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Anonimo Storia di Stefano figliuolo di un imperatore romano Libro dei sette savi di Roma

Anonimo

 

Storia di Stefano

figliuolo d'un Imperatore di Roma

 

Versione in ottava rima

del libro dei sette savi

 

 

 

Questo libro trata di Stefano,

fiolo de uno inperador di Roma;

el qual trata de beli amaistramenti.

 

 

 

CANTO XXII

 

 

1.

Charaus in pi? levono alora,

dizendo: ?Tu sai che Cartazenesi

con Romani gueriz? dentro e de fuora.

Voliendo una fiata queli cortexi

prendere guera con Romani senza dimora,                       5

insenbre se conseliava con suo avixi;

e chi de s?, e chi de no fra loro dizia:

determinato fo mandarli una anbasaria.

 

2.

E per vedere se romani ieravi savi e doti,

mandoli una anbasaria ala mutescha [1];                           10

uno homo di suo alese [2],molto di achorti,

a lui comand?, che a zo non trescha [3],

che la sua anbasata con ati iena porti [4],

e che con lengua non parla parola frescha.

Romani, avendo a zo saputo el modo,                                15

fra loro dizeva: - Come averemo lodo [5]?

 

3.

Respondere non saveremo alo anbasatore,

perch? lo muto zi? [non] se puol intendere.

E in tra loro aveva gran dolore,

non sapendo come a zo se puol difendere.                          20

Lo anbasatore a Roma zonse alore,

e con sua loquela dise e f? conprendere

che la anbasata sua nelo suo gran consilio [6],

in quelo volea fare con ardito zilio.

 

4.

Alora li Romani prexe el partito,                                                 25

adun? lo suo conselio quivi mazore,

dove ogni gran romano dentro fo stabelito,

e tuti se asent?, grandi e menore.

Lo anbasatore qui vene molto ardito,

mont? in renga [7] quel grande signore;                             30

hora sapiati che questo a tenpo fue

dapoi che incharn? misiere Jesue.

 

5.

Montato in renga l?anbasatore achorto,

e dreto stando, e poi ebe spudato,

guardose atorno, prendendo conforto:                                35

o, quanto a lui di Roma piaque lo stato!

Li ochi voltava con ato molto scorto,

e da poi che un pezeto e? fo cus? stato,

un deto alz? dela sua destra mano,

li altri strense, e lo pugno ser?no.                                         40

 

6.

E a tal modo dimor? un pezeto,

col deto alzato, sopra la rengiera,

e con la lengua non dise alguno deto;

e stato arquanto in cotal maniera,

zoxo dismont?, e asentose neto                                             45

suxo un bancho ch?apreso quela iera,

aspetando dal senato aver resposta

dela mutescha anbasata, e farli proposta.

 

7.

Quando el senato vide costui in renga

stare con ato tanto ardito e fiero,                                          50

poi lo vide spudare, e non si fenga [8],

dizeva: Costui parler? maniero [9],

di parlare non retigner? la lengua.

Ma poi, vedendo lo deto alzar leziero,

dizeva: Aim?! chi sar? s? saputo [10]                                    55

che a costui abia responduto?

 

8.

E l? uno l? altro fisso si reguardava;

alguni pian dizea: ? Che vuole dire? ?

E i altri a queli presto s? parlava:

Dizetemelo vui, o charo sire.                                                 60

In grande amirazione tuti stava.

Hora udirete come ebe a seguire.

Era in quel conseio un roman rico e mato [11];

asentato lo anbasator, in pi? fo levato.

 

9.

Lev? [12] sto mato molto furioxo,                                                 65

perch? l?avea conprexo nelo so conzepto

che costui li volese cavare un ochio inniquitoxo,

per lo alzare che l?aveva fato del deto.

Lo conselio, vedendo sto mato doloroxo,

fra loro tuti dizeva in questo efeto:                                        70

Noi vera mente saremo vergognati,

per questo mato tuti vituperati.

 

10.

Non era modo da chazarlo via,

perch? in quelo luocho molto reposati

loro veramente si staxia.                                                         75

Lo mato romano alora con suo ati

zerto dela aparisenzia lui avia,

e ben vestito era neli suo fati.

In una renga stava per mezo l?anbasatore;

l?uno l?altro se vedeva a gran honore.                                    80

 

11.

Stava quelo romano con bon ato

sopra dela rengiera un pezeto,

e con bona maniera la testa ? inchinato

alo senato, e nula non ave deto:

per questo modo ognon ? salutato:                                       85

tuti lo guardava con ato perfeto.

Dizeva lo romano secreto fra lui:

Un ochio al tuto me vol cavar costui

 

12.

e io tuti duo a lui chaverone.

E contal pensiero alz? duo dita                                             90

dela sua mano, e lo pugno s? serone,

tenendo le do dete alte dela man drita;

e in tal modo arquanto dimorone;

poi se asent? la persona ardita.

Lo anbasator non cognosia costui,                                        95

ma sastifato se artegnia [13] da lui.

 

13.

Dizeva lo consilio: El va ben el fato;

costui matieria [14] non [?] fato al prexente,

e ali dato resposta ato per ato.

Quelo li se voia dire, nesun non sa niente.                            100

Lo anbasatore s? fo rimontato

sula uxata renga incontinente,

e sopra da quela un poco dimorando,

poi tre dede dela man and? alzando,

 

14.

fazando a tuti le tre dete vedere                                                    105

al moda uxato; e poi dismontava;

al suo primo loco se ebeno a sedere.

Lo mato romano presto inmaginava:

Li mei duo ochi m? voi tu traere?

e del terzo dedo nel vixo mi dava!                                         110

O lasa far a me, ch?io far? la vendeta!

Nel suo conzeto pensava sta paroleta.

 

15.

E pensato questo, non feze dimoraxone,

lev? in piedi e in renga montava;

tuti lo guardava con amirazione:                                          115

Che far? mo costui? tuti non si pensava

quelo che fare lui si debia, mone.

Lo mato romano alora tuti guardava

con ato riposato et asai modesto:

lo capo a tuti inchin? manifesto.                                            120

 

16.

Alz? dela dreta mano lo deto dimostrativo,

lo quale al dedo groso arente stano;

e fato questo, ad alzar lo segondo non fo privo,

zo? lo dello longo di mezo, tostano [15].

E fato questo, questo homo ativo                                           125

alz? lo terzo dedo de sua mano,

zo? quelo che son arente el meneelo [16];

e questi tre tegnia alzati lo baron belo.

 

17.

E fato questo, in un medemo ponto

ser? la mano e lo pugno ?no alzato,                                      130

e ?l brazo con lo pugno che ? conzonto,

a tuti aperta mente ?o mostrato.

Dizeva costui nel suo pensiero pronto:

Intranbi li hochi te aver? cavato

con li duo deda, o col terzo nela fronte                                  135

ti ferir? con le mie volie pronte.

 

18.

E poi del pugno anchora feriroti

innelo mostazo con tale ruina,

che pui non me manazerai, e daroti

a questo modo tale desiplina.                                                  140

E poi lo romano desmont? aloti

con ato modesto, la persona fina,

e al suo uxato luocho se axentava.

Tuto lo senato di zo mormorava.

 

19.

Alguni dizeva: ? Che vuol dir costui? ?                                          145

Altri responde: ? Se a me lo dirai,

a te poi lo potr? dire ?, dizeva lui.

Altri dizeva: ? Questo e? non pensai;

lo mato ? pi? savio de tuti nui,

che cosa el fa ch? altri far non saprai.                                      150

Zerto costui ? homo molto saputo,

quantonque che fra noi non sia tenuto [17].

 

20.

Non vedete vui lo suo atto modesto

che costui fa quando in renga stano?

E lo anbasatore, ch? ? homo alpesto                                        155

? pi? sienzia l? ? cha homo umano ?

par sastifato da lui, l?omo teresto [18]. ?

Zascun dizeva: ‒ Lo fato ben vano [19].

Hor tazi mo, e stiamo a vedere

quelo che seguira, se a voi ? in calere.                                    160

 

21.

Lo anbasatore se feze gran meravelia

dela resposta che con ati li ? sta mostrato,

e in fra de lui, con la basa zilia [20],

dize: ‒ Costoro ? molto savi, ha parlato.

Poi in renga mont?, e si besblila [21]:                                      165

‒ A voi dicho, lustrissimo senato,

che zerto son sastifato dela resposta

che con ati e? azo abuta tosta tosta [22].

 

22.

El dedo solo, che in prima alzai,

significha Dio padre nostro eterno:                                         170

lo vostro romano do deda me mostrai,

che significa el padre e ?l fio superno.

E poi tre deda mostri in questi l? ?i,

che significa el spirito santo e so governo;

padre, e fiolo, e spirito santo                                                    175

con le mie tre dede ve dimostrai tanto.

 

23.

E quel signore, ch? ? tanto saputo,

le tre deda prima me and? mostrando,

e poi lo pugno lui astrense tuto,

? un solo Dio h?, ? a me narando,                                          180

come h? la verit?, e chus? azo tegnuto:

e sastifato e? son del mio adimando.

Stative con Dio. ‒ E del senato partia,

e tanto and?, che a Cartazene vennia,

 

24.

dizendo: Signori, lasiamo di far guera                                           185

ali Romani, perch? li ? gran sienzia;

lo secreto de altrui presto li afera;

che faria a quelo che veder? la so clemenzia?

Zerto con loro da matina n? da sera

guadagnare non poremo; anzi, violenzia                               190

noi da loro, s?, dicho, rezeveremo,

s? che di fare guera noi laseremo.

 

25.

E loro, aldendo cotale resposta,

deliber? de non fare pui guera

ali Romani, per l? alta proposta,                                               195

che ala mutescha i anemi so afera. ?

Charaus poi alo inperador s? acosta,

dizendo: ? O inperador, con alta ziera,

lo tuo fiolo senza parlare ? scapolato

di tanto pericolo quanto lui ? stato.                                         200

 

26.

Echo lo tuo fiolo ch?? venuto prexente,

el qual ti po parlar senza inpazo [23]. ‒

Charaus asentose poi inmantinente;

Stefano al pare vene come sazo [24],

e salutolo molto riverente,                                                       205

mostrando al padre lo suo alto visazo,

con sua loquela molto umele e piana;

lo padre ad abrazar lo fiolo se condana [25].

 

27.

Quando l? ald? lo suo fiol parlare,

pui contento mai non fo ala so vita;                                        210

saziar non si poteva de lui abrazare.

Stefano poi parl? con sua ziera ardita,

dizendo: Per la Dio grazia e? ? abuto a scapolare

dala morte, che quela femina me invita,

per la vert? de Dio e di mie maistri;                                       215

ora ve dir? deli suo ati tristi.

 

28.

Contra raxone m??no quela incolpato;

o charo padre, aldi lo mio dire.

Quando fuora dela zanbra fosti andato,

voleva che con lei e? zise a dormire;                                        220

e io a nesun modo ne vulsi eser andato;

e lei se mese a cridare con lo so martire.

Ma lei me aveva a tal modo afaturato,

che pericolo portava se avese parlato.

 

29.

E voi, caro padre, cotante fiate                                                       225

m? aveti sentenziato ala morte

con vostre sentenzie, per le male derate

de una ria femina, a tal sorte,

la qual voleva, ora me intendiate,

che con lei uxase, ronpendo forte                                            230

lo vincolo paterno, padre mio,

non avendo lei temanza de Dio.

 

30.

Vedendo lei con sua focoxa voglia

ch? io non volea seguir lo so apetito [26],

zerch? con te che me donasi dolia [27];                                   235

e voi fato m? aveti mal invito.

Questi filosofi, che lo vizio si spolia,

m? ? scapolato per lo loro partito;

ma guardate, pare, ch? el non avegna

a voi come a un marcadante avene poi,                                 240

 

31.

ch? avea uno suo fiolo molto saputo.

Dise l? inperador: ? Ho charo filio,

come a quelo marcadante fo devenuto?

Hora me lo conta con lo tuo artilio. ?

Respoxe Stefano: ‒ Pare mio, al tuto                                      245

contar vi volio di quelo nobele zilio. ‒

E a parlare lo fiolo ?no comenzato.

Al vostro honor questo canto ? rimato.

 

Note

___________________________________

 

[1] alla mutescha: con l'ambasciatore che si sarebbe espresso a gesti

[2] di suo alese: di sua scelta ( v. san Brandan veneto: san Brandan de tuta la so congregazion si alese VII frari )

[3] che a zo non trescha, per evitare intrighi

[4] che la sua anbasata con ati iena porti: che portasse loro la sua ambasciata solo con atti

[5] lodo: per estensione: accordo: come potremo capirci e raggiungere un accordo?

[6] che lui voleva fare la sua ambasciata, con ardito coraggio nel loro senato (gran Consilio)

[7] renga: balconata da cui parlavano gli oratori (pulpito)

[8] e non si fenga: e non finge, simula un discorso coi suoi atti

[9] maniero: chiaro

[10] saputo: sapiente

[11] mato: matto

[12] Lev?: si alz?

[13] se artegnia: si riteneva

[14] matieria: folia (matteria)

[15] tostano: subito

[16] meneelo: mignolo (cio? quello che ? vicino al migmolo)

[17] non sia tenuto: non sia tenuto in gran considerazione

[18] E l'ambasciatore, che ? uomo di alto sentire, ha pi? scienza che un uomo normale, sembra soddisfatto da lui, dall'uomo terragno e matto

[19] vano: va (il fatto va); solita aggiunta della sillaba /no al singolare

[20] con gli occhi bassi

[21] besblila: bisbiglia, parla con voce sommessa

[22] tosta tosta: immediatamente

[23] inpazo: impaccio; qui: senza danno

[24] sazo: saggio

[25] se condana: si abbandona

[26] apetito: desiderio

[27] dolia: doglia

 

 

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Ultimo aggiornamento: 30 ottobre 2004