bechealany, antiguo secretario general del Consejo de las Iglesias de Oriente Medio, y al sacerdote maronita Rouphael Zgheib, director nacional de las Obras Misionales Pontificias del Líbano.
En muchos pasajes, el documento se libera de los estereotipos que condicionan y ofuscan la representación dominante en los medios de comunicación occidentales sobre las comunidades cristianas de Oriente Medio. Que son presentadas como “minorías” asediadas que necesitan protección externa, ya sea financiera o geopolítica.
Los cristianos de Oriente Medio – reconocen los autores del documento – se enfrentan a enormes emergencias y provocaciones “que nos ponen ante opciones de las que dependen nuestra existencia y nuestra presencia futura”. El “debilitamiento progresivo de nuestra presencia y testimonio hace imperativo un examen profundo de nuestra situación, a partir de una lectura crítica”. En las convulsiones geopolíticas de Oriente Medio, analizadas por el documento con abundantes referencias históricas a las épocas del “renacimiento” árabe y del “despertar islámico”, el documento señala que el riesgo más insidioso para las actuales comunidades cristianas de Oriente Medio es el “enfoque reduccionista basado exclusivamente en la lógica de la mayoría y la minoría”. Una lectura distorsionada de la realidad que lleva a algunos a buscar protección “a través de una ‘alianza de minorías’, viendo en ello una garantía para perpetuar la presencia cristiana en Oriente Medio”. A la larga, esta opción “desvirtúa un auténtico testimonio cristiano”, basado “no en el uso de la religión como herramienta política, ni en la reivindicación de derechos o privilegios específicos para mantener una identidad rígida, sino en la apertura al otro en el diálogo”.
El extenso documento describe con realismo las consecuencias del sectarismo y el fanatismo religioso como factores devastadores para cualquier proyecto de “convivencia entre diferentes” que redescubra la matriz “plural” de la historia de los pueblos y civilizaciones de Oriente Medio. Se reconoce que las comunidades cristianas de los países de la zona viven en sociedades “impregnadas de islam”, en las que “el islam se ha convertido en un factor intrínseco”. Se subraya que la emigración de los cristianos, que se ha intensificado en las últimas décadas, no puede interpretarse exclusivamente como un efecto directo del auge de los movimientos islamistas violentos, al tiempo que se señalan con realismo muchos factores de “debilidad interna” que lastran el espíritu apostólico de las instituciones y las realidades eclesiales. Entre otras cosas, se constata que “el lenguaje utilizado por el estamento religioso, en muchos casos, sigue estando alejado de la realidad cotidiana, de los sufrimientos y de los temores de los cristianos locales”, y va perdiendo poco a poco su poder de atracción para las generaciones más jóvenes, entre las que hay una tendencia creciente a la indiferencia e incluso al ateísmo. El documento describe en términos críticos los casos de competencia entre instituciones eclesiásticas empeñadas a tiempo completo en tratar de encontrar recursos financieros para asegurar su supervivencia, y en varios pasajes deplora la forma en que las instituciones eclesiásticas se relacionan con los poderes políticos, a menudo dominados por “intereses personales y facciosos, una mentalidad minoritaria y una búsqueda de pequeñas conquistas sectarias”.
Entre las “soluciones erróneas” ensayadas para abordar los problemas de las comunidades cristianas de Oriente Medio, el documento señala la tendencia que empuja a los representantes y grupos de la Iglesia “a adherir a ideologías totalitarias, a regímenes autoritarios”, o la carrera por “ocupar posiciones de influencia y adquirir beneficios y protecciones autoritarias”, alegando que ello puede “garantizar la continuidad y el valor de su presencia en Oriente Medio”.
Además de las observaciones críticas, el documento también sugiere vías constructivas que deben explorarse para abordar las necesidades urgentes que asedian a las comunidades cristianas de Oriente Medio. En muchos pasajes del documento se hace un llamamiento a redescubrir el tesoro de las propias tradiciones eclesiales: “La mayoría de las Iglesias históricas de Oriente Medio”, señalan los autores del texto, “son patriarcales o sinodales. Ambos sistemas se inspiran en la idea de sinodalidad, que, en su significado original, se refiere a la comunión y al caminar juntos”.
Estos rasgos tradicionales de la vida eclesial de las comunidades orientales se deben recuperar, mientras que “desgraciadamente hoy en nuestras Iglesias vemos al pueblo de Dios – especialmente a las mujeres y a los jóvenes – marginados en las decisiones importantes”. A menudo asistimos al crecimiento de un espíritu autoritario, que borra la responsabilidad compartida, el gobierno equilibrado y el espíritu de responsabilidad entre la gente y sus pastores”.
Según los autores del documento, la vida eclesial de las comunidades de Oriente Medio debe liberarse “de las prácticas que reducen a las mujeres a seres de segunda clase, prácticas que son contrarias al espíritu del Evangelio”. Además, los cristianos de Oriente Medio “deben negarse a unirse o identificarse con regímenes políticos dictatoriales, ya sean ideológicamente laicos, teocráticos o feudales. También deben rechazar una “alianza minoritaria” y la opción de buscar protección”. La perspectiva sugerida es la de reconocer el destino común de los cristianos con los conciudadanos de otras confesiones y “fomentar su participación en la esfera pública y en la lucha por un Estado civil”, regido según el principio de ciudadanía e igualdad. Un Estado “guiado por el derecho civil moderno”, capaz de acoger e integrar todas las “diversidades” y pluralidades de Oriente Medio.
Link correlati :Texto completo del documento en inglés
ASIA/IRAQ – Mar Awa Royel es el 122º Patriarca de la Iglesia Asiria de Oriente
Erbil – El 122º Patriarca de la Iglesia Asiria de Oriente es Mar Awa Royel, hasta ahora Obispo de la Diócesis Asiria de California y Secretario del Santo Sínodo. Ha sido elegido el miércoles 8 de septiembre por los 15 obispos de la Iglesia Asiria de Oriente, reunidos desde el lunes 6 de septiembre en el Sínodo Electivo convocado en Ankawa, un suburbio de Erbil, para elegir al sucesor del Patriarca Mar Gewargis III, que ya en febrero de 2020 había anunciado su renuncia al cargo patriarcal por motivos de salud .
Nacido hace 46 años en Chicago y, por tanto, hijo de la diáspora asiria en EE.UU., David Royel fue ordenado diácono a los 17 años, y se licenció en teología sagrada en la Universidad Loyola de Chicago y en la Universidad of Saint Mary of the Lake, también conocida como Mundelein Seminary, la histórica institución responsable de la formación teológica y espiritual de los sacerdotes católicos de la archidiócesis de Chicago. Posteriormente obtuvo la licencia en Sagrada Teología y el doctorado en el Pontificio Instituto Oriental de Roma. Fue ordenado obispo por el entonces Patriarca Mar Dinkha IV en 2008, tomando el nombre de Awa y convirtiéndose en el primer obispo asirio nacido en Estados Unidos.
Es conocida por todos, su apertura ecuménica y su implicación directa en las relaciones fraternas con la Iglesia católica, que también supervisó en su calidad de Presidente de la Comisión de Relaciones Intereclesiales de la Iglesia Asiria de Oriente. Una de sus contribuciones académicas es “Misterios del Reino: los sacramentos de la Iglesia Asiria de Oriente” , un tratado sobre la teología de la Iglesia Asiria de Oriente en relación con los siete sacramentos, que también es importante de cara a posibles desarrollos futuros en el actual diálogo teológico entre la Iglesia Católica y la Iglesia Asiria de Oriente.
La antigua Iglesia de Oriente nunca ha tenido conflictos dogmáticos directos con el Obispo de Roma. El diálogo teológico oficial entre la Iglesia católica y la Iglesia asiria de Oriente se inició en 1984 y desembocó en la declaración cristológica conjunta de 1994, que confesaba la fe compartida en Cristo entre católicos y asirios. Ahora, este diálogo teológico fraterno continúa sobre el tema de los sacramentos y la vida sacramental de la Iglesia. Ya desde 2001, la Iglesia Asiria de Oriente ha autorizado experiencias de hospitalidad eucarística con la Iglesia Caldea, en situaciones pastorales que lo requieran. Un futuro documento conjunto entre la Iglesia católica y la Iglesia asiria de Oriente podría certificar oficialmente el reconocimiento mutuo de la validez de los sacramentos celebrados y administrados en las dos Iglesias. La teología y la espiritualidad de la Iglesia asiria y de la Iglesia caldea hacen hincapié en la naturaleza humana de Cristo. Esta perspectiva espiritual no puede ser mayormente valorada como un camino fructífero para el anuncio cristiano en el tiempo presente.
El camino del diálogo fraterno entre la Iglesia católica y las antiguas Iglesias de Oriente se mantiene siempre en el horizonte de una posible restauración de la plena comunión sacramental. Esta esperanza nos anima a afrontar y acortar las distancias teológicas y doctrinales, y también alimenta nuestra preocupación común por las comunidades cristianas de Oriente Medio y sus sufrimientos, en las tierras donde predicaron los Apóstoles.
ASIA/IRAQ – Mar Awa Royel è il 122esimo Patriarca della Chiesa assira d’Oriente
Erbil – Il 122esimo Patriarca della Chiesa assira d’Oriente viene dagli USA e ha studiato nelle accademie cattoliche, compreso il Pontificio Istituto Orientale. Si tratta di Mar Awa Royel, finora Vescovo della diocesi assira di California e Segretario del Santo Sinodo. Lo hanno eletto mercoledì 8 settembre i 15 Vescovi della Chiesa assira d’Oriente, riuniti da lunedì 6 settembre nel Sinodo elettivo convocato a Ankawa, sobborgo di Erbil, per eleggere il successore del Patriarca Mar Gewargis III, che già nel febbraio 2020 aveva annunciato la sua rinuncia all’ufficio patriarcale per motivi di salute .
Nato 46 anni fa a Chicago, e quindi figlio della diaspora assira negli USA, David Royel è stato ordinato diacono già a 17 anni, e in seguito ha conseguito titoli di laurea in sacra teologia presso la Loyola University di Chicago e presso l’University of Saint Mary of the Lake, nota anche come “Mundelein Seminary”, storico istituto incaricato della formazione teologica e spirituale dei sacerdoti cattolici dell’Arcidiocesi di Chicago. Successivamente ha conseguito la licenza in Sacra Teologia e il dottorato presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma. È stato ordinato Vescovo dall’allora Patriarca Mar Dinkha IV nel 2008, prendendo il nome di Awa e divenendo il primo Vescovo della Chiesa assira nato negli Usa.
E’ nota la sua apertura ecumenica e il suo coinvolgimento diretto nelle relazioni fraterne con la Chiesa cattolica, che ha curato anche nella sua veste di Presidente della Commissione per le relazioni inter-ecclesiali della Chiesa assira d’Oriente. Tra i suoi contributi accademici spicca l’opera “Mysteries of the Kingdom: The Sacraments of the Assirian Church of the East” , un trattato sulla teologia della Chiesa assira d’Oriente riguardante i sette sacramenti, testo che assume rilievo anche in vista dei futuri, possibili sviluppi del dialogo teologico in corso tra Chiesa cattolica e Chiesa assira d’Oriente.
L’antica Chiesa d’Oriente non ha mai avuto conflitti dogmatici diretti con il Vescovo di Roma. Il dialogo teologico ufficiale tra Chiesa cattolica e Chiesa assira d’Oriente è stato avviato nel 1984, e ha portato alla dichiarazione cristologica comune del 1994, che ha confessato la fede in Cristo condivisa tra cattolici e assiri. Adesso, tale dialogo teologico fraterno sta proseguendo sul tema dei sacramenti e della vita sacramentale della Chiesa. Già dal 2001 la Chiesa assira d’Oriente ha autorizzato esperienze di ospitalità eucaristica con la Chiesa caldea, in situazioni pastorali che lo richiedono. Un futuro documento congiunto tra Chiesa cattolica e Chiesa assira d’Oriente potrebbe attestare ufficialmente il riconoscimento reciproco della validità dei sacramenti celebrati e amministrati nelle due Chiese. La teologia e la spiritualità della Chiesa assira e della Chiesa caldea sottolineano con forza la natura umana di Cristo. Tale prospettiva spirituale non potrebbe essere maggiormente valorizzata come una via feconda per l’annuncio cristiano nel tempo presente.
Il cammino di dialogo fraterno tra la Chiesa cattolica e le antiche Chiese d’Oriente si mantiene sempre nell’orizzonte di un possibile ripristino della piena comunione sacramentale. Una speranza che spinge ad affrontare e accorciare le distanze teologiche e dottrinali, e alimenta anche la comune sollecitudine per le comunità cristiane mediorientali e le loro sofferenze, nelle terre dove predicarono gli Apostoli.
ASIA/IRAK – El Sínodo de la Iglesia Asiria de Oriente reunido para elegir al nuevo Patriarca
Erbil – El lunes 6 de septiembre de 2021 se ha inaugurado la asamblea sinodal de la Iglesia Asiria de Oriente, convocada para elegir al nuevo Patriarca. El sínodo se está celebrando en la iglesia asiria de San Juan Bautista en Ankawa, un suburbio de Erbil habitado mayoritariamente por cristianos. La reunión comenzó con un discurso del patriarca dimisionario Gewargis III Sliwa, que ya había renunciado al cargo patriarcal en febrero de 2020 por motivos de salud. Tras su discurso, los 15 obispos asirios presentes iniciaron sesiones a puerta cerrada para elegir al nuevo Patriarca.
Mar Gewargis III Sliwa había anunciado su retiro del cargo patriarcal en una carta enviada a todos los obispos asirios el 3 de febrero de 2020 . En esa carta, Mar Gewargis informaba de que su estado de salud estaba mejorando, después de los graves problemas de salud que sufrió en diciembre de 2019 durante una estancia en Alemania. Pero al mismo tiempo, el propio deterioro de su estado físico – añadía el Patriarca en su carta -, le había llevado a reflexionar profundamente sobre su incapacidad para ejercer adecuadamente las funciones relacionadas con la ‘sublime tarea’ que se le había encomendado. Por esta razón, en plena libertad y tras una profunda reflexión y oración, el Patriarca Gewargis había decidido renunciar al cargo patriarcal y a los deberes relacionados con ello.
El Sínodo para elegir al nuevo Patriarca de la Iglesia Asiria de Oriente había sido convocado en primera instancia en Erbil del 22 al 27 de abril de 2020, con un comunicado enviado a todos los obispos por Mar Awa Royel, Obispo Asirio de California y Secretario General del Santo Sínodo Asirio. Luego, con el estallido de la pandemia, las diversas oleadas de contagios por Covid-19 provocaron el aplazamiento de los procedimientos electorales destinados a dar a la Iglesia Asiria de Oriente un nuevo Patriarca.
Gewargis Sliwa nació el 23 de noviembre de 1941 en Habbaniya, Irak. Completó sus estudios primero en Bagdad y luego en Estados Unidos. Se ordenó sacerdote en junio de 1980 y fue arzobispo metropolitano de Irak en 1981. El Sínodo de la Iglesia Asiria de Oriente lo eligió como nuevo Patriarca el 16 de septiembre de 2015 . Como metropolitano de Irak, Jordania y Rusia, Gewargis era el único candidato al cargo patriarcal que aún residía en territorio iraquí.
La sede patriarcal asiria, tras el exilio del patriarca Mar Eshai Shimun XXIII, había abandonado Oriente Medio desde 1933 y se encontraba en Chicago, Estados Unidos, desde 1940. Durante los años de mandato patriarcal de Mar Gewargis, la sede patriarcal de la Iglesia Asiria de Oriente volvió a Oriente Medio y se ubicó en Erbil, la capital del Kurdistán iraquí. Mar Gewargis III había sucedido al patriarca Mar Dinkha IV, fallecido en marzo de 2015 en Estados Unidos, tras un mandato patriarcal que duró 39 años.
La Iglesia Asiria de Oriente nunca ha tenido conflictos teológicos y dogmáticos directos con el Obispo de Roma.
El diálogo teológico entre la Iglesia asiria y la Iglesia católica se inició oficialmente en 1984, y condujo a la Declaración Cristológica Común de 1994, que confesaba la fe compartida en Cristo entre católicos y asirios. La teología y la espiritualidad de la Iglesia asiria hacen hincapié en la naturaleza humana de Cristo.
En su primer encuentro con el Papa Francisco , que tuvo lugar en Roma en noviembre de 2016, Mar Gewargis III había sugerido al Obispo de Roma que convocara una reunión de los Patriarcas y Jefes de las Iglesias de Oriente para “discutir la situación en Oriente Medio, rezar juntos, buscar soluciones a los problemas”. La sugerencia del patriarca asirio se cumplió, de hecho, con el encuentro ecuménico sobre Oriente Medio convocado por el papa Francisco en Bari el 7 de julio de 2018.
ASIA/IRAQ – Il Sinodo della Chiesa assira d’Oriente riunito per eleggere il nuovo Patriarca
Erbil – Si è aperta lunedì 6 settembre 2021 l’assemblea sinodale della Chiesa assira d’Oriente, convocata per eleggere il nuovo Patriarca. Il sinodo elettivo si svolge presso la chiesa assira di san Giovanni Battista ad Ankawa, sobborgo di Erbil abitato in maggioranza da cristiani. La riunione è iniziata con l’intervento del Patriarca dimissionario Gewargis III Sliwa, che già nel febbraio 2020 aveva rinunciato all’ufficio patriarcale per motivi di salute. Dopo il suo intervento, i 15 vescovi assiri presenti hanno iniziato le sessioni a porte chiuse per eleggere il nuovo Patriarca.
Mar Gewargis III Sliwa aveva annunciato il suo ritiro dall’ufficio patriarcale con una lettera inviata a tutti i vescovi assiri il 3 febbraio 2020 . In quella lettera, Mar Gewargis riferiva che le sue condizioni di salute stavano migliorando, dopo i gravi problemi sanitari che lo avevano colpito nel dicembre 2019 dicembre durante un suo soggiorno in Germania. Nel contempo, proprio il deterioramento delle sue condizioni fisiche – aggiungeva nella sua lettera il Patriarca – lo aveva portato a riflettere in profondità sulla sua impossibilità a esercitare in maniera adeguata le funzioni legate al “compito sublime” che gli è stato affidato. Per questo, in piena libertà e dopo approfondita riflessione e preghiera, il Patriarca Gewargis aveva deciso di rinunciare all’ufficio patriarcale e alle mansioni ad esso connesse. Il Sinodo elettivo per eleggere il nuovo Patriarca della Chiesa assira d’Oriente era stato convocato in prima istanza a Erbil dal 22 al 27 aprile 2020, con un comunicato inviato a tutti i vescovi da Mar Awa Royel, Vescovo assiro di California e Segretario generale del Santo Sinodo assiro. Poi, con l’esplosione della pandemia, le diverse ondate di contagi da Covid-19 avevano provocato il rinvio delle procedure elettorali volte a dare un nuovo Patriarca alla Chiesa assira d’Oriente.
Gewargis Sliwa è nato il 23 novembre del 1941 ad Habbaniya, in Iraq. Ha compiuto i suoi studi prima a Baghdad e poi negli Usa. E’ stato ordinato sacerdote nel giugno del 1980 e Arcivescovo metropolita per l’Iraq nel 1981. Il Sinodo della Chiesa assira d’Oriente lo ha scelto come nuovo Patriarca il 16 settembre 2015 . Come Metropolita di Iraq, Giordania e Russia, Gewargis era l’unico candidato alla carica patriarcale che fosse ancora residente in territorio iracheno.
La sede patriarcale assira, in seguito all’esilio del Patriarca Mar Eshai Shimun XXIII, aveva lasciato il Medio Oriente dal 1933 e dal 1940 era stata insediata a Chicago, negli Stati Uniti. Durante gli anni dell’ufficio patriarcale di Mar Gewargis la sede patriarcale della Chiesa assira d’Oriente è tornata in Medio Oriente ed è stata collocata a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. Mar Gewargis III il era succeduto al Patriarca Mar Dinkha IV, spentosi nel marzo 2015 negli Stati Uniti, dopo un mandato patriarcale durato ben 39 anni.
La Chiesa assira d’Oriente non ha mai avuto conflitti teologici e dogmatici diretti con il Vescovo di Roma. Il dialogo teologico tra Chiesa assira e Chiesa cattolica è iniziato ufficialmente nel 1984, e ha condotto alla dichiarazione cristologica comune del 1994 , che ha confessato la fede in Cristo condivisa tra cattolici e assiri. La teologia e la spiritualità della Chiesa assira sottolineano con forza la natura umana di Cristo.
Nel suo primo incontro con Papa Francesco , avvenuto a Roma nel novembre 2016, Mar Gewargis III aveva suggerito al Vescovo di Roma di indire una riunione dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese d’Oriente per «discutere della situazione del Medio Oriente, pregare insieme, cercare soluzioni ai problemi». Il suggerimento del Patriarca assiro si è poi di fatto realizzato con l’incontro ecumenico sul Medio Oriente convocato da Papa Francesco a Bari il 7 luglio 2018.
ASIA/ORIENTE MEDIO – Los obispos católicos armenios se reunirán en Roma el 20 de septiembre para elegir al nuevo Patriarca
Alepo – Los obispos católicos armenios, procedentes de las diócesis de Oriente Medio y de los países con mayor concentración de diáspora armenia, se reunirán en Roma a partir del próximo 20 de septiembre para elegir a su nuevo Patriarca. Así lo confirmó a la Agencia Fides el arzobispo católico armenio de Alepo, Boutros Marayati, actual administrador de la Iglesia Patriarcal de Cilicia de los armenios. “El Santo Sínodo electivo tuvo lugar a partir del pasado 22 de junio en el Convento libanés de Nuestra Madre de Bzommar no llegó a buen término”, recuerda el arzobispo Marayati. En quince días, ningún candidato obtuvo los dos tercios de los votos de los doce obispos participantes en el Sínodo, umbral requerido para ser elegido sucesor del Patriarca Krikor Bedros XXI Ghabroyan, fallecido el pasado 25 de mayo .
A partir de entonces, según lo establecido por el Código de Cánones de las Iglesias Orientales, se interrumpieron las sesiones del Sínodo electivo y se remitió la cuestión al Papa. Ahora nos volveremos a encontrar el próximo 20 de septiembre en el Pontificio Colegio Armenio de Roma durante dos días de retiro espiritual. Luego, a partir del 22 de septiembre, la asamblea sinodal comenzará a elegir al nuevo Patriarca. La asamblea tendrá lugar bajo la presidencia del cardenal Leonardo Sandri, prefecto de la Congregación para las Iglesias Orientales”.
En cuanto a los procedimientos para la elección de los Patriarcas, el canon 72 del Código de Cánones de las Iglesias Orientales, en el primer párrafo establece que “es elegido quien haya obtenido dos tercios de los votos, salvo que por derecho particular no se establezca que, después de un número adecuado de votaciones, al menos tres, no sea suficiente la parte absolutamente mayor de los votos y la elección se lleve a término acuerdo con canon 183, §§3 y 4”. El segundo párrafo del mismo canon 72 aclara que “si la elección no se completa en quince días, a contar desde la apertura del Sínodo de los Obispos de la Iglesia patriarcal, la cuestión se delegará al Romano Pontífice”.
Si el Sínodo electivo de la Iglesia Patriarcal católica armenia registra un nuevo estancamiento, el resultado positivo de la asamblea electoral estará garantizado en cualquier caso mediante el uso de algunas excepciones, que después de un cierto número de votos infructuosos, permitirán elegir al candidato a Patriarca que obtenga la mayoría absoluta de los votos emitidos. Si el impasse electoral se perpetuara, el candidato que obtenga la mayoría relativa de los votos será elegido Patriarca. Finalmente, si los votos de los obispos votantes se concentraran de manera absolutamente igual en de dos candidatos, el obispo de mayor rango por ordenación sacerdotal se convertirá en Patriarca.
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ASIA/MEDIO ORIENTE – Vescovi armeni cattolici convocati a Roma dal 20 settembre per eleggere il nuovo Patriarca
Aleppo – I vescovi armeni cattolici, provenienti dalle diocesi sparse in Medio Oriente e nei Paesi di maggior concentrazione della diaspora armena, si riuniranno a Roma, a partire dal prossimo 20 settembre, per eleggere il loro nuovo Patriarca. Lo conferma all’Agenzia Fides l’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati, attuale Amministratore della Chiesa patriarcale di Cilicia degli armeni. “Il Santo Sinodo elettivo svoltosi a partire dallo scorso 22 giugno presso il Convento libanese di Nostra Madre di Bzommar” ricorda l’Arcivescovo Marayati “non è andato a buon fine. In quindici giorni, nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei voti dei dodici vescovi partecipanti al Sinodo, soglia richiesta per essere eletto successore del Patriarca Krikor Bedros XXI Ghabroyan, scomparso lo scorso 25 maggio . A quel punto, secondo quanto è stabilito dal Codice dei Canoni delle Chiese orientali, le sessioni del Sinodo elettivo sono state interrotte, e la questione è stata rimessa al Papa. Ora ci ritroveremo il prossimo 20 settembre, presso il Pontificio Collegio armeno di Roma, per due giorni di ritiro spirituale. Poi, a partire dal 22 settembre, inizierà l’assemblea sinodale per eleggere il nuovo Patriarca, che si svolgerà sotto la presidenza del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali”.
Riguardo alle procedure di elezione dei Patriarchi, il canone 72 del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, al primo comma, stabilisce che “è eletto colui che ha riportato due terzi dei voti, a meno che per diritto particolare non sia stabilito che, dopo un conveniente numero di scrutini, almeno tre, sia sufficiente la parte assolutamente maggiore dei voti e l’elezione sia portata a termine a norma del canone 183, §§3 e 4”. Il secondo comma del medesimo canone 72 chiarisce che “Se l’elezione non si porta a termine entro quindici giorni, da computare dall’apertura del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, la cosa viene devoluta al Romano Pontefice”.
Se anche il Sinodo elettivo della Chiesa patriarcale armena cattolica dovesse registrare una nuova situazione di stallo, l’esito positivo dell’assemblea elettorale sarà comunque garantito dal ricorso a alcune deroghe, che dopo un certo numero di votazioni avvenute senza esito consentiranno di eleggere Patriarca il candidato che raggiunge la maggioranza assoluta dei voti espressi. Se l’impasse elettorale dovesse perpetuarsi, sarà eletto Patriarca il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei consensi. Se infine i voti dei vescovi votanti dovessero concentrarsi in maniera assolutamente paritaria intorno a due candidati, diverrà Patriarca il vescovo più anziano per ordinazione sacerdotale. .
ASIA/ORIENTE MEDIO – El icono de la Sagrada Familia comienza su peregrinación entre las esperanzas y aflicciones de los pueblos de Oriente Medio
Jerusalén – Ha comenzado desde Jerusalén, el largo viaje del icono de la Sagrada Familia que en los próximos meses hará una peregrinación al Líbano y a otros países de Oriente Medio, uniendo con gracias al afecto compartido por Jesús, José y María a diferentes comunidades de fe que se encuentran en medio de las convulsiones, crisis y conflictos recurrentes que afligen a esa región del mundo.
El Patriarca sirio católico Ignace Youssif III Younan, que está realizando una visita pastoral a Israel, Palestina y Jordania y que también fue recibido ayer por el presidente palestino Abu Mazen, a su regreso al Líbano traerá consigo el icono de la Sagrada Familia, que a partir de entonces empezará a ser acogido sucesivamente por parroquias, monasterios y santuarios del País de los Cedros. Tras la parada libanesa, la peregrinación del icono continuará por otros países de Oriente Medio, incluido Irak, llegando después a Roma, con motivo de la solemnidad mariana de la Inmaculada Concepción, que la Iglesia de Roma celebra el 8 de diciembre. Y, por último regresará a Tierra Santa.
El icono peregrino reproduce la imagen de la Sagrada Familia representada sobre el altar de la iglesia de San José, en Nazaret, donde, según la tradición, se encontraba la casa del Esposo de María. El cuadro está incrustado con reliquias conservadas en Nazaret, en la Basílica de la Anunciación. Su larga peregrinación por las ciudades y pueblos de Oriente Medio puede considerarse un desarrollo de la Primera “Jornada de Paz para Oriente” celebrada el domingo 27 de junio por las Iglesias católicas presentes en muchos países de Oriente Medio por iniciativa y bajo el patrocinio del Comité Episcopal “Justicia y Paz”, emanación del Consejo de Patriarcas Católicos de Oriente Medio . En esa ocasión, durante las liturgias eucarísticas celebradas por los obispos y patriarcas de Oriente Medio para invocar la paz y la misericordia para los pueblos de la región donde nació la fe cristiana, se ha realizado también un acto especial de consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia de Nazaret.
Las miradas y las oraciones de los bautizados dirigidas al icono -subraya un comentario publicado en el Líbano por el Centro Católico de Comunicación- expresarán la comunión de fe también entre los cristianos de distintas confesiones, unidos por una devoción común a la Sagrada Familia, venerada de un modo único por la Iglesia copta, que custodia los lugares diseminados por el territorio egipcio que atravesaron, según las tradiciones locales, María, José y el Niño Jesús cuando se vieron obligados a huir a Egipto para escapar de las malas intenciones de Herodes.
ASIA/MEDIO ORIENTE – L’Icona della Sacra Famiglia inizia il suo pellegrinaggio tra le speranze e le afflizioni dei popoli mediorientali
Gerusalemme – E’ iniziato da Gerusalemme il viaggio dell’Icona della Sacra Famiglia che nei prossimi mesi compirà un lungo pellegrinaggio in Libano e in ai Paesi del Medio Oriente, unendo con il filo rosso dell’affetto condiviso verso Gesù, Giuseppe e Maria, comunità di fede investite anch’esse dalla convulsioni, dalle crisi e dai conflitti ricorrenti che affliggono quella regione del mondo.
Il Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III Younan, che sta compiendo una visita pastorale in Israele, Palestina e Giordania e che ieri è strato anche ricevuto dal Presidente palestinese Abu Mazen, al suo ritorno in Libano porterà con sé l’icona della Sacra Famiglia, che da quel momento comincerà a essere ospitata a turno da parrocchie, monasteri e santuari del Paese dei Cedri. Dopo le tappe libanesi, il pellegrinaggio dell’icona proseguirà in ai Paesi del Medio Oriente, compreso l’Iraq, per approdare poi a Roma, in occasione della solennità mariana dell’Immacolata Concezione, celebrata dalla Chiesa di Roma l’8 dicembre. E infine far ritorno in Terra Santa.
L’icona pellegrina riproduce l’immagine della Sacra Famiglia raffigurata sopra l’altare della chiesa di San Giuseppe, a Nazareth, dove, secondo la tradizione, si trovava la casa dello Sposo di Maria. Il dipinto è stato intarsiato con reliquie custodite a Nazareth, presso la Basilica dell’Annunciazione. Il suo lungo pellegrinaggio per città e villaggi mediorientali può essere considerato uno sviluppo della Prima “Giornata della pace per l’Oriente” celebrata domenica 27 giugno dalle Chiese cattoliche presenti in molti Paesi mediorientali su iniziativa e con il patrocinio del Comitato episcopale “Giustizia e Pace”, emanazione del Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente . In quell’occasione, durante le liturgie eucaristiche celebrate da Vescovi e Patriarchi in Medio Oriente per invocare pace e misericordia per i popoli delle regione in cui è germinata la fede cristiana, è stato compiuto anche uno speciale atto di consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia di Nazareth.
Gli sguardi e le preghiere dei battezzati rivolti all’icona – sottolinea un commento diffuso in Libano dal Centro cattolico di comunicazione – esprimeranno la comunione di fede anche tra cristiani di confessioni diverse, unite dalla comune devozione verso la Sacra Famiglia, venerata con accenti singolari dalla Chiesa copta, che custodisce i luoghi disseminati sul territorio egiziano attraversati secondo tradizioni locali da Maria, Giuseppe e Gesù Bambino quando furono costretti alla fuga in Egitto per sfuggire ai disegni malvagi di Erode.
ASIA/ORIENTE MEDIO – El Consejo de Iglesias de Oriente Medio invita a unirse a la consagración de la región a la Sagrada Familia: nuestra tierra “atrae” las guerras, pedimos ayuda al Salvador
Beirut – Oriente Medio se ha convertido en un espacio geopolítico óptimo para desencadenar “guerras por encargo” que se convierten en una especie de “masacre a rotación” para las poblaciones locales, víctimas de conflictos “que se extinguen en un lugar para reavivarse en otro” de la región de Oriente Medio. Un flujo ininterrumpido de dolor, luto y miseria alimentado por el mismo modelo de desarrollo moderno, con su insaciable necesidad de fomentar nuevos conflictos para mantener el rendimiento de la industria armamentística que alimenta la globalización tecnológica. Ante estos escenarios, la opción más realista es “acudir al Salvador”, reconociendo que “sólo la misericordia de Dios, el Creador, puede salvarnos”. Este es el punto de vista y el juicio sobre los acontecimientos en Oriente Medio que ha llevado al Consejo de Iglesias de Oriente Medio a lanzar un llamamiento para invitar a todos los habitantes de la región, cristianos y no cristianos, a unirse a la iniciativa promovida por las Iglesias católicas de la zona, que mañana, domingo 27 de junio, celebrarán la primera jornada de paz para Oriente y consagrarán Oriente Medio a la Sagrada Familia de Nazaret .
El cristiano greco ortodoxo Michel Abs, actual secretario general del MECC, se inspira en la iniciativa sin precedentes de las Iglesias católicas de Oriente Medio para proponer un análisis severo y realista de las verdaderas raíces de los conflictos que desgarran esa parte del mundo desde hace décadas, sembrando sin tregua la muerte y la destrucción entre poblaciones indefensas. “La guerra – señala el economista Abs -, es bienvenida en la sociedad moderna”, la sociedad de la hiper-producción industrial “que razona siguiendo consignas como ‘Si no fuera por la destrucción, no habrías vivido en la producción’: es decir, destruimos tu sociedad, luego la reconstruimos, y además te traemos la factura, en forma de deuda nacional, soberanía limitada, dependencia e incluso esclavitud”. “La moderna sociedad tecnológica – insta el Secretario General del MECC -, vive sólo de la guerra”, y hace ver como sabio “a aquellos que aprenden la lección y alejan la guerra de su propia sociedad, desviándola hacia otras sociedades”, confiando a otros “la conducción de sus guerras por delegación y aumentando así el volumen de negocio de sus fábricas de armas y municiones, así como las de las industrias de productos que la guerra ha destruido, desde el equipamiento de infraestructuras hasta el mobiliario doméstico”. Las guerras continúan Michel Abs “tienen lugar hoy en día a través de intermediarios”, y los que necesitan este estado de guerra continua no dudan en desestabilizar los países incluso inventando “acusaciones de producción nuclear o química para invadirlos, destruir su estabilidad, y luego tal vez pedir disculpas a su pueblo” mostrando lágrimas de cocodrilo a las multitudes de víctimas masacradas en los conflictos. En Oriente Medio -insiste el mensaje del secretario del MECC- “las guerras terminan en un lugar para encenderse en otro” en lo que es definido como “masacre a rotación”. Y esto ocurre porque “nuestra posición geográfica nos convierte en un lugar ‘atractivo’ para las guerras, y también lo son nuestros recursos”. Una espiral que provoca una condición de creciente pérdida de soberanía, con los liderazgos locales constantemente a merced de los juegos de poder regionales y globales. Es precisamente el hecho de haber sufrido “desestabilizaciones, catástrofes y desastres -señala Michel Abs en la parte final de su discurso- lo que puede hacernos reconocer que sólo la misericordia de Dios, el Creador, puede salvarnos. Ya no podemos hacer frente a nuestras catástrofes y tragedias, sólo podemos recurrir al Salvador”, dado que “todas las soluciones intentadas por los hombres han resultado insuficientes”.
ASIA/MEDIO ORIENTE – Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente invita a unirsi alla consacrazione della regione alla Sacra Famiglia: la nostra terra “attrae” le guerre, chiediamo aiuto al Salvatore
Beirut – Il Medio Oriente è diventato uno spazio geopolitico ottimale per scatenare “guerre per procura” che si trasformano in una sorta di “massacro a rotazione” per le popolazioni locali, vittime d conflitti “che si spengono in un posto per riaccendersi da qualche aa parte” della regione mediorientale. Un flusso ininterrotto di dolore, lutto e miseria alimentato dallo stesso modello di sviluppo moderno, col suo bisogno insaziabile di fomentare nuovi conflitti per tenere alte le prestazioni dell’industria delle armi che foraggia la globalizzazione tecnologica. Davanti a questi scenari, l’opzione più realistica è quella di “rivolgerci al Salvatore”, riconoscendo che “solo la misericordia di Dio, il Creatore, può salvarci”. E’ questo lo sguardo e il giudizio sulle vicende mediorientali che ha spinto il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente a lanciare un appello per invitare tutti gli abitanti della regione, cristiani e non cristiani, a unirsi all’iniziativa promossa dalle Chiese cattoliche presenti nell’area, che domani, domenica 27 giugno, celebreranno la prima giornata della pace per l’Oriente e consacreranno il Medio Oriente alla Sacra Famiglia di Nazareth .
Il cristiano greco-ortodosso Michel Abs, attuale Segretario generale del MECC, prende spunto dall’iniziativa inedita delle Chiese cattoliche del Medio Oriente per proporre una analisi severa e realista delle radici reali dei conflitti che da decenni dilaniano quella parte del mondo, seminando senza tregue morte e distruzione tra le popolazioni inermi. “La guerra – fa notare l’economista Abs – è la benvenuta nella società moderna”, la società dell’iper-produzione industriale “che ragiona seguendo slogan tipo “ ‘Se non fosse stato per la distruzione, tu non avresti vissuto nella produzione’: ossia, distruggiamo la tua società, poi la ricostruiamo e ti portiamo anche il conto, sotto forma di debito nazionale, sovranità limitata, dipendenza e persino schiavitù”. La mioderna società tecnologica – incalza il Segretario genedele del MECC “vive solo di guerra”, e fa apparire saggio “colui che impara la lezione e allontana la guerra dalla propria società, dirottandola verso ae società”, incaricando ai “di condurre le sue guerre per procura e di aumentare così i fatturati delle sue fabbriche di armi e munizioni, oe a quelli delle industrie di prodotti che la guerra ha distrutto, che vanno dalle attrezzature per le infrastrutture fino ai mobili per la casa”. Le guerre prosegue Michel Abs “avvengono oggi attraverso intermediari”, e chi ha bisogno di questo stato di guerra continua non esita a destabilizzare Paesi anche inventando “accuse di produzione nucleare o chimica per invaderli, distruggerne la stabilità, e poi magari scusarsi con il suo popolo” ostentando lacrime di coccodrillo le moltitudini di vittime massacrate nei conflitti. In Medio Oriente – insiste il messaggio del Segretario del MECC – “le guerre finiscono in un posto per accendersi in un ao” in quello che viene definito come “massacro a rotazione”. E questo avviene perché “la nostra posizione geografica ci rende un luogo ‘attraente’ per le guerre, e lo sono anche le nostre risorse”. Una spirale che provoca anche una condizione di crescente perdita di sovranità, con le leadership locali in costante balìa dei giochi di forza regionali e globali. Proprio l’aver subito “destabilizzazioni, catastrofi e disastri – prende atto Michel Abs nella parte finale del suo intervento può far riconoscere “che solo la misericordia di Dio, il Creatore, può salvarci. Non siamo più in grado di far fronte ai nostri disastri e alle nostre tragedie, e possiamo solo rivolgerci al Salvatore”, visto che “tutte le soluzioni tentate dagli uomini si sono rivelate insufficienti”.
ASIA/ORIENTE MEDIO – Las iglesias católicas se preparan para consagrar Oriente Medio a la Sagrada Familia de Nazaret
Nazaret – Las Iglesias católicas de los países de la región de Oriente Medio se preparan para celebrar el domingo 27 de junio la primera “Jornada de Paz para Oriente”, que este año estará marcada por un acto especial de consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia de Nazaret. La iniciativa de celebrar a partir de ahora una “Jornada anual de la Paz para Oriente” ha sido promovida por el Comité Episcopal “Justicia y Paz”, organismo vinculado al Consejo de Patriarcas Católicos de Oriente Medio, en concomitancia con el 130º aniversario de la Rerum Novarum, la encíclica publicada por el Papa León XIII el 15 de mayo de 1891 sobre los “Derechos y Deberes del Capital y del Trabajo”.
En el marco de la primera edición de la “Jornada de Paz para Oriente”, se celebrará una liturgia eucarística en cada uno de los países sobre los que el Consejo de Patriarcas Católicos de Oriente Medio ejerce su labor de coordinación.
El Patriarca latino de Jerusalén, Pierbattista Pizzaballa, realizará el acto de consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia durante la liturgia eucarística que presidirá en Nazaret, en la Basílica de la Anunciación, a partir de las 10 horas del domingo 27 de junio. Durante la concelebración, se bendecirá un icono de la Sagrada Familia, pintado especialmente par ala ocasión y con incrustaciones de reliquias conservadas en la misma basílica. El icono reproduce la imagen de la Sagrada Familia representada sobre el altar de la iglesia de San José, en Nazaret, donde, según la tradición, se encontraba la casa del Esposo de María. “Una vez bendecido –ha explicado el Patriarca Pizzaballa en su mensaje de presentación de la iniciativa-, el icono será llevado en peregrinación, partiendo del Líbano, a los países de Oriente, hasta su llegada a Roma hacia el final del año de San José, el 8 de diciembre de 2021. Desde Roma, el Icono hará su viaje de vuelta a Tierra Santa”. El Papa Francisco también impartirá su bendición apostólica especial para la “Jornada de la Paz para Oriente” desde Roma el domingo 27 de junio.
En Irak, el patriarca caldeo Louis Raphael Sako celebrará la misa y realizará el acto de consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia desde Bagdad, durante la celebración eucarística que presidirá a las diez de la mañana del domingo 27 de julio en la catedral caldea de San José, en el barrio de Karrada. En la misma fecha, y a la misma hora, cada obispo de las diócesis caldeas repartidas por el país se unirá al acto de consagración durante la liturgia eucarística presidida por cada uno de ellos en su catedral respectiva.
En el Líbano, el patriarca maronita Béchara Boutros Raï celebrará la divina liturgia en Diman, sede de la residencia patriarcal de verano. En días pasados, durante una conferencia de prensa para presentar el evento, el Dr. George Bitar, Subsecretario General del Comité Episcopal “Justicia y Paz” del Consejo de Patriarcas Católicos, subrayó la novedad de la iniciativa, que no tiene precedentes en la historia de las Iglesias de Oriente, confirmando que el domingo 27 de junio todas las Iglesias católicas presentes en el Líbano se unirán a este inédito acto “conjunto” de consagración.
En el Líbano, esta iniciativa se entrelaza con las expectativas que rodean el inminente encuentro entre los jefes de las Iglesias libanesas y las comunidades eclesiásticas convocadas en Roma por el Papa Francisco el 1 de julio para rezar y reflexionar juntos sobre los múltiples factores de crisis que atenazan al País de los Cedros. En el Líbano se están celebrando el Sínodo de Obispos de la Iglesia greco-católica melquita, presidido por el Patriarca Youssef Absi, y el Sínodo de Obispos de la Iglesia católica armenia, convocado para elegir un nuevo Patriarca, tras la muerte de Bedros Ghabroyan.
En Egipto, el Patriarca católico copto Ibrahim Isaac Sidrak se sumará a la iniciativa de la Jornada de la Paz para Oriente y al acto de consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia durante la liturgia divina que presidirá la tarde del domingo 27 de julio en la Iglesia del Sagrado Corazón, en el barrio de Heliópolis, en El Cairo.
ASIA/MEDIO ORIENTE – Le Chiese cattoliche si preparano a consacrare il Medio Oriente alla Sacra Famiglia di Nazareth
Nazareth – Le Chiese cattoliche presenti nei Paesi della regione mediorientale si preparano a celebrare domenica 27 giugno la prima “Giornata della pace per l’Oriente”, che quest’anno sarà connotata anche da uno speciale atto di consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia di Nazareth. L’iniziativa di celebrare d’ora in poi una “Giornata annuale della pace per l’Oriente” è stata promossa in principio dal Comitato episcopale ‘Giustizia e Pace’, organismo collegato al Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente, in concomitanza con il 130° anniversario della Rerum Novarum, l’enciclica emanata da Papa Leone XIII il 15 maggio 1891 sui ‘Diritti e doveri del capitale e del lavoro’.
Nel quadro della prima edizione della “Giornata della pace per l’Oriente”, una liturgia eucaristica verrà celebrata in ciascuno dei Paesi su cui il Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente esercita la sua opera di coordinamento.
Il Patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa compirà l’atto di consacrazione del Medio Oriente alla Sacra famiglia durante la liturgia eucaristica da lui presieduta a Nazareth, presso la Basilica dell’Annunciazione, a partire dalle ore 10 di domenica 27 giugno. Durante la concelebrazione, verrà benedetta un’icona della Sacra Famiglia, appositamente dipinta e intarsiata con reliquie custodite nella stessa Basilica. L’icona riproduce l’immagine della Sacra Famiglia raffigurata sopra l’altare della chiesa di San Giuseppe, a Nazareth, dove, secondo la tradizione, si trovava la casa dello Sposo di Maria. “Una volta benedetta” ha spiegato lo stesso Patriarca Pizzaballa nel suo messaggio di presentazione dell’iniziativa, “l’Icona sarà portata in pellegrinaggio, partendo dal Libano, verso i paesi dell’Oriente, fino al suo arrivo a Roma verso la fine dell’anno di San Giuseppe, l’8 dicembre 2021. Da Roma, l’Icona farà il suo viaggio di ritorno in Terra Santa”. Anche Papa Francesco, domenica 27 giugno, impartirà da Roma la sua speciale Benedizione apostolica per la “Giornata della Pace per l’Oriente”.
In Iraq, il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako celebrerà la messa e compirà l’atto di consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia da Baghdad, durante la celebrazione eucaristica da lui presieduta alle ore dieci di domenica 27 luglio nella Cattedrale caldea di San Giuseppe, nel quartiere di Karrada. Nella stessa data, e alla stessa ora, ogni Vescovo delle diocesi caldee sparse nel Paese si unirà all’atto di consacrazione durante la liturgia eucaristica da lui presieduta nella rispettiva Cattedrale.
In Libano, il Patriarca maronita Béchara Boutros Raï celebrerà la divina liturgia a Diman, sede della residenza patriarcale estiva. Nei giorni scorsi, durante una conferenza stampa di presentazione dell’evento, il dottor George Bitar, Sottosegretario Generale del Comitato episcopale “Giustizia e Pace” del Consiglio dei Patriarchi cattolici ha sottolineato la novità dell’iniziativa, che non ha precedenti nella storia delle Chiese d’Oriente, confermando che domenica 27 giugno tutte le Chiese cattoliche presenti in Libano si uniranno all’inedito atto di consacrazione “corale”.
In Libano, tale iniziativa si intreccia con le attese che circondano l’imminente incontro tra i Capi delle Chiese e comunità ecclesiali libanesi convocati a Roma da Papa Francesco il 1° luglio per pregare e riflettere insieme sui tanti fattori di crisi che attanagliano il Paese dei Cedri. In Libano sono attualmente in corso il Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-cattolica melchita, presieduto dal Patriarca Youssef Absi, e il Sinodo dei Vescovi della Chiesa armena cattolica, chiamato a eleggere il nuovo Patriarca, dopo la scomparsa di Bedros Ghabroyan.
In Egitto, il Patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak si unirà all’iniziativa della Giornata della pace per l’Oriente e all’atto di consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia durante la divina liturgia da lui presieduta nel pomeriggio di domenica 27 luglio presso la chiesa del Sacro Cuore, nel distretto cairota di Heliopolis.
ASIA/ORIENTE MEDIO – El Papa se une a la Consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia: los cristianos de Oriente Medio son testigos y custodios de la fe de los Apóstoles
Bagdad – Las Iglesias católicas presentes en los países de Oriente Medio se preparan para consagrar Oriente Medio a la Sagrada Familia de Nazaret, y el Sucesor de Pedro se une a sus hermanos en la fe: renueva su cercanía al dolor y al sufrimiento de los pueblos de esa región, y al mismo tiempo sugiere con palabras de esperanza, el vínculo de predilección que une para siempre a los bautizados de esa parte del mundo al misterio de la historia de la salvación.
El domingo 27 de junio, en una iniciativa promovida bajo el patrocinio del Consejo de Patriarcas Católicos de Oriente Medio, se celebrarán liturgias eucarísticas especiales en los países donde este organismo eclesial ejerce su acción coordinadora para invocar el don de la paz en todo Oriente Medio. Durante estas celebraciones, también se realizará un acto especial para consagrar todo Oriente Medio a la Sagrada Familia. Desde Roma, el próximo domingo, el Papa Francisco también se sumará a la iniciativa, impartiendo una bendición apostólica especial para la Jornada de la Paz en Oriente. Ayer, miércoles 23 de junio, el sitio de información del Patriarcado Caldeo difundió en versión árabe el mensaje con el que el Papa Francisco se sumará al acto eclesial para implorar que Dios Todopoderoso conceda la paz a todo Oriente Medio y consagre esa zona del mundo a la Sagrada Familia. Un gesto que a juicio del Pontífice contribuye también a “preparar los corazones” de cara al encuentro de reflexión y oración por el Líbano convocado en el Vaticano, el próximo 1 de julio por el Papa Francisco, en el que participarán los responsables de las distintas Iglesias y comunidades eclesiales presentes en el País de los Cedros.
En el mensaje papal publicado en la página web del Patriarcado Caldeo, el Obispo de Roma subraya que la Sagrada Familia formada por Jesús, José y María -a la que las Iglesias católicas de Oriente Medio se disponen a consagrarse- tiene un misterioso vínculo con la identidad y la misión de los cristianos de Oriente Medio. José y María protegieron y salvaguardaron el misterio del Verbo de Dios que se hizo carne. Del mismo modo, en la cotidianidad a menudo dolorosa de sus vidas, humilladas e impotentes ante los poderes políticos y religiosos que dominan esas tierras, muchos cristianos de Oriente Medio experimentan el don de reconocer con asombro el cumplimiento de las promesas de Dios. María y José -señala el Papa en su mensaje- tuvieron que huir a Egipto para proteger a Jesús, el Hijo de Dios, de la violencia de Herodes; de forma misteriosa, muchas familias cristianas de Oriente Medio comparten también hoy el destino de la Sagrada Familia, teniendo que huir para salvar a sus hijos de la guerra, el hambre y la violencia. Así, participan de manera singular en la Pasión de Cristo, y dentro de este misterio están también llamados a pregustar de manera igualmente singular el don de la salvación revelado en Jerusalén en la mañana de la Resurrección.
La Consagración de Oriente Medio a la Sagrada Familia -sugiere el Papa en su mensaje- puede acompañar a cada bautizado de los países de esa región a redescubrir la naturaleza íntima de la vocación a la que están llamados quienes llevan el nombre de Cristo en Oriente Medio. No se trata sólo de reclamar el debido respeto a los derechos de los ciudadanos autóctonos, originarios de esas tierras: la cuestión que el Papa Francisco pone ante los ojos y las mentes de los cristianos de Oriente Medio es, sobre todo, la de saborear la propia vocación de testigos y custodios que beben de las fuentes apostólicas de la fe. Una predilección que no separa y menos aún enfrenta a los cristianos de Oriente Medio con los numerosos compañeros de destino, pertenecientes a diferentes comunidades de fe, con los que comparten el camino en la agitada historia de Oriente Medio. En su mensaje, como figura de la convivencia en Oriente Medio, el Papa vuelve a utilizar la imagen-metáfora de la alfombra, tejida por las sabias manos de los hombres y mujeres de esa región del mundo: el tejido que lo constituye, dibujando delicadas y estupendas formas artísticas -escribe el Obispo de Roma- está hecho de la maraña de muchos hilos diferentes, que se convierten en una obra artística precisamente porque están entretejidos unos con otros: y si la violencia, el conflicto y el rencor desgarran uno de los hilos, todos los demás sufren, y todo el diseño se desfigura. Ante el estallido de la ferocidad sangrienta -reconoce el Papa- los planes y acuerdos humanos no pueden hacer nada si no actúa el poder de Dios. Sólo si los corazones son sanados por la obra consoladora del Espíritu Santo, como sucedió con los hombres y mujeres santos que florecieron en las diferentes tradiciones eclesiales de Oriente, se podrá superar el miedo de los discípulos de Cristo, y la luz de la fe recibida como un don podrá volver a iluminar el camino de los pueblos que comparten la común descendencia de Abraham, Padre de todos los creyentes. A la luz de estas consideraciones, el Papa invita a todos los católicos a vivir la profecía de la fraternidad humana, que prefiguró en el documento firmado en Abu Dhabi junto al Gran Imán sunita Ahmed al Tayyieb y que luego volvió a proponer en la Encíclica “Hermanos Todos” y en el encuentro en Najiaf con el Gran Ayatolá chiita Ali al Sistani. Por este camino -sugiere el Sucesor de Pedro- los bautizados católicos están llamados también en Oriente Medio a ser la “sal de la tierra” en el tejido de la vida social y política, trabajando para que prevalezca el bien común, según las enseñanzas del magisterio social de la Iglesia, en un momento en el que se celebra el 130 aniversario de la publicación de la Encíclica Rerum Novarum del Papa León XIII.
Al concluir su mensaje, el Pontífice imparte la bendición apostólica a todos los que participarán, también a través de las redes sociales, en las celebraciones litúrgicas previstas para el domingo 27 de junio, durante las cuales todo Oriente Medio será consagrado a la Sagrada Familia de Nazaret.