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The Project Gutenberg EBook of I pazzi, by Roberto Bracco This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at www.gutenberg.org Title: I pazzi Author: Roberto Bracco Release Date: January 23, 2011 [EBook #35048] Language: Italian Character set encoding: ISO-8859-1 *** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK I PAZZI *** Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive)
ROBERTO BRACCO
DRAMMA IN QUATTRO ATTI
1922
REMO SANDRON — Editore
Libraio della R. Casa
MILANO - PALERMO - NAPOLI - GENOVA - BOLOGNA - TORINO - FIRENZE
Copyright by Roberto Bracco 1922 in the United States of America.
PROPRIET? LETTERARIA
I diritti di riproduzione, di traduzione, ecc. sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia.
? assolutamente proibito di rappresentare questa produzione
senza il consenso scritto dell'Autore (Art. 14 del Testo Unico 17
Settembre 1882).
Off. Tip. Sandron — 119 — I — 100522.
INDICE
PREAMBOLO
PERSONAGGI DEL DRAMMA
PRIMO ATTO
SECONDO ATTO
TERZO ATTO
QUARTO ATTO
Ho voluto graziare questo dramma che gemeva nel prefunerario cassetto delle mie cose inedite e condannate a un rogo pi? o meno lontano, perch?, leggendolo (evidentemente lo avevo scritto, ma non lo avevo letto mai) ho ritrovate, vive e cospicue, sotto la polvere d'una affrettata negligenza scettica, le ragioni donde mi germin? nella commossa fantasia. Esso ?, in vero, — quale che sia il valore estetico che contenga — la continuazione, il compimento, la sintesi, il culmine sillogistico di molte opere mie d'indole tragica, forse non pregevoli e tuttavia non spregiate e non ancora a me discare. E mi sembra che ci? debba risultar netto a chiunque abbia avuta la cortesia di guardare al cammino che io, illuso [6] o disilluso, alacre o accidioso, ho percorso fin qui nel campo scenico, tra la volubilit? delle platee e quella della ribalta, sempre serbandomi pi? tenero dei miei lettori che non delle une e dell'altra, sempre sognando un po'... un teatro senza teatro. (? una mia antica e fissa idea che si possa non destinare al teatro — cio? alla rappresentazione — un'opera a cui si sia data l'impronta della scena. Non ? forse presumibile che l'artista abbia prescelta questa impronta soltanto perch? ? quella pi? vicina a una forma di vita?...)
Il costrutto del dramma graziato, che, mediante il salvacondotto della tipografia, potr? liberamente vivere o vivacchiare e morire di morte naturale e che si aderge a compiere la sagoma d'una piramide racchiudente le gi? vissute opere cui ho accennato, non ? da enunciare in una baldanzosa conclusione, n? in una sbandierabile sentenza, ma bens? in due interrogazioni, trepide e pur pungenti:
— Dove finisce, nell'animale umano, la saggezza e dove comincia la follia?
— Quali sono, nel nostro mondo, i pazzi e quali sono i savii?
Ecco, nella trama e nella sostanza, il mio [7] dramma, che le due interrogazioni rivolge a me stesso e all'umanit?.
L'umanit? non risponde. E non rispondo nemmeno io. Quattro volte cala il velario sulla controversa vicenda inscenata. L'ultima volta cala lasciando che le due interrogazioni proseguano, vie pi? aguzze, a pungere l'umanit? e me, come in una eco perpetua.
L'Arte non offre, non indica, non suscita soluzioni di problemi che anche la Filosofia invano affisa o sviscera o espone scevri di scorie. Al pi? al pi?, si sforza di tradurli in visioni che parlino alla sensibilit?, senza troppo incomodare la mente.
I pazzi del mio dramma sono appunto una visione composta dall'Arte: — dalla povera Arte di un pazzo... o di un savio.
Roberto Bracco
Febbraio, 1922.
Lo studio del dottor Francesco Floriani.
Nella parete di fondo, una porta che d? in un salotto. Una porta — in secondo piano — a sinistra. Dallo stesso lato — in primo piano — uno scrittoio, con la relativa seggiola a bracciuoli, di cui la spalliera ? accostata al muro, e un divano che, formando un angolo con lo scrittoio, si stende parallelo alla parete di fondo fin quasi al centro della stanza. Qualche tavolino, qualche seggiola a sdraio, qualche seggiola leggera. Un'altra porta — in primo piano — a destra. Ampie librerie. Sullo scrittoio, libri, carte, fascicoli, l'apparecchio del telefono, i bottoni della soneria elettrica e una grande fotografia: [12] la fotografia di Agnese Floriani, in una cornice finemente intarsiata.
Una severa signorilit?.
(Francesco ? seduto allo scrittoio. Agnese ? seduta sul divano. Tacciono entrambi, cogitabondi, in una greve tristezza.)
(Il tintinnio del telefono risuona indiscreto.)
Francesco
(contrariato — avvicina il microfono.) Pronto. (Pausa.) Io sono il dottor Floriani. E lei?... Chi ? lei?... (Ascolta. Pausa.) Non sento. Un po' pi? forte, prego. (Ascolta. Pausa.) Cosa dice?... (Ascolta. Pausa.) Ah, ho capito finalmente! Dice d'essere una mentecatta. Se desidera di consultarmi, venga pure. Ricevo di solito dalle 15 alle 17. (Ascolta. Pausa.) Non desidera di consultarmi? E che vuole da me? Si sbrighi! Che vuole?... (Ascolta. Pausa.) Non vuole niente! E allora perch? mi ha chiamato?... (Ascolta. Pausa.) Esattissimo! Ammiro la sua perspicacia. ? insensato domandarle il movente dei suoi atti o delle idee che [13] le passano pel capo. Neanche ai savii bisognerebbe rivolgere di simili domande. La ossequio. (Ripone il microfono sul cavalletto.)
(Agnese e Francesco tacciono ancora. Ciascuno dei due ? intento al silenzio dell'altro.)
Francesco
... E abbiamo, una volta di pi?, taciuto abbastanza, dopo di avere, una volta di pi?, abbastanza parlato. Torna alle tue occupazioni, tu, come, alla men peggio, io torner? alle mie. Tant'?: o parlando o tacendo, noi ci aggiriamo in un laberinto: nel pi? intricato dei laberinti. Avremmo, forse, potuto uscirne solamente se fosse crollato il tuo ermetico orgoglio. Esso ? incrollabile, perch? custodito dall'istinto. Non troveremo mai una via di uscita.
Agnese
(con un accento coraggioso che squarcia la tristezza) Io l'ho trovata!
Francesco
Non lo credo.
Agnese
S?, l'ho trovata.
Francesco
Sei presa da uno sdegno che sempre pi? allontana da te e da me la probabilit? di trovarla.
Agnese
L'ho trovata, l'ho trovata, Francesco!
Francesco
Ma che stai per propormi, Agnese?! Tu mi fai tremare. Una perfida temerit? lampeggia nei tuoi occhi.
Agnese
Perfida, no: astiosa, bens?, e ribelle, come la temerit? di chi, all'approssimarsi di un immane pericolo immeritato, insorge con tutte le sue forze per superarlo e per trionfarne!
Francesco
Quale sarebbe la via di uscita che hai trovata?
Agnese
Noi dobbiamo separarci.
Francesco
(in un afflusso d' amarezza) Questo sai volere, raccogliendo le mie angosce e i miei gemiti? Questo sai offrirmi per placarmi, tu che sei stata per me la donna unica e che hai assorbita tutta la mia essenza di uomo? Ah, che desolazione! E che miseria!
Agnese
Io ti ripeto, ogni giorno, ogni giorno, che nulla mi ha mutata, che nulla mi muter? mai. Te lo ripeto a fronte alta e con la voce ferma. E a fronte alta, come una martire cristiana, subisco di essere dilaniata dalla tua diffidenza che non si determina in nessun perch?, che non parte da nessuna circostanza visibile, che non denunzia nessun segno di defezione del mio cuore e dei miei sensi nei nostri rapporti coniugali. Somiglia al coltello di un chirurgo capriccioso caparbio audace e inesperto che si ostini a sbrandellare le carni di un corpo sano per cercarvi una rovina che non c'?. ? uno [16] scempio inaudito! Io sono stanca! Non ne posso pi?! Non ne posso pi?! Non resisto pi?! E anche tu sei stanco!... Sei stanco della tua travagliata e vana inchiesta. Sei stanco della tua crudelt? che ti ha logorato non meno di quanto abbia logorato me. Eppure continui a non aver fiducia nella interezza del mio affetto di moglie e d'amante, e quotidianamente la tua diffidenza ricomincia a dilaniare, a sbrandellare... No! No! ? troppo! Noi ci separeremo, e Dio, se vuole, ci assister?!
Francesco
Sta' tranquilla, Agnese. Ci separeremo. (Con apparente calma) Che per molti motivi questa soluzione sia logica non me lo dissimulo. E se non fosse o non mi sembrasse logica?... A me basterebbe a renderla necessaria il fatto stesso che tu la proponi. Dicendo: ?separiamoci?, tu schianti i pochi puntelli dell'edificio sconnesso. E non c'? pi? modo di sorreggerlo!... (Svoltando) Fortunatamente, non abbiamo figli. ? stata una beffa infame che il destino ha gettata sui bollori della nostra unione. Nondimeno, ora, per noi ? una sagace fortuna. Senza figli, il separarci sar? la cosa pi? spiccia e pi? semplice [17] del mondo: spiccia e semplice come sono, in generale, le grandi tragedie della vita!... (Si leva, si morde un pugno, cammina per la stanza, sbandato. Poi, si ferma.) E cos?, in due minuti, tutto ? accomodato, tutto ? definito. Non pi? legami, non pi? controlli di sentimenti e di pensieri. Non pi? lo scempio inaudito!... Ciascuno di noi due non apparterr? che a s? medesimo. Tu ti porterai via la tua verit? salvandola dalle mie intransigenti e cupide investigazioni. E io rester? vedovo, saturandomi d'un rancore innocuo per te e guardando discendere in un baratro, insieme col passato, la mia povera felicit? ridotta in frantumi.
Agnese
E non anche la mia, forse?... Non anche la mia?... Dillo! Dillo!
Suora Marta
(dalla sinistra, prima d'entrare) Permesso?
Francesco
(ricomponendosi) Avanti, Suora Marta. Che c'??
Suora Marta
(entrando) Il professor Bernardi ha quasi terminata la sua visita alle ricoverate.
Francesco
(battendosi la fronte con la mano) Ah gi?! C'? la visita del professor Bernardi!...
Suora Marta
(comprende di essere — involontariamente — importuna.) Ma non si scomodi, direttore. Il professor Bernardi mi ha raccomandata di comunicarle che, se lei ha da fare, egli non vuole disturbarla. Ha soggiunto che, dovendo trattenersi ancora in questa citt?, avrebbe il tempo di ritornare per salutarla.
Francesco
Pi? o meno, ho sempre da fare.
Suora Marta
Gli riferir? che lei si scusa per oggi.
Francesco
No, Suora, no. Che penserebbe di me?... Io non l'ho accompagnato durante la sua ispezione scientifica affinch? il contegno delle ricoverate non risentisse della mia presenza, della mia immediata vigilanza. E mi pare che egli abbia apprezzata questa mia scrupolosit?. Ma adesso mi ? doveroso parlargli, mi ? doveroso di stare un po' con lui. Gli direte che io lo aspetto qui o che mi faccia avvertire appena si sar? sbrigato.
Suora Marta
Sta benissimo. (Via.)
Francesco
Ed eccomi assillato, eccomi vessato dai miei doveri e dalle mie responsabilit? quando vorrei [20] potermi sottrarre a tutto quello che mi ricorda di essere vivo!
Agnese
(gi? in piedi) Le tue responsabilit? e i tuoi doveri sono provvidenziali oggi e saranno provvidenziali in avvenire. Non lamentartene. Io te l'invidio!... T'impediranno di abbatterti. Impegneranno le tue ore in un'attivit? che, per quanto imposta, ti sar? poi di sollievo.
Francesco
(acido, e torvo) Mi condanneranno a uno sforzo di sdoppiamento: a uno sforzo in cui corre il rischio di spezzarsi chi non possegga l'elasticit? di coscienza per la quale ? facile infingersi o mentire! (Un intervallo.) E siamo intesi.
Agnese
Siamo intesi davvero, Francesco! (Tutta raccolta, esce.)
Francesco
(tra s? — scervellandosi)... Ghermire quello che ? dentro l'involucro che si pu? toccare, quel che ? al di l? della fisonomia e dei gesti che si vedono, al di l? della voce e della parola che si odono: questo ? il problema insolubile!...
Bernardi
(nella stanza contigua, a sinistra) Grazie, gentilissima Suora, e non mi dimentichi!
Francesco
(si sforza di assumere un atteggiamento di cordiale cortesia e gli va incontro.) Favorisca, Professore! Favorisca!
Bernardi
(avanzandosi) Sono a lei, collega. (? un uomo sulla cinquantina. Alto. Magro. Adusto. Elegante. Disinvolto. Barbetta a punta, brizzolata. Naso lungo, arcuato. Sopracciglia convergenti. [22] Sguardo fosforescente, penetrante. Ha un po' un'aria da Mefistofele bonario. Il suo sorriso ? buono. Parla con aristocratica affabilit? e con ricercatezza, ascoltandosi, assaporando la frase fiorita arguta.)
Francesco
Ella mi ha sospettato di tanta indifferenza da rinunziare a mietere s?bito le sue impressioni e a darle s?bito qualche schiarimento! Mi faceva torto.
Bernardi
Pardon!... L'indifferenza ? spesso un'affermazione di serenit?. Mi sarebbe parsa legittima in lei. E anche pi? legittima mi sarebbe parsa una pi? limitata tolleranza della mia indiscrezione.
Francesco
Un linguaggio cos? umile ? paradossale sulla bocca dell'insigne professor Antonio Bernardi.
Bernardi
Una vera indiscrezione ? stata la visita che ella mi ha consentita. Ci? che giustifica l'indiscrezione ? la speciale fama di cui Ella gode e di cui ? circondato questo monastico rifugio della psicopatia femminile. Una attrattiva irresistibile!
Francesco
(con dignitosa modestia) La fama di cui godo?... Io sono l'ultimo arrivato.
Bernardi
Last not least, come sottilmente dicono gl'inglesi.
Francesco
Ma ? certo che questo rifugio non ? che l'abbozzo di una Casa di Salute.
Bernardi
Protesto, collega! Molto pi? di un abbozzo!
Francesco
Minuscola. Rachitica. Incompleta. E mi cruccio di non avere i mezzi per ampliarne la capacit? ospitale, per svilupparne l'efficienza.
Bernardi
Gi? troppa la sua abnegazione! ? notorio che ella giuoca e perde alla roulette dell'altruismo tutte le sue entrate di possidente.
Francesco
Mio padre mi lasci? un titolo di conte che ho seppellito e un po' di propriet? che onoro col dedicarne le non larghe rendite a un'opera di soccorso.
Bernardi
E non trova appoggi finanziarii per una fondazione d'indole cos? filantropica?!
Francesco
Cercandone, forse ne troverei. Ma avendo voluto adottare dei metodi esclusivamente miei, [25] ho dovuto serbare al Ricovero un carattere di personale esperimento e di personale filantropia. Inferme che paghino, difatti, non ne ammetto se non in linea eccezionale, e sempre che io abbia un posto disponibile l'offro a qualche inferma povera o accolgo gratuitamente quella che mi sia portata, come una naufraga, dalla marea delle sue sventure.
Bernardi
Tutto ci? ? sublime!
Francesco
No, non ? sublime. C'? in me — gliel'ho confessato — un'ambizione di autonomia, una ostinata insubordinatezza.
Bernardi
Anche questa ?insubordinatezza? accede alla sublimit?. Nella cura della follia o della semi-follia ella si ? proposto di sostituire l'influsso dell'Idealismo ai dettami positivistici. Verso le vie del cielo! Coelum accipere!
Francesco
Mettiamo i punti sugl'i, Professore. Non vorrei che mi si tacciasse di cecit?. Secondo me, l'Idealismo ? creatore o coefficiente di coesione morale, e, secondo me, coesione morate ? sanit? della mente, ? vigoria dell'anima. Io sostituisco l'influsso dell'Idealismo ai dettami positivistici solamente quando la causa della follia o della semi-follia non permanga nel dominio del clinico e quando, perci?, il positivismo onesto non abbia nulla da fare. Idealista, s?. Cieco, no.
Bernardi
Evidentissimo, perdiana!
Francesco
Tuttavia, lo so che nel campo della scienza ufficiale io non sono che un reprobo, un traditore.
Bernardi
La scienza ufficiale ? in piena bancarotta, non vale la pena di esserle devoto.
Francesco
M'incoraggia a tradirla proprio lei che ? un ortodosso?
Bernardi
Un miscredente, sono! Un malinconico miscredente! La pi? nera miscredenza mi si ? infiltrata dentro e non mi lascia pi?. Sono da compiangere, io. Lei, almeno, pu? illudersi di utilizzare il suo idealismo procedendo da un punto di partenza che, apr?s tout, non ? arbitrario. Si chiama psichiatria la dottrina che riguarda le malattie mentali. La parola stessa di questa denominazione gi? implica che in origine la sede di tali malattie ? stata ritenuta la psiche, ovverosia l'anima, che sarebbe il cosiddetto principio spirituale della vita. Ella ha quindi il diritto di concludere: curiamo l'anima. E ha, inoltre, quello di ridere in faccia ai psichiatri incondizionatamente materialisti che della vita ostentano rinnegare il principio spirituale, mentre, per tacito consenso, lo ammettono nella denominazione della loro dottrina. Il guaio grosso ? per me, che ho professato [28] il positivismo e ogni giorno ne ho costatato il fiasco, che era, poi, il mio fiasco! Non sapevo pi? da che parte voltarmi. Interrogavo i fatti a uno a uno per cavarne l'indicazione di una cura diritta e razionale. Fatica da Sisifo! Il positivismo applicato alla psichiatria ? un ammasso di preconcetti cristallizzati, i quali danno sempre ai fatti le medesime fisonomie, false e bugiarde. E poich? essi mi restavano addosso, appiccicati come crittogame, e non c'era mezzo di espellerli, i fatti mi restavano davanti come sfingi perverse, a confondermi, a sfidarmi, a dileggiarmi, a provarmi l'inanit? della mia scienza, a irritarmi fino alle pi? estreme conseguenze. Le attesto che talvolta ho sentito d'impazzire anch'io.
Francesco
E no, Professore! Questa ? una iperbole! Una triste iperbole!
Bernardi
(spiccando le sillabe) ?Ho sentito — ripeto — d'impazzire anch'io?. Mi esprimo con esattezza [29] storica, egregio collega. Mi ? accaduto precisamente di avvertire i prodromi di uno squilibrio cerebrale. Se ne meraviglia molto?... Ci asterremo, per altro, dall'asserire che sia un caso originalissimo. Parecchi squilibr? cerebrali, latenti o flagranti, contristano la famiglia dei psichiatri, e non ? mai da escludere la possibilit? che un medico di pazzi impazzisca.
Francesco
(con un lieve sorriso) Ma ella ha i connotati della pi? solida e pi? resistente saggezza.
Bernardi
L'opinione plebea che molti savi sembrino pazzi e viceversa... non ? del tutto infondata.
Francesco
L'esperienza discerne.
Bernardi
Discerne sempre — me lo consenta — attraverso la stalattite del nostro convenzionalismo. [30] Noi non sappiamo differenziare la follia dalla saggezza che per quei connotati i quali proprio noi abbiamo attribuiti all'una e all'altra.
Francesco
(turbandosi) Il suo scetticismo inesauribile sconforta e disorienta... E nessuno pu? esserne pi? sconfortato e pi? disorientato di me. (Con un distacco di voluta disinvoltura) Ma, Dio buono, non l'ho ancora invitata a sedere. Prego... Prego.... Meglio tardi che mai.
Bernardi
... Non m'ero accorto di stare in piedi. Sieder?.
(Seggono sul divano.)
Francesco
(scusandosi) Vivo da un pezzo fuori del mondo. Comincio a perdere le abitudini della buona educazione.
Bernardi
C'? da compiacersene. La buona educazione ? ingannevole come il belletto.
Francesco
E le sue impressioni, dunque?
Bernardi
Non se ne disinteressa neppure dopo che mi sono cos? cordialmente discreditato?
Francesco
Non ? uomo lei da discreditarsi in cinque minuti.
Bernardi
Ma vedr? che altri cinque mi basteranno. Partie remise, a breve scadenza! Le mie impressioni ... Devo premettere che, da quando ho avuta la visione chiara della inettitudine in cui mi dibattevo, ho piantata la mia clientela, mi son munito di una valigia e mi son dato a un faticoso tourisme. A cinquant'anni — l'et? classica dei lauri e dei riposi accademici — io faccio un modesto viaggio... d'istruzione. Vado attorno per conoscere la clientela altrui e l'altrui esercizio professionale con [32] la speranza d'imbattermi in qualcosa che mi dia un po' di nuovo nudrimento. Ero bene informato dei suoi criter?, emergenti dal libro che ella ha scritto in collaborazione col compianto Paolo Gemmi — un idealista che, morendo di suicidio, non ha di certo corroborato l'Idealismo — e, quantunque io aborrissi ferocemente quei criter? come astrazioni teoriche, varcando la soglia della sua Casa di Salute ho armistiziata la mia ostilit?, con una tendenza conciliativa. Mi son detto: ?Chi sa!... Vediamo di che si tratta, de visu et auditu.? E pi? mi ha ammansito la sua spontanea decisione di non presenziare i miei colloqui con le ricoverate. I nevrastenici, i nevropatici, gli aberrati, gli alienati, e perfino gli ebeti, alla presenza del medico curante — particolarmente se sia anche il loro benefattore — , serbano, come per un mimetismo servile, un contegno che non corrisponde davvero al loro grado di mentalit?. Somigliano — diciamolo pure — alle bestie in cospetto del padrone che le abbia ammaestrate. Sicch?, ella eliminava l'esibizione degli effetti effimeri e illusor?. Bellissimo gesto!
Francesco
Un gesto di rudimentale lealt?.
Bernardi
Ed oltremodo lieto ero che, tutto sommato, un inconsueto ottimismo mi scortasse.
Francesco
Ebbene?
Bernardi
Mi affretto a dichiararle che i primi scandagli mi hanno pienamente soddisfatto. Riscontravo in quelle menti un assetto singolare, una notevolissima coordinazione nei rapporti col mondo esteriore, uno svolgimento del pensiero abbastanza vicino alla continuit? logica. Ma, purtroppo, egregio e caro collega, la insistenza della mia ispezione ha mutati in ortiche i fiori c?lti dal mio neo-ottimismo. Dubbi su dubbi!...
Francesco
Gradirei qualche esempio, Professore.
Bernardi
Piuttosto li riassumo e glieli sottometto in forma interrogativa, con la pi? nitida schiettezza. Non sono forse — domando io — irreperibili o dissipati, in quelle menti, i segni della personalit? e del libero arbitrio? Convinto di avere pi? o meno raddrizzate dieci, dodici, quindici menti, non le ha, forse, ella, invece, soppresse o represse in una specie di uniformit?, quasi che le abbia chiuse in tanti astucci simili? E questi risultati non sarebbero forse dovuti... a un potere formidabile della sua volont?, in cui la vecchia scienza riscontrerebbe di leggieri una influenza tutta positivistica e tutta divergente dall'influsso di quell'idealismo che ella, in buona fede, intende di utilizzare?... Ecco le ortiche, collega.
Francesco
Se ella, professore, si trattenesse qui una intera giornata, si persuaderebbe che l'uniformit? subisce tante variazioni quante sono le mie ospiti. Gli elementi che compongono la loro personalit? — l'origine, l'atavismo, il temperamento, le condizioni sociali, le efflorescenze [35] della vita vissuta — si modificano, ma non spariscono. La cura dell'anima vuole e pu? aspirare a rendere fissa e predominante, in dieci, in dodici, in quindici cervelli una forza direttiva unica che tende a salvarli: non vuole e non pu? staccarli dalla esistenza individuale, dagli elementi che la compongono. E se ella, trattenendosi qui una intera giornata, mi stesse accanto, si persuaderebbe che questa forza direttiva non ? determinata da un potere formidabile della mia volont?, il quale minacci il libero arbitrio come il potere d'un ipnotizzatore, ma sibbene da una dolce disciplina genuinamente educativa che avvia alla bont?, all'orrore per il peccato, alla fraternit? cristiana, alle gioie del benessere fornito dalla virt?!
Bernardi
... Una certa dose di haschich, servita a cento mussulmani diversi, discopre ugualmente a ognuno di essi il paradiso di Maometto!... Ma non badi alle mie divagazioni... e, soprattutto, non pensi che io ardisca di combatterla nelle sue trincere. La malattia dell'autocritica fa dell'?insigne professore Antonio Bernardi? [36] un fantaccino disarmato e sprovveduto di umor bellico. Non rintuzzo, non polemizzo, e, timidamente, mi ritraggo.
Francesco
Ahim?!... Sono io indotto a polemizzare! Polemizzo, le garantisco, pi? con me stesso che con lei. E polemizzano cos? tutti coloro che temono d'errare. I dubbi da lei esposti trovano un propizio terreno nella mia coscienza, dove... (una densa mestizia lo adombra) ogni dubbio molto facilmente alligna.
Bernardi
(vivace) In altri termini, siamo tra noi meno lontani che non sembri, e ben presto cammineremo a braccetto su una via di mezzo. Ella avr? continuato a sperimentare, io avr? continuato a istruirmi. Saremo — non se ne accori — pi? inetti di oggi. Ma auguriamoci che, ci? non ostante, accompagnandoci a vicenda, riesciremo ad affrancarci dai dubbii spinosi e quindi dal timore d'errare.
Francesco
Sarebbe un beneficio per chi ha bisogno dell'opera nostra.
Bernardi
Sarebbe un beneficio per noi, collega! L'uomo che non teme d'errare ? probabilmente un imbecille, ma ? sempre un uomo felice. E sur ?a, prendo congedo.
Francesco
(dissimula un moto di sollievo, facendo atto di sollecita condiscendenza.)
(Si alzano. Si stringono la mano.)
Bernardi
Le proffero toto corde, Francesco Floriani, la mia amicizia e la mia gratitudine.
Francesco
Rifiuto la gratitudine, accetto l'amicizia. (Scorciando) La sua carrozza, Professore, ? al cancello del giardino?
Bernardi
No. L'ho lasciata gi?, alla svolta. Ho voluto discendere l? per ammirare dappresso il marmoreo angioletto che addita, con l'indice teso, l'asilo salutare.
Francesco
Una puerilit?.
Bernardi
Un gentile simbolo poetico.
Francesco
(precedendolo verso il fondo) Per di qua, Professore. Da questa parte trover? pi? presto la sua carrozza.
Bernardi
Non si dovrebbe scegliere la via pi? breve uscendo da un luogo donde si esce a malincuore...
Francesco
(sulla porta gli d? il passo. E via, con lui.)
Il Guardiano
(entra, zelantissimo, dalla sinistra, togliendosi il berretto.) Signor Direttore... (? un omino attempato, segaligno, arzillo, col naso aguzzo, con gli occhietti neri, tondi, mobilissimi, lucidi.) (Guarda attorno.) Non c'?... (Consulta il suo orologio.) Le quindici e tre minuti! (Severo) A quest'ora non dovrebbe muoversi dal suo studio. (Consulta di nuovo l'orologio.) Precisamente: le quindici e tre minuti! (Ricorda, brontolando, gli ordini del Direttore:) ?Dalle quindici alle diciassette ricevo tutti. Annunzierai chiunque chieda di essere ricevuto.? E poi?... Non c'?! (Scontento ed energico, chiama:) Signor Direttore!... Signor Direttore!...
Francesco
(dal fondo) Perch? gridi cos?, Michele?
Il Guardiano
Per chiamarvi.
Francesco
Di': che vuoi?
Il Guardiano
Che voglio?... Eseguo i vostri ordini con l'orologio alla mano. (Lo cava fuori ancora una volta) ?Dalle quindici alle diciassette ricevo tutti. Annunzierai chiunque chieda di esser ricevuto.?
Francesco
Oggi, no.
Il Guardiano
(burbero) Oggi, no?!... E non mi avete avvertito! Voi rimettete la testa sul collo a coloro che l'hanno perduta, e a me la fate perdere.
Francesco
Non chiacchierare troppo. Michele, e modera il tuo zelo. Chi c'? di l??
Il Guardiano
Un tale a cui non garbava di declinare il suo nome. Pretendeva di non essere annunziato. Pareva che entrasse in un caff?, in una trattoria, o peggio. — ?Di qui, senza nome, non si passa!? — ?Io sono sempre passato e passer?.? — ?E io, da sei mesi che mi pregio di stare al servizio del dottor Francesco Floriani come custode della sua Casa di Salute, non vi ho mai visto. Voi non passerete!?
Francesco
Ti lodo, Michele, ma adesso non ti dispiaccia di abbreviare.
Il Guardiano
L'ho messo alle strette e finalmente mi ha incaricato di annunziare (calcando le parole:) ?Ulrico Nargutta, ex pazzo.?
Francesco
(con una certa emozione) Ulrico Nargutta!... Fallo passare! Fallo passare immediatamente!... [42] ? come una persona di famiglia. Sii molto riguardoso con lui; e gli permetterai di entrare e di uscire quando vorr?.
Il Guardiano
Non devo annunziare — caso mai — nessun altro?
Francesco
Nessun altro. Vai, Michele! Non indugiare di pi?.
Il Guardiano
(con autorit?) E mi raccomando: niente contrordini.
Francesco
Niente contrordini, non dubitare.
Il Guardiano
(impettito e minaccioso) Si presenti anche il signor Domineddio, lo mando al Diavolo!
Francesco
(tra s?) Venga, venga il mio vecchio amico! Con lui non sar? obbligato a reprimermi, a mascherarmi... (S'appressa alla porta dalla quale ? uscita Agnese, e v'inoltra lo sguardo.)
Ulrico
(comparisce dal lato opposto, e si ferma profilandosi in una comica prosopopea.) Ulrico Nargutta, ex pazzo!
Francesco
(si volta. — Non si raccapezza.) Tu sei Ulrico?!
Ulrico
Ne sono sicuro.
Francesco
In fede mia, incontrandoti per istrada, non avrei potuto ravvisarti. Lascia che ti abbracci, [44] disertore! Ho molto piacere di averti recuperato.
Ulrico
Recuperatissimo!
Francesco
(abbracciandolo) Ma ti sei proprio costruito un altro aspetto!
Ulrico
S'intende bene! Non pi? capelli lunghi, non pi? la selvatica vegetazione della barba e dei baffi, viso limpido, bocca sorridente, un elegante monocolo che rende vezzoso l'occhio pi? guercio: tutto un insieme conveniente e quasi attraente. Veste nuova per l'uomo rinnovato! Il pazzo che tu non sapesti guarire non c'? pi?. Fammi le tue congratulazioni, e dichiara che come medico sei una bestia.
Francesco
Lo dichiaro volentieri, e non esito a congratularmi con te.
Ulrico
Non ci vediamo, su per gi?, da un anno, a misura di calendario.
Francesco
E non c'? stato mezzo di rintracciarti. Io ignoro sempre la tua abitazione.
Ulrico
Per lo pi?, la ignoro anche io!
Francesco
E in quest'anno?...
Ulrico
Metamorfosi! Metamorfosi e guarigione completa! Ti prego di credere che sei al cospetto del pi? savio degli uomini!
Francesco
Non ? inverosimile.
Ulrico
Mi sono guarito da me, caro il mio dottore!
Francesco
Neppur questo ? inverosimile.
Ulrico
Ma il merito — spieghiamoci — non ? tutto mio.
Francesco
Sei modesto!
Ulrico
Mi son fatto consigliare... Indovina da chi.
Francesco
Non indovino. Dimmelo.
Ulrico
Mi son fatto consigliare dall'umanit?.
Francesco
Il consiglio dell'umanit? ? la somma di parecchi milioni di consigli.
Ulrico
Ma rettifico: da una parte dell'umanit? mi son fatto consigliare.
Francesco
Dalla migliore.
Ulrico
Dalla peggiore! (Siede a cavalcioni su una seggiola.) Mi attengo, t'avverto, al giudizio corrente, tanto per capirci.
Francesco
Il che, peraltro, non ? indispensabile.
Ulrico
Secondo il giudizio corrente, ? la parte peggiore dell'umanit? quella nella quale funzionano [48] brutalmente il sangue, la carne, i nuclei nervosi, i cinque sensi con le loro volubilit? e attribuzioni cooperative, e nella quale ? disseccata o ridotta a proporzioni minime la vita morale. Io ho aboliti tutti gli accidenti della vita morale, da cui provengono le nostre inquietudini, le nostre incontentabilit?, le nostre sofferenze, i dibattiti, gli attriti, gli stenti, gli sforzi che scombussolano il nostro essere fino allo sfasciamento, fino alla follia. Neghi che questa sia la genesi della follia?.....
Francesco
(senza approfondire) No.
Ulrico
Io mi sono brutalizzato. Non leggo, non scrivo, non studio, non penso, non m'interesso di ci? che sta oltre la superficie delle cose, non ho pi? nessuna delle curiosit? e delle esigenze che avevo quando ero un animale superiore. Di che mi occupo io durante le ventiquattro ore della piroetta terrestre intorno al sole?... Mi occupo dei miei bisogni e desiderii materiali [49] per soddisfarli con la massima scrupolosit?. Una volta — te ne rammenti? — il mio desiderio pi? ansioso, il mio pi? impellente bisogno era di trovare l'onest? nel sesso femminile. Mi affannavo a cercarla. Mai vistane neppure la coda! Me ne affliggevo! Me ne disperavo! Che strazio! Che sventura! Che tragedia!... Io non la trovavo o perch? non ? mai attecchita tra le discendenti di Eva o perch? non l'avevo mai conosciuta e, naturalmente, non potevo identificarla. Ma tutto questo ? stato da me spazzato via insieme con i peli che mi deturpavano il volto. La mia esistenza ? diventata esclusivamente fisica. ?Mi tocco, dunque esisto!? E crepi Cartesio! Cerco quello che conosco, quello che so identificare, quello che ? visibile e palpabile, quello che non ? punto arduo trovare. (Animandosi) E me la godo! Me la godo a meraviglia! Tu, per guarirmi, t'incocciavi a nudrire, attraverso l'organismo, il mio spirito. Ignorante! Dovevi, al contrario, avere l'abilit? di ucciderlo. Io l'ho ucciso! (Si frega le mani, ridendo) Eh eh eh eh!....
Francesco
(sedendogli dirimpetto) Mio buon Ulrico, tu sei un pazzo come prima. La sola differenza ? questa: che prima eri un pazzo di cattivo umore, e adesso sei un pazzo di umor gaio..., almeno in apparenza.
Ulrico
Per me, il tuo giudizio non vale un fico secco! Non te l'ho chiesto e non sono venuto con l'intenzione di chiedertelo. Non sono venuto con l'intenzione di consultarti. Io son venuto, viceversa, per dare a te i miei lumi, per sorvegliare la tua salute, per mettermi alle tue costole, intento a diventare, all'occorrenza, il tuo medico, il tuo frenologo. E mi accorgo di avere avuto una ottima ispirazione. Io ti trovo ammalato, molto ammalato! Tu presenti un quadro patologico allarmante, e devi impensierirtene. — L'epoca ? triste, amico mio, per i psichiatri del genere al quale tu appartieni. Il tuo correligionario Paolo Gemmi — hai visto? — se n'? andato in cielo o altrove motu proprio! Non mi era simpatico. Quindi non [51] deploro la sua assenza definitiva. Ma c?stato, con ponderazione, lo sfasciamento, lo sconquasso psicologico per cui egli si ? liquidato mediante un colpo di rivoltella.
Francesco
Tu ripeti, a proposito del povero Paolo, la solita fantasticheria generica che corre per le bocche di tutti quando la causa d'un suicidio non ? stata rivelata dal suicida.
Ulrico
Nel caso di lui non ? una fantasticheria. Si tratta di un caso lampante d'incongruenza. Egli non era uno storpio, non era un tubercolotico, non era un diabetico, non era un vecchio asmatico, disponeva di parecchi quattrini, di parecchio ingegno, d'una certa gloriola acquistata senza troppa fatica: dunque per nessun motivo ragionevole poteva averne le tasche piene, e chi sa in quali aspirazioni extraterrene, in quale smaniosa alchimia and? a consumarsi e a smarrire la ragione. Ma per te sono qua io! Sei fortunato. Ringraziami d'essere capitato [52] in tempo!... Vediamo un po'. Che ti senti? Che ti pare di sentirti?
Francesco
(si rannuvola, si alza. — Passeggia, torcendo tra le dita la catenella dell'orologio.)
Ulrico
Non mi rispondi? Non puoi indicarmi i sintomi del tuo male? Non mi d?i gli elementi per la diagnosi? Li coglier? io stesso con la mia speciosa radioscopia e con l'ausilio del ricordo che ho delle tue note caratteristiche. (Riflette.) La pi? spiccata era l'amore per tua moglie: — un amore incommensurabile e ininterrottamente afflittivo. Quando, nelle tue ore di studio, non affliggeva lei in carne ed ossa, ne affliggeva l'effigie!... E vedo che la sua fotografia ? tuttora l?, appiccicata al tuo scrittoio. (Va a prenderla e se la mette davanti allo sguardo.) Bella donna, non c'? che dire! Bella e giovanissima! Piacerebbe anche a me se non fosse tua moglie!... (Osserva) Continui a mutare la cornice di tanto in tanto. Sempre una [53] pi? preziosa dell'altra. (Ripone la fotografia sullo scrittoio.) Sicch?: le cose stanno come stavano. Il punto di partenza della mia diagnosi dev'essere questo: ?tu ami tua moglie come l'amavi?.
Francesco
(tornando a sedere) Bada che ti sbagli.
Ulrico
L'ameresti di pi??... Santo Iddio, sarebbe spaventevole!
Francesco
La detesto!
Ulrico
Oh, caspita!... (Lo fissa.) Hai scoperto che ti tradisce? Hai scoperto che ha un amante?
Francesco
Se avessi scoperto di essere tradito, non so quale enormezza avrei commessa.
Ulrico
(ironico) Avresti avuto il diritto di ammazzarla!
Francesco
(convinto) Ah, s?!
Ulrico
Il diritto ? quella istituzione per la quale, quando che vogliamo, ci si cava il gusto di dare qualche fastidio al prossimo senza fargli le scuse. E, abbi pazienza, chiariscimi la situazione. Dal momento che tua moglie ti ? fedele, perch? la detesti?
Francesco
Non avermi tradito... non significa che mi ? fedele.
Ulrico
Ti ? infedele... col pensiero?
Francesco
Ne ho il sospetto.
Ulrico
Per il semplice sospetto d'una infedelt? platonica, tu detesti colei che hai tanto amata? Non ? giusto. (Col tono di chi dissimula di pigliare in giro qualcuno) Avresti dovuto innanzi tutto sincerarti. Sarebbe stato approssimativamente giusto detestarla dopo di aver bene accertato l'adulterio del pensiero.
Francesco
(traboccando) E come si fa a guardare nel cervello altrui? Come si fa a sorprendere la verit? che vi si appiatta se perfino quella che ? nel cervello nostro talvolta ci si nasconde?
Ulrico
(si frega le mani, ridendo) Eh eh eh eh!... Precisamente! ? alquanto pi? complicato che sorprendere il baco in una ciliegia bacata!
Francesco
(tutto agitato dalle sue idee, che ribollono) Dal primo balenio del sospetto ho frugato nel cervello [56] di lei con l'acume, col rigore e con l'accanimento d'un poliziotto che frughi nel nascondiglio di un malfattore. Nulla ne ho cavato fuori che avesse la precisa vivezza della verit? assoluta. La fatica che ella compiva per affermare di essermi fedelissima poteva parere una fatica compiuta per nascondermi la sua infedelt? o per ingannare s? stessa. Ogni protesta poteva parere una trepida difesa. Ogni lagrima poteva parere versata pel dolore d'una rinunzia. Ogni ?s?? aveva anche il suono di un ?no?. Ogni ?no? aveva anche il suono di un ?s??. La verit? qual era? dov'era?... Non ? giusto che io detesti colei che ho tanto amata?... La giustizia non c'entra. Il mio sentimento non ? una punizione, non ? una condanna, non ? un'accusa. Io la detesto senza accusarla, senza giudicarla. La detesto per la sua incapacit? di debellare il mio sospetto. E di questa incapacit? si ? confessata proponendomi la separazione.
Ulrico
Vi separerete?!
Francesco
Dovevo bene accettare la sua proposta. L'ho accettata.
(Pausa.)
Ulrico
(con un'aria da medico accorto e dotto) Amico mio, il tuo male non ? molto diverso dal male che io mi vanto di aver superato. L'origine di entrambi i mali?... Un egoismo esuberante. L'egoismo fa la buona salute se resta nel campo della praticit?, se resta nel campo della materialit?, in cui tutto ? riconoscibile, tutto ? distinguibile, tutto ? pi? o meno facile ottenere. Ma se sconfina e va a caccia di quel che non si distingue, di quel che non si vede e che forse non ? mai esistito, se ambisce ad afferrare l'inafferrabile, produce sconvolgimenti gravissimi, che, per giunta, si propagano intorno con una irradiazione catastrofica. Tu non ti sei accontentato di chiedere a tua moglie la fedelt? del corpo. Hai preteso da lei la fedelt? del pensiero, cio? della mente, cio? del [58] cuore, cio? dell'anima, cio? del diavolo che ti porti, con la relativa prova concreta inconfutabile matematica! Conseguenza fatale: sconvolgimento e irradiazione catastrofica! Adori tua moglie e la detesti, la vuoi e non la vuoi, l'accusi e non l'accusi, ti torturi e la torturi, soffri e la costringi a soffrire, impazzisci e la costringi a impazzire. Io non avevo una moglie. L'egoismo mio non si specializzava. Esso riguardava tutte le donne che passavo in rassegna pretendendo di trovare l'onest? con la relativa prova concreta inconfutabile matematica. Non le torturavo troppo perch? riuscivano sempre a svignarsela. L'irradiazione mancava. Ma, intanto, mi torturavo io. Detestavo, adoravo, soffrivo, impazzivo, — impazzii! Mi sono curato, e ora non soffro pi?, non adoro pi?, non detesto pi?!... E sai quel che ho fatto?... (Si accalora, si elettrizza) Come scelgo i cibi, i vini e i liquori che pi? mi letificano, ho scelta la mia donna nelle immense fucine dell'abbrutimento. Giuro che non ce n'? un'altra di pi? bassa carata sulla faccia della terra! La mia donna ? mia perch? ? di tutti. Ha verso di me il merito insigne di piacermi infinitamente, e, se il saperla di tutti mi desse un [59] qualunque senso di pena o di ribrezzo o di gelosia o di rancore, temerei di non aver conseguita la perfezione! (Ride) Eh eh eh eh! (Poi, con una scrosciante violenza) Brutalizzarsi, mio caro! Questa ? la cura!
Francesco
(ha un brivido di nausea, e mormora:) Potrebbe essere vero!...
Ulrico
(dopo una breve pausa) Ho chiacchierato troppo. E quindi ho sete. Non di acqua, beninteso. Ho sete di absinthe: il liquido che pi? mi ? omogeneo. In casa tua certamente non ce n'?. Vo' a berne in una buvette qualunque. Mi accompagni?
Francesco
(lugubre) Ti accompagno. E bever? anch'io.
Ulrico
Bravo!
Francesco
(si leva. — Preme un bottone della soneria elettrica.)
Una Cameriera
(dalla destra) Ha chiamato?
Francesco
Dite alla signora che esco. E portatemi il mio cappello.
(La Cameriera va.)
Ulrico
... E a quando la separazione?
Francesco
Dipender? da lei.
Ulrico
(incredulo) Se hai sinceramente accettata la sua proposta, meglio non ritardare.
Francesco
Sono preparato, io! Non lo vedi che sono preparato?
Ulrico
(rude) E un taglio netto ha da essere!
Francesco
Lo so.
Ulrico
Si applica molto cloroformio, ed energicamente si esegue.
La Cameriera
(ritornando e porgendo il cappello a Francesco) La Signora la pregherebbe di attendere un momento.
Francesco
(accigliandosi) Attender?.
(La Cameriera si ritira.)
Ulrico
Pare che ti tocchi di litigare ancora un po' con tua moglie. Trastuller? la sete con una sigaretta e mi tratterr? pazientemente in giardino, purch? la cosa non vada troppo per le lunghe.
Francesco
No, Ulrico! Tu mi farai il favore di non allontanarti. La presenza tua eviter? a me e a lei un'altra eventuale discussione, lacerante e oramai inutile.
Ulrico
Allora, stai tranquillo: non mi muovo di qui. Duro come una sentinella!
Agnese
(entra dolorosa e rigida. — Non riconosce Ulrico. — Resta interdetta.) Ti credevo solo.
Ulrico
I miei omaggi, Signora!
Agnese
(saluta, incerta, con un cenno del capo.)
Francesco
? Ulrico Nargutta...
Agnese
(con cordialit? poco espansiva) Voi, Ulrico?... Perdonatemi di non avervi riconosciuto. Vi vedo dopo un anno d'assenza... E siete cos? trasformato!
Ulrico
Pi? che trasformato, Signora! Del Nargutta di una volta non sopravvivono che l'amicizia da cui egli era legato al dottor Francesco Floriani e la devozione da cui era legato alla consorte di lui.
Francesco
(ad Agnese) Che hai da comunicarmi con tanta fretta?
Agnese
(reticente) ... Una mia decisione. Ma...
Francesco
Ulrico ? informato di tutto. ? naturale che io non abbia voluto celare a un intimo e sperimentato amico di casa ci? che tra breve non sar? un segreto per nessuno. Puoi parlare liberamente.
Agnese
(noncurante e altera: non sdegnosa, non iraconda) Per conto mio, non ho nulla da celare a un amico di casa, e non avrei nulla da celare neanche a una folla di estranei. Sicch?, accolgo il tuo invito di parlare liberamente. La decisione che ho presa ? di lasciarti oggi stesso.
Francesco
(con esasperata meraviglia) Oggi stesso?!
Agnese
Quando rincaserai, io sar? gi? via.
Francesco
Ma questa ? una fuga! ? una fuga, Agnese! Tu fuggi.
Agnese
S?, fuggo.
Francesco
E quale fatto nuovo o quale allarme t'induce a fuggire cos??... Ti sono sembrato, a un tratto, un manigoldo? un delinquente? un nemico?
Agnese
Non riempire la tua voce di parole da fanciullo! Io profitto d'un impulso che certo prima di domani sar? svanito.
Ulrico
(borbotta in sordina:) Approvo.
Agnese
(concitata) Fuggo per non aspettare l'ora della resipiscenza, per non aspettare l'ora della mia e della tua vilt?; fuggo per schivare, soprattutto, la tregua ingannatrice della notte che alla vilt? della transazione ci trascina; fuggo perch?, se non fuggissi, se non ti lasciassi oggi fuggendo, non ti lascerei, credo, mai pi?, e non avrebbe pi? fine il conflitto che miseramente distrugge la nostra esistenza e la nostra dignit?! Sii forte, Francesco, come sono io, e non impedirmi di fuggire.
Francesco
(terreo, appena reggendosi in piedi) Non te lo impedisco.
(Un silenzio.)
Ulrico
(senza accorgersene, si ? scostato. — Ora, dal fondo, assiste, attentissimo, e, suo malgrado, pietoso, ?al taglio netto?. Ha davvero l'atteggiamento di chi assista a un'audace operazione cerusica.)
Francesco
E dove andrai?... Dove andrai?... Alla ventura?...
Agnese
Parto per Firenze. E l? abiter? la modesta casetta in campagna che era il mio piccolo patrimonio di orfana.
Francesco
(stentando a esprimersi) Io esigo... che, almeno, tu viva in una certa agiatezza. Permetterai, spero, che io te ne sia garante, che io ne assuma l'impegno.
Agnese
La vita di solitudine a cui mi dispongo rifiuterebbe l'agiatezza che non somigliasse un [68] poco alla povert?. E poi... pensa che sempre caro mi fu destinare i nostri risparmi all'opera umanitaria della tua generosit? e del tuo ingegno. Desidero che questo contributo non manchi e non diminuisca. Continuer? ad essere, in parte, l'obolo mio.
Francesco
Sar? scrupoloso interprete del tuo desiderio.
Agnese
Ti ringrazio. E addio! (Con fermezza eroica, gli stende la mano in una profferta di leale commiato.)
Francesco
(con pari fermezza istantanea, gliela stringe nella sua.) Addio, Agnese.
(Tutti e due, solenni, si guardano con gli occhi tristi che si vietano le lagrime.)
(Qualche lagrima, invece, vela gli occhi di Ulrico.)
[69] (Le mani di Agnese e di Francesco si staccano l'una dall'altra, sbianchite, cadenti.)
Agnese
(non sa pi? dominarsi, ed esce veloce.)
Francesco
(come colpito da un proiettile al petto, cade a sedere di piombo su una sedia che gli ? vicina.)
Ulrico
(non osa accorrere. — Gli si gelano le vene. — Indi, reagendo con una specie di rabbia, emette una voce acre stridula sferzante:) Vieni o non vieni?
Francesco
(si leva s?bito, ma senza fiato, senza sguardo.) Vengo.
Sipario.
Un piccolo salotto — tipicamente equivoco. Un'aria di roba vecchia e raccozzata.
Non grossi mobili. Un leggero tavolinetto tondo, con su una sigariera. Una mensola, con su bottigliette di liquori e bicchierini. Qualche sedia, parecchie poltrone di forme diverse. Molti specchi corrosi, screziati, uno dei quali ? pi? alto e sorge dall'impiantito. Un gran divano: cio?, uno di quei divani che si chiamano ?alla turca?; basso, larghissimo, senza spalliera, senza piedi, carico di cuscini. Un drappeggio di cattivo gusto incornicia lo specchio pi? alto e guernisce lo stipite di una porta in fondo, da cui si accede a un corridoio. Predomina il rosso in svariati toni: vivido, smortito, vermiglio, cremisino, paonazzo, [72] quasi arancione, quasi roseo, quasi amaranto. Questa variet? ? distribuita sulla tappezzeria della porta e della specchiera, sulla stoffa del divano, su i cuscini, sulle poltrone, sul tappeto frusto e rappezzato che copre in parte il pavimento, su certi sbrendoli attaccati ai muri per addobbo.
Alla parete laterale di sinistra ? — in primo piano — una porticina un po' misteriosa di minime dimensioni. Alla parete opposta un'altra porta, di dimensioni normali. In un angolo, il braccio d'un fantoccio di legno raffigurante un moro regge una lampadina elettrica.
Dal soffitto penzola un gruppo di quattro grosse lampadine di vetro turchino.
Sera.
La porta, in fondo, ? chiusa. ? soltanto accesa la lampadina del moro, di cui biancheggiano i denti in uno stupido sorriso immobile. — Nella scarsa luce si spande fantasticamente la sinfonietta del rosso. — Sul divano dorme Sonia Zarowska. — Bella. Biondissima. Pallida, d'un pallore latteo. E nel pallore sembrano morti i suoi occhi sigillati dal sonno, orlati di bistro e [73] cinti da un cerchietto livido. — Non ? distesa, n? supina. Il suo corpo si sprofonda nei cuscini, bisbeticamente scomposto. Dalla stretta e succinta veste nera, che ? cosparsa di lucide pagliuzze cangianti, tutte si rivelano le membra torte e squinternate. Una gamba ? scoperta fino al ginocchio, e tra il nero della veste e il rosso dei cuscini risalta il grigio perla della calza velina. — Un mantello ? a terra, aggrovigliato, presso il divano. Un tocchetto bizzarro ?, capovolto, su una sedia.
Sonia
(si svoltola. Sogna, brontola:)... Roastbeef con patate! (Pausa)... Un cocktail!... (Poi, un barbuglio senza parole. E pi? niente. — Si svoltola di nuovo. Agita un braccio. Brontola pi? vivacemente:) Vile gendarme!... Per te non voglio danzare!... (Si stende, sbracalata) Puff!... Antipatico!... Antipatico!... Puff!... (Si accheta.)
(Silenzio.)
(La porta, in fondo, si apre un po'.)
Ulrico
(sulla soglia, fa capolino.) Sonia!... Soniuccia!... (Tra s?:) Dorme come un ghiro. (Le si avvicina, la osserva.) Ubbriaca? Benissimo!
Francesco
(che seguiva Ulrico, ? rimasto, circospetto, esitante, di l? dalla soglia, nel corridoio poco illuminato.)
(Tutti e due hanno i cappelli calcati in testa, indossano palt? invernali.)
Ulrico
(a Francesco) Entrata libera e senza agguati, senza insidie! Trabocchetti non ce ne sono.
Francesco
(fa qualche passo. Non entra ancora.)
Ulrico
Ma, insomma, chi ti trattiene? Chi si permette di trattenerti?... L'ombra della tua consorte?... [75] Sono gi? due mesi che sei separato da lei: della sua ombra dovresti sbarazzarti. O, almeno, non dovresti darle retta. Avanzati, dottore!
Francesco
(si avanza, sempre circospetto. Per un atto abituale, si cava il cappello.)
Ulrico
Ti cavi il cappello rispettosamente?... Ti ringrazio per Sonia Zarowska e ti ringrazio per me, giacch? io qui sono un po' in casa mia. Difatti, vedi: (gli mostra una chiave) questa ? la chiave unica della porticina, diciamo cos?, privata. (Indica la porticina.) Un vero vantaggio da padrone di casa, perbacco! Non mi costa gran che e ho il diritto d'entrare senza incomodare nessuno, da mezzanotte in poi, quando cio? la porta della scala ufficiale ? chiusa alle conoscenze avventizie. E appunto in qualit? di padrone di casa, quantunque a scartamento ridotto, ti prego di metterti a sedere. (Gli piglia di mano il cappello, lo posa in un canto.) [76] Cedo a te la mia poltrona preferita (una larga e comoda poltrona). Siedi, siedi a tuo bell'agio, e consentimi di presentarti, in uno dei suoi atteggiamenti personalissimi, il pi? mansueto, il pi? semplice e il pi? utile campione del sesso femminile.
Francesco
(a guisa di un automa, si ? seduto. Guarda Sonia con la coda dell'occhio. Ha una contrazione di disgusto.)
Ulrico
(riavvicinandosi a lei) Esemplare grand prix! Non sciarade, non rompicapi psicologici, non scenografia intellettuale!... Origine slava, con radici nel vecchio semplicismo analogo. Trasmigrazione casuale, come d'un sughero in balia del mare. Acclimatazione per inerzia. Intelligenza primitiva. Capacit? a delinquere, ma non oltre i limiti di qualche lieve danno pecuniario. Assoluta impossibilit? d'amare e di tollerare d'essere amata. E, dalla punta dei piedi a quella dei capelli, completa idoneit? [77] ai riti del piacere. Un ghiribizzo di Fidia impersonato da una sciocca del secolo ventesimo, intanfato nella suburra di tutti i tempi! Ecco la donna che ho scelta, ecco la donna delle mie ore fiammanti. (La contempla.) Dormi, dormi, ignobile bestiolina sublime! Tu abbandoni il bel corpo inverecondo al sonno della ubbriachezza, e io, beato, ti contemplo, benedicendoti una volta di pi?!
Francesco
(tace, oppresso, appesito.)
Ulrico
(gli striscia dietro, come un folletto maligno e gli scuote una spalla.) Su, su, povero malato!... Per curarti ti ho introdotto dove meglio sbocciano la mia saggezza e la mia felicit?, e tu disdegni e ti riavvolgi nella tua asfissiante tetraggine?... Respira a pieni polmoni l'aria ossigenata che ti offro! Apri gli occhi sul prezioso piccolo mostro fascinatore. Comincia a comprenderlo. Comincia a valutarlo. E, soprattutto, non incepparti nella prevenzione [78] di urtare la mia suscettivit?. Ti rammenti di quello che ti dissi quando venni ad annunziarti d'essere rinsavito?... ?Se non m'infischiassi che la mia donna ? di tutti, temerei di non aver conseguita la perfezione!? E nulla mi seduce di pi? che il cimentarmi nell'esperimento supremo. Assistere alla concorrenza dell'amico fraterno!... (Spampana con enfasi presuntuosa, modificandolo per l'occasione, il popolare verso dantesco:) ?Qui si parr? la mia nobilitate?!
Francesco
(flemmatico) Il cinismo che ostenti ? ristucchevole, ma per fortuna ? anche falso.
Ulrico
E mettimi alla prova!
Francesco
A quale prova?... Tu non sei tanto ottuso da non intendere che costei non pu? essere [79] per me — al pi? al pi? — che un oggetto di osservazione e di studio.
Ulrico
(si eccita, si frega le mani, ride) Eh eh eh eh!... Da cosa nasce cosa! Nella vita, come nella chimica, date certe circostanze, due corpi eterogenei diventano combinabili da un momento all'altro.
Francesco
Va' l? che sei il pi? candido degli impostori!
Ulrico
Ah, questo mi dici?!... Mi dai dell'impostore? Mi disconosci? Mi stuzzichi? Mi provochi?... E sai in che modo rispondo io alla tua provocazione?
Francesco
Mi ? indifferente, caro!
Ulrico
(con una stizza paradossale) Io ti lascio nella tana del mostro, consegnandoti cos? ai suoi fascini, e me ne vado a cena! (Esce rapido dal fondo chiudendo i battenti con veemenza.)
Francesco
(levandosi come spaventato) Ma no! Aspetta, imbecille! Io solo, qui, non voglio restare!
Ulrico
(di fuori, grida, ride, sghignazza.) Brutalizzarsi! Brutalizzarsi!
Francesco
(gridando anche lui, cerca il cappello) Aspetta! Ti ordino di aspettare! (Col cappello in mano si slancia verso il fondo.)
Ulrico
(allontanandosi) Brutalizzarsi o morire!...
Sonia
(si sveglia) Chi ? l??
Francesco
(? arrestato da quel ?chi ? l?? presso l'uscio, di cui stava per aprire i battenti. — Si volta. — Indugia imbarazzato.)
Sonia
Chi sei?
Francesco
Non un ladro.
(Una pausa.)
Sonia
Ti conosco o non ti conosco?
Francesco
No no, non mi conoscete.
Sonia
(ancora intorpidita dal sonno) ? la prima volta che ti vedo?
Francesco
La prima volta.
Sonia
E tu?... Dove mi hai veduta? Quando mi hai veduta?
Francesco
Mai.
Sonia
E, senza avermi mai veduta, vieni a farmi una visita?
Francesco
Ulrico Nargutta mi ha condotto.
Sonia
Ah, ecco: ti ha condotto lui! (Comincia a schiarirsi.) E quei gridi che mi hanno svegliata?... Che erano quei gridi?...
Francesco
(balbetta:) Ho alzato la voce inconsideratamente.
Sonia
Non t'eri accorto che dormivo?
Francesco
Me n'ero accorto.
Sonia
? tanto dolce dormire!
Francesco
Mi duole d'avervi disturbata.
Sonia
(si sgranchisce) Ti duole?... Che me ne importa che ti duole?... Non ? un rimedio.
Francesco
Avete ragione. Del resto, la colpa non ? tutta mia. Il mio amico mi ha costretto a gridare, e lui stesso ha ecceduto: ha fatto del chiasso.
Sonia
Avete litigato?
Francesco
Non ? stato un litigio.
Sonia
E che ? stato? Raccontami. Raccontami.
Francesco
Nulla da raccontarvi. Sciocchezze!
Sonia
E com'? che lui non ? qui?
Francesco
? scappato via all'improvviso.
Sonia
Perch? ? scappato via?
Francesco
... Un suo capriccio... Uno dei suoi scherzi bizzarri...
Sonia
Ma, gi?, io credo che quello l? non abbia la testa a posto.
Francesco
(ironico) ? una ipotesi da non escludere.
Sonia
Entra, esce, scappa, torna. Sempre cos?! Non ha mai requie. Scommetto che torner? s?bito.
Francesco
Speriamo!
Sonia
E sei rimasto attaccato all'uscio?... Non ti accomodi?
Francesco
(confuso e garbato come se stesse al cospetto d'una signora) Ero sul punto d'andarmene quando vi siete svegliata.
Sonia
Adesso, ? fatta. Non ho pi? sonno, adesso.
Francesco
Voi non avete pi? sonno, ma io non mi tratterr?. Non ho menomamente l'intenzione di trattenermi.
Sonia
(di scatto) Oh, bella, ti sono antipatica!
Francesco
... Non ? mica per questo che mi tarda d'andarmene.
Sonia
Se non ? antipatia, che pu? essere?... Paura?... Tu hai paura di me?
Francesco
Non ? antipatia e non ? paura.
Sonia
? paura, ? paura! Non negare! Hai l'aria di un topo in trappola!
Francesco
Vi assicuro che voi equivocate. Gli ? che sono a disagio. E non c'?' altro. (Alla sua inesperienza sembra ch'egli debba giustificarsi. Parla disordinato, con un certo orgasmo.) D'altronde, ? pur naturale ch'io sia a disagio. Le mie abitudini son troppo diverse da quelle che consentono di venire qui spensieratamente e di svagarvisi in piena libert?. E, poi, vivo cos? lontano, io, dal vostro ambiente!... Ulrico Nargutta si era affaticato a descrivervi, a illustrarvi, a esaltarvi; si era per giunta intestato di condurmi da voi, e io... mi son lasciato condurre... un po' per curiosit? e un po' per una specie di passiva obbedienza. Lo deploro per me e lo deploro per voi.
Sonia
E che hai concluso con tutto il tuo imbroglio di chiacchiere?... Il fatto ? che, se te ne vai, mi offendi.
Francesco
Ma che c'entra l'offendere?
Sonia
S?, mi offendi. Tu non hai competenza. Non puoi giudicare. Ti giuro che mi offendi.
Francesco
Non ho alcun motivo di volere arrecarvi offesa. E non ne ho il diritto. (Tituba. — Apre un po' le braccia remissivamente.) Rester? ancora qualche minuto affinch? non riteniate che mi permetta d'offendervi proprio io, a cui siete completamente innocua.
Sonia
E non stare in piedi, ti prego, come si sta in un bar per prendere un caff?! Che diavolo!...
Francesco
Un'altra offesa?... Non star? in piedi.
Sonia
Vedrai che ti terr? buona compagnia.
Francesco
? un'ottima intenzione, ma alquanto problematica. (Paziente, rassegnato, siede di nuovo, lontano da lei, su una seggiola qualunque, gettando il cappello su un'altra seggiola.)
Sonia
Puff!... Che rospo! (Si alza, tuttora fiaccata dall'ubriachezza, con le gambe malsecure, cascante, flaccida, sciatta e pur provocante nella nera guaina stellata di faville, attraverso di cui si delinea il giovane corpo sinuoso. La gran massa di capelli d'oro sbiadito ? tutta arruffata ed erta sull'occipite, come un fantastico colbacco. — Ella si accosta al tavolino. Tira fuori dalla sigariera una sigaretta, l'accende con disinvoltura maschile, aspirando il fumo [90] avidamente e lo caccia dal naso, le cui narici si dilatano. — Alle spalle di Francesco, fumando, lo osserva.)
Francesco
(si sente guardato e, poich? ci? lo stringe viepi? nell'impaccio, tenta di far deviare l'attenzione petulante di lei.) Da parecchio tempo avete amicizia con Ulrico Nargutta?
Sonia
Con Ulrico Nargutta?... Da quattro o cinque mesi.
Francesco
Un bel po'! E, oramai, gli siete divenuta indispensabile, nevvero?
Sonia
Senza le donne, gli uomini s'impiccherebbero.
Francesco
Ne convengo. Ma... domandavo se egli si sia tanto legato a voi da non potersene pi? distaccare.
Sonia
Pare di s?. Gli piaccio.
Francesco
Solamente?
Sonia
Gli piaccio pi? di tutte le altre donne.
Francesco
E da parte vostra?
Sonia
Da parte mia, che cosa?
Francesco
Non avete una speciale affezione per lui?
Sonia
Non capisco... Che vuol dire ?una speciale affezione??
Francesco
Non siete legata a lui come egli ? legato voi?
Sonia
Anche lui piace a me.
Francesco
Pi? di tutti gli altri uomini?
Sonia
Questo, poi, non lo so.
Francesco
Dovreste pur saperlo.
Sonia
Dovrei pur saperlo?!... Non capisco.
Francesco
? assurdo che non lo sappiate.
Sonia
E non lo so, non lo so! Che ho da farci? Mi secchi. Smettila!
Francesco
La smetto, s?. Vi rivolgevo qualche parola... per non tacere.
Sonia
Che un tipo come te parli o taccia, ? tutt'uno!
Francesco
Se ? tutt'uno, preferisco di tacere.
Sonia
Puff!... Puff!... Che brutto rospo!
Francesco
(accenna un gesto che significa: tanto, non c'? rimedio!)
(Un silenzio.)
Sonia
Non fumi, tu?
Francesco
No, non fumo.
Sonia
Tutta l'umanit? fuma. ? una stravaganza non fumare.
Francesco
Forse, ? una stravaganza.
Sonia
Una stravaganza idiota!
Francesco
Una stravaganza idiota.
(Un silenzio.)
Sonia
(sfiorandogli i capelli con le dita) Oh, guarda! Hai dei capelli bianchi! Ulrico Nargutta non ne ha. Parecchi ne hai, tu.
Francesco
E aumentano di giorno in giorno.
Sonia
Non te ne affliggere. I capelli non contano.
Francesco
Io non me ne affliggo di certo.
Sonia
E se tu non fossi un brutto rospo, saresti abbastanza simpatico.
Francesco
(bonario) Troppa indulgenza!
Sonia
(di palo in frasca) E sei celibe o sei ammogliato?
Francesco
(incupisce) ... Ammogliato.
Sonia
Ah!... Questa ? la vera ragione per cui stai sulle spine!... Sei ammogliato? Evvia! Stupido!... Chi ? che potrebbe accusarti a tua moglie? Scaccia gli spauracchi!... (Pausa.) — (Poi insinuante) Vuoi che ti faccia... la danza?: la danza di S?lome?... Io stessa mi accompagno, sai, col canto a bocca chiusa.
Francesco
Ma no, ma no! Ve ne dispenso.
Sonia
(si addolora del rifiuto. — Ritenta:)... E con la luce blu te la faccio. Vedi: ho l?, apposta, le lampadine colorate di blu. Allora — dicono — ? pi? suggestiva. Vuoi?
Francesco
Vi ripeto che ve ne dispenso.
Sonia
Hai torto. Sono brava.
Francesco
Non ne dubito. Io ve ne dispenso per non abusare del vostro zelo. Mi sembrate gi? stanca. Vi risparmio un fastidio. Vi risparmio una fatica.
Sonia
(meravigliatissima — si sforza di pensare. — Gradisce. — Sorride di gradimento.) Questo ? molto carino!... Nessuno mi ? stato mai tanto cortese! Ma per me non ? una fatica, non ? un fastidio. Anzi!... Ci trovo gusto. Spesso, quando sono sola, mi tolgo di dosso il vestito inutile e mi metto a danzare davanti allo specchio. Fin da ragazza ho danzato cos?, e fin da ragazza ci ho trovato gusto.
Francesco
Fin da ragazza?! Cio??... Quanti anni avevate?
Sonia
Pochi potevo averne. Ne avevo dodici, ne avevo tredici...
Francesco
Probabilmente, qualcuno v'istigava, qualcuno v'insegnava...... Chi v'insegnava?
Sonia
(vantandosi) M'insegnava una danzatrice della Maison Rouge: l'amica del mio patrigno.
Francesco
E il vostro patrigno lo permetteva?
Sonia
Sicuro che lo permetteva! Restava a lungo a vedermi danzare e mi divorava con gli occhi.
Francesco
(ha un moto di ribrezzo e di sdegno) ? orribile!
Sonia
? orribile?... Non capisco... S'intende che doveva compiacersi. Non ero uno sgorbio, non ero un fuscellino. Ero un fresco bocciuolo di cardenia! Non mi credi?
Francesco
Vi credo.
Sonia
Uno scultore celebre, che mi copi? tale e quale, non so pi? quante volte, dal capo ai piedi, soleva chiamarmi: la piccola Venere.
Francesco
Facevate anche la modella a quell'et??
Sonia
Non la facevo che con lui. Di nascosto la facevo. Andavo da lui invece di andare alla scuola. Un bell'uomo era!... Aveva un viso da Nazareno con certi sguardi vellutati, che io sentivo sulla pelle quando posavo.
Francesco
E come vi premiava, come si disobbligava lo scultore celebre?
Sonia
Mi dava il caviale, la grappa, il cognac. Perfino lo sciampagna mi dava.
Francesco
Tutta gente infame e malefica!
Sonia
(si smarrisce e trema un poco) Infame e malefica, no!... Io non capisco... Non capisco... Che male ne avevo?
Francesco
E vostra madre? Non vi sorvegliava mai, vostra madre? Non badava mai a voi?
Sonia
(quasi passiva) Mia madre non esisteva pi?. Era morta all'ospedale.
Francesco
(triste, compassionevole) In conclusione, voi siete... una povera creatura!
Sonia
(sempre pi? smarrendosi e tremando) Io?! Perch? sono una povera creatura?...
Francesco
Non vi preoccupate di quello che dico. Non ne vale la pena.
Sonia
Ma io non capisco... Fammi capire... Fammi capire...
Una voce
(sgarbata, spadroneggiante — chiama di fuori:) Sonia Zarowska! Sonia Zarowska!
Francesco
(turbandosi, levandosi) Si chiede di voi. Mi si trover? qui. Ci? ? molto noioso. Dovevo, peraltro, prevederlo.
Sonia
Io non rispondo e non lascio entrare.
Francesco
Non ve lo consento.
Sonia
Me lo consento io.
Francesco
Non ? giusto che io vi sequestri.
Sonia
Ti farei uscire per questa porticina, se ne avessi la chiave...
La Voce
Sonia Zarowska, preparatevi a ricevermi. Sono un agente della polizia.
Sonia
(aggrotta la fronte. Appare contrariata, ma non impappinata.)
Francesco
(turbandosi maggiormente, si domina.) Questo, poi, non era prevedibile, ed ? anche pi? noioso. ? insopportabilmente noioso!
Sonia
Si tratter? di qualche equivoco. Mi sbrigher? in pochi minuti. Tu ti chiudi nella stanza accanto, e aspetterai che mi sbrighi.
Francesco
Potrebbe incogliermi peggio. Mi conviene pi? di non rimpiattarmi. Fate entrare s?bito!
La Voce
Ma, sangue di un demonio, ? inutile che fingete di non udire! E vi avverto che non sono disposto a perdere il mio tempo. Aprite!
Sonia
Eh!... Quante parole per niente! Entra! Entra! Non c'? la spranga alla porta!
L'Agente
(spalanca i battenti con una certa irruenza, e si ferma.)
(Dietro di lui, ? un uomo sulla quarantina, vestito con precisa e sobria eleganza, dal volto scialbo e allampanato, dagli occhi incolori e vitrei: — il signor Edgardo Lemms. Nulla di losco. S'indovina, vedendolo, che ? una persona per bene. — Rester? attentissimo, ma impassibile, inalterabile.)
Francesco
(si fa da parte, senza aver l'aria di nascondersi.)
Sonia
(si trova, ritta, presso il divano. Sbircia di traverso l'Agente e l'uomo che gli ? dietro.)
L'Agente
(al signor Lemms) La identificate?
Lemms
Perfettamente.
L'Agente
Venite, venite. Staremo a vedere se lei ammette d'aver cenato con voi.
(Si avanzano tutti e due. Si accorgono di Francesco. L'Agente gli getta un'occhiata di competenza. Non si toglie il cappello. Il signor Lemms abbozza un saluto, e si toglie il cappello.)
L'Agente
(a Sonia) Compiacetevi di rispondere, Sonia Zarowska. Stavate, circa tre ore fa, a cena col signor Edgardo Lemms, in una saletta particolare del Falchetto d'oro?
Sonia
Edgardo Lemms sarebbe il nome di quel signore l??
L'Agente
Appunto. E rispondetemi.
Sonia
Rispondo di s?. Con quel signore sono stata a cena dove hai detto.
L'Agente
Egli vi accusa di avergli rubato il portafogli.
Sonia
(non si scompone e si stringe nelle spalle) Uhm!
L'Agente
Evidentemente, il signor Lemms, dopo aver pagato il conto,... si ? distratto, o ? stato distratto da voi. Egli ha lasciato il portafogli sulla tavola, e voi ve ne siete impossessata, profittando... della distrazione.
Sonia
Io non me ne ricordo.
L'Agente
I ladri non hanno mai buona memoria.
Sonia
Avevo tanto bevuto!
L'Agente
Intendete dire che eravate ubbriaca!... Eh, lo so! Voi state gi? architettando il vostro piano di difesa! (A Lemms) Furba, l'amica!... (Poi, a lei) Ma ? ridicolo sostenere che abbiate dimenticato d'aver commesso un furto perch? in quel momento eravate ubbriaca. ? ridicolo, cara Sonia Zarowska!
Francesco
(intervenendo, riservato e affabile) La memoria ? una delle pi? dirette attivit? della coscienza. Difatti, per misurare il grado di coscienza, da cento a zero, in qualcuno di cui si suppone che abbia corso il pericolo di perderla tutta o parzialmente, uno dei primi e pi? arguti mezzi ? di sperimentarne la memoria. Intanto, ? incontestabile [108] che la coscienza venga soppressa dall'ubbriachezza grave, la quale, nelle sue manifestazioni, nei suoi effetti, rassomiglia alla completa follia. Io, anzi, la chiamerei: una follia incidentale.
Lemms
(ha ascoltato con deferenza, e approva:) Perfettamente.
Sonia
(ha ascoltato con un vano sforzo di comprensione e ha tremato alla parola ?follia?.)
L'Agente
(ha ascoltato, squadrando Francesco con ostilit?.) Vi consta, signor Lemms, che Sonia Zarowska aveva bevuto molto?
Lemms
Moltissimo.
L'Agente
Ma non era una ubbriachezza grave se ? stata digerita in tre ore.
Francesco
Io non giurerei che ella ne sia del tutto libera. Comunque, mi parrebbe opportuno considerare che, negli ubbriachi abitualmente recidivi, proprio questa abitudine fa s? che il sonno basti ad affrettare il ritorno dello stato normale: — normale, beninteso, in rapporto al quadro permanente degli alcoolizzati. E io attesto di aver trovata pocanzi Sonia Zarowska immersa in un profondo sonno.
L'Agente
(a Francesco, con una calma intorbidita di sorda minaccia) Voi insistete nell'interloquire, egregio signore, senza che io vi abbia interrogato.
Francesco
Chiedo scusa.
L'Agente
Avrete la bont? di favorirmi il vostro nome.
Francesco
Nulla in contrario. (Cava fuori una carta di visita, gliela porge.)
L'Agente
(leggendo, si raccapezza: muta contegno, e, per atto di rispetto, tocca la falda del cappello.) Non potevo immaginare che...
Lemms
(a Francesco, inforcando gli occhiali) Permette?
Francesco
S'accomodi pure.
L'Agente
(mostrando a Lemms la carta di visita) Un professore rinomato.
Lemms
(legge, e s'intravvede nella sua impassibilit? una convinta ammirazione.)
Francesco
Un modesto medico specialista, pel quale non ? infruttuoso studiare i vizii e le degenerazioni nei loro covi e nei loro laborator?.
L'Agente
Che schifo, illustre professore!
Lemms
(quasi tra s?) Non tanto!
Francesco
E spero che la mia professione mi giustifichi anche di non essermi astenuto dall'interloquire. Si era un po' nei miei paraggi.
L'Agente
(con animazione autorevole, dispotica) A ogni modo, il portafogli ? sparito, ed ? qua che bisogner? cercarlo. (Appellandosi a Francesco come per averne il consenso) ? chiaro?
Francesco
Questo non ? affar mio.
L'Agente
(a Sonia) Orbene, a voi! Dovrebbe trovarsi proprio sulla vostra persona. Io non vi perquisisco, a condizione che voi stessa lo cerchiate.
Sonia
(ha segu?to quello che accadeva intorno a lei, assumendo un atteggiamento di sottomissione quando parlava Francesco. Adesso, all'invito dell'Agente, recalcitra:) Sulla mia persona, il portafogli non c'?.
(Non si riesce a intendere se ella sia in buona in mala fede.)
L'Agente
Tanto peggio per voi, sapete! Solamente se stesse sulla vostra persona si potrebbe accettare l'ipotesi del Professore, cio? che, essendovene appropriata quando lavorava la sbornia, non ve ne ricordiate pi?. Ma se aveste gi? provveduto a nasconderlo, come fareste, cretina [113] che siete!, a giustificarvi con la sbornia e con la dimenticanza?
Sonia
Ti ripeto che sulla mia persona non c'?'! (Leva la voce, ringhiosa, furiosa.) Non c'? e non c'?! E io, no, non mi lascio perquisire! Ti proibisco di perquisirmi! (Sfugge allontanandosi dal divano e riparando in un cantuccio.)
(Il divano ? rimasto tutto scoperto alla vista dei tre uomini.)
L'Agente
Sangue di un demonio, voi agite a danno vostro!... Mi sembrate un mulo che si affatichi a tirarsi calci alla coda. Perch? siete una donna, non volevo perquisirvi, non volevo mettervi le mani addosso. Ma questi signori sono testimoni che voi mi ci obbligate. (Uscendo dai gangheri, si avventa su lei.) Dunque, andiamo! Sottoponetevi alla perquisizione, senza altre chiacchiere!
Francesco
Fermatevi un momento, per favore.
L'Agente
(desiste, sospeso.)
Francesco
Se i miei occhi non s'ingannano, il portafogli ? l?, mezzo conficcato tra i cuscini del divano, dove ella pocanzi dormiva. ? minuscolo ed ? quasi del colore dei cuscini, il che lo ha reso poco visibile.
(Emerge appena di tra i cuscini rossi un piccolo grazioso portafogli di cuoio rosso.)
Sonia
(mal sorpresa, si protende per vedere.)
Lemms
(sempre impassibile — inforca di nuovo gli occhiali.)
L'Agente
(dissimulando il disappunto, si avvicina al divano, e con due dita prende il portafogli. Indi, tenendolo in alto, lo mostra al signor Lemms.) ? questo il vostro portafogli?
Lemms
Perfettamente.
Francesco
Le sar? cascato dal petto o dalla cintola, quando si ? gettata lass? o quando vi si agitava nel sonno. Certo ? che, rincasando, non aveva provveduto a nasconderlo.
L'Agente
(al signor Lemms) Dovrebbe contenere?...
Lemms
(rammentandosi a stento)... Lire milletrecento,
L'Agente
(verifica)... Sono mille trecento e sette. (Gli consegna il portafogli.)
Lemms
Guadagno sette lire.
Sonia
(? tuttora impenetrabile. Dal suo contegno non trapela la consapevolezza, non l'innocenza, non la mortificazione, non il risentimento.)
L'Agente
(obliquo — sottolineando le parole) Con ci?, spieghiamoci, Sonia Zarowska non cessa di dover rispondere dell'accusa di furto.
Lemms
Io mi oppongo.
L'Agente
Voi vi opponete, ma l'autorit? procede.
Lemms
Procede a che? Ho riavuto il mio portafogli con sette lire di pi?. Mi pare che l'incidente sia esaurito.
L'Agente
C'? la vostra denunzia.
Lemms
La ritiro.
L'Agente
Trattandosi d'un reato d'azione pubblica, non c'? modo di ritirarla. Deve per forza arrivare davanti alla giustizia.
Lemms
La mia denunzia non ? stata raccolta che da voi. Con un prudente sacrificio... reciproco, possiamo metterci d'accordo per non incomodare la giustizia e, soprattutto, per non dare altre noie a questa donna.
L'Agente
(con astuta condiscendenza) Be',... ci penseremo, e ne riparleremo.
Lemms
Perfettamente.
L'Agente
La prima cosa, intanto, che ho da fare per non avere imbarazzi ? di licenziare le due guardie che ho lasciate sul pianerottolo. Vi aspetto in portineria.
Lemms
Vi raggiungo s?bito.
L'Agente
(a Francesco) Riverisco, illustre professore!
Francesco
Si conservi.
L'Agente
(esce.)
Lemms
(a Sonia, avvicinandosi) Avete udito, piccina?... Vi saranno risparmiate ulteriori noie. E vi rivedr? volentieri. Quel che mi dispiace ? [119] che non siete una ladra sul serio. Sareste pi? interessante.
Sonia
(ha l'istantanea sensazione d'una puntura.)
Lemms
(si avvicina a Francesco) Signor medico, sono ben felice d'aver fatta la sua conoscenza.
Francesco
Ella ? molto cortese.
Lemms
E, forse, rivedr? anche lei. Potr? venire a chiederle qualche consiglio?
Francesco
Le auguro di non averne bisogno.
Lemms
Sospetto che troppo tardi mi giunga l'augurio.
Francesco
In tal caso, a sua disposizione.
Lemms
Perfettamente. I miei ossequi.
Francesco
(accenna un inchino.)
Lemms
(via.)
La voce dell'agente
(irritata) Ma, sangue d'un demonio, vi avevo ordinato di piantonare le scale! E dove stavate, invece, dove stavate?!
Alcune voci femminili
(scrosciano, lontanissime, in una sconcia risata.)
(Un breve silenzio.)
Francesco
(risoluto, quasi brusco) E basta, eh? (Piglia il cappello.)
Sonia
(con l'impulsivit? di una bambina lo afferra pel braccio.) No! No!...
Francesco
Dio buono, io ho gi? troppo accondisceso, e voi troppo osate, adesso!
Sonia
Non andare in collera! Senti... Senti... Ti prego... Mi hai cos? bene difesa... Difendimi ancora!
Francesco
Io non ho fatto che secondare e accreditare, con la mia logica, con la mia esperienza, la [122] vostra affermazione di irresponsabilit?. Forse mentivate relativamente all'episodio del piccolo crimine di cui vi si accusava. Nondimeno, il difendervi era legittimo, e non me ne pento, poich?, con o senza l'ubbriachezza, voi non siete che una irresponsabile. Ma che pi? sperate ch'io faccia per voi?... D'altronde, quel brav'uomo ha iniziato un accordo col zelante accusatore per comperarne il silenzio. Non correte pi? alcun pericolo.
Sonia
E per l'avvenire?... Se mi colgono, sono perduta! In carcere, mi mettono! In carcere!
Francesco
E lo spavento del carcere non ? pi? forte della tentazione di rubare?
Sonia
Quando quella tentazione mi prende e mi si caccia nelle vene, negli occhi, nelle mani, io non ragiono, non rifletto, non ci penso pi? al [123] carcere. E tu, difendendomi ancora, dovresti specialmente da quella tentazione difendermi. Questo ti chiedo io.
Francesco
Ma quale scompiglio d'idee! Difendervi da una dubbia accusa, difendervi dalla inclemenza d'un poliziotto ? ben diverso che difendervi da una clandestina e tirannica tentazione.
Sonia
Ma ? certo che lo puoi.
Francesco
E come sembra a voi ch'io lo possa?
Sonia
Lo puoi con le tue ammonizioni, col tuo comando, con quelle tue parole che dicono cose che soltanto tu sai. Sono parole che l? per l? fanno tremare, e poi si fissano, amiche, qui, nel cervello, vi restano come inchiodate, e continuano a dire, a dire, a dire...
Francesco
Voi siete sotto l'impressione del mio utile intervento. Travedete. Fantasticate. La riconoscenza vi abbacina. Le mie ammonizioni, il mio comando, tutto l'aspro repertorio di sapienza, che voi credete soltanto mio e che vi fa tremare, non vi scanserebbero da un triste fascino che vince anche lo spavento del carcere. Agiscono in voi delle forze irresistibili che di voi dispongono illimitatamente e che producono ogni vostro atto, ogni vostro istante di vita. Sono le medesime, ahim?, di cui vive, inconsapevole, il bruto.
Sonia
(trema) Il bruto?!
Francesco
S?, Sonia Zarowska: il bruto! E finch? queste forze irresistibili vi possiederanno, finch? esse comporranno la vostra vita, nulla varr? a salvarvi dalle tentazioni alle quali finora avete dovuto cedere. Per potervene difendere, per [125] potervene salvare, un'altra vita bisognerebbe sapere infondervi: una vita che non avesse la sua intima sede nei sensi, una vita interiore, una vita spirituale, quella vita cio? che molti vorrebbero soffocare perch? piena di lotte e di tumulti, ma che appunto — tra i confini, s'intende, del nostro raziocinio — differenzia dal bruto l'essere umano.
Sonia
(dibattendosi) Non capisco! Non capisco! Non mi riesce di capire!...
Francesco
(con un pallido sorriso buono) E questa volta sarebbe pi? che mai strano se non fosse cos?! (Le mette una mano sulla spalla.) Ma giacch? le mie parole vi si fissano, amiche, nel cervello e continuano a dire, a dire, a dire..., voi non dimenticherete quello che ora non capite,... e sar? sempre qualche cosa!... Vi saluto, Sonia Zarowska! Vi saluto! (Pacatamente, accorato e pensoso, si allontana, esce.)
Sonia
(non ha pi? tentato di trattenerlo, non lo ha segu?to con gli sguardi, non si ? mossa, ed ? rimasta come tramutata in una statua, assorbita dall'insistente volont? di capire. Per lei pi? nulla ? intorno. — Quella volont? intensa e vana la distacca dall'atmosfera che la circonda, le aliena la vista e l'udito.)
(Nel corridoio si fa buio.)
Una voce di donna
(rauca, assonnata) Buona notte, bionda!
Sonia
(ripete piano e scandite dalla fatica riflessiva alcune parole di Francesco Floriani.)... ?Una vita... che non avesse... la sua intima sede... nei sensi...? (Tace.)
(Trasvola nel silenzio il lieve rumore d'una serratura frugacchiata.)
Sonia
(non ode.)
(Si apre appena la porticina misteriosa.)
Ulrico
(s'insinua come un'ombra, il cappello all'indietro, il bavero alzato. C'? in lui un che di sinistro e di buffo.)
Sonia
(non vede.)
Ulrico
(? arrestato dall'atteggiamento di lei. Dopo averla affisata curioso e sbieco, raccorciandosi a guisa di chi cerchi di attraversare una folla inosservato e camminando grottescamente cauto, va verso la parete in fondo, dov'? la chiavetta della complice luce elettrica. La gira, e siede a una seggiola addossata a quella parete.)
(Dalle quattro lampadine che penzolano dal centro del soffitto ? piovuto, allargandosi in tutta [128] la stanza, un riverbero bluastro che, mescolandosi con la gazzarra del rosso, suscita un fantastico fluttuare di larve violacee.)
Sonia
(dal rapido diffondersi del riverbero bluastro ? stata sottratta alla sua riflessione, quasi che una molla le sia scattata dentro. Volgendosi un po', si accorge della presenza di Ulrico.) Sei qua, tu? Non ti ho visto entrare.
Ulrico
Cos'?? Rammollimento contemplativo?
Sonia
Ero sola. Pensavo.
Ulrico
Il che non ti accade spesso.
Sonia
(genuina) ? vero: non mi accade spesso.
Ulrico
Non eri sola, per altro, che da qualche minuto.
Sonia
Difatti, da qualche minuto se ne ? andato il tuo amico.
Ulrico
L'ho visto, gi?.
Sonia
Che t'ha detto?
Ulrico
Non l'ho interrogato. Mi sono nascosto per non fargli credere che io stessi l? ad aspettarlo.
Sonia
(resta di nuovo astratta.)
Ulrico
E ancora pensi?
Sonia
No.
Ulrico
Ma non badi a me. Che hai?
Sonia
Niente.
Ulrico
(impaziente — e pur mellifluo e postulante) E non ti parla questa luce? Non ti richiama?
Sonia
S?.
Ulrico
Non mi frodare, dunque, Soniuccia! ? l'ora mia.
Sonia
Sono pronta.
Ulrico
Oh, bene! bene! (Si accende una sigaretta.)
Sonia
(? sempre allo stesso posto. — Appare quasi inquieta. Poi, a grado a grado, si trasfigura. Il suo volto assume un aspetto di ebete sensualit? con una impronta d'involontario maleficio in agguato. Dalla sua bocca, di cui le labbra combaciano, si stende, mugolata, una sottile esarmonica melodia di sapore orientale, che sembra funebre.)
Ulrico
(sporge la testa di tra le spalle alzate, tira gi? il monocolo, e punta su lei, spalancati e cupidi, gli occhi storti.)
Sonia
(comincia a convellersi nei fianchi frementi, nelle braccia alquanto aperte in su, e i convellimenti procaci seguono il ritmo morboso della melodia. — Ma s?bito l'inquietudine torna a serpeggiarle [132] in tutta la persona. Il suo volto diviene sofferente. Il ritmo si spezzetta. La melodia si affioca. Le muore in gola. — Ella rist?. Le sue braccia cadono inerti.) — (Con una intonazione di scoraggiamento:) No! No! Stasera, no!
Ulrico
(costernato) Sonia?! (Le va di fronte, vivamente, pi? per esortarla che per rimproverarla.) Sonia?!
Sonia
(rammaricandosi) Non avertela a male!. Stasera, no!
Ulrico
(sbalordito) Perch??!
Sonia
(non lo sa, e non sa rispondere.)
Ulrico
(immobile, la guarda.)
Sonia
(come se pregasse per ottenere indulgenza, insiste:) Stasera, no!
Ulrico
(la guarda, la guarda.)
Sipario.
Avvertenza. — Le note del canto; nella pagina 135.
[Ascolta]
Un vestibolo dall'architettura sobria, pulito, bianco, ridente, un po' claustrale, che, per un ampio vano arcuato, aperto nel centro del muro in fondo, comunica con un giardino, non ricco, ma molto alberato. A sinistra una porta che d? accesso all'interno della Casa di Salute. A destra una porta che d? accesso al quartierino abitato da Francesco Floriani. — Dallo stesso lato un tavolino rettangolare e un paio di sedie. Sul tavolino, un registro, l'occorrente per scrivere, un'anfora con qualche fiore, il quadretto della soneria elettrica. Torno torno al vestibolo, come in una sala d'aspetto, una fila di basse scranne. Dalla volta pende una lampada elettrica.
? il meriggio. Luce nel vestibolo. Luce nel giardino. Le ricoverate della Casa di Salute sono in attesa del loro buon Direttore, sedute sulle scranne o in piedi nel vestibolo, nel giardino, sotto l'arco del vano. Donne giovani, donne giovanissime, donne mature. Vestono un modesto ma decoroso abito grigio: una specie di uniforme. Son pettinate con accurata semplicit?. Non manca qualche pettinatura pi? ricercata o addirittura graziosa. — Alcune ricoverate sono un po' pallide, smunte, avariate. Altre sembrano sane, quasi floride. Cinque o sei restano appartate, in una tensione bisbetica, rivelata da qualche gesto, da qualche smorfia, o in una sincera tranquillit?. — La pi? tranquilla ? Sonia Zarowska, mite nel viso, pi? appartata di tutte, con l'occhio tranquillamente estraneo.
Suora Marta
(? ritta, in un angolo, oculata, non rigida, non severa.)
(Un vispo chiacchierio fiorisce tra le pi? gaie, che formano un gruppo in primo piano:)
— Veramente?
— Da chi l'hai saputo?
— L'ho saputo da lei stessa in un momento in cui pareva trasognata.
— Ballerina, dunque? Ballerina!
— Ballerina, no. Non credo.
— A me piacerebbe di essere una ballerina!
— Meglio attrice, poi, come me... (Declamando:)
Non vuoi col brando uccidermi e coi detti
Mi uccidi, intanto?
— Stai zitta! E non venderci le solite fandonie! Non sei mai stata attrice, tu.
— E lei, se non era ballerina, perch? danzava?
— Questo ? il mistero!
— Chi sa che danza faceva!
— Caruccia me la figuro nella danza, con quel suo corpo di ninfa amorosa!
[140] — Se la pregassimo di danzare?
— Si rifiuterebbe.
— Tentiamo!
— Tentiamo!
Una del gruppo
(la pi? ardita — si avvicina, d'un tratto, imprudentemente, a Sonia.) Avresti la cortesia, piccola buona, di mostrarci come danzavi?
Sonia
(con un sussulto e con un gesto di orrore) Oh!...
Suora Marta
Non le date retta, Sonia Zarowska!
La pi? audace.
Almeno una volta, vogliamo vederla danzare, Suora Marta!
(Animazione generale.)
— S?, s?, vogliamo vederla danzare!
— Vogliamo vederla danzare!
Quasi tutte
(l'assediano.)
— Sonia! Sonia!
— Piccola buona!
— Solamente una volta!
— Solamente un poco!
— Suvvia!
— Un poco poco!
— Ce ne accontentiamo!
Sonia
No! No! No! No! (Come a schivare l'insistenza, indietreggia e si riduce con la schiena a un muro.)
Suora Marta
(facendosi burbera) Insomma, figliuole! Non ? bello che vi sfreniate cos? nell'ora in cui avete pi? che mai l'obbligo della disciplina per ascoltare la parola del nostro Direttore.
(Entra in tempo Francesco Floriani, segu?to da Lorenzo Gemmi: un vecchietto dall'aria signorile, in lutto strettissimo. Sulla sua fisonomia ? l'impronta d'una ambascia inesauribile.)
Francesco
(con familiare cordialit?) Ma, poich? il vostro Direttore ? in ritardo, voi non avete avuto troppo torto se alla disciplina vi siete ribellate. ? lui che d? il cattivo esempio.
Sonia
Non ? vero.
Tutte
(all'istante, son divenute serie, riguardose, facendo largo al Direttore.)
Sonia
(si ? scostata dal muro, ravvivandosi alquanto, rassicurata dalla presenza di lui.)
Francesco
Sonia Zarowska afferma che non ? vero. Evidentemente, con la sua pronta sensibilit?, ha intuito che c'? una circostanza a mio discarico. La quale ? questa. Mi ha distolto dal quotidiano convegno un fatto che concerne appunto voi e la Casa che vi ospita. E mi ?, anzi, grato, oltre che doveroso, darvene conto, in quanto ritengo che ci? varr? a blandirvi il cuore e la mente pi? della nostra abituale conversazione. Alla Casa che vi ospita, sostenuta finora dalle mie esigue risorse finanziarie, una pi? solida prosperit? sar? in avvenire garantita da una generosa elargizione. ? il dono d'un uomo elettissimo che fu gi? un grande amico di quelle tra voi che erano presso di me prima della sua... volontaria scomparsa. (Rivolgendosi a una delle donne per sperimentarne la facolt? mnemonica e quella affettiva) Di chi parlo io, Giulia Vannelli?
Giulia Vannelli
(s?bito) Di Paolo Gemmi.
Francesco
Ve ne ricordate, senza dubbio, rimpiangendolo...
Giulia Vannelli
Era cos? benefico anche lui! cos? degno di starvi accanto!
Francesco
(indagando) E non se ne ricordano egualmente tutte le vostre compagne d'allora?
Alcune
(fanno cenno di s? col capo.)
Un'altra
Sicuro!
Un'altra
Sicuro!
Un'altra
Con affetto e con reverenza ce ne ricordiamo!
Francesco
(indicando Lorenzo Gemmi) Questi ? suo padre.
Lorenzo Gemmi
(che era raccolto in s? stesso, alle spalle di Francesco, ascoltandolo, s'imbarazza ora nel veder convergere sulla propria persona gli sguardi di tutte le Ricoverate incuriosite.)
Francesco
(continuando) ? il suo povero padre, che si ? affrettato a comunicarmene la lettera testamentaria rinvenuta appena stamane. Dopo d'aver deciso di morire, egli dispose che l'ingente eredit? gi? trasmessagli dall'abnegazione paterna fosse destinata all'opera della quale era stato valido apostolo. Nella medesima lettera — notate — ebbe [146] cura di esprimere la speranza di farsi perdonare da Dio, con quell'estremo atto di carit? e di tenerezza, ?la folle violazione del maggior dovere d'ogni cristiano?: il dovere, cio?, di aspettare che l'ultima ora sia segnata dai poteri divini. Voi accoglierete religiosamente la generosit? la speranza e il monito di Paolo Gemmi. E il suo nome — a cui questo asilo sar? intitolato — voi circonderete d'un culto perenne.
Lorenzo Gemmi
(trattiene le lagrime.)
(Le Donne si piegano in una mesta commozione, Sonia pi? di tutte.)
Francesco
Vi vedo commosse. ? un dolce suffragio che inviate a quell'anima inquieta.
Lorenzo Gemmi
Vorrei...
Francesco
Che desiderate, signor Lorenzo?
Lorenzo Gemmi
Vorrei... che l'ispiratrice delle vostre azioni pi? nobili fosse informata immediatamente affinch? si unisse, nel commemorare il donatore, a queste umili creature.
Francesco
Da qualche tempo, mia moglie non ? con me. (Nel suo accento ? un recondito spasimo.)
Sonia
(che gli ? quasi vicina, lo fissa, con una particolare espressione d'intelligenza.)
Lorenzo Gemmi
(celando una viva sorpresa) Torner? presto, di certo...
Francesco
Forse, no.
Lorenzo Gemmi
(discreto nel tono, che quasi protesta) Ella vi ? tanto devota!... Vi ama tanto!...
Francesco
Non mai abbastanza si ama, signor Lorenzo!
Lorenzo Gemmi
(rimane soprappensiero.)
Francesco
(alle Donne, tagliando la commozione) E per oggi, mie care, null'altro ho da dirvi. Domani, ve lo prometto, staremo a lungo insieme, e a lungo converseremo. Sicch?, rientrate, adesso. Rientrate serenamente per mettervi a lavorare o a leggere come di regola. (Ostentando di celiare) Suora Marta ? incaricata di arrabbiarsi se, per caso, non ne avrete voglia. (Alla Suora) Precedetele, precedetele, amica mia. Soltanto il gregge si conduce camminando in coda.
Suora Marta
(s'inchina e infila l'uscio a sinistra.)
(Tutte — ad eccezione di Sonia — s'inchinano anch'esse e, obbedienti, affollandosi presso l'uscio, in ordine perfetto, seguono la Suora.)
Sonia
(? come fermata da una astrazione mentale.)
Francesco
(a Sonia) E voi, non andate?
Sonia
Chi?... Io?... S?, vado. (Con una vaga titubanza, esce.)
Lorenzo Gemmi
Io vi tolgo l'incomodo, dottore. Provvederemo tra giorni alle pratiche legali per rendere effettiva la donazione.
Francesco
Quando vi piacer?.
(Giunge Ulrico dal giardino)
Ulrico
(trafelando) Si pu??
Francesco
(si volta) Oh, guarda! L'uomo-cometa!
Ulrico
Senza coda.
Francesco
(con disinvoltura non sincera) Avanti! Avanti!... Era tempo che tu tornassi!
Lorenzo Gemmi
(a Francesco) Arrivederci, dunque.
Francesco
Vi accompagno fino al cancello.
Lorenzo Gemmi
Ma no. Conosco la strada. Vi prego di restare. (Alludendo all'arrivo di Ulrico) Un po' per uno.
Francesco
Per accontentarvi... (Gli stringe le mani con cordiale rispetto.) E non dimenticate la mia venerazione: verso di lui e verso di voi.
Lorenzo Gemmi
Abbiatela tutta per lui, dottore! Io non ne merito.
(Si separano sulla soglia in fondo.)
Ulrico
(si ? gettato a sedere su una panchetta. ? stanco, torvo, scarruffato, smagrito. Ha le guance incavate. Ha negli occhi l'incandescenza stramba d'un tizzo ardente su cui si spruzzi, con alterna [152] persistenza, acqua e petrolio. — Il monocolo destinato all'occhio pi? guercio gli pende, da un laccio, sul petto.)
Francesco
(osserva la fisonomia di lui. Ne ? conturbato. Dissimula, scherzando) E cos??... Che n'? del programma di ficcare il naso nei fatti miei e d'essere il mio medico cotidiano, all'uso giapponese? Ai primi fiaschi della tua psicoterapia naturalistica, mi hai abbandonato?
Ulrico
Ho dovuto servire il signor me stesso in questi giorni. E sono stati giorni angosciosi.
Francesco
(intuisce, continua a dissimulare.) Tuttora angosciato sei.
Ulrico
Io immagino gi? la conclusione d'un tuo prevedibile predicozzo. Mi ronzano gi? nell'orecchio le tue parole: — ?Non c'? modo di cavarsela, [153] mio caro Ulrico. Abolisci l'amore, con i suoi tormenti e con i suoi pericoli d'ogni sorta? Caschi dalla padella nella bragia. La femmina a cui ti attacchi sensualmente pu? lasciarti in asso, o pu? crepare, o pu? sparire senza crepare, e allora, nonostante l'abolizione dell'amore, sei anche tu un uomo spacciato!...? (Con sofferente dispetto) Ah, no! Spacciato no, per tutti i diavoli! L'angoscia dei sensi non ? meno passeggera d'una cattiva digestione. Lei mi ? piaciuta pi? delle altre? Me ne piacer? un'altra pi? di lei.
La voce della Suora
(si ode di sfuggita) Mi obbligherete a ricorrere al Direttore...
Francesco
(tende lo sguardo verso l'uscio a sinistra. — Indi, prudente, lo chiude)... Sicch??...
Ulrico
Sei nelle nuvole?... Ti disturbo? Sono di troppo? Ho da andarmene? Ho da liberarti della mia presenza?...
Francesco
Ma, scusa, a che proposito?... Mi ? stato tanto gradito il rivederti! Ti ho ricevuto festosamente!... E non ero nelle nuvole quando parlavi. Ero invece attentissimo, e ho compreso quel che dicevi. Ho compreso che sei incappato in un infortunio... a cui non annetti troppa importanza.
Ulrico
... a cui annetto una importanza relativa.
Francesco
Tutto si limita, mi pare, a un episodio, a una parentesi: — le tue dilettazioni di gaudente hanno avuto un arresto momentaneo perch? ti ? mancata a un tratto Sonia Zarowska. Mi sbaglio?
Ulrico
(stralunando gli occhi) Irreperibile! Assolutamente irreperibile!... Un enigma da far dare [155] la testa nel muro! (Ricorda e racconta:) Mi separo da lei alle nove di sera. Torno alle undici. Entrata libera, come di solito. Illuminazione bianca. Lei, fuori, in giro. Niente di straordinario. Rincaser? tardi? Mi ? indifferente. E se non sar? sola, pazienza, me la svigner?, visto o non visto. Nel suo salottino, aspetto un'ora, aspetto due ore, aspetto tre ore. ? notte avanzata. Cerco il mio e il suo absinthe. Bevo, ribevo, mi addormento. Mi sveglio all'alba. Lei, ancora fuori. Niente di straordinario. Tuttavia, sono inquieto. Impossibile riaddormentarmi. Fumo, passeggio, apro le finestre, irrompo nel quartierino recondito della padrona, la scuoto nel letto, la strappo dal sonno, le chiedo se dubiti che Sonia abbia preso il volo. La sua risposta ? ambigua: ?La bionda mi paga giorno per giorno, quindi pu? andarsene quando vuole.? Dunque, — dico tra me — non ? improbabile che se ne sia andata. Ma ritrovo s?bito, nel disordine che conosco, la sua biancheria, i suoi abiti, i suoi scarpini, i suoi profumi, i suoi lapis, i suoi cosmetici, e ci? mi rassicura. Ricomincio ad aspettare, con lo sguardo attaccato all'orologio. Il moto delle [156] sfere mi diventa impercettibile. Cos? lento che in non meno di sessanta minuti me ne misura appena uno!... Alle dieci del mattino io sono assalito dal sospetto che Sonia sia stata c?lta in flagrante come ladra e messa al fresco. Corro all'ufficio centrale della Questura. Mi appiccico ai funzionari. Li soffoco d'interrogazioni. Il mio sospetto non ? punto confermato. Precipito nel buio. E nel buio, senza un barlume che lo attenui, mi do a una caccia affannosa, ininterrotta, vertiginosa, inutile, insensata, che mi stremenzisce, che mi esaurisce. Lo vedi come mi sono ridotto?
Francesco
Lo vedo.
Ulrico
Giorno per giorno, come usava lei, pago la padrona affinch? non disponga delle due stanze che lei occupava. Mi reco tutte le sere a visitarle, a guardarle, a sentirle. La sua biancheria, i suoi abiti, i suoi scarpini, i suoi profumi, i suoi lapis, i suoi cosmetici, sono al [157] posto dov'erano, nel medesimo disordine, immobilizzato. Io contemplo e tocco un poco ogni cosa, e bevo gli atomi che se ne distaccano. Non riesco a proibirmelo, ma... ti confesso che ne provo una importuna malinconia. (Gli passa sulle pupille un velo di lagrime inconsapevoli.) Ho ritardato a venire da te... perch? avevo ritegno di mostrarmiti in queste condizioni. Oggi, ho superato il ritegno... e sono contento d'essere venuto.
Francesco
(vincendo un'esitazione) Sonia Zarowska ? qui.
Ulrico
(con un violento stupore, si alza.) ? qui?! ? qui, con te?!
Francesco
? nel mio Ricovero, nel mio ospedale.
Ulrico
Ed hai tanto aspettato a dirmelo?!
Francesco
Mi premeva anzitutto di sapere quale effetto avesse prodotto in te... la dispersione della tua donna. E aggiungo, francamente, che dopo di averlo saputo, se avessi sperato nella possibilit? di celarti ch'ella ? qui, te lo avrei celato.
Ulrico
Ma come?!... Me lo avresti celato!
Francesco
Te lo avrei celato per scansare lei dai tuoi tentativi di riavvicinamento.
Ulrico
Un'angaria! Una crudelt?!
Francesco
No, Ulrico.
Ulrico
Una crudelt?, s?, una crudelt? da sbirro, una crudelt? da carceriere!
Francesco
Non avventare di queste sciocchezze, e ascoltami.
Ulrico
Io domando in qual modo si ? potuta impigliare nelle tue grinfie! Il tuo indirizzo io non gliel'ho dato. Chi te l'ha condotta? Chi l'ha costretta a recarsi da te?
Francesco
(severo) Se mi ascolti, la tua curiosit? sar? soddisfatta.
Ulrico
(stentando a contenere la collera, maltratta il cappello. — Risiede su una seggiola presso il tavolino.)
Francesco
(sedendo poco discosto da lui) Nessuno l'ha costretta. Nessuno l'ha condotta. Si rec? da [160] me spontaneamente. Il mio indirizzo, suppongo, lo apprese da un tale che capit? l?, da lei, la sera famosa in cui mi obbligasti a restare in sua compagnia. Costui ebbe agio di leggere la mia carta di visita per un incidente che non ti raccontai perch? non era necessario raccontartelo. Quella sera, la piet?, che, sincera e anche soccorrevole, non tard? a succedere in me al disgusto, la riemp? d'una intontita ammirazione mista a una specie di caparbia fiducia e ad una esagerata gratitudine.
Ulrico
(con una vivacit? comprensiva) Perci? quella sera la trovai eccezionalmente distratta, eccezionalmente sviata!
Francesco
Stammi attento, e non m'interromperei
Ulrico
Ammirazione, fiducia, gratitudine! Tutte cose mai provate da lei!
Francesco
Mai provate, ne sono convinto come te, ed erano, forse, l'abbozzo vago di una nascitura facolt? mentale. Un che di analogo si riscontra in un bambino il quale abbia notato per la prima volta — che so?... — una fiaccola, un albero, un lembo di mare, un volo di uccello. Ma ? ozioso vangare, ora, nel campo delle induzioni. Il fatto ? che una mattina — quella, di certo, in cui tu persistevi nell'attesa dopo l'attendere di una notte interminabile — mi si present? qui in preda a un parossismo straziante. Usciva, indubbiamente, da una lunga orgia. Era satura di alcool. Tra il nero del bistro i suoi occhi incavernati avevano un luccicore vuoto di sguardi. Tra gli avanzi dei colori posticci apparivano le due macchie paonazze degli zigomi accesi e il livido delle labbra gonfie. Contro il letargo che le invadeva le membra lottava in lei come un bisogno di non cedere ad esso; e contro lo scompiglio del suo pensiero semispento lottava la sua volont? fissa di ottenere il mio soccorso. In questa duplice lotta si dibatteva spasimando. Pareva una povera bestiola idrofoba in agonia!
Ulrico
(soggiogato da quella visione, balbetta:) La volont? fissa di ottenere il soccorso tuo! Perch? non quello d'un altro?
Francesco
Perch? non un altro le aveva ispirata mai la fiducia a cui ho accennato. L'idea che soltanto io potessi prestarle soccorso era gi? da lei fermamente acquisita. Oltre di che, ritengo che quel signore dal quale fu letta la mia carta di visita le abbia forniti degli schiarimenti sulla mia professione e sullo scopo di questo Ricovero. Che la demenza cerchi da s? la soglia d'un manicomio ? meno insolito di quanto si creda.
Ulrico
(rintuzzando con pervicacia) Sonia Zarowska non era una demente!
Francesco
Era una demente tranquilla, inerte, chiusa nelle forme apatiche della sua corruzione, dei [163] suoi vizi, della sua mania di rubare. Poi, se ? vero che un po' di luce sia sopravvenuta a solcare quella sua demenza compatta, appunto questo spiracolo di percezione deve aver mutata la demente tranquilla in una demente agitata, paurosa, impaurita di s? stessa. Ed eccola, in un accesso di agitazione, in una crisi di paura, rivolgersi, anelante, verso il rifugio, verso il manicomio e verso colui del quale conobbe la piet?. (Breve pausa.) Ora, l'agitazione ? cessata, ed ? cessata la paura. La demente agitata non c'? pi?. E non c'? pi?, neppure, la demente tranquilla. Il nemico ? stato dominato sommergendo in una atmosfera di gentilezze e di caste idealit? le losche abitudini contratte, delle quali non si colgono che rare e quasi puerili reminiscenze in qualche parola, in qualche gesto, in qualche atto fugace. Ma non m'illudo che sia la salvezza definitiva. Io temo che il ricordarle vivamente le attrattive ch'ella esercitava su i corrotti e su i corruttori, e su te pi? che su gli altri, possa fare in lei ripullulare d'un s?bito l'antico veleno non del tutto eliminato. Questa ? la ragione per la quale mi sono preoccupato della eventualit? [164] che tu la riavvicinassi. Ma, giacch? sei rimasto molto impressionato da quanto ti ho esposto, la mia preoccupazione dilegua, e fido in te. Mi prometti di non tentare di riavvicinarla?
Ulrico
(dolorosamente brusco) Non te lo prometto! Non te lo devo promettere!
Francesco
(si percuote un ginocchio, e si leva, infastidito.)
Ulrico
Promettere per non mantenere non sarebbe da galantuomo. E promettere per mantenere, nel caso mio, sarebbe una imbecillit?. Riguardo alle mie impressioni, tu hai preso un granchio madornale. Le mie impressioni sono precisamente opposte a quelle che mi hai attribuite. Ci? che mi ha impressionato, ci? che mi ha fatto e mi fa fremere di dolore e di sdegno ? [165] che la ostinata stoltezza ideologica, tra cui si aggira la demenza tua, sia riuscita a sconnettere la vita naturale di quella donna e a strappar lei al suo nulla, alla sua pace, alla sua indipendenza, al suo destino — nel quale io mi dissetavo!... Ma, per fortuna, la tua opera ? tutt'altro che compiuta. Rilevo questa buona notizia dai tuoi timori. (Ride il suo vecchio riso divenuto pi? acre:) Eh eh eh eh!... ?L'antico veleno??!... Parole convenzionali! A chi nuoceva il cos? detto veleno?... Non a lei! Non a nessuno! E a chi nuocerebbe se tornasse a possederla?... A me, intanto, arrecherebbe un gran bene, restituirebbe il bene che ho perduto. E tu mi chiedi che io rinunzii alla speranza che questo si avveri dopo che i tuoi stessi timori mi hanno incitato a sperare?... Non ci rinunzio, no, non ci rinunzio! Io la voglio vedere. Io le voglio parlare. E ti consiglio di astenerti dall'ostacolarmi!
Francesco
(recisamente) Non ? inopportuno, Ulrico, che io consigli te di astenerti dal trascendere!
(Un filo di pausa.)
Ulrico
(quasi pentito — si modera.) Se trascendessi, ne avrei poi un rammarico pi? penoso del tuo. Evvia, Francesco! Accontentiamoci un po' reciprocamente. Cediamo un po' tutti e due. Tu accondiscenderai a che io — magari sotto la tua sorveglianza — abbia un colloquio con lei, e, per parte mia, ti garantisco che non mi affaticher? punto a riconquistarla al suo passato. (Traspare ch'egli esprime una temperanza momentanea.) Mi limiter? a interrogarla sulle sue sensazioni attuali, sulle sue intenzioni per l'avvenire, e il risultato di questo colloquio, da cui sar? stimolata la sua sincerit?, potr? servire, a guisa di scandaglio, anche a te. Misurerai il valore dei tuoi criterii, la portata dei tuoi metodi. Apprenderai se, dal tuo punto di vista, ella sia gi? guarita o almeno avviata a guarire o se il mutamento verificatosi non sia che effimero e occasionale. Dovrai riconoscere — ne sono sicuro — l'utilit? pratica della tua condiscendenza. E cessiamo di sperperare il nostro tempo, te ne prego! Chiamala!
Francesco
(paziente, deferente) Io non ho alcun diritto su lei, alcun diritto su te. Ma ? incluso nel mio assunto il diritto di proibire che v'incontriate finch? ella sar? qui. Tu la vedrai e le parlerai, altrove, senza ambagi d'impegni e di controlli, quando io l'avr? congedata. Non mi ostino a chiederti una rinunzia della quale non sei capace. T'impongo, bens?, una dilazione per non essere il tuo complice.
Ulrico
(levandosi di botto, con allucinata prepotenza) E io ti risparmio di essere il mio complice, poich? baster? io a chiamarla.
Francesco
(adiratamente) Tu abusi dell'ospitalit? che ti ? concessa! Bada a quello che fai!
Ulrico
(con uno scoppio di stizza che geme di confessione) [168] Hai avuto, a modo tuo, piet? di lei, e non sai averne di me!...
Francesco
(fervido e leale) Ne ho di te, ne ho di te come di lei, a modo mio!
Ulrico
S?, s?, abuso dell'ospitalit? che mi ? concessa. E cacciami via, se questo esige la tua piet?!... (Infrenabile, chiama, sbraitando:) Sonia Zarowska! Sonia Zarowska! Sonia Zarowska!
La voce di Sonia
(lontana e vibrante d'immediata sorpresa) Ulrico! Ulrico!
Ulrico
(investendo Francesco) Hai udito come grida il mio nome nonostante il bavaglio della tua tirannia?
Francesco
(sorgendo con fierezza) Finiscila, adesso! Non tollero pi? che tu adoperi un simile linguaggio!
La voce di Suora Marta
(vivacissima) Chiunque sia che vi chiami cos?, restate al vostro posto!
Francesco
(veemente) Lasciatela libera, Suora Marta! Lasciatela andare dove vuole!
Ulrico
(sbraitando pi? di prima) Lasciatela libera! Lasciatela libera!
La voce di Sonia
(vicina) Ulrico!...
Francesco
(disdegnoso, a Ulrico) Tu le potrai parlare come meglio ti aggrada. Io non ti sorveglier?! (Fugge per la porta a destra.)
Sonia
(ancora di dentro) Ulrico! Ulrico!... (Giunge slanciandosi a stringergli le mani.) Ulrico!
Ulrico
(stringendole a lei) Finalmente! Finalmente!...
Sonia
Ti ritrovo? Ti rivedo?...
Ulrico
Mi credevi morto addirittura?
Sonia
Proprio morto di morte non ti credevo.
Ulrico
Mi avevi dimenticato, ecco.
Sonia
Non ti avevo dimenticato.
Ulrico
Mi pensavi!
Sonia
Ti pensavo, pensando che non esistevi pi?.
Ulrico
Ma appena ti ho chiamata, hai sentito berne che tornavo a esistere.
Sonia
Questo ho sentito.
Ulrico
Molta meraviglia?
Sonia
Molta.
Ulrico
Anche molta gioia, se non m'inganno.
Sonia
Molta.
Ulrico
Non hanno potuto trattenerti dal correre a salutarmi risorto.
Sonia
Non l'hanno potuto.
Ulrico
E perch?, dimmi, perch? ti pareva che io non esistessi pi??
Sonia
Perch? non esisteva pi? nessuna delle cose d'allora.
Ulrico
Di allora, cio? di quando?
Sonia
Di quando si stava cos? spesso insieme.
Ulrico
Tutte sparite, dunque?
Sonia
Tutte sparite.
Ulrico
Da un giorno all'altro?
Sonia
Sparite a poco a poco.
Ulrico
E non le rievochi? Non le rimpiangi?
Sonia
Di tanto in tanto, s?, ma come in sogno.
Ulrico
(frugando, guardingo) Io credo che ci sia qualcuno che se ne accorge e che ti sgrida.
Sonia
Per esempio, chi?
Ulrico
... Per esempio, Suora Marta, che ti sorveglia continuamente.
Sonia
Non se ne accorge Suora Marta.
Ulrico
(accennando la porta a destra) Oppure se ne accorge lui, che ha la fissazione e la sapienza di scrutare.
Sonia
Nemmeno lui se ne accorge.
Ulrico
E se, per ipotesi, egli se ne accorgesse?...
Sonia
Si dorrebbe.
Ulrico
E ti toccherebbero, quindi, le durezze della sua severit?.
Sonia
Severo, lui?... No, mai!
Ulrico
Non ti assilla, forse, non ti martirizza con i suoi rigori, con le sue costrizioni?
Sonia
No!
Ulrico
Tuttavia, hai l'obbligo d'essergli sottoposta, hai l'obbligo di obbedirgli.
Sonia
No!
Ulrico
Che tu neghi o non neghi, ? certo che qui ti si tiene come in un carcere.
Sonia
No!
Ulrico
Peggio che in un carcere ti si tiene. In un carcere non si perde che la libert? esteriore, mentre qui ti si comanda e ti si spia perfino nel cervello!
Sonia
No!
Ulrico
Io affermo che ne sei stanca! E con me tu fingi, tu fingi, tu mentisci!
Sonia
No, Ulrico! No! No! No!
Ulrico
(in un muggito di esasperazione — tappandosi gli orecchi con le mani) Ah, sono esecrabili i tuoi ?no?! Non farmene udire di pi?!
Sonia
(spaventata, si trae indietro. — Resta in pena, sospesa.)
(Un silenzio.)
Ulrico
(scaccia l'ira che lo pervade. Siede. Le parla con una specie di leale remissivit?.) Riconosco che farnetico. Riconosco che, immaginando costrizioni e martirii, sono in errore. Ma ? l'acredine! ? la rabbia! ? la malignit? della rabbia! Ricordo la tua vita d'un tempo non remoto, la ricordo scorrere fluida come un fiume, apportatrice imperturbata di godimenti, tra i [178] rovi e le asperit? delle tristezze altrui, degli altrui malori, delle altrui miserie, e in questo ricordare il rimpianto mio, cos? diverso dal tuo, s'inasprisce, si esulcera.
Sonia
(ascolta attentamente.)
Ulrico
In te il rimpianto non ? suscettibile di esacerbazioni. ? saltuario, scialbo, superficiale, svanente, estraneo al fermento della realt?. ?Come in sogno? hai detto, e ti sei espressa con esattezza, poich?, di fatti, ti hanno addormentata nella convinzione che il tuo piccolo mondo d'allora sia sparito per sempre. (Scattando facinoroso) Ma ? falso! ? falso! La falsit? ? stato il tuo narcotico!... Esisto io tale qual ero. Lo vedi! Esiste tale qual era tutto ci? che lasciasti! E con la medesima voce con la quale io t'ho chiamata pocanzi, tutto ci? che lasciasti ti ha chiamata e ti chiama!
Sonia
(ha un lieve fremito. La sua attenzione diviene pi? tesa.)
Ulrico
Ti chiamano le tue stanze dove nulla ? sparito, dove nulla ? mutato dall'ultima sera in cui ne respirasti l'aria iniettata di profumi a te cari e di desider?; ti chiamano i bizzarri abiti neri che secondavano incantevolmente le seduzioni del tuo corpo serpentino; ti chiamano i fedeli specchi avidi della tua immagine nella ebbrezza della danza; ti chiamano le tue ore senza misura, le tue ore senza albe e senza tramonti, riempite dei tuoi capricci fuori da ogni legge, riempite di abbandoni e di oblii! ? tuo, ? tuo tutto ci?, ancora tuo, pi? tuo di prima. Svegliati, Sonia! Svegliati, e rivivi! Nel sonno che ti avvolge come una cappa di piombo, tu pi? non vivi,... tu pi? non vivi e non mi fai pi? vivere!
Sonia
(? presa dalle rievocazioni. Le cose di allora le si riavvicinano. Gi? la sfiora il loro fascino. Le si disegna sul volto un'animazione perplessa. — Interroga, cauta:) Ci sei stato laggi? in questi giorni?
Ulrico
(s'irradia) Non un giorno ? trascorso che io non mi ci sia recato. E lungamente ci restavo.
Sonia
Solo solo?
Ulrico
(malinconicamente) Solo solo.
Sonia
Ti piaceva di restarci?
Ulrico
Mi piaceva di soffrire.
Sonia
Nulla ? sparito?
Ulrico
Nulla.
Sonia
Nulla ? mutato?
Ulrico
Nulla.
Sonia
(con segretezza) Anch'io rivedrei volentieri le mie stanze, i miei abiti, i miei specchi...
Ulrico
(dissimulando l'emozione che rigurgita) Ti recheresti volentieri laggi??
Sonia
Soltanto una volta!
Ulrico
(con subdolo assenso) Soltanto una volta, s'intende! Una fugace visita al passato! Non pi? di questo.
Sonia
Non pi? di questo.
Ulrico
Io, poi, ti faccio notare che se realmente lo vuoi, non ti sar? troppo difficile.
Sonia
(sottovoce) Non posso.
Ulrico
L'impossibilit? ? nella tua immaginazione.
Sonia
Non si esce dall'asilo senza il permesso di lui.
Ulrico
Mi hai assicurato che non tiranneggia, che [183] non ? severo con te. Gli chiederai il permesso che ritieni indispensabile, e l'otterrai.
Sonia
Per andare laggi?, no, non glielo chiedo! Me ne vergognerei.
Ulrico
Ne farai a meno, ed egli ti assolver?.
Sonia
Mi consigli di uscire di nascosto?
Ulrico
Di tentarlo io ti consiglio.
Sonia
(accesa d'una sinistra reminiscenza) Di nascosto come per rubare?!
Ulrico
Dove salti con la fantasia? Si tratta semplicemente di uno strappo alle consuetudini [184] di clausura. Non ? un crimine. Non ? un'azione da paragonare a un furto.
Sonia
S?, ne convengo: un crimine non ?.
Ulrico
Dunque, nessun ostacolo, nessun rischio e, soprattutto, nessun rimorso.
Sonia
Tu mi accompagnerai, n'? vero?... Mi devi accompagnare...
Ulrico
? naturale che io t'accompagni.
Sonia
E quando andremo? Quando?
Ulrico
Decidi tu. Non dipende che da te.
Sonia
Io non so... Io non oso decidere... Forse, oggi stesso potremmo!
Ulrico
(levandosi ebro, esagitato, abbacinato, col respiro mozzo) Ma certamente! Oggi stesso! Oggi stesso!... Perch? no?... E non bisogna ritardare!... Egli, a quest'ora, ? intento ai suoi stud?; la zelante Suora ha avuto l'ordine di risparmiarti il suo zelo; la mia riverita persona si trova gi?, per caso, a tua disposizione: sarebbe una ingratitudine verso la fortuna non profittare di circostanze cos? favorevoli!
Sonia
(con una esaltazione timorosa e frettolosa) Ebbene, s?! Profittiamone! Profittiamone!... Tu uscirai prima di me... Mi aspetterai alla svolta della strada... Io cercher? di deviare l'attenzione del guardiano... Gli far? credere che si riversa l'acqua dalla fontana, o, meglio, lo pregher? di cogliere per me qualche fiore... Mi ? amico: non si negher?... E appena si sar? allontanato [186] dal cancello, io, di corsa, di corsa, a raggiungerti!... Sono contenta, Ulrico, sono tanto contenta! — Vai vai vai vai!
Ulrico
Bada che ti aspetto!... (Si avvia, veloce, sogguardandola un po' diffidente.)
Sonia
(in un lampo di allarme, d? un grido soffocato:) No!
Ulrico
(arrestandosi di colpo) Sonia?!
Sonia
(casca a sedere.)
Ulrico
(accorre) Sonia?!
Sonia
(affaticata, fioca, con negli sguardi e nell'accento una intima solennit?) Non mi aspettare... [187] Torna laggi?, se vuoi, ma ?solo solo?... come in questi giorni. Io non ci sar?.
Ulrico
(miseramente) Avevi riaperte un poco le ali al volo: le hai richiuse.
Sonia
Laggi?... ? il pericolo. Laggi? ? la malia dei viz?, la malia del peccato.
Ulrico
(pallidissimo) Parli di peccato?! Parli di viz??! Due parole che non conoscevi!
Sonia
Furono i miei nemici!
Ulrico
Tu distingui, nella tua vita, i fatti umani a cui si riferiscono le due parole paurose e non tue che hai pronunziate?
Sonia
(con una istantanea percezione) Li distinguo! Li distinguo! Ero nei viz? e nel peccato. Ora, non pi?!
Ulrico
E sei capace, in coscienza, di odiarli? In coscienza sei capace di temerli?
Sonia
Li odio e li temo perch? mi benefica l'esserne lontana.
Ulrico
Parole non tue, Sonia! Parole non tue!
Sonia
Lo sento che ne sono beneficata. Lo sento! Non m'inganno!
Ulrico
Cos? ti hanno detto e a te pare che sia.
Sonia
Io vorrei che tu sapessi capire quello che sento.
Ulrico
Io vorrei che tu me lo facessi capire con parole che fossero veramente tue!
Sonia
(stentando a esprimersi)... ? qualche cosa che sta tutta dentro di me: una grande dolcezza dell'anima!
Ulrico
(attonito) Dell'anima!... (Si tortura i capelli con le dita nervose. La sua sensibilit? fluttua scompigliata. Il suo pensiero brancola nel vuoto.)
Sonia
(rasserenata, buona, amicale — si leva.) Addio, Ulrico!
Ulrico
(in un urgente trapasso) Questo addio, Sonia, io lo respingo. (Egli ? come colui che sul punto di affogare si rinvigorisce di una suprema energia istintiva per salvarsi.) Lo respingo non per cercare ancora di ricondurti dove si annida il pericolo, non per esortarti ancora a rivivere il passato che hai misconosciuto. Io ti esorto unicamente a non escludermi, a non sacrificarmi, a non distaccarti da me. Eri la donna dei miei piaceri, non sarai pi? tale, e non t'inciter? a ridiventarla, non ti biasimer?, non soffrir?. Un'altra donna tu, un altro uomo io. Ti far? abitare una casetta appartata, cheta, gentile, sorridente. Verr? a bussare alla tua porta senza molto insistere, e quando me l'aprirai io te ne sar? grato, e ti terr? compagnia, ci terremo compagnia a vicenda, tu serbandoti come hai imparato a essere, io volendoti sempre pi? un bene che non avevo mai immaginato di poterti volere. Questo, questo ti offro, Sonia, con un fervore profondo, e se di ci? che senti nulla ? rimasto in te inespresso e inesprimibile, non c'? nessuna ragione, nessuna, per la quale tu debba rifiutare e ridirmi addio.
Sonia
(? commossa, ma non conquistata. Sulla sua fisonomia si disegna l'implorazione:) Ulrico!...
Ulrico
Rifiuti?... Rifiuti?!... (Prorompendo in un furore cattivo) Ah, non inutilmente ho rimescolato il mistero! (Esce a destra, violento, clamoroso) Vieni, Francesco! Il mio colloquio con Sonia Zarowska ? terminato.
Sonia
(in orgasmo) No! Lui, no, te ne supplico! Lui, no!
Ulrico
(di dentro, ancora clamoroso) ? necessario che tu venga, e s?bito! Vieni! Vieni!
Sonia
(gridando) Ma perch?? Ma perch??
Ulrico
(tornando) I ?perch?? e i ?ma?, in un manicomio, fanno cilecca!
Francesco
(entra — freddo — accigliato — senza guardare.)
Ulrico
(prontamente) Ho bisogno che tu apprenda e che tu giudichi. Ci? che ti dir? ? straordinario, ? incredibile. Tuttavia, sul mio onore!, non smercio menzogne.
Francesco
Molte cose che a te debbono parere incredibili non sono incredibili. E che tu non smerci menzogne ho la pi? ferma persuasione.
Ulrico
In breve. Poich? ella non ha ceduto alle visioni risvegliate in lei dalla prepotenza della [193] mia frenesia e l'ho trovata salda, irremovibile nel suo odio al passato, nella sua volont? di seppellirlo, io le ho sinceramente offerto un avvenire di onest? e di pace, le ho sinceramente promesso di rispettare il suo odio e la sua volont?, le ho sinceramente promesso di volerle bene, di volerle un bene tutto simile a quello che sanno volere a una donna onesta i pi? probi degli uomini. Come mi sia accaduto di balzare da un polo all'altro, non me lo domandare. M'imbroglierei a risponderti. Ma mi fulmini Dio o il diavolo se i miei propositi non li ho concepiti e non li ho manifestati in piena lealt?.
Francesco
E lei?
Ulrico
(con un groppo alla gola) Ha rifiutato.
Francesco
Si ? lasciata, forse, vincere dalla diffidenza.
Ulrico
Non dalla diffidenza si ? lasciata vincere.
Francesco
Pi? che di te, di s? stessa ha diffidato. E non avrebbe dovuto! (A lei) Voi, Sonia, aspettate da me, dal vostro medico, la garanzia della vostra salute morale?... Io non esito a darvela. Voi siete guarita. Ed ? un prodigio: — un prodigio non mio. Io non ho fatto che alimentare qualche imprevedibile seme di virt? scorto improvvisamente in voi come nel fondo sconvolto di una piccola bolgia. La guarigione ? cos? perfetta che avete potuto resistere all'uomo che pi? vi ha desiderata e perfino mutare il suo desiderio... in amore. Egli vi ha promesso di volervi bene. Non ha avuto il coraggio di pronunziare la parola divina. Quel che egli vi ha promesso ? pi? ampio e migliore. Vi ha promesso di amarvi! E voi, Sonia, lo amerete. Nel vostro corpo strappato agli artigli del vizio e del peccato, un'anima ? sorta. Quest'anima ? nuova, ed ? pura come quella di una adolescente. Dell'amore, dunque, si ? [195] dischiusa, nel centro del vostro essere, la pi? facile fonte. Il mio buon Ulrico non avr? che da ricercarla.
Sonia
(si ? contratta, schiva, ritrosa, con gli occhi bassi.)
Ulrico
(? stato, ed ?, intento a sorprenderne le sensazioni.)
(Una breve pausa.)
Francesco
(impassibile, calca, sul tavolino, un bottone della soneria elettrica.)
(Si ode, lievemente, il suono interno.)
Sonia
(ne ? tutta percorsa nei nervi.)
Ulrico
(nota quella specie di brivido.)
Suora Marta
(entra con sollecitudine) Qualche ordine per me, Direttore?
Francesco
Nessun ordine, Suora. Ho da farvi una comunicazione e da rivolgervi una preghiera. Sonia Zarowska ? congedata. Tra pochi minuti non sar? pi? nostra ospite.
Sonia
(ha una forte scossa interiore.)
Francesco
(proseguendo) Mi risulta in modo positivo che le sue condizioni psichiche sono tali che le sarebbe superfluo, se non dannoso, costringerla a prolungare la dimora in questo Ricovero. Intanto, mi ? impedito di trattenermi con lei per gli ultimi doveri dell'ospitalit?. Mi occorre disbrigare molto lavoro, e al pi? [197] presto. Voi, Suora, — e questa ? la preghiera che vi rivolgo — avrete la cortesia di sostituirmi, come frequentemente desidero. Le sarete accanto col vigile garbo che vi ? consueto se ella vorr? salutare le amiche che l'hanno cullata nella loro affezione e la sua cameretta dove per la prima volta ha conosciuto il riposo affrancato dall'insidia. Poi l'accompagnerete fino al cancello del giardino, e l? cederete a Ulrico Nargutta — il quale ne sar? felice — la vostra e la mia prosciolta responsabilit?.
Suora Marta
Sta benissimo.
Sonia
(si ? curvata nella schiena, simile a un giunco colpito dalla grandine. Il capo le pende in avanti. I suoi occhi, aperti e soffusi di cupezza, non hanno pi? battito di ciglia.)
Ulrico
(attraverso lo sconforto, non cessa un attimo di osservarla.)
Francesco
E voi, che avete, che avete, Sonia? Non deve n? attristarvi n? avvilirvi il commiato. Deve, invece, rendervi lieta, secura, orgogliosa. Su! Su! Alzate la testa! Alzate la testa con la pi? balda lietezza come per una resurrezione, e sia tutto ridente il vostro saluto!
Sonia
(rifugiandosi, a un tratto, presso la Suora) Suora Marta! Suora Marta! Voi siete la madre generosa di noi tutte e a lui, nella generosit?, siete sorella. Intercedete voi perch? non mi mandi via!
Ulrico
(tagliente) Spetta a me d'intercedere! E sar? una intercessione efficace.
Francesco
(impetuoso) A te spetta di tacere, e tacerai! (Indi a Lei) ? inconcepibile che confondiate i provvedimenti suggeritimi da ponderate considerazioni [199] con l'atto di un ostile congedo. Io mi sono proposto di ridonarvi il respiro d'una libert? completa per rafforzare in voi la consapevolezza delle vostre rapide conquiste, della vostra vittoria. Se ? per voi troppo nebuloso quel che vi dico, prover? di chiarirvelo.
Sonia
No, non darti pi? pena! Sar? di me quello che tu vuoi!... (La cupezza si risolve in lagrime dirotte.) Ti obbedir?.
Francesco
L'obbedienza non l'ho insegnata mai, e non mi piace. Io non ammetto di essere obbedito!
Suora Marta
Queste lagrime, Direttore, chiedono ancora aiuto!
Sonia
Ancora aiuto chiedono, ancora aiuto! La vostra bont?, Suora, lo intende, lo vede. Fate che lo veda la bont? di lui!
Ulrico
(si abbatte sopra una sedia.)
Francesco
(nonostante una recondita preoccupazione, accondiscende.) Voi sapete, Suora, che spesso mi ? di sollievo subordinare le mie decisioni al vostro discernimento. Voi mi consigliate di rinviare il congedo di Sonia Zarowska?
Suora Marta
Mi permetto di consigliarvelo.
Francesco
E sia. Conducetela nella sua camera, e ripetetele bene che rimarr?.
Sonia
(con un recrudescente effluvio di lagrime, si avvinchia a Suora Marta) Tenetemi stretta!... Non mi lasciate!
Suora Marta
(traendola dolcemente) Non vi lascio, no, figliuola mia!... E cessate di piangere come una bimba sperduta!... Rimarrete. Rimarrete. Il Direttore lo desidera. Non vi si mentisce. Rimarrete...
(Escono.)
Ulrico
(pronto, febbricitante, inquisitorio, imponente) E che pensi, adesso, di lei? Parlami, adesso! Che cos'?, a giudizio tuo, quello che in lei abbiamo insieme osservato?
Francesco
(vorrebbe distrigarsi dalla preoccupazione. Non ci riesce. — Finge una certa tranquillit?.) A me non ? parso di osservare nulla che modificasse l'opinione chiara che ti ho manifestata. Su per gi?, siamo l?. ?Le sue lagrime chiedono [202] ancora aiuto? ha intuito la Suora. E Sonia Zarowska ha confermato. Non significa, in sostanza, che continua a diffidare di s??...
Ulrico
(con un preciso gesto del braccio che accentua l'indicazione) L'aiuto, per lei, sei tu! Sempre tu sei! Sempre tu!
Francesco
Perdura il fenomeno cerebrale per cui non pu? scindere l'idea del soccorso dalla mia persona.
Ulrico
(ricordando con significativa acutezza le parole di Francesco) ? sorta un'anima in quel corpo strappato agli artigli del vizio e del peccato — e quell'anima ? tua! Ecco il segreto di ci? che accade in lei!
Francesco
(come aggredito) Ma quale assurdit? asserisci con codesta fatua pretesa di veggente miracoloso?!
Ulrico
Non ribellarti e non ti difendere! Nella mia asserzione non ? nemmeno l'ombra d'un sospetto che ti accusi. (Levandosi disperato) ? tua, solamente tua quell'anima nuova e pura — pura come se fosse di un'adolescente — , perch? tu l'hai fatta sorgere, perch? da te ne ha lei ricevuto il soffio e l'alimento. Ed io, io, che per lo sperpero quotidiano del suo corpo non provavo ribrezzo, non rancore, non dolore, non il pi? lieve morso della gelosia e anzi ne avevo un cinico compiacimento ributtante di cui mi vantavo, ora sono geloso della sua anima, che tu solo possiedi! ? una gelosia infinita che non c'? mezzo di placare o di sopire! E sembra una camicia di spine sottili dalle quali si sia ineluttabilmente penetrati fino al midollo!
Francesco
(ambascioso, esortante, fraterno) Ulrico! Ulrico!... Amico mio! Fratello mio!...
Ulrico
(gettandogli le braccia al collo, d? in una esplosione di pianto puerile.) Della sua anima sono geloso, io, e tu sai, tu sai che non c'? un tormento pi? crudele di questo!...
Francesco
Fratello mio!... Fratello mio!...
Sipario.
Il vestibolo.
Tra il vespero e la sera. — La lampada ? gi? accesa. Nel giardino va addensandosi la notte. Il lembo di cielo visibile, attraverso il vano, sulle chiome degli alberi, va, man mano, avvivandosi di qualche stella.
(Dall'interno della Casa di Salute si propaga, sommessa, la preghiera dell'Angelus cantata a coro dalle Ricoverate.)
Ulrico e Francesco
(sono seduti presso il tavolino, l'uno di faccia [206] all'altro: tutti e due curvi, oppressi, meditabondi nella acuita ascoltazione che li accomuna.)
La preghiera
(? l'ultima strofa:)
Ancora ancora serbaci, o Signore,
il tuo favore,
d'ogni bene, quaggi?, principio e via.
E cos? sia!
(La melopea si spegne, lasciando nell'aria un'ondulata scia di misticismo.)
(I due amici parlano in un tono di segretezza. Non ne sanno il perch?. Non se ne danno ragione.)
Ulrico
La sua voce, l'hai distinta?
Francesco
L'ho distinta, s?.
Ulrico
Anch'io l'ho distinta. E mi ha sorpreso che prettamente modulasse le note d'un canto ascetico [207] quella bocca che sino a qualche mese fa aveva modulate, con esperta lascivia, le note di una danza voluttuosa.
Francesco
Ed era tra tutte le voci la pi? carezzevole.
Ulrico
La pi? carezzevole e la pi? pacata, la pi? ferma.
Francesco
Verissimo.
Ulrico
Come spieghi la schietta serenit? di lei dopo le emozioni che oggi l'hanno squassata?
Francesco
Ella cantava pregando. E appunto il pregare contribuiva a rasserenarla.
Ulrico
? diventata cos? mistica, cos? religiosa da trovare la serenit? nella preghiera?!
Francesco
? diventata cristiana: — nell'altruismo, le sue aspirazioni; nella temenza di peccare, i suoi spasimi; nella preghiera, il conforto da cui le deriva la serenit?.
Ulrico
Converrai che c'? da intontire. Un'atea di quella risma!...
Francesco
Un'atea, no. Non una credente, ma nemmeno un'atea. L'ateismo ? un convincimento. Ed ? una forza, giacch? un convincimento ? sempre una forza. Ella non recava in s? nessuna forza, non c'era in lei che una psichica inferiorit?, una fiacchezza ignara che vagava e si smarriva nella sua ignoranza. Mi ? stato [209] agevole, per questo, fare di lei la pi? religiosa delle mie Ricoverate. L'ignoranza dei deboli ? un gran vuoto che aspetta d'essere riempito e che la religione pu? senza fatica riempire.
Ulrico
(ha la mente scompigliata ed esausta, il corpo vinto dalla rilassatezza.) Sar? stato come tu dici! Non discuto... Non ho la capacit? di discutere... Del resto, tutto ci? non ha pi? alcuna importanza! (Ostenta un gesto noncurante e risolutivo.) Quel che ? fatto ? fatto! Io ci metto sopra una croce, e la saluto con una voltata di schiena! (Si alza, piglia il cappello.)
Francesco
(impulsivamente) Cos'?? Te ne vai?... Te ne vuoi andare?
(Una pausa.)
Ulrico
(come un infermo abbattuto dalla infermit?) Mio caro Francesco, ti ho afflitto, vessato, tormentato [210] senza restrizioni. ? tempo che ti liberi. Tu, scusami, dimentica e non ti preoccupare pi? di me. Tant'?: sono quasi calmo. L'uragano ? dileguato. Lo ha disperso quel supremo pacificatore dei pi? gravi cataclismi dell'umanit? che ?... l'Ineluttabile!... La sola conseguenza che deploro di tutta questa faccenda ? che non sapr? come impiegare i logori avanzi della mia vita. Ci sarebbe da buttarli via... Ma... vedremo!... Si ha pure da attendere un po' l'impreveduto. Buona notte, Francesco!
Francesco
(alzandosi, rude, imperativo) Ulrico, io non ti permetter? d'allontanarti di qui sinch? ci sar? lei.
Ulrico
Non me lo permetterai, perch??
Francesco
Tu la rivedrai! Tu le riparlerai!
Ulrico
E a qual fine?
Francesco
Per indurla ad amarti, per indurla a seguirti. Non si vince senza combattere. Tu devi vincere!
Ulrico
Queste sono le frasi con cui s'incoraggiano gli eroi delle imprese balorde!
Francesco
Non ? mai una impresa balorda l'ostinarsi d'un innamorato nel proposito di farsi amare.
Ulrico
Tutto quello che potevo dirle per farmi amare, io glielo ho detto.
Francesco
Non le hai detto abbastanza. Non hai abbastanza insistito.
Ulrico
La sua indifferenza verso i miei sentimenti, [212] verso la mia persona, ?, oramai, insuperabile, e tu lo hai compreso come l'ho compreso io.
Francesco
Il colloquio di oggi ? stato troppo brusco, troppo subitaneo, troppo breve, troppo superficiale. Insistere insistere insistere con l'ardente pienezza della tua fiamma nuova! Presto o tardi, il grande amore suscita l'amore!
Ulrico
Non in una donna nella quale l'amore sia gi? sbocciato con la sua anima stessa!
Francesco
(muggendo sordamente) E d?gli! E d?gli!..
Ulrico
Contro di me ti adiri?!
Francesco
Sono tante scudisciate le tue obiezioni!
Ulrico
Le mie obiezioni rispecchiano, con esattezza, qualche cosa di cui il tuo acume di scienziato e la tua sensibilit? di uomo hanno ben c?lta una prova definitiva.
Francesco
(acceso, congestionato) Io mi strapperei il cervello per non pensare d'essere colui che te la toglie! Questo pensiero mi sconvolge, mi terrorizza!
Ulrico
Anche di pi? ti sconvolge e ti terrorizza, Francesco, il pensiero che presto o tardi il grande amore suscita l'amore, inquantoch? — se proprio credi che ci? sia — non puoi ritenerti inaccessibile a un tale fenomeno.
Francesco
(esaltato di terrore) La tua nefasta gelosia m'impone sempre di pi? l'incubo maligno che [214] sorge dall'attaccamento di quella donna! Ma io lo scaccer?! Lo scaccer? come si scaccia il profanatore d'un sacrario! E se non riuscirai tu a farti amare da lei, riuscir? io a farmene odiare! (Si domina. Aduna le idee.)
Ulrico
(inerte, flaccido) Be', non incollerirti di pi?. Sono a tua disposizione.
Francesco
Tu sarai ospite mio. E a cominciare da stasera avrai modo di ritentare. Dopo la preghiera dell'Angelus e il raccoglimento che segue, ? concessa alle Ricoverate una parentesi di emancipazione affinch? esse diano segni espliciti delle loro vicende mentali, dei loro progressi o dei loro regressi. Per Sonia Zarowska ? convenuto pi? specialmente che la Suora la mandi in giardino se l'aria sia mite. Ci? serve a provarle che merita d'essere trattata come una persona normale e a deviarla dalla tendenza che rivela per la clausura. Oltre di che, sotto il cielo stellato o al chiaro di luna, ella si abbevera [215] di poesia; e la poesia si tramuta, per lo spirito, in ossigeno di bellezza morale. Stasera l'aria ? mitissima. In giardino ella sar? tra pochi minuti. L?, la troverai in condizioni propizie ad ascoltarti. — E adesso vieni con me, buono e paziente. Non sarebbe opportuno che s?bito tu t'incontrassi con lei. Bisogna che, in giardino, rimanga un pezzo tutta sola. So quel che dico. Fatti guidare da me.
Ulrico
(con accasciata malinconia) Io il burattino, tu il burattinaio; ma siamo ambedue egualmente grotteschi e miserevoli!
Francesco
(mettendogli, fraterno, una mano sulla nuca) Vieni, vieni, Ulrico! E taci. Non pi? sfoghi amari e inutili! Vieni! (Lo conduce via, a destra.)
(Una strampalata vociferazione anima gradatamente l'atmosfera. Le voci di alcune Ricoverate, in diversi toni e accenti, si succedono e anche si mescolano, dissonanti:)
— Uno due tre quattro cinque...
— Tutti manigoldi! Tutti assassini!
— (una specie di ululato) A?uu! A?uu!
— Suora Marta, io sono muta!
— (risate.)
— Oh! che festa! che tempesta!
— (con altisonante slancio declamatorio:)
Non vuoi col brando uccidermi, e coi detti
Mi uccidi, intanto?
— Chi di noi ? la pi? bella?
— Io!
— Io!
— Io!
Una voce zelante
Andiamo nell'altra sala a chiassare! E sar? [217] bene chiudere la porta!... ? serata bisbetica. Se il Direttore ci sente!...
(La piccola gazzarra gaia e tragica si allontana.)
— Uno due tre quattro cinque sei...
— A?uu! A?uu!
— (declamazione:)
O morte, o morte,
Cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
Sempre sarai?
— Chi di noi ? la pi? savia?
(Risponde un mugolio corale, in sordina:)
— Sonia Sonia Sonia Sonia Sonia...
(Silenzio.)
(Comparisce Agnese nel giardino. — Indossa un abito semplice e scuro. Un semplice cappellino, che ha un po' la foggia d'una cuffia monacale, le incornicia la fronte senza alterare le linee del volto, perspicue come quelle d'un cammeo.)
Agnese
(indugia di l? dalla soglia. La febbrile premura che la sospinge ? contrastata da un sopravvenuto sgomento. Quando ella si decide a varcare la soglia, un leggero capogiro la squilibra e la costringe ad appoggiarsi a uno spigolo del vano.)
(Si avanza Sonia dalla porta a sinistra che si ? appena aperta e si ? richiusa.)
Sonia
(nel vedere Agnese, si sofferma con un vivo trasalimento.)
Agnese
(riavendosi, se la trova davanti, a molta distanza, in una strana intensa contemplazione, e, memore delle stranezze che fioriscono tra quelle mura, non si meraviglia.)
Sonia
(persiste nel guardarla, trasfigurandosi, e un [219] culminante moto interiore traspare dalla sua trasfigurazione.)
Agnese
(? attirata da quella persistenza, e, facendo qualche passo verso la giovane che le ? ignota, la interroga, rinnovando l'antica consuetudine di rivolgere la parola alle Ricoverate con affettuoso interessamento:) Chi siete voi, cara, che tanto mi guardate?
Sonia
Chi sono io?... Come dirtelo?... Sonia Zarowska mi chiamo, ma non sono pi? Sonia Zarowska.
Agnese
Ah, no?
Sonia
Sono tutta diversa, ora, dal mio nome.
Agnese
(le si accosta, correggendola, garbata, suasiva) Il nome non conta. Siete tutta diversa da quella che eravate.
Sonia
(compiacendosi di essere compresa) Da quella che ero, sono diversa.
Agnese
Una seconda esistenza?!
Sonia
Una seconda esistenza. Ne dubiti?
Agnese
Non ne dubito, cara! Non ne dubito. Alcune circostanze della nostra vita producono in noi profondi mutamenti. Dal bene al male, o dal male al bene. Nel caso vostro, io credo, dal male al bene.
Sonia
Ma non una circostanza della mia vita mi ha mutata. Mi ha mutata Lui. Solamente Lui.
Agnese
Arguisco che il vostro Lui sia l'uomo filantropico e sapiente che vi ha accolta in questo asilo per prendere cura di voi.
Sonia
S?, quello ? il mio Lui!
Agnese
E dunque?... Le azioni buone o cattive che riceviamo non sono appunto le circostanze che pi? influiscono su noi e pi? ci trasformano?... L'accoglienza da lui concessavi ? stata la circostanza che ha prodotto il vostro salutare mutamento.
Sonia
? giusto, ? giusto. Hai ragione. Tu parli [222] con sapienza: con la medesima sapienza che ha Lui. Io da ignorante parlo.
Agnese
E mi guardate!... Ancora mi guardate!?
Sonia
Non disdegnare che ti guardo!
Agnese
No, non disdegno. Perch? dovrei disdegnare?
Sonia
Sei cos? in alto!
Agnese
Troppo si affretta la vostra immaginazione a illudervi sulla mia persona! Io vivo nel pi? umile cantuccio della terra.
Sonia
(irradiandosi d'ammirazione) E non sei forse tu sua moglie?...
Agnese
(con un sobbalzo) Come lo avete indovinato che sono sua moglie?
Sonia
Non l'ho indovinato. Ti conosco.
Agnese
Non ci siamo incontrate mai prima di stasera.
Sonia
Ti conosco nel tuo ritratto, presso al quale egli lavora e studia, e ti conosco nella costante adorazione ch'egli ha per te.
Agnese
Ammetto, cara, che un mio ritratto veduto presso di lui vi abbia dato qualche indizio; ma che mi conosciate nella sua adorazione non ? che una fantasticheria cortese suggeritavi da un estro sibillino. Voi vi compiacete di fare la zingarella lusingatrice.
Sonia
Che egli ti adori, io lo so! io lo so!
Agnese
Non potete saperlo, mia buona creatura. Egli non pu? averlo palesato a voi.
Sonia
Io so di saperlo. Quella adorazione, segreta, mi ? entrata a poco a poco nel cuore insieme con la sua voce, con i suoi sguardi, col suo fiato, insieme con la sua tristezza. E, triste e sconsolata, quale egli, segretamente, la sentiva, quell'adorazione, segretamente, quasi mia diventava!
Agnese
(presa e attonita) Quasi vostra!?
Sonia
... Tu eri assente. Eri assente e non morta. Dove ti nascondevi?... Perch? ti nascondevi?... [225] Se fossi stata degna di ricondurti a lui, mi sarei data a cercarti, a cercarti, e dovunque ti avrei cercata. Ma ecco che, non cercata da nessuno, non ricondotta da nessuno, tu sei qui. Sei tornata, sei tornata quando pi? era provvidenziale che tu tornassi. Sei tornata per la tua volont? e per la tua fede, anche pi? fedele e pi? amorosa e pi? devota di come ti fa il tuo ritratto. Che tu sia benedetta!
Agnese
(ha l'impressione d'un incantesimo o d'un miracolo) Sonia Zarowska!... Insomma, chi siete, chi siete, voi? Chi siete realmente, ora, ?tutta diversa da quella che eravate??... E che cosa ? questa vostra generosa dolcezza, che mi si ? mossa incontro cos? bizzarra, cos? oltre le facolt? umane?
Sonia
(con uno scatto di cruccio allarmato) Ti sembro io una demente?
Agnese
(sollecita e tenerissima) Oh, no!... Una demente, no! Non ? mai demenza l'impulso di confortare, d'incoraggiare, di augurare. E i vostri occhi sono pieni di un pensiero sicuro e sagace, la vostra fronte ? rischiarata dalla pi? lucida ispirazione... (La trae a s?, e se la stringe al petto.) No, no, mia piccola grande amica misteriosa, voi non mi sembrate e non siete una demente!
Sonia
(rimpicciolendosi nell'abbraccio) Grazie! Grazie!... E non mi dimenticare, te ne prego! Non mi dimenticare!
(Irrompono Francesco e Ulrico — che si avviavano verso il vestibolo e, dalla stanza attigua, hanno scorto Agnese.)
Francesco
(vibrante di stupore) Tu qui, Agnese!
(Le due donne si staccano l'una dall'altra con simultanea rapidit?.)
Sonia
(come trasportata da una raffica, sparisce nella penombra del giardino.)
Francesco e Ulrico
(oltre che dell'arrivo di Agnese, sono stupiti di aver trovate le due donne unite in un amicale abbraccio.)
Agnese
(ansima, ammutolita da una emozione in cui annegano le sue forze.)
Francesco
... Non una lettera, non un telegramma che mi avvertisse del tuo arrivo! Non un cenno qualunque che me ne facesse intravvedere la probabilit?!... Un proposito repentino deve averti spinta a venire proprio all'improvviso.
Agnese
Un proposito non repentino, ma di cui repentinamente ho sentita improrogabile l'attuazione.
Francesco
E, invece di correre da me appena arrivata, ti trattenevi con una estranea?! In una cordialit? cos? confidenziale — per colmo di stranezza — che perfino l'abbracciavi!
Agnese
Quella estranea mi ? stata preziosa. Il pi? gentile, il pi? commovente esemplare dell'Incomprensibile!... Mi ? apparsa dinanzi estatica [229] quando io giungevo trepidante, scoraggiata. Il ricordo d'un mio ritratto e una specie d'intuito fatidico le hanno fatto s?bito riconoscere in me tua moglie. E, come un piccolo angelo protettore, mi ha misteriosamente circondata d'una infantile effusione nella quale sorrideva la fiducia di sollevare il mio spirito e di ricongiungerlo al tuo. Poi, si ? costernata sospettando di sembrarmi una demente, e io... l'abbracciavo per chetarla con un segno della mia tenerezza riconoscente.
Francesco
(accorgendosi che Ulrico ? rimasto l?, in disparte) Hai udito, Ulrico? Hai udito?
Ulrico
(si ravviva come per un raggio di sole baluginante nel buio) Ho udito, s?!
Francesco
(cui la presenza di Agnese costringe a velare di disinvoltura l'intenzione del richiamo) In [230] rapporto alle apprensioni che hai per Sonia Zarowska, questo episodio ha un significato speciale e rassicurante.
Ulrico
(elettrizzandosi, scoppiettando di giubilo mal represso) Difatti, modifica, anzi... capovolge l'aspetto delle cose! Si direbbe, presso a poco, che io mi sia sbagliato!... Santodio, che logogrifo ? il mondo!... Ma tu tralascia, tralascia di badare alle mie miserie. La signora Agnese ? venuta, lo sento, a riprendere il suo posto al tuo fianco, nel tuo cuore... Innumerevoli spiegazioni, mi figuro, dovrete scambiarvi... Io, nel frattempo, me ne star? in giardino... a cavare l'oroscopo dal firmamento, e chi sa!... chi sa!... (Ride nervoso, ma senza amarezza:) Eh eh eh eh!... Giornata memorabile, questa, signora Agnese! Memorabile, dal principio alla fine! Eh eh eh eh!... (Esce dal fondo.)
(Agnese e Francesco si dispongono, agitati, perplessi e pur contenuti, all'imminente colloquio.)
Francesco
Anzitutto, entra. (Indica la porta a destra.) Io non ti consento di rimanere sul limite della casa dove hai il diritto d'entrare, dove ho il dovere di farti entrare.
Agnese
Entrer?, Francesco, ma non s?bito. Prima che ci riuniscano — come sar? inevitabile — i nostri diritti e i nostri doveri nella casa comune, bisogna che stiano l'una di fronte all'altra, in un'ora che escluda appunto i vincoli dei doveri e dei diritti, due sincerit? indipendenti e complete.
Francesco
La sincerit? mia ha sempre aspettata la tua. E l'aspetta pi? che mai!
Agnese
(si smarrisce nella difficolt? di cominciare a esprimersi. Siede.) Purtroppo, non sapr? dire. Non trover? le parole adeguate alla decisione di dirti tutto ci? che esigo sia da te approfondito. ? un groviglio di sentimenti, di sensazioni e di idee inestricabile, inesprimibile.
Francesco
Non sono infrequenti i casi in cui non dicono abbastanza le parole. Ma io intender? pi? che esse non diranno se tu hai la ferma volont? ch'io intenda. (Le siede dirimpetto, presso il tavolino.) F?dati, Agnese!
Agnese
... Quale errore, quale errore nella mia fuga! Quale errore nel credere che allontanandomi da te mi sarei liberata dai dubb? tortuosi e dalle indagini prepotenti che la tua esaltazione m'infliggeva!... Quei dubb? e quelle indagini mi raggiunsero, mi perseguitarono, mi dominarono, mi avvolsero: divennero come una [233] rete di acciaio in cui la mia anima fosse rimasta impigliata! Non erano pi? nelle tue interrogazioni, nei tuoi occhi, nei tuoi silenzi, ed erano — ahim?, peggio! — in ogni attimo del mio pensiero. Io medesima dubitavo. Io medesima indagavo.
Francesco
(autoritario) Dovevi indagare!
Agnese
Non lo dovevo, Francesco, perch? saldamente ricordavo che la mia fedelt? era stata cos? intrinseca ai miei istinti femminili da poter fronteggiare imperterrita le insidie delle pi? abili seduzioni, l'assalto dei fascini pi? possenti. E ricordavo di pi?. Ricordavo... che, nonostante le torture che preparavano il nostro distacco, in una ultima parentesi di ardore, io ti avevo tenuto tra le braccia con l'identica dedizione limpida del mio primo abbandono di sposa!... Ma tu mi avevi comunicato il sospetto che l'infedelt? spunti talvolta fuori dei confini nei quali la considera l'umanit? semplice [234] alla quale io appartengo; mi avevi comunicata la febbre di scoprire il seme d'una infedelt? mia fuori delle vie che menano al peccato...
Francesco
(interrompendo) Sono vie che restano ignote a una donna come te.
Agnese
E a furia d'indagare e di dubitare, nella solitudine che contribuiva a farmi cedere alla ossessione, a farmi astrarre dalla prova tangibile della mia innocenza, a cacciarmi in una atmosfera fantastica, simile a quella in cui ho veduto vivere qui tante disgraziate che tu soccorri, io finii con l'accusarmi.
Francesco
(divampando) Di che ti accusasti?... Parla! Di che ti accusasti?...
Agnese
Mi accusai d'una profonda inquietudine per [235] la morte d'un uomo che disperatamente l'aveva voluta.
Francesco
(battendo un pugno sul tavolino) Paolo Gemmi!
Agnese
(ribadisce) Paolo Gemmi.
Francesco
(livido — dilatando le pupille, e in un tono di rapace circospezione) Paolo Gemmi ti amava?
Agnese
(con mitezza) S?, mi amava.
Francesco
Da lui lo apprendesti?!
Agnese
Lo appresi da lui, attraverso la maschera che egli s'imponeva. Nessun uomo che molto [236] ami una donna da cui non sar? mai amato riesce a dissimularle il solitario amore che lo strugge.
Francesco
Tu sospettasti che per questo suo amore egli si fosse ucciso?!
Agnese
Lo sospettai, e mi fu confermato dal padre, che ne aveva raccolto l'estremo respiro.
Francesco
(attanagliandola) Perch? lo interrogasti?
Agnese
Io non lo interrogai, ma le sue lagrime di padre mi vollero consapevole.
Francesco
(col fremito irruente d'una imprecazione) Ti vollero consapevole e t'incatenarono immediatamente all'amore del martire!
Agnese
No, Francesco! Nulla di quanto accadeva in me somigliava alla rievocazione dell'innamorato sparito. Nulla somigliava a un rimorso, a un pentimento, a un rimpianto profferto alla sua memoria. E perci?, anche sotto il martello della tua inquisizione, la mia coscienza permaneva immobile, altera, integra, estranea al lutto inquieto che serbavo. Solamente pi? tardi, ti ripeto, solamente pi? tardi io potetti accusarmi! Solamente pi? tardi, nel mondo irreale, nel mondo della follia che la coscienza mi aveva offuscata lontano da te, lontano dal nido della mia realt?, questo lutto mi parve quasi colpevole! E cominciai da allora a martoriarmi per il martirio di lui, cominciai a compassionare la disperazione che lo aveva travolto, cominciai a trovarmelo dinanzi, in una larva desolata e sommessamente loquace, e le mie stanche veglie e i miei brevi sonni malati si riempivano di panico, di tremore, di lotte...
Francesco
(con l'aspetto e con l'accento di chi subisca i [238] colpi reiterati d'un ferro aguzzo) Ah!... chi mi dar? la forza di resistere a queste fitte atroci?!
Agnese
(mutando) Se ? vero che ti ? possibile intendere pi? che le mie parole non dicano, queste fitte saranno cessate fra qualche istante. Cerca di intendere, Francesco, affinch? ti sia dato di voltare le spalle a questi fatti che sono cos? effimeri, cos? trascurabili al paragone di quello, solenne, che sto per rivelarti. Il voto, che durante tre anni di unione avevamo nascosto, fervido e pertinace, in una tacita attesa, si era virtualmente compiuto, come per un decreto ammonitore venuto dall'alto proprio alla vigilia della nostra separazione.
Francesco
(in un confuso sbalordimento) Ma che mi racconti, adesso?!
Agnese
Le lotte contro la povera larva del suicida, [239] contro la piet? che ne avevo, contro il suo amore susurrato dalla voce sinistra della morte... furono presto e improvvisamente troncate dalla letizia di un giorno che mi parve il pi? luminoso della mia vita!
Francesco
Tu eri madre?!
Agnese
N'ebbi quel giorno la certezza.
Francesco
(con una incipiente esultanza, mescolata al suo travaglio) Agnese!...
Agnese
Cerca di intendere! Cerca di intendere!... Ero madre per te, per te, e dalle viscere materne si diffondeva in tutto il mio essere l'energia sana e trionfante della fedelt? perfetta che l'allucinazione aveva per poco turbata!
Francesco
S?, questo io lo intendo, lo intendo...
Agnese
Ebbene, il tuo cuore non mi si riavvicina ancora? Non ancora, non ancora mi promette la pace che merito?
Francesco
Sono in un vortice, Agnese!... Troppe emozioni in una volta!... Ti chiedo in grazia una sosta!...
Agnese
Una sosta, no!... Ho lungamente tardato a recarti l'annunzio in cui tanto speravo, perch? lungamente ho temuto di perdere le mie speranze facendoti l'astrusa confessione che Dio mi aveva comandata. Ma poi, a un tratto, sono corsa a rischiare queste speranze presa da una avidit? subitanea e sfrenata di vedere la mia sorte, di vedere il mio avvenire, del quale tu [241] sei l'arbitro. E, giacch? hai udito la confessione e l'annunzio, io ti chiedo impaziente che parli la sincerit? tua come ha parlato la mia. Mi assicuri tu che presso la culla della nostra creatura torneranno a congiungerci tutte le ragioni sublimi che un tempo ci congiunsero?
Francesco
(dilaniandosi, prorompe in un doloroso furore) Io vorrei almeno tacere e non me lo concedi!... Vorrei tacere! Vorrei tacere!... Quel morto mi rende implacabile col suo amore sovrumano ed eterno!
Agnese
(sorge in piedi irata e fiera. Indi, la fierezza e l'ira svaniscono in uno sconforto muto.)
(Un silenzio.)
Francesco
(umiliato, balbetta:) So di offendere l'eroismo della tua confessione degna d'una santa. So di calpestare il dono che la tua virt? mi ha portato. [242] (China la fronte con l'umilt? d'un peccatore cosciente davanti ad un altare.) So... di essere abominevole!
(Sonia sguscia di tra gli alberi del giardino; e, nelle pieghe della foschia, resta a origliare. — Ulrico, non visto da lei, la segue, sorvegliandola.)
Agnese
...
(assorta nella sua disillusione, lentamente scandisce:) Sicch?: questa la mia sorte, questo il mio avvenire! Accanto a te, senza di te!... Mi rassegner?. (Scrolla il capo triste.) Ed ecco: entro nella casa ?dove ho il diritto di entrare, dove hai il dovere di farmi entrare?. (Esce a destra — ammantata di dignitosa tristezza.)
Francesco
(? tuttora seduto, concentrato nella umiliazione, il mento sul petto, lo sguardo a terra.)
Ulrico
(acquattandosi, sparisce dietro il fogliame.)
Sonia
(si avanza piano, insicura dei suoi passi, con nella fisonomia una incisa espressione di compatimento soccorrevole. Vicino a lui, s'inginocchia, unendo palma a palma, in un gesto supplice.)
Francesco
(ne ha un urto e un brivido. Si rizza, scostandosi.) Che fate voi in codesto atteggiamento?!
Sonia
Imploro!
Francesco
Implorate che cosa?
Sonia
Nulla per me.
Francesco
E allora nulla avete da implorare!
Sonia
Non l'hai vista infelice? E non sei tu anche pi? infelice di lei?... Da te imploro ci? che ella ha certamente implorato.
Francesco
Smettete! Alzatevi!
Sonia
(obbediente, si alza.)
Francesco
E ritiratevi! Mi date molestia!... D'altronde, ? l'ora del riposo. Gi? forse riposano le vostre compagne. Mi spiacerebbe che Suora Marta si incomodasse a cercare di voi. E badate: mai pi? implorazioni indiscrete come quella che avete osato di rivolgermi! Tra mia moglie e me, voi non siete nessuna!
Sonia
Non giudicarmi troppo male! Ascoltami!
Francesco
Non c'? bisogno ch'io vi ascolti. Ritiratevi, Sonia! Vi ordino di ritirarvi!
Sonia
Ascoltami! Ascoltami! (Tutta palpiti nella insistenza)... Tu mi hai congedata oggi, dicendomi che ero guarita. Non mi pareva che fosse vero, e t'ho pregato di farmi restare. Ma stasera mi pare vero. Mi accorgo che ? vero. Mi [246] sento veramente guarita. E sono pronta a lasciarti. Me ne andr?. Me ne andr? domattina all'alba. E anche s?bito potrei andarmene. Per questo, vedi, per questo mi abbrucia il desiderio di saperti incamminato, insieme con lei, verso la gioia, verso la felicit?. Se io ne avessi la sicurezza, il mio cuore sarebbe docile e forte, e ti saluterei tranquilla, senza piangere, senza soffrire...
Francesco
(pervaso dalla soavit? ch'ella emana, se ne difende, e reagisce con brutale asprezza.) Basta, Sonia! Basta! Basta! Non voglio commuovermi per le vostre ansie inopportune! Non voglio, non voglio pi? udire il suono della vostra voce!
Sonia
Perch? mi tratti cos??... Perch? mi disprezzi tanto?...
(Un intervallo — doloroso.)
Francesco
(arrendendosi) Non vi disprezzo. Vi giuro che non vi disprezzo!... Avrei respinta l'inframmettenza d'una sorella come ho respinta la vostra. Io eccedo nel manifestare i miei ritegni, la mia intolleranza. Le parole che mi vengono alle labbra sono convulse, inconsulte, ingiuste. Me ne rammarico. Me ne pento. E, poich? l'affetto che nudrite per me v'impedirebbe di lasciarmi con tranquillit? prima di sapermi conciliato con le speranze legittime che hanno qui ricondotto mia moglie, mi piego a rendervi conto di ci? che, in ogni caso, non potrebbe riguardarvi. Vi garantisco, dunque, che, da questo momento, io mi dedicher? a rinsaldare la mia convivenza con lei. Vi garantisco che la nostra felicit? coniugale sar?, comunque, ricostruita. Da voi stessa mi ? stato mostrato... che m'incalza la necessit? di riaggrapparmi, per la mia salvezza, all'unica donna che io debba amare e che abbia il diritto di amarmi!..... Come vedete, dopo che mi avete tante volte immeritamente circondato della vostra riconoscenza, siete voi che meritate la riconoscenza mia...
[248] (La commozione sta per vincerlo.) E adesso, una stretta di mano, e addio!
Sonia
(ebra di sacrificio — in ambo le mani chiude quella che egli le ha stesa.) Addio!
Francesco
(fisandola con gli occhi gonfi di lagrime) Senza piangere...
Sonia
(fisandolo con gli occhi morenti di ebbrezza e di angoscia) Senza piangere.
Francesco
Senza soffrire...
Sonia
Senza soffrire.
(Tutti e due tremano. I loro pallidi volti si avvicinano l'uno all'altro.)
Francesco
Povera Sonia!... (Ma, ghermito da un fulmineo raccapriccio, si stacca da lei.) No! No! Che orrore!... Via! Via! Via!... Via! (Fugge a destra, guatando indietro.)
Sonia
(rimane un istante stecchita. Nelle orbite enormi e cupe, le pupille sono come cristallizzate e il bulbo biancheggia d'un biancore gelido. Indi, ella, i piedi attaccati al suolo, si agita dalla cintola in su, boccheggiando, annaspando e sforzandosi di chiamare, col fiato monco:) Ulrico!... Ulrico!...
Ulrico
(? gi? comparso nel fondo, trascinandosi a stenti. — Sembra un uomo crivellato di ferite, — Egli risponde roco, terribile, sibilante, disperato:) Non mi chiamare, Sonia! Conosco lo strazio che ti soffoca! Ti ho spiata. ? uno [250] strazio che a me non chiede che di essere maledetto!
Sonia
Riprendimi! Riprendimi! Puoi riprendermi, ora!... Finalmente, mi ritrovi com'ero!
Ulrico
(nella rapina d'una fiamma frenetica, piomba su lei, l'afferra, la gualcisce, la storce, gridando:) Non cos?, non cos? ti volevo!... ? la pi? scellerata delle tue crudelt? questa offerta nefanda!
Sonia
(mormora:) Non sono mai stata crudele.
Ulrico
(seguitando a gualcirla, a storcerla, a inveire) Nessuno commette maggiori crudelt? di chi non si sente crudele!
Sonia
(come una moribonda) Puniscimi... Puniscimi...
Ulrico
(in uno scroscio di pianto che straripa da tutta la sua persona e che ha qualche cosa di selvaggio) Con la mia fine ti punir? — vedrai! — dandoti il rimorso che ti spetta!
(Si spalanca la porta a sinistra.)
Suora Marta
Maria Vergine! Che ? questo?!
Ulrico
Venite, venite, Suora Marta! Sorreggetela voi! (Getta tra le braccia amorevoli della Suora il corpo sgretolato di Sonia.) E, soprattutto, sorreggetene l'anima trafitta! Io, vado, invece, a perdere la mia! (Esce a precipizio.)
Suora Marta
Sonia! Sonia!... (Tenendola, incuorandola) [252] Mia buona Sonia! Mia buona figliuola!... Preghiamo il Signore!... Preghiamolo insieme!...
Sonia
(cadendo in deliquio) No, Suora Marta! Non so pi? pregare...
Sipario.
FINE.
Avvertenza. — Nella pagina seguente, le note della preghiera corale delle Ricoverate.
CORO: Ancora ancora serbaci o Signore il tuo favore d'ogni bene quaggi?.... principio e via. E cos? sia. E cos? sia.
[Ascolta]
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Opere di ROBERTO BRACCO
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TEATRO:
Volume I. — 4? EDIZ. RIVEDUTA, in-16, pagg. 372.
Non fare ad altri... Commedia in un atto. — Lui, lei, lui. Commedia in un atto. — Un'avventura di viaggio. Commedia in un atto. — Una donna. Dramma in quattro atti. — Le disilluse. Fiaba in un atto. — Dopo il veglione. Scenette.
Volume II. — 4? EDIZ. RIVEDUTA, in-16, pagg. 364.
Maschere. Dramma in un atto. — Infedele. Commedia in tre atti. — Il Trionfo. Dramma in quattro atti.
Volume III. — 4? EDIZ. RIVEDUTA, in-16, pagg. 385.
Don Pietro Caruso. Dramma in un atto. — La fine dell'Amore. Satira in quattro atti. — Fiori d'arancio. Idillio in un atto. — Tragedie dell'Anima. Dramma in tre atti.
Volume IV. — 3? EDIZ. RIVEDUTA, in-16, pagg. 372.
Il diritto di vivere. Dramma in tre atti. — Uno degli onesti. Commedia in un atto. — Sperduti nel buio. Dramma in tre atti.
Volume V. — 3? ediz. riveduta, in-16, pagg. 387.
Maternit?. Dramma in quattro atti. — Il frutto acerbo. Commedia in tre atti.
Volume VI. — 3? ediz. riveduta, in-16, pagg. 290.
La piccola fonte. Dramma in quattro atti. — Fotografia senza.... Scherzetto. — Notte di neve. Dramma in un atto. — La chiacchierina. Monologo.
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Il piccolo Santo. Dramma in cinque atti. — Ad armi corte. Commedia in un atto.
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L'internazionale. Commedia in un atto. — L'amante lontano. Dramma in tre atti. — Ll'uocchie cunzacrate. Dramma napoletano in un atto. — La culla. Dramma in un atto.
I PAZZI. Con un preambolo dell'Autore.
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Vecchi versetti. — Con prefazione dell'Autore, note dell'editore e glossario.
NOVELLE:
SMORFIE GAIE E SMORFIE TRISTI
Volume 1? SMORFIE TRISTI. Un volume in-16, pagg. 334.
?2? SMORFIE GAIE. Un volume in-16, pagg. 304.
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Prezzo del presente volume: Lire NOVE.
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, cos? come le grafie alternative (dubbi/dubb?/dubbii, vizi/viz?/vizii e simili), correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. Sono stati corretti i seguenti refusi (tra parentesi il testo originale):
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It exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from people in all walks of life. Volunteers and financial support to provide volunteers with the assistance they need, are critical to reaching Project Gutenberg-tm's goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will remain freely available for generations to come. In 2001, the Project Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure and permanent future for Project Gutenberg-tm and future generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 and the Foundation web page at http://www.pglaf.org. Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit 501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification number is 64-6221541. Its 501(c)(3) letter is posted at http://pglaf.org/fundraising. Contributions to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by U.S. federal laws and your state's laws. The Foundation's principal office is located at 4557 Melan Dr. S. Fairbanks, AK, 99712., but its volunteers and employees are scattered throughout numerous locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887, email business@pglaf.org. Email contact links and up to date contact information can be found at the Foundation's web site and official page at http://pglaf.org For additional contact information: Dr. Gregory B. Newby Chief Executive and Director gbnewby@pglaf.org Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide spread public support and donations to carry out its mission of increasing the number of public domain and licensed works that can be freely distributed in machine readable form accessible by the widest array of equipment including outdated equipment. Many small donations ($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt status with the IRS. The Foundation is committed to complying with the laws regulating charities and charitable donations in all 50 states of the United States. Compliance requirements are not uniform and it takes a considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up with these requirements. We do not solicit donations in locations where we have not received written confirmation of compliance. 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Hart is the originator of the Project Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be freely shared with anyone. For thirty years, he produced and distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of volunteer support. Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed editions, all of which are confirmed as Public Domain in the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper edition. Most people start at our Web site which has the main PG search facility: http://www.gutenberg.org This Web site includes information about Project Gutenberg-tm, including how to make donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks.Static Wikipedia 2008 (no images)