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Ferdinando II di Napoli

la Costituzione

e altri atti

 

Edizione di riferimento

Giuseppe La Farina, Storia d’Italia dal 1815 al 1850, Società editrice italiana, Torino 1851, vol. VI (documenti parte 2.a)

Atto sovrano

del 18 gennaio 1848

Dopo di avere col nostro real decreto del 13 agosto 1847 provveduto al ben essere de’ nostri amatissimi popoli con la abolizione del dazio sul macino, con la diminuzione di quello sul sale ne’ nostri Reali Dominj al di quà del Faro, e con altri disgravj sulla Sicilia, noi ci proponevamo di portare utili miglioramenti nella grande amministrazione dello Stato.

Noi abbiamo considerato che le nostre leggi, le istituzioni civili e le garentìe che i nostri augusti predecessori avevano concedute, contengono tutti i germi della pubblica prosperità, se non che queste istesse civili istituzioni possono ricevere dei miglioramenti, perocchè è questa la condizione delle umane cose.

Per tali considerazioni, di nostra piena e spontanea volontà ordiniamo quanto segue:

 

I. Alle attribuzioni accordate alle Consulte di Napoli e di Sicilia con la legge organica del 14 giugno 1824, aggiungiamo le seguenti:

1. Di dar parere necessario sopra tutti i progetti di leggi e regolamenti generali.

2. Di esaminare e dar parere rispettivamente sugli Stati discussi generali delle Reali Tesorerie dei Reali Dominj di qua e di là del Faro, sugli Stati discussi provinciali, e su quelli comunali di cui per legge è a noi riserbata l’approvazione, sulle imposizioni de’ dazj comunali e sulle tariffe di essi.

3. Sull’amministrazione ed ammortizzazione del debito pubblico.

4. Sui trattati di commercio e sulle tariffe doganali.

5. Sui voti emessi dai Consigli provinciali a’ termini dell’articolo 50 della legge del 12 dicembre 1816.

6. Sugli affari qui annunziati i Ministri a portafoglio non potranno portare a noi proposizioni in Consiglio, senza aver prima sentito il parere della Consulta.

II. I Consigli provinciali di Napoli e di Sicilia, da cui le provincie, giusta la legge del 12 dicembre 1816, sono rappresentate, godono tra noi da lungo tempo di preziosi privilegj, a Noi piace aggiungervi i seguenti:

1. L’ amministrazione dei fondi provinciali è affidata ad una deputazione che i Consigli provinciali nella loro annua riunione nomineranno, ed alla quale ne sarà affidata l’amministrazione sotto la presidenza dell’Intendente.

2. Gli atti dei Consigli provinciali preveduti nell’art, 50 della legge del 12 dicembre 1816, ed i loro stati discussi, dopo la sovrana approvazione, saranno resi pubblici per la stampa.

III. Volendo noi confidare agli stessi comuni di Napoli e di Sicilia l’amministrazione de’ loro beni, per quanto sia compatibile col potere riservato sempre al Governo per la conservazione del patrimonio de’ comuni, vogliamo che la Consulta Generale ci presenti un progetto che deve aver per basi:

1. La libera elezione dei decurioni conferita agli elettori.

2. Ogni attribuzione deliberativa conceduta ai Consigli comunali.

3. Ogni incarico di esecuzione confidata ai Sindaci.

4. La durata della carica de’ Cancellieri comunali.

IV. Il nostro Consigliere Ministro di Stato Presidente Interino del Consiglio dei Ministri, tutti i nostri Ministri, ed il Luogotenente Generale nei nostri Dominj al di là del Faro, sono incaricati della esecuzione di queste nostre sovrane disposizioni.

Napoli, 18 gennaio 1848.

(Firmato) FERDINANDO.

Marchese Di Pietracatella.

Atto sovrano

del Re delle Due Sicilie

sull’amministrazione della Sicilia: 18 gennaio 1848.

FERDINANDO II ecc.

 

Veduta la legge delli 8 dicembre 1816, che dopo essersi nel Congresso di Vienna confermata e riconosciuta da tutte le Potenze la riunione delle Due Sicilie in un sol regno, stabilì delle regole fondamentali per l’amministrazione dei nostri Stati;

Veduta, la legge degli 11 dicembre 1816, con la quale i privilegi anticamente conceduti ai Siciliani, furono messi di accordo con la unità delle instituzioni politiche, che in forza dei trattati di Vienna costituir doveano il diritto politico del Regno delle Due Sicilie;

Veduto l’atto sovrano di questo giorno, con il quale abbiamo di nostra spontanea volontà date delle benefiche disposizioni per i nostri popoli di Napoli e di Sicilia;

Volendo di più che la Sicilia continui a godere di tutti i vantaggi di un’amministrazione distinta e separata da quella di Napoli;

Abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:

I. Le leggi degli 8 e 11 dicembre 1816 sono richiamate nel loro pieno vigore.

II. Il decreto del 31 ottobre 1831, per la promiscuità di cariche e d’impieghi, è abrogato.

III. Conformiamo per sempre la reciproca indipendenza giudiziaria de’ nostri Dominj al di qua e al di là del Faro, ed in conseguenza le cause ordinarie dei Siciliani continueranno ad essere giudicate, sino all’ultimo appello, dai tribunali di Sicilia. Del pari continueranno in Sicilia la Suprema Corte di Giustizia, e la Gran Corte di Conti, uguali a quelli di Napoli.

IV. L’amministrazione della Sicilia continuerà ad essere separata, come lo è stata sinora, da quella dei nostri Reali Dominj al di qua del Faro.

V. Tutti gli impieghi, tutte le cariche in Sicilia saranno d’oggi innanzi occupate dai soli Siciliani, come nella parte continentale del regno dai soli Napolitani.

Per non portare un disordine nei diversi rami di amministrazione, la promiscuità attuale d’impieghi e cariche dovrà cessare nel più breve tempo possibile da non oltrepassare quattro mesi.

E per le cariche ecclesiastiche, tosto che gli attuali titolari cesseranno di occuparle.

VI. Il nostro Consigliere Ministro di Stato, Presidente Interino del Consiglio de’ Ministri, e tutti i nostri Ministri sono incaricati della esecuzione di queste nostre sovrane disposizioni.

Napoli, 18 gennaio 1848.

(Firmato) FERDINANDO.

Marchese Di Pietracatella.

Proclamazione

della costituzione in Napoli:

29 gennaio 1848

FERDINANDO II

Per la grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie,

di Gerusalemme ecc. Duca di Parma, Piacenza

Castro ecc. ecc. Gran Principe Ereditario di Toscana ecc. ecc. ecc.

 

Avendo inteso il voto generale dei Nostri amatissimi sudditi di avere delle guarentigie, e delle istituzioni conformi all’attuale incivilimento, dichiariamo di essere Nostra volontà di condiscendere a’ desiderj manifestatici, concedendo una Costituzione; e perciò abbiamo incaricato il Nostro nuovo Ministero di Stato di presentarci, non più tardi di dieci giorni, un progetto per essere da Noi approvato sulle seguenti basi:

Il Potere legislativo sarà esercitato da Noi, e due Camere, cioè una di Pari, e l’altra di Deputati; la prima sarà composta d’individui da Noi nominati, la seconda lo sarà di Deputati da scegliersi dagli Elettori sulle basi di un censo che verrà fissato.

L’unica Religione dominante dello Stato sarà la Cattolica, Apostolica, Romana, e non vi sarà tolleranza di altri Culti.

La persona del Re sarà sempre sacra, inviolabile, e non soggetta a responsabilità.

I Ministri saranno sempre responsabili di tutti gli atti del Governo.

Le forze di terra e di mare saranno sempre dipendenti dal Re.

La Guardia nazionale sarà organizzata in modo uniforme in tutto il Regno, analogamente a quella della capitale.

La stampa sarà libera, e soggetta solo ad una legge repressiva per tutto ciò che può offendere la Religione, la morale, l’ordine pubblico, il Re, la Famiglia Reale, i Sovrani esteri, e le lore Famiglie, non che l’ onore e gl’ interessi dei particolari.

Facciamo nota al Pubblico questa Nostra Sovrana e libera risoluzione, e confidiamo nella lealtà e rettitudine de’ Nostri Popoli per veder mantenuto l’ordine, e il rispetto dovuto alle leggi ed alle autorità costituite.

Napoli, il dì 29 di gennaio 1848.

(Firmato) FERDINANDO.

     Il Ministro Segretario di Stato

 Presidente del Consiglio dei Ministri

Firmato Duca di Serracacapriola.

Pubblicato nel dì 29 di gennaio 1848.

 

FERDINANDO II

Per la grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie,

di Gerusalemme ecc. Duca di Parma, Piacenza,

Castro ecc. ecc. Gran Principe Ereditario di Toscana ecc. ecc. ecc.

Visto l’atto Sovrano del 29 di gennaio 1848, col quale, aderendo al voto unanime de’ Nostri amatissimi Popoli, abbiamo di Nostra piena, libera e spontanea volontà promesso di stabilire in questo Reame una Costituzione corrispondente alla civiltà de’ tempi, additandone in pochi e rapidi cenni le basi fondamentali, e riserbandoci di sanzionarla espressa e coordinata ne’ suoi principii sul progetto che Ce ne presenterebbe fra dieci giorni l’attuale Nostro Ministero di Stato;

Volendo mandar subito ad effetto questa ferma deliberazione del Nostro Animo;

Nel nome temuto dell’ONNIPOTENTE SANTISSIMO IDDIO UNO E TRINO, cui solo è dato di leggere nel profondo dei cuori, e che Noi altamente invochiamo a Giudice della purità delle Nostre intenzioni, e della franca lealtà, onde siamo deliberati di entrare in queste novelle vie di ordine politico;

Udito con maturo esame il Nostro Consiglio di Stato;

Abbiamo risoluto di proclamare e proclamiamo irrevocabilmente da Noi sanzionata la seguente Costituzione.

DISPOSIZIONI GENERALI.

Articolo 1. Il Reame delle Due Sicilie verrà d’oggi innanzi retto da temperata Monarchia ereditaria costituzianale sotto forme rappresentative.

Art. 2. La circoscrizione territoriale del Reame rimane qual trovasi attualmente stabilita, e non potrà in seguito apportarvisi alcun cangiamento se non in forza di una legge.

Art. 3. L’unica Religione dello Stato sarà sempre la Cristiana, Cattolica, Apostolica, Romana, senza che possa mai essere permesso l’esercizio di alcun’altra Religione.

Art. 4. Il potere legislativo risiede complessivamente nel Re ed in un Parlamento nazionale composto di due Camere, l’una di Pari, l’altra di Deputati.

Art. 5. Il potere esecutivo appartiene esclusivamente al Re.

Art. 6. L’ iniziativa per la proposizione delle leggi si appartiene indistintamente al Re, ed a ciascuna delle due Camere legislative.

Art. 7. La interpretazione delle leggi, in via di regola generale, si appartiene unicamente al potere legislativo.

Art. 8. La Costituzione garantisce la piena indipendenza dell’ordine giudiziario, per l’applicazione delle leggi ai casi occorrenti.

Art. 9. Apposite leggi, oltre alla libera elezione da parte de’ rispettivi abitanti per le diverse cariche comunali, assicureranno alle comuni ed alle provincie, per la loro amministrazione interna, la più larga libertà compatibile con la conservazione de’ loro patrimonii.

Art. 10. Non possono ammettersi truppe straniera al servizio dello Stato, se non in forza di una legge. Le convenzioni esistenti saranno però sempre rispettate. Nè senza una esplicita legge può permettersi a truppe straniere di occupare o di attraversare il territorio del Reame, salvo il solo passaggio delle truppe pontificie da quegli Stati a Benevento e Pontecorvo, secondo i modi stabiliti dalla consuetudine.

Art. 11. I militari di ogni arma non possono essere privati de’ loro gradi, onori e pensioni , se non ne’ soli modi prescritti dalle leggi e regolamenti.

Art. 12. In tutto il Reame vi sarà una Guardia nazionale la cui formazione organica sarà determinata da una legge.

In questa legge non potrà mai derogarsi al principio, che nella Guardia nazionale i diversi gradi sino a quello di capitano, verranno conferiti per elezione da coloro stessi che la compongono.

Art. 13. Il debito pubblico è riconosciuto e garantito.

Art. 14. Niuna specie d’imposizione può essere stabilita, se non in forza di una legge, non escluse le imposizioni comunali.

Art. 15. Non possono accordarsi franchigie in materia di imposizioni, se non in forza di una legge.

Art. 16. Le imposizioni dirette si votano annualmente dalle Camere legislative.

Le imposizioni indirette possono avere la durata di più anni.

Art. 17. Le Camere legislative votano in ogni anno lo stato discusso, e acclarano i conti che vi si riferiscono.

Art. 18. La gran Corte de’ Conti rimane collegio costituito salvo alle Camere legislative il poterne modificare in forza di una legge le ordinarie attribuzioni.

Art. 19. Le proprietà dello Stato non possono altrimenti alienarsi che in forza di una legge.

Art. 20. Il dritto di petizione si appartiene indistintamente a tutti. Ma le petizioni alle Camere legislative non possono farsi che in iscritto, senza che ad alcuno sia permesso di presentarne in persona.

Art. 21. La qualità di cittadino si acquista e si perde in conformità delle leggi. Gli stranieri non possono esservi naturalizzati che in forza di una legge.

Art. 22. I Cittadini sono tutti eguali in faccia alla legge, quantunque ne sia lo stato e la condizione.

Art. 25.La capacità di esser chiamato a cariche pubbliche si appartiene indistintamente a tutti i Cittadini, senza altro titolo che quello del loro merito personale.

Art. 24. La libertà individuale è garentita. Niuno può essere arrestato, se non in forza di un atto emanato in conformità delle leggi dalla autorità competente, eccetto il caso di flagranza o quasi flagranza.

In caso di arresto per misura di prevenzione, l’imputato dovrà consegnarsi alla autorità competente fra lo spazio improrogabile delle ventiquattr’ore, e manifestarsi al medesimo i motivi del suo arresto.

Art. 25.Niuno può esser tradotto suo malgrado innanzi ad un Giudice diverso da quello che la legge determina: nè altre pene possono essere inflitte a’ colpevoli, se non quelle stabilite dalle leggi.

Art. 26. La proprietà de’ cittadini è inviolabile. Il pieno esercizio non può essere ristretto se non da una legge per ragioni di pubblico interesse. Niuno può essere astretto a crederlo se non per cagione di utilità pubblica riconosciuta, e previa sempre la indennità corrispondente a norma delle leggi.

Art. 27. La proprietà letteraria è del pari garantita ed inviolabile.

Art. 28. Il domicilio de’ cittadini è inviolabile, salvo il caso in cui la stessa legge autorizzi le visite domiciliari, le quali non possono allora praticarsi, che ne’ modi prescritti dalla legge medesima.

Art. 29. Il segreto delle lettere è inviolabile. La responsabilità degli agenti della posta, per la violazione del segreto delle lettere sarà determinata da una legge.

Art. 30. La stampa sarà libera, e solo soggetta ad una legge repressiva, da pubblicarsi per tutto ciò che può offendere la Religione, la morale, l’ordine pubblico, il Re, la Famiglia Reale, i Sovrani esteri , e le loro Famiglie , non che l’onore e l’interesse de’ particolari.

Sulle stesse norme a garantire preventivamente la moralità de’ pubblici spettacoli, verrà emanata una legge apposita; e sino a che questa non sarà sanzionata, si osserveranno su tale obbietto i regolamenti in vigore.

La stampa sarà soggetta a legge preventiva per le opere che riguardano materie di Religione trattate ex professo.

Art. 31. Il passato rimane coperto di un velo impenetrabile. Ogni condanna sinora profferita per politiche imputazioni è cancellata, ed ogni procedimento per avvenimenti successi sinora viene vietato.

CAPO I.

Delle Camere legislative.

Art. 32. Le Camere legislative non possono essere convocate che in pari tempo, e chiudono in pari tempo le loro sessioni; salvo unicamente alla Camera de’ Pari il potersi riunire, quando bisogna, come alla Corte di giustizia ne’ casi preveduti dalla Costituzione.

Art. 33. In ciascuna delle due Camere non può aprirsi la discussione, se non quando il numero de’ suoi componenti si trovi raccolto a pluralità assoluta.

Art. 34. Le discussioni delle Camere legislative sono pubbliche, ecctto il caso in cui ciascuna di esse, sulla proposizione del Presidente, reclamata e sostenuta da dieci de’ suoi componenti, risolva di adunarsi in Comitato segreto.

Art. 35. Nelle Camere legislative i partiti si adottano a pluralità di voti. La votazione sarà pubblica.

Art. 36. Chi fa parte di una delle Camere legislative non può entrare a far parte dell’altra.

Art. 37. Si appartiene a ciascuna delle due Camere il verificare i poteri di coloro che la compongono, e decidere delle coutroversie che possono insorgere sull’oggetto.

Art. 38. I Ministri Segretarj di Stato possono presentare in distintamente i progetti di legge di cui sono incaricati, tanto all’una quanto all’altra delle due Camere legislative. Ma i progetti di legge, che intendono a stabilire contribuzioni di ogni specie, o che si riferiscono alla formazione degli stati discussi, debbono prima essere necessariamente presentati alla Camera dei Deputati.

Art. 39. Un progetto di legge discusso e votato in una Camera non può essere inviato alla sanzione del Re , se non dopo essere stato discusso e votato uniformemente nell’altra.

Art. 40. Ove tra le due Camere vi sia dissidenza intorno al contenuto di un progetto di legge qualunque, la discussione di questo non potrà riprodursi presso alcuna delle due Camere nella sessione di quel medesimo anno.

Art. 41. I Componenti delle due Camere legislative sono inviolabili per le opinioni, e i voti da essi profferiti nell’esercizio delle loro alte funzioni. Non possono essere arrestati per debiti durante il periodo della sessione legislativa, e in tutto il corso del mese che la precede e la siegue. Ne’ giudizj penali, che s’intentassero contro di essi, non possono essere arrestati senza l’autorizzazione della Camera a cui appartengono, salvo il caso di flagrante o quasi flagrante reato.

Art. 42. Ciascuna delle due Camere legislative formerà il suo regolamento, in cui verrà determinato il modo e L’ordine delle sue discussioni e delle sue votazioni, il numero e gli incarichi delle Commissioni ordinarie in cui deve distribuirsi, e tutto ciò che concerne la economia del suo servizio interno.

CAPO II.

Camera de’ pari.

Art. 45. I Pari sono eletti a vita dal Re, il quale nomina fra i Pari medesimi il Presidente ed il Vice-presidente della Camera, per quel tempo che giudica opportuno.

Art. 44. Il numero de’ Pari è illimitato.

Art. 45. Per esser Pari si richiede aver la qualità di cittadino, e l’età compiuta di trent’anni.

Art. 46. I Principi del sangue sono Pari di diritto, e prendono posto immediatamente appresso il Presidente. Essi possono entrare nella Camera alla età di anni venticinque, ma non dare voto che dall’età compiuta di trent’ anni.

Art. 47. Sono eligibili alla dignità di Pari:

1. Tutti coloro che hanno una rendita imponibile di ducati tremila, posseduta da otto anni;

2. I Ministri Segretarj di Stato, e i Consiglieri di Stato;

3. Gli Ambasciatori che abbiano esercitato per tre anni le loro diplomatiche funzioni;

4. Gli Arcivescovi e i Vescovi, non più del numero di dieci;

5. I Tenenti Generali, i Vice Ammiragli, i Marescialli di campo ed i Retro Ammiragli;

6. Coloro che per cinque anni abbiano esercitata la carica di Presidente nella Camera de’ Deputati;

7. Il Presidente ed il Procurator generale della Corte suprema di giustizia, ed il Presidente ed il Procurator generale della Corte de’ Conti;

8. I Vice-presidenti ed Avvocati generali della Corte suprema di giustizia, e della gran Corte de’ Conti che abbiano esercitate queste cariche per tre anni;

9. I Presidenti e Procuratori generali delle gran Corti civili, che abbiano esercitate queste cariche per quattro anni;

10. Il Presidente generale della Società Borbonica;

11. I Presidenti delle tre Accademie, di cui si compone la Società Borbonica, che abbiano esercitato per quattro anni quelle cariche.

Art. 48. La Camera de’ Pari si costituisce in alta Corte di giustizia per conoscere de’ reati di alto tradimento e di attentato alla sicurezza dello Stato, di cui possano essere imputati i componenti di ambedue le Camere legislative.

CAPO III.

Della Camera de’ Deputati.

Art. 49. La Camera de’ Deputati si compone di tutti coloro i quali eletti alla pluralità de’ suffragi, ne ricevono il legittimo mandato dagli Elettori corrispondenti.

Art. 50. I Deputati rappresentano la Nazione in complesso e non le Provincie ove furono eletti.

Art. 51. La durata della Camera de’ Deputati è di anni cinque: in conseguenza il mandato di cui si parla nell’articolo precedente, spira col decorso di questo solo periodo di tempo.

Art. 52. Coloro pe’ quali cessa il suddetto mandato dopo cinque anni, possono essere immediatamente rieletti alla convocazione delle Camere successive.

Art. 55. Il numero de’ Deputati corrisponderà sempre alla forza dell’intera popolazione, pel computo della quale si adopererà l’ultimo censimento che precede l’elezione.

Art. 54. Per ogni complesso di quarantamila anime vi sarà, un Deputato alla Camera.

Il modo di assicurare per quanto sia possibile la rappresentanza, dove nelle circoscrizioni all’obbietto siavi eccesso e difetto di popolazione, sarà determinato dalla legge elettorale.

Art. 55. Per esser tanto elettore quanto eleggibile si richiede aver la qualità di cittadino, e la età compiuta di venticinque anni, e non trovarsi nè in istato di fallimento, nè sottoposto ad alcun giudizio criminale.

Art. 56. Sono elettori:

1. Tutti coloro i quali posseggono una rendita imponibile, di cui sarà determinata la quantità dalla legge elettorale.

2. I membri ordinarj delle tre Reali Accademie di cui si compone la Società Borbonica, ed i membri ordinarj delle altre Reali Accademie.

3. I cattedratici titolari nella Regia Università degli Studj e ne’ pubblici Licei autorizzati dalla legge.

4. I professori laureati della Regia Università degli Studj nei diversi rami delle scienze, delle lettere e delle belle arti.

5. 1 decurioni, i sindaci e gli aggiunti delle comuni, che trovansi nell’effettivo esercizio delle loro funzioni.

6. I pubblici funzionari giubilati con pensione di ritiro di annui ducati cento venti, e i militari di ogni arma, dal grado di uffiziale in sopra, i quali godono anch’essi di una pensione di ritiro.

Art. 67. Sono eleggibili:

1. Tutti coloro i quali posseggono una rendita imponibile, di cui sarà determinata la quantità dalla legge elettorale.

2. I membri ordinari delle tre Reali Accademie di cui si compone la Società Borbonica, i cattedratici titolari della Regia Università degli Studj, ed i membri ordinarj delle altre Reali Accademie.

Art. 58. I pubblici funzionari, purchè siano inamovibili, gli Ecclesiastici secolari, purchè non appartengano a congregazioni organizzate sotto forme regolari e monastiche , ed i militari possono essere così elettori come eleggibili, quando in essi concorrano le condizioni espresse negli articoli precedenti.

Art. 59. Gl’intendenti, i segretarj generali d’Intendenza ed i sottintendenti in esercizio delle lore funzioni non possono essere nè mai elettori, nè mai eleggibili.

Art. 60. Coloro fra i Deputati eletti, che accettano dal potere esecutivo sia un novello impiego, sia una promozione da un impiego di cui erano già rivestiti, non possono più far parte della Camera se non dopo essersi sottoposti al cimento dalla rielezione.

Art. 61. La Camera de’ Deputati sceglie da sè ogni anno fra i suoi componenti medesimi, ed a suffragi segreti il Presidente, il Vice-presidente ed i Segretarj.

Art. 62. Per la prima convocazione delle Camere legislative sarà pubblicata una legge elettorale provvisoria, la quale non diverrà definitiva se non dopo essere stata esaminata e discussa dalle Camere medesime nel primo periodo della loro legislatura.

CAPO IV.

Del Re.

Art. 63. II Re è il Capo supremo dello Stato: la sua persona è sacra ed inviolabile, e non soggetta ad alcuna specie di risponsabilità.

Egli comanda le forze di terra e di mare, e ne dispone: nomina tutti gli impieghi di amministrazione pubblica, e conferisce titoli, decorazioni ed onorificenze di ogni specie.

Fa grazia a’ condannati, rimettendo o commutando le pene.

Provvede a sostenere la integrità del Reame: dichiara la guerra e conchiude la pace.

Negozia i trattati di alleanza e di commercio, e ne chiede l’adesione alle Camere legislative prima di ratificarli.

Esercita la Legazìa Apostolica, e tutti i dritti del Real Padronato della Corona.

Art. 64. Il Re convoca ogni anno in sessione ordinaria lo Camere legislative: ne’ casi di urgenza le convoca in sessione straordinaria; ed a lui solo è dato di prorogarle e di chiuderle.

Egli può anche sciogliere la Camera dei Deputati, ma convocandone un’altra per nuove elezioni fra lo spazio improrogabile di tre mesi.

Art. 65. Al Re si appartiene la sanzione delle leggi votati, dalle due Camere. Una legge a cui la sanzione reale sia negata non può richiamarsi ad esame nella sessione di quel medesimo anno.

Art. 66. Il Re fa coniare la moneta ponendovi la sua effigie.

Pubblica i necessarj decreti e regolamenti per la esecuzione delle leggi senza poter mai nè sospenderle, nè dispensare alcuno dall’osservarle.

Art. 67. Il Re può sciogliere talune parti della Guardia nazionale, dando però al tempo stesso le necessarie disposizioni per ricomporle e riordinarle fra lo spazio improrogabile di un anno.

Art. 68.La lista civile è determinata da una legge per la durata di ciascuri Regno.

Art. 69. Alla morte del Re, se l’Erede della Corona è di età maggiore saranno da lui convocate le Camere legislative fra lo spazio di un mese, per giurare alla di loro presenza di mantenere sempre integra ed inviolata la Costituzione della Monarchia.

Se l’Erede della Corona è di età minore e non si trovi preventivamente provveduto dal Re in quanto alla Reggenza ed alla tutela, allora le Camere legislative saranno convocate fra, dieci giorni da’ Ministri, sotto la loro speciale responsabilità per provvedervi. Ed in questo caso faranno parte della Reggenza la Madre e tutrice, e due o più Principi della Famiglia Reale.

Lo stesso verrà praticato, laddove il Re sventuratamente si trovi nella impossibilità di regnare per cagioni fisiche.

Art. 70. L’atto solenne per l’ordine di successione alla Corona dell’augusto Re Carlo III del 6 di ottobre 1759 confermato dall’augusto Re Ferdinando I nell’articolo 5 della legge 8 di dicembre 1816, gli atti sovrani del 7 di aprile 1829, del 12 marzo 1836, e tutti gli atti relativi alla Real famiglia, rimangono in pieno vigore.

CAPO V.

Dei Ministri

Art. 71. I Ministri sono risponsabili.

Art. 72. Gli atti di ogni genere sottoscritti dal Re non hanno vigore, se non contrassegnati da un Ministro Segretario di Stato il quale perciò solo se ne rende responsabile.

Art. 75. I Ministri hanno libero ingresso nelle Camere legislative e vi debbono essere intesi quando lo domandano: non però vi hanno voto, se non allora che ne fanno parte come Pari o come Deputati.

Le Camere possono chiedere la presenza dei Ministri nelle discussioni.

Art. 74. La sola Camera de’ Deputati ha il dritto di mettere in istato di accusa i Ministri per gli atti, di cui questi sono risponsabili.

La Camera de’ Pari ha esclusivamente la giurisdizione di giudicarli.

Art. 75. Una legge apposita determinerà partitamente i casi ne’ quali si verifica la risponsabilità de’ Ministri, i modi con cui deve procedere il giudizio contro di essi, e le pene da infliggersi loro, laddove risultino colpevoli.

Art. 76. Il Re non può far grazia ai Ministri condannati, se non sulla esplicita domanda di una delle due Camere legislative.

CAPO VI.

Del Consiglio di Stato.

Art. 77. Vi sarà un Consiglio di Stato da non eccedere il numero di ventiquattro individui, che siano cittadini col pieno esercizio de’ loro dritti. Gli stranieri ne verranno esclusi, benchè abbiano decreto di cittadinanza.

Art. 78. Il Consiglio di Stato è presieduto dal Ministro Segretario di Stato di grazia e giustizia.

Art. 79. Il Re nomina i Consiglieri di Stato.

Art. 80. Il Consiglio di Stato è istituito per il suo dare ragionato avviso su tutti gli affari, pe’ quali potrà essergli delegato l’esame in nome del Re dai Ministri Segretarj di Stato.

Una legge sarà emanata per determinarne le attribuzioni e fino a che questa non sarà pubblicata, rimarrà in vigore pel Consiglio di Stato quanto trovasi stabilito nelle leggi in vigore per la Consulta generale del Regno, salvo quel che in esse potrà esservi di contrario alla presente Costituzione.

CAPO VII.

Dell’Ordine giudiziario.

Art. 81. La giustizia emana dal Re, ed in nome del Re vien retribuita dai tribunali a ciò delegati.

Art. 82. Niuna giurisdizione contenziosa può essere stabilita, se non in forza di una legge.

Art. 85. Non potranno mai crearsi dei tribunali straordinarj, sotto qualunque denominazione. Con ciò non s’intende derogare allo Statuto penale militare, e regolamenti in vigore tanto per l’esercito di terra come per l’armata di mare.

Art. 84. Le udienze de’ tribunali sono pubbliche. Quando un tribunale crede che la pubblicità possa offendere i buoni costumi, dove dichiararlo in apposita sentenza: e questa debbe essere profferita all’unanimità in materia di reati politici e di abusi di stampa.

Art. 85. Nell’ordine giudiziario i Magistrati saranno inamovibili, non comincieranno però ad esserlo se non dopo che vi sieno stati istituiti con nuova nomina sotto l’impero della Costituzione, o che già si trovino di avere esercitato per tre anni continui le funzioni di magistrato.

Art. 86. Gli agenti del pubblico Ministero presso le Corti i tribunali sono essenzialmente amovibili.

CAPO VIII.

Disposizioni transitorie.

Art. 87. Talune parti di questa Costituzione potranno essere modificate per i Nostri Dominj di là dal Faro, secondo i bisogni e le condizioni particolari di quelle popolazioni.

Art. 88. Lo stato discusso del 1847 resterà in vigore per lutto l’anno 1848, e con esso rimarranno provvisoriamente a vigore le antiche facoltà del Governo, per provvedere con espedienti straordinarj a’ complicati ed urgentissimi bisogni dello Stato.

CLAUSOLA DEROGATORIA.

Art. 89. Tutte le leggi, decreti, rescritti in vigore rimangono abrogati in quelle parti che sono in opposizione alla presente Costituzione.

Vogliamo e comandiamo che la presente Costituzione politica della Monarchia da Noi liberamente sottoscritta, riconosciuta dal Nostro Ministro Segretario di Stato di grazia e giustizia, munita del Nostro gran Sigillo, contrassegnata da tutti i Nostri Ministri Segretarj di Stato, registrata e depositata nell’archivio del Ministero e Segreteria di Stato della Presidenza del Consiglio de’ Ministri, si pubblichi con le ordinarie solennità per tutti i Nostri Reali Dominj per mezzo delle corrispondenti autorità, le quali dovranno prenderne particolare registro, ed assicurarne il pienissimo adempimento.

Il Nostro Ministro Segretario di Stato degli Affari esteri Presidente del Nostro Consiglio de’ Ministri è particolarmente incaricato di vegliare alla sua pronta pubblicazione.

Napoli, il dì 10 di febbraio 1848.

Firmato — FERDINANDO.

 

Il Ministro Segretario di Stato degli affari esteri

Presidente del Consiglio de’ Ministri

Firmato — Duca Di Seracapriola.

Il Ministro Segretario di Stato di grazia e giustizia,

incaricato del portafoglio del Ministero degli affari ecclesiastici

Firmato — Barone Cesidio Bonanni,

Il Ministro Segretario di Stato delle finanze.

Firmato — Principe Dentice.

Il Ministro Segretario di Stato de’ lavori pubblici

Firmato — Principe Di Torella.

Il Ministro Segretario di Stato di agricoltura e commercio

Firmato — Commendatore Gaetano Scovazzo.

Il Ministro Segretario di Stato dell’interno

Firmato — Cav. Francesco Paolo Bozzelli.

Il Ministro Segretario di Stato della guerra e marina

Firmato — Giuseppe Garzia.

Pubblicato in Napoli nel dì 11 febbraio 1848.

Atto di convocazione

del Generale Parlamento di Sicilia

24 febbraio 1848.

Riunitosi il Comitato generale di Palermo, con l’intervento de’ Delegati de’ Comitati di Messina, Catania, Siracusa, Trapani, Agosta e Leonforte, ad oggetto di deliberare sulle misure da prendersi per la convocazione del generale Parlamento, si è cominciato dall’ascoltare il seguente rapporto della Commissione incaricata di presentare sull’oggetto un lavoro preparatorio.

Esso è del tenor seguente:

Signori

La Commissione da voi scelta per prepararvi un lavoro fu la gestione più vitale che occupa questo generale Comitato, e dalla quale dipender possono forse i futuri destini della Patria, l’ha studiato con quella attenzione e rapidità che la suprema importanza del bisogno comandava, ed ha l’onore di presentarvi il risultato del suo lavoro che è felice di potervi annunziare essere stato ad unanimità adottato.

Dopo la vittoria , la cosa pià difficile e gloriosa è sapere usar la vittoria.

La nazione Siciliana, che il dispotismo si lusingava aver cancellato dal novero delle nazioni, ha rivendicato col suo sangue il suo dritto.

Compiuta una rivoluzione sì stupenda, anela a piantare l’edificio delle sue istituzioni, sulle fondamenta della libertà, che ha conquistato; perchè così mentre da un lato possa opporre tutte le forze riunite della nazione ad un governo che vinto non sa tentare altre armi che quelle della mala fede, dall’altro mostri al mondo che l’ammira e plaude alle sue vittorie, che, se i Siciliani sono eroi nel combattere, sono pure sapienti nel governare.

Questo Comitato Generale, comunque forte del consenso di tutta la Sicilia, ha immediatamente riconosciuto che sì nobile e grande missione non può essere confidata, che alla nazione stessa.

Quindi non ha esitato un momento a proclamare la necessità di riunire una rappresentanza che fosse l’espressione completa non dell’impero dell’accidente o della dura necessità, ma del libero, pensato, e completo voto della nazione.

Ma le circostanze attuali potevano far sorgere delle difficoltà sul tempo e sul modo di questa riunione.

Quindi per accelerarne quanto si potesse lo scioglimento, fu eletta questa Commissione onde preparasse e facilitasse la risoluzione del Comitato. E la Commissione mettendo da canto tutte quelle considerazioni che sono o secondarie o inopportune, ha cercato limitarsi alle essenziali, e presentarvene lo sviluppo.

E prima di tutto si presentava la quistione dell’opportunità, poscia del dritto di convocare la rappresentanza nazionale ma questa seconda ed in parte anche la prima si doveva esaminare in relazione alla quistione sulla forma. Laonde per chiarir meglio la materia noi vi presenteremo le nostre considerazioni sulla opportunità e sul dritto, prima in generale, e poi dell’una e dell’altro vi parleremo in rapporto alla forma della rappresentanza nazionale.

Il primo bisogno dei popoli è l’ordine, e di un governo forte che possa mantenerlo; il primo bisogno d’un popolo libero è che questo governo sia l’espressione del voto nazionale, affinchè con mano severa ne concentri la forza, e l’opponga ai nemici della libertà; il primo bisogno delle rivoluzioni è di un governo che alla sua stessa origine attinga tutta l’energia onde farla trionfare dell’anarchia da un lato e del ritorno della tirannide dall’altro.

Ora la sola rappresentanza nazionale può fondare un governo veramente nazionale. Inoltre il dispotismo che abbiamo abbattuto avea tanto distrutto e corrotto la nostra Società, che prima di cadere già l’anarchia esisteva; ed ora quello scomparso, sebbene l’universale consenso e il rispetto maraviglioso che il popolo siciliano abbandonato interamente a se stesso ha mostrato all’ordine, rassicuri, pur nondimeno è dovere supremo, che la nazione sia chiamata a consolidarlo e posar l’ordine sociale sopra basi inconcusse: la società sarebbe minacciata di grave scompiglio, se la nazione non occorresse a ricomporla.

Un’ultima ragione mostra, più che opportuna, necessaria la convocazione della rappresentanza nazionale, cioè appunto quella che da alcuni si potrebbe opporre alla sua convocazione.

Voi sapete, che un Ministro straordinario d’una gran Nazione, che ha mostrato tanta simpatia alla causa della nostra, rigenerazione, ci propose un’amichevole mediazione col governo Napolitano, che noi con dignità e giusti riguardi l’accettammo. — La politica abituale napolitana cioè di promettere e poi mancare, ha proclamato o tentato di far svanire la mediazione sperando negl’indugj. In tal caso la nazione siciliana deve mostrare, che ha una volontà e che ha forza pari alla volontà, con un grand’atto di autorità nazionale romper gl’iudugj e rafforzare le buone intenzioni di chi per noi patteggia: e dove la mediazione non riesca, è più che mai necessario trovarci pronti ad ottenere colla forza quello che è niegato alla ragione.

Per altro oggi il governo napolitano o si tratti direttamente o per mezzo d’un mediatore, certamente si dovrà decidere dei destini della Sicilia: e se la necessità estrema può imporre al Comitato generale l’assumere la terribile responsabilità di stipolare per una intera nazione, non si dee perdere un minuto perchè continuando gli indugj, si affretti il momento in cui questa responsabilità torni a chi più vi ha il dritto. Un solo pensiero può per un istante farci titubare, ed è che una volta convocata la rappresentanza nazionale, se nell’intervallo il mediatore otterrà quel che desidera la nazione, il Comitato troverebbesi forse impegnato ad aspettare la riunione effettiva: ma tal dubbio non ci ha punto arrestato perchè, fedele alla sua sacra missione quando l’urgenza il domanda, questo Comitato generale avrà il coraggio che la fiducia e la salute del popolo gli ispirerà, e saprà adempiere al dovere che ha finora coll’adesione di tutta la Sicilia adempiuto, cioè prendere quei partiti che possono far trionfare la causa della nazione.

Le ragioni che mostrano l’opportunità, anzi la necessità, dimostrano pure il diritto di convocarla.

Se il Comitato generale ha deciso della guerra, delle tregue, delle paci, ha stipulato col governo napolitano da potenza a potenza; se ha parlato parole libere a tutti i più forti, e dal rappresentante d’uno dei più grandi potentati della terra è stato riconosciuto come organo della nazione, e la nazione ha ratificato col suo plauso, può ben avere il dritto di convocare la rappresentanza nazionale; che ciò finalmente è il più grande omaggio che può fare alla nazione istessa. Quindi noi invece di dire ha dritto il Comitato generale di convocare la rappresentanza nazionale, diremmo piuttosto ha dovere di farlo.

Ma di ciò siam tutti sì convinti, che piuttosto la quistione del diritto e dell’opportunità spunta al momento che si parla della natura e dei modi di questa rappresentanza: ed eccoci alla quistiona essenziale.

Qui vari sistemi possono proporsi. Ciascun sistema poi presenta le sue quistioni sulla forma, e sul modo da darsi alla rappresentanza che adotta. A questi diversi sistemi si collega la quistione del dritto, perchè chi giudicasse che non si convochi il Parlamento secondo la costituzione del 1812, potrebbe pensare che il generale Comitato non ha dritto a convocare un Parlamento, che secondo la costituzione stessa dovea essere convocato dal potere esecutivo.

Facile è qui la risposta e da noi già data in parte. Il Comitato ha fatto più che convocar un Parlamento, ha distrutto uu governo che avea seppellito il Parlamento, o almeno l’avea condannato ad un perpetuo sonno; e senza ciò la stessa costituzione prevede dei casi in cui manchi il potere esecutivo, e il Parlamento o da se stesso si riunisce, o accorre alla voce di chi a nome della nazione il primo l’invoca.

Il § 9, 13 e 14 della costituzione per la successione del trono, prevede il caso che non vi sia più erede al trono, e allora elegge il re, e non vi ha chi lo chiami.

Il § 10 fa tutore il Parlamento di un re; e non è il minore che chiama il tutore, ma il tutore che regge il minore.

Il § 15 prevede il caso dell’allontanamento del re senza consenso del Parlamento il quale avrà diritto ad eleggersi il re se manca il successore; e il Parlamento non aspetta gli ordini del re assente per farlo.

Il § 24 prevede il caso d’incapacità, nel quale il Parlamento elegge una reggenza, e il Parlamento certo non aspetta la convocazione da un re incapace.

Ma il § 25 è decisivo: alla morte del re quando anche vi sia il legittimo successore, il Parlamento esistendo, prolunga per sei mesi le sue sedute. — Se non è riunito dovrà subito riunirsi da sè (testo della costituzione); se si trova sciolto, forma, da sè un Parlamento nuovo.

E va di più; questo Parlamento nuovo così francamente e proprio jure riunito, ha poteri più estesi d’ogni altro; è vero Parlamento costituente perchè il § 26 statuisce che s’ è minore il re «elegge la reggenza, fa la ricerca, corregge, riforma più esattamente che in ogni altro tempo tutti gli abusi che si fossero potuti introdurre durante il regno precedente, e finalmente provvede ad ogni altro bisogno dello Stato» se dunque può far tanto il Parlamento senza il potere esecutivo, quando occorra chi s’incarna in questo potere esecutivo non ha altra colpa se non d’essere lontano, incapace o minore, che diremo quando il potere esecutivo dopo trentatre anni di tirannia prima dichiara la guerra alla nazione, poi la bombarda, e finalmente l’abbandona? Ma fortunatamente la mano della Provvidenza sciolse il dubbio il giorno 12 gennaro 1848.

Dunque la ragione ed il testo stesso della legge fondamentale fa evidente che non vi è atto più santo, più legittimo, costituzionale quanto convocare la rappresentanza della nazione siciliana.

Ora passeremo alla quistione sulle diverse forme di essa. Quattro modi si possono escogitare nelle condizioni attuali di Sicilia.

Si può proporre un’assemblea nazionale nuova dell’intutto; si può allargare questo Comitato generale esistente chiamandovi nel seno tutti o parte dei Comitati comunali; si può convocare il Parlamento del 1812 nelle sue forme rigorose; finalmente si può convocare questo Parlamento con modificazioni dall’attuale necessità dettate.

L’argomento principale del primo sistema sarebbe, che la rappresentanza da convocarsi dovendo essere l’espressione del voto nazionale dev’essere dal popolo eletta. Principio incontestabile; ma non si può in modo alcuno dimostrare, che tutte le altre maniere di rappresentanza proposte, non possono essere ugualmente l’espressione del voto della nazione.

Si potrebbe nel senso di questo primo sistema dubitare se il popolo avesse piena fiducia nel Parlamento colle forme delta costituzione.

Ma credete che n’abbia più in uno che non conosce? Quello visse poco, è vero; ma pure ci diè libera la stampa, sacra la persona, maledisse le spie, incatenò l’autorità del Governo, proclamò l’indipendenza; fece più ancora; proclamò dritto sacro, la resistenza, cioè gittò nel cuore del popolo il seme della rivoluzione, che, sebben tardi, pure alla fine germogliò. L’assemblea nuova di cui si ragiona, farà meglio; e può sperarsi: ma non troviam necessario spingere i destini d’una nazione in un avvenire incerto, quando il passato ci è stato tanto fecondo.

E superate queste difficoltà, viene quella gravissima della composizione di quest’assemblea.

Sarà d’una o di due Camere? Se di due, che cosa la farà diversa dal Parlamento? Come si comporranno? Con quali norme? Da quale classe di cittadini? Con quali poteri? Se di una sola — Allora si presentano alla mente di ognuno tutti gli argomenti che la scienza ormai ha vittoriosamente opposto ad un’assemblea unica da Delolme sino a Bentham, da’ Lanjuinais insino a Beniamino Costante, la storia ci presenta argomenti più terribili ancora. La stessa gloria immortale della assemblea nazionale di Francia accresce lo spavento; perchè il pensare che l’opera di Mirabeau, di Barnave e di altri sommi potè perdersi sotto la Montagna, mostra che il genio più sublime non resiste ad un’istituzione radicalmente viziosa.

Nè vale il dire che il 48 non è 93, perché quando gli stessi fenomeni delle assemblee uniche si vedono riprodurre in ogni epoca dalle repubbliche Creche alle Cortes di Spagna, fa d’uopo conchiudere che non è dei tempi la colpa, ma della legge.

Finalmente l’esempio di tutti i popoli i più liberi, sino alla repubblica modello d’America, che hanno rigettato le Camere uniche deve ammaestrarci, che almeno è qualche cosa di temerario il tentar d’impiantare in mezzo alle rovine d’una rivoluzione un’istituzione che tutti i popoli, vecchi maestri di libertà, hanno creduta perigliosa.

E se tali obbiezioni si fanno ad un’assemblea scelta dal popolo, e dal voto popolare sostenuta, che diremo del secondo sistema che consiste in allargare questo General Comitato colla aggiunzione di un deputato di ciascun Comitato esistente? — Avremo la costituente non del popolo ma dell’accidente; e sarà l’espressione non del voto sereno d’un popolo che cerca sapienti legislatori, ma del popolo che combatte e cerca uomini coraggiosi che lo guidino alla vittoria.

Il terzo sistema si limita a consigliare la convocazione del Parlamento sulle norme precise del 1812. Se qualcheduno vi era che lo pensasse, un momento di riflessione ha dovuto fargli mutar pensiero.

Non è in nostro potere arrestare il tempo, e se si può cancellare un’epoca, non si possono distruggere le conseguenze di trent’anni.

Quando si costituiva il Parlamento del 1812, la Sicilia era ancora addormentata sotto il Governo Feudale, l’Aristocrazia era potentissima, la Monarchia coe cosa sacra venerata.

Il popolo non esisteva, quindi il popolo non avea viva rappresentanza nelle classi sue più feconde e vitali, come sono il commercio, i capitali, la intelligenza, la industria. Ora la Aristocrazia sparì — il popolo è tutto.

Vi ha di più. Il Parlamento pure del 1812 era come la gran ruota d’una macchina intera complicata. — Il dispotismo da un lato e dall’altro il progresso dei lumi hanno in gran parte la macchina o rovesciata o distrutta; e ritornare al Parlamento preciso del 1812 sarebbe lo stesso che voler muover la ruota principale senza ricomporre tutto il congegno.

Finalmente il desiderio anzi il bisogno di riformare la costituzione del 1812 e adattarla ai tempi è il nostro punto di partenza; e molti dubitano che il Parlamento strettamente se-condo le forme del 1812 convocato, per lo meno andrebbe lento nel riformare se stesso.

Quindi non resta che l’ultimo sistema, cioè convocare il Parlamento nazionale che si avvicini quanto le circostanze, i dritti del popolo e i bisogni della riforma ci permettono, e che intanto comprenda la sicura guarentigia, che spingerà la rivoluzione nelle sue vie senza precipitarla, ma al tempo stesso senza nè arrestarla, nè ritardarne il cammino; anzi n’accresca l’energia che basti a farla trionfare dai pericoli proprj e da quelli che l’insidie d’un Governo che vincemmo ci semina a larghe mani ad ogni passo.

In questo sistema è convenuta unanimamente la Commissione, per due grandi altri motivi che scendono a considerazianai d’una sfera più elevata.

Sebbene molti non cercano nelle rivoluzioni altra legittimità che quella della vittoria, pur nondimeno non ci si può contrastare, che una rivoluzione che si parte dal dritto evidente, ed al dritto ritorni, ha qualche cosa d’imponente, che ai nemici ispira rispetto, agli amici simpatia. Sebbene i dritti dei popoli sono scritti nel libro della Provvidenza, e non hanno bisogno di pergamene, pur nondimeno una rivoluzione, che cerca riconquistare i dritti d’un popolo, in un patto solenne col suo Principe stipulati, si può chiamar piuttosto una riparazione; e il popolo lungi dall’essere chiamato ribelle, ha dritto a chiamar ribelli i vicini e lontani, che tentano contrastargli il suo diritto. Il popolo siciliano, per mezzo di questo Comitato, che n’è stato l’organo fedele, nel suo ammirabile buon senso il comprese, e sin dal primo momento che impugnò le armi, proclamò il suo diritto, e disse: che non le avrebbe deposte finchè non avrebbe riconquistato la sua costituzione del 1812. Non dimenticò però sapientemente il suo dritto imperscrittibile e non scritto, il dritto ch’ebbe da Dio, di riformar questa medesima costituzione; ma unì l’uno all’altro, e si presentò al mondo deciso a combatter la battaglia sul campo del dritto naturale e del dritto costituzionale.

E il mondo plaudì: e qui viene la seconda grande considerazione.

Oggi il mondo, e particolarmente l’Europa non è più l’accidentale raccozzamento di tante società l’una dall’altra segregata, l’una all’altra indifferente, l’una dall’altra assolutamente indipendente. Vi è una unione, se non espressa, tacita almeno, vi è un certo diritto internazionale (giusto o ingiusto che sia), pure un dritto esistente, e potentemente sostenuto. Vi è in certuni una naturale antipatia per le rivoluzioni che non puossi vincere, se non appoggiandosi a certi diritti poitivi. Vi è un anfizionato monarchico, che sorride alla libertà dei popoli, quando non può apertamente calpestarla. Ora nulla più sostiene la fortuna d’una nazione, quanto l’idea che combatte per riacquistare una costituzione violata dal Principe, anzichè imporne una tutta nuova.

Questa verità, che non ha di bisogno di prove o commentario per dimostrarsi, è stata forte abbastanza finora, per ottenerci un amico potente, neutralizzare un nemico potente occulto, e far tacere, o ridurre alla minaccia impotente una potenza nemica nata d’ogni libertà, l’odio d’Italia.

Questi argomenti ci facevano rifiutare il sistema dell’assemblea unica costituente, la quale non appoggiandosi al passato pareva voler rinegare il principio proclamato dalla nostra rivoluzione, e le toglieva uno dei due puntelli che tanto piace alle senilità diplomatiche. Rompeva la catena della tradizione e ci toglieva quell’aura di securità d’avvenire che avea inspirato all’interno ed all’esterno. Quindi in questa quistione della prima convocazione ci confermammo nel principio sì legittimo e prudente di non dilungarci dalla costituzione del 1812 che quanto la possibilità attuale, i mutamenti irreformabili del tempo, e la necessità delle riforme future ci permettevano.

Ma nel tentare quest’opera di transazione, e di transazioni ci si potrebbe forse opporre che noi i quali non vogliamo costituente, faccian noi da costituente. Al che ci pare rispondere che qualunque forma si adotti, per necessità questo Comitato deve assumere una parte costitutiva; perchè seppure si addottasse la forma meno complicata e si chiamasse Sicilia in generali comizj, si dovrebbero stabilire tali norme ai comizj che, certo oltrepasserebbero, le riforme da noi proposte: e poi crediamo certamente atto più modesto del Comitato il dire al popolo siciliano: V’invito a riunirvi in Parlamento con quelle riforme che la necessità ci suggerisce; anzichè dire, nulla più esiste, nulla, neppure la costituzione che volete riformare; riunitevi al modo nostro.

Ora dunque non ci resta che a giustificare queste riforme.

Rannodarci al nostro passato, riformare quanto comanda l’attuale urgenza, convocare una rappresentanza che dia sicure guarentigie, che possa riformare a seconda i bisogni del popolo, furono i tre principj che ci guidarono.

Quindi cominciammo dal dare al Corpo che si riunirà un nome che in sè non pregiudicasse a nissuna riforma futura, e che nel linguaggio richiamasse quello costituzionale; usammo parola da voi consacrata sin dai primi momenti della rivioluzione. Abbiamo detto: è convocato il Generale Parlamento in Palermo; un breve preambolo contiene le idee riformatrici, che sono una ripetizione di quelle parole, che voi con tanta fermezza pronunziaste la prima volta e finora non avete abbandonato.

I pericoli conosciuti d’un’assemblea unica, ci fecero decidere a farla risultare di due Camere; ed essendo indifferente nella sostanza il nome, ma molto importante per mostrare, che la costituzione del 1812 non si è perduta di vista, l’abbiamo chiamate coi nomi da quella consacrati, di Camera dei Comuni e Camera dei Pari.

La composizione della Camera dei Comuni dovea subire necessariamente riforme considerevoli. L’elemento popolare vi doveva essere pienamente influente; tutte le classi del popolo rappresentate, tutte le capacità trascurate nel 1812 comprese: le proprietà fondiarie, industriali, intellettuali, pecuniarie, doveano entrarvi; insomma nissun elemento della nostra democrazia, sì grande e sì gloriosa dovea trascurarsi: quindi credemmo che doveano aver diritto a dare il voto elettorale otto larghe categorie invece dell’unica del censo considerata dalla costituzione del 1812; dall’artigiano al proprietario dovea trovare il suo rappresentante nel Parlamento perché così diventasse una verità, che la Sicilia sia riunita in general Parlamento.

Il numero dei rappresentanti per l’accresciuta popolazione fu accresciuto; le città capiluoghi di circondarj tutte chiamate a mandare un rappresentante; i distretti di uno aumentati. Cosicchè d’una cinquantina è cresciuto il numero dei deputali alla Camera dei Comuni al di là di quello fissato dalla costituzione del 1812.

Per quello che riguarda il diritto ad essere eletto ci parve che la ragione e i tempi non potevano sopportare, che per entrare in una Camera che dovea riformar la costituzione, e gettar le basi della fortuna della patria, vi volesse altro requisito fuorchè la fiducia dell’elettore; quindi, senza affatto tener conto dell’ingiustizia del censo, che misura la dignità dell’uomo dagli scudi che possiede, abbandonammo al voto degli elettori la scelta. Non vi è cittadino elettore che non possa entrar nella Camera dei Comuni.

Due sole esclusioni conservammo per ora delle molte scritte nella costituzione, perchè inevitabili per la natura, la morale e la ragione pubblica. Furono esclusi gli stranieri o sia i non Siciliani, i minori di 20 anni, i condannati o accusati per reati comuni. Insomma stranieri, fanciulli e colpevoli soli sono allontanati dal santuario della legislazione.

La costituzione avea stabilito una gerarchia numerosa e complicata di magistrati per eseguire le operazioni elettorali: questa sparì colla costituzione; riordinarla sarebbe stato o impossibile, o avrebbe domandato tanta lunghezza di tempo, che male risponde alle urgenze della nostra posizione: noi abbiamo adottato i mezzi più spediti e semplici.

Un’autorità dovea vegliare alle operazioni elettorali: ed era assai difficile trovarla; perchè potendo influire sulle elezioni doveva essere assai pura e rispettata, onde l’ombra del sospetto non cadesse su quelle elezioni da cui dee dipendere la fortuna presente della patria e speriamo ancora d’un lungo e prospero avvenire. L’unica autorità nata in mezzo alla rivoluzione è quella dei Comitati provvisorj: ma conveniva rafforzarla con un elemento, con quello che fu sempre e sarà il più puro ed il più forte della terra, che fu sempre e sarà venerato massime in Sicilia, coll’elemento religioso. Finalmente vi aggiungemmo un terzo elemento che inspira la piena fiducia del popolo, perchè alla sua fede tutte le proprietà e i dritti più cari sono confidati. Così un membro del Comitato, il parroco ed il più anziano fra i notaj del Comune o della parrocchia formeranno le commissioni che dirigeranno le elezioni. Così sostenuti dal coraggio e dalla pubblica fede, abbiamo deposto sull’altare i destini della patria.

Il voto secreto per ischede ci è sembrato il solo che potesse in un momento di passioni ardenti assicurare la libertà del voto e la sincerità delle elezioni.

Queste sono le principali, per non dir tutte le modificazioni che riguardano la Camera dei Comuni; ma noi le crediamo tali, che con esse forse avremo una Camera tanto liberale, che forse i popoli più liberi ci potrebbero invidiare.

Ora vi parliamo della Camera de’ Pari.

Qui vi preghiamo anzitutto a riflettere, che nel nostro progetto nulla si stabilisce che possa pregiudicare al destino definitivo della Paria.

Ma la Paria presentava due difficoltà:

1. Il numero scemato; e questo non ci sconfortava, perchè ci dava più campo di supplirvi altri elementi.

2. La supposta antipatia di tale instituzione alle riforme popolari. A questo noi trovammo una risposta ed una guarentigia, una risposta che sta nel fatto del passato e del presente. Il credere che vi sia una classe di uomini per natura ostili al popolo è un crearsi pericoli e spargere dissidii senza prova. La Paria ch’ebbe la prudenza di deporre tutti i suoi odiosi privilegj, e farne in una notte volontario olocausto al popolo, e la Paria stessa i di cui figli veggiamo noi in mezzo a noi; che hanno combattuto col popolo e pel popolo, e che il popolo ha abbracciato come fratelli nel momento del pericolo; la proscriveremo dopo la vittoria? Siamo cresciuti noi popolo ed essi Pari alla scuola dell’uguaglianza e della sventura: noi siam sicuri che essi non la dimenticheranno giammai.

Ma sien pure sì imprudenti, ciò che non ritrae per nulla dal verisimile, ecco la guarentigia. Una Camera di Comuni così popolare inspirerà, se non vogliamo dire imporrà, opinioni libere e popolari a quella dei Pari. Ma v’ha di più ancora, e questo è decisivo; noi abbiamo proposto, come appresso vedrete, introdurre l’elemento popolare assai largamente nella stessa Camera dei Pari, ma prima bisogna parlare della Paria spirituale.

I Pari Ecclesiastici sono certamente più accetti al popolo perchè per lo più sono fratelli del popolo; ne conoscono i bisogni, e per ufficio hanno la missione di sollevarli. La Religione di Gesù Cristo che santificò l’eguaglianza, oggi è la salvaguardia delta libertà, e la nostra rivoluzione cominciò come in tutta Italia, col nome del Vicario di Cristo sulla bocca.

Noi credennmo reato di lesa religione il non chiamare i Pari Ecclesiastici nella Camera dei Pari, anzi questa ci fu ragione potentissima a conservarla.

Ma sieno Pari Temporali o Ecclesiastici, certamente non devono sedere nella rappresentanza della nazione Siciliana, che Siciliani; fra gli Ecclesiastici non devono sedere secolari che hanno cambiato in proprio guadagno profano i beni della Chiesa, cioè dell’orfano e del povero, della vedova e dell’infelice.

Quindi ne sono esclusi i non Siciliani e i Commendatori ora questa esclusione riduce a metà, quasi il numero dei Pari, ed ecco il momento d’infondere nella Camera dei Pari un sangue nuovo ed egualmente puro, il sangue popolare. Noi dunque abbiamo proposto, che fatta una lista delle Parie vacanti di accordo tra la Camera dei Pari e quella dei comuni, per tutte le vacanze rispettive di Pari temporali e spirituali si suppliscano altrettanti membri, che la Camera dei Comuni proporrà in terna, nella quale quella dei Pari necessariamente sceglierà; a questo modo avremo una Camera di Pari democratica quanto quella dei Comuni, e dove l’elemento ecclesiastico sarà rappresentato dal Clero veramente militante. L’ elemento aristocratico, se pure esiste, si fonderà col popolare e così avremo tutti i vantaggi di due Camere senza averne i pericoli.

Ma finalmente si presentava un’ultima difficoltà che ci si affacciava sin dal principio, ma che riserbar si dovea quando tutto il nostro progetto sarebbe stato svolto.

In caso di divergenza di opinioni tra queste due Camere, potendo non esservi il terzo potere esecutivo che li mettesse d’accordo, come funzionerà la macchina legislativa?

A questo con un’ultima guarentigia tutta popolare noi abiamo risposto, perchè nei casi di divergenza un Comitato misto di membri delle due Camere di ugual numero deciderà; ma la preponderanza è decisa a quella dei Comuni, perchè sarà preseduta dal Presidente della Camera dei Comuni.

Con quest’ultima guarentigia noi speriamo che non ci é timore anche esagerato che non s’acqueti; la causa del popolo a assicurata, e la nostra libertà salvata dagli errori e dalle ingiustizie, che una Camera unica nell’impeto de’ suoi movimenti potrebbe commettere.

Ora che conoscete tutti i principj che ci hanno regolato, non ci resta che leggervi il progetto, il quale ne contiene le applicazioni in dettaglio, per decidere se sia degno della vostra approvazione.

I componenti la Commissione

Pasquale Calvi presidente; Vito Beltrami; Gabriele Carnazza;

Francesco Ferrara; Emerico Amari relatore.

Il Comitato, approvando per acclamazione unanime le conclusioni del sopra inserto Rapporto, ne ha ordinato la stampa.

Si è quindi passato a leggere e discutere il progetto dello Atto di convocasione, ed approvatolo ugualmente ad unanimità, si è pure ordinato di pubblicarsi e diramarsi in tutta l’Isola. Esso è del tenore seguente:

CONVOCAZIONE DEL GENERALE PARLAMENTO DI SICILIA

Comitato Generale in Palermo.

AL POPOLO

Dal momento in cui la Sicilia prese le armi contro un potere illegittimo, che spogliandola de’ suoi dritti i più sacri l’aveva umiliata alla più degradante servitù, il suo primo grido, cento volte poi ripetuto fu «ch’essa non avrebbe posato le armi, finchè riunita in Palermo in General Parlamento non avesse adattato ai tempi la sua costituzione che da molti secoli aveva posseduto, e che sotto la influenza della Gran Brettagna fu riformata nel 1812.»

Appena la Provvidenza ha benedetto le nostre armi, e suggellato colla vittoria la giustizia della nostra causa, il primo e più santo dovere cui si riconosca obbligato il Comitato Generale, onde rispondere alla fiducia, che ha in lui riposto l’unanime adesione di tutta la Sicilia, è quello di accelerare quanto è possibile, il solenne momento in cui la nazione libera possa riunirsi in Parlamento, perchè adattando ai tempi la sua costituzione, fermi le basi della pubblica prosperità, e sotto la mano potente dell’Altissimo, sollevi la nazione ai grandi destini, a cui la natura ed il coraggio de’ suoi figli l’hanno chiamata.

Trentatre anni di dispotismo però, ed il necessario progresso morale ed intellettuale del popolo, hanno nell’intervallo profondamente mutato le condizioni della società; la urgenza dei bisogni della patria è sì imperiosa, che sarebbe impossibile nel momento attuale riunire un Generale Parlamento colle norme rigorose della costituzione del 1812, per poscia arrecarle quelle modificazioni che possano solo satisfare ai tempi mutati. Quindi stretto dalla più evidente necessità questo Generale Comitato invita tutta la Nazione a riunirsi in Generale Parlamento colle seguenti norme:

1. È convocato in Palermo il Generale Parlamento per adattare ai tempi la costituzione del 1812, e provvedere a tutti i bisogni della Sicilia.

2. A tal uopo le Camere dei Comuni, e dei Pari, si riuniranno in Palermo il giorno 25 marzo prossimo, solennità dell’Annunziazione di Maria Vergine.

3. Tutte le Città e Terre parlamentarie che, secondo il § 3, 4 e 5 del cennato capitolo, ed altre Città, che per le leggi seguenti del Parlamento hanno diritto alla rappresentanza, pro-cederanno alla elezione dei loro rappresentanti, il giorno 15 marzo.

4. Tutti li 23 distretti, che, secondo il § 2 del Cap. V, Tit. 1, della costituzione e la mappa annessavi infine, hanno diritto a mandare rappresentanti, ed il nuovo Distretto di Acireale posteriormente creata, nomineranno nei loro capiluoghi rispettivi ciascuno due rappresentanti il giorno 18 marzo 1848.

5. Le città manderanno il numero dei rappresentanti corrispondente alla loro popolazione, giusta il censo risultante dall’indice alfabetico dei Comuni di Sicilia, coll’indicazione della popolazione, compilato dalla Direzione generale di statistica in agosto 1846, e pubblicato per le stampe in Palermo in detto anno, di cui copia si spedisce annessa al presente regolamento; dimodochè le città che avranno raggiunto la cifra di 18 mila abitanti ne manderanno due, e quelle che avranno raggiunto la cifra di 6 mila ne manderanno uno.

Se però ve n’ha di quelle che avevano il dritto di rappresentanza per la costituzione del 1812, e dopo quell’epoca avranno diminuito di popolazione, manderanno ciò non ostante il numero di rappresentanti stabilito nella costituzione.

6. L’isola di Lipari eleggerà il suo rappresentante ai termini del § 7 della costituzione al capitolo cennato.

7. Tutte le Comuni inoltre che sono attualmente capi-luoghi di circondario, sebbene non abbiano la popolazione di 6 mila abitanti, manderanno purnondimeno un rappresentante per una.

8. Le università degli studj di Catania e di Messina manderanno un rappresentante per ciascheduna, e due quella di Palermo, in conformità del § 8 del cennato Cap. V della costituzione, Tit. I.

9. Mancando nel momento attuale le liste elettorali, e tutti i magistrati che la costituzione ed i regolamenti richiedevano per procedersi all’elezioni; nè le circostanze permettendo gl’indugj della loro creazione, saranno elettori dei membri del prossimo general Parlamento.

I. Tutti i proprietarj che possiedono una rendita vitalizia o perpetua di onze 18, giusta il § 1 del Cap. VIII, Tit. 1 della costituzione.

II. I dottori o licenziati in qualunque siasi facoltà.

III. I membri delle Accademie letterarie, scientifiche, ed artistiche del Regno.

IV. I professori delle Univesità degli studj, i membri dell’istituto d’incoraggiamento, delle Società , e delle Commissioni economiche del Regno.

V. Tutti i commercianti inscritti nei ruoli ultimi dell’abolita tassa dei negozianti.

VI. Tutti gli artisti e maestri inscritti nelle liste delle guardie nazionali: ed in quei luoghi in cui non è ancora organizzata la guardia nazionale, tutti gli artisti ed i maestri, che trovansi superiori o congiunti delle Congregazioni laicali.

VII. Tutti coloro infine che trovansi inscritti nelle liste de-gli eleggibili comunali ultimamente pubblicate.

10. Non potranno esercitare il dritto elettorale:

I. Tutti coloro che non sanno leggere e scrivere, giusta il capitolo X della costituzione, al titolo della libertà, dritti, e doveri del cittadino.

II. Tutti coloro che sono esclusi dalla rappresentanza dal § 1 e 2 del Cap. 6, Tit. 1della costituzione.

III. Gli accusati, e quei che legalmente ne sono interdetti poi soli reati comuni, giusta il Codice penale provvisoriamente in vigore.

11. Qualunque cittadino Siciliano, che avesse una delle qualità anzidette per essere elettore, quando otterrà la maggioranza dei voti degli elettori, che voteranno nel giorno della elezione, sarà il rappresentante del distretto, della città, ed università che l’avrà eletto, senza aver di bisogno di qualunque altro requisito; salvo che non incorra nell’esclusioni cennate nel § precedente.

12. I Comitati provvisorj delle città o comuni, nelle quali deve procedersi all’elezioni, destineranno, appena ricevuto il presente atto di convocazione, il luogo e l’ora in cui si dovranno effettuare le elezioni.

Sceglieranno a maggioranza di voto uno de’ loro membri; il quale di unita all’Arciprete o Parroco o Curato, o chi n’esercita le funzioni, ed al più anziano fra i notai del Comune formeranno le Commissioni incaricate delle operazioni elettorali: il membro del Comitato scelto ne sarà presidente.

Queste Commissioni terranno:

I. Per due giorni precedenti a quello fissato come sopra per l’elezione, un registro aperto disposto ad alfabeto, nel quale andranno ad inscrivere il proprio nome, cognome, paternità e domicilio, tutte le persone che hanno le qualità per essere elettori.

II. Veglieranno affinchè non s’iscrivessero persone che non ne hanno il dritto; al quale effetto giudicheranno provvisoriamente se la persona che si presenta abbia o no le qualità di sopra richieste, salvo il richiamo alla Camera dei Comuni, che ne deciderà definitivamente; e in caso di ammissione le rilasceranno un bullettino a firma di tutti e tre, onde presentarlo nel giorno delle elezioni.

III. Presederanno nel detto giorno alle operazioni elettorali; raccoglieranno i voti; nomineranno due elettori a fare da squittinatori.

IV. Insomma prenderanno tutte le misure convenienti perchè l’elezioni si compiano colla massima tranquillità, e l’ordine più esatto, allontanando le persone che cercassero disturbarlo.

13. L’ elezioni si faranno a votazioni segrete; cioè consegnando ogni elettore un bullettino, in cui sia scritto il nome del suo candidato, in mano del Presidente, della Commissione che lo deporrà in un’urna chiusa alla presenza dell’elettore, e degli altri membri della Commissione.

14. Passata l’ora fissata per la votazione, il Presidente della Commissione ad uno ad uno trarrà dall’urna i bullettini, li leggerà ad alta voce, e li passerà successivamente agli altri due membri; ed i due squittinatori verranno scrivendo il nome del candidato coi voti successivi; quindi raccolti, proclamerà il candidato della votazione, tutte le quali operazioni saranno fatte pubblicamente alla presenza degli elettori.

15. Se nissuno dei proposti otterrà un voto più della metà dei voti espressi, si passerà a votare in iscritto e segretamente per e per no, sopra ciascuno dei proposti, cominciando da colui, che avrà ottenuto più voti, e così continuando sino a che si arriverà al nome di colui che otterrà uno più della metà dei voti.

16. Nissuno potrà presentarsi armato per iscrivere il suo nome nei registri, o per votare nelle elezioni, sotto pena di non poter più votare in questa elezione.

17. Compiuta l’elezione, le Commissioni elettorali rilasceranno un attestato della elezione al rappresentante eletto, munito delle loro firme; copia del quale, anche da loro sottoscritta, e vistata dal Presidente del Comitato locale, invieranno a questo Comitato generale, che lo presenterà alla Camera dei Comuni appena riunita. Redigeranno un verbale dello operazioni elettorali, che insieme al registro degli elettori conserveranno sotto suggello a disposizione della Camera dei Comuni.

18. Nelle Città che v’hanno più parrocchie, le Commissioni elettorali saranno composte da un membro del Comitato scelto a maggioranza di voti, come all’art. 12 per ciascuna parrocchia, dal Parroco di essa, e dal Notaio più anziano domiciliato in essa.

Queste Commissioni si limiteranno alle operazioni preliminari sino alla raccolta dei bullettini; quindi si riuniranno tutte le Commissioni di tutte le parrocchie nella casa comunale, dove si farà lo spoglio dei bullettini; e si passerà a dichiarare eletto colui (o coloro, quando i rappresentanti devono essere più di uno) che riuniranno la maggioranza dei voti complessivi di tutte le parrocchie, come all’art. 15.

19. Tutti i Pari temporali indicati nel § 2 del Cap. IV, Tit. 1 della costituzione e nella mappa annessavi in fine, o in loro mancanza i loro successori nel titolo, secondochè la successione si trovava stabilita nelle particolari famiglie nel 1812, e tutti i Pari ecclesiastici indicati nel § stesso, e nella stessa mappa, sederanno nella Camera dei Pari.

20. Sono esclusi dalle Parie temporali i non Siciliani, e dalle spirituali gli ecclesiastici non Siciliani, e coloro che le possedessero in commenda,

21.  E siccome molte Parie temporali sono oggi estinte, o possedute da non Siciliani; e molte Parie spirituali sono vacanti, ovvero possedute da commendatori o da prelati non siciliani; così per restituire la Camera dei Pari al numero, al quale, necondo la mappa annessa alla costituzione, giugneva nell’ultima sessione, sarà completata nel modo seguente:

La Camera dei Comuni legittimamente costituita, ed eseguite da duella dei Pari le formalità indicate nell’art. 23, presenterà alla Camera dei Pari tante terne separate, di persone laiche ed ecclesiastiche, per quante Parie temporali ed ecclesinstiche sono rispettivamente mancanti.

E siccome non si tratta di costituire in persona degli eletti una Paria definitiva, così qualunque sarà eligibile alla Camera de’ Comuni potrà essere compreso nella terna dei Pari mancanti.

La Camera de’ Pari sceglierà necessariamente sulla nota tripla presentata da quella dei Comuni entro tre giorni dal dì della presentazione; e dove trascuri di farlo, il primo nominato in terna sarà di dritto il Pari eletto.

22. La Camera dei Pari e quella dei Comuni si riuniranno in locali per questa prima volta preparati da questo Comitato generale, sotto la presidenza del più vecchio fra i membri presenti di ciascheduna Camera, per procedere alla elezione dei loro rispettivi Presidenti e Vice-presidenti, ed alla verifica dei titoli dei loro membri rispettivi.

23. Appena scelto il presidente, la Camera dei Pari non potrà passare ad altri atti, se prima non invierà a quella dei Comuni la lista delle Parie temporali o ecclesiastiche vacanti.

Se la Camera dei Comuni non la giudicherà esatta, un Comitato misto di venti membri della Camera dei Comuni, e di altrettanti di quella dei Pari, sotto la presidenza del Presidente della Camera dei Comuni, fisserà definitivamente la lista e si procederà immediatamente alla proposta delle terne supplementarie come all’art. 21.

24. In tutte le misure, in cui sarà divergenza di opinione fra le due Camere, un Comitato misto come all’articolo precedente composto, e sempre eletto all’uopo pel caso speciale, deciderà.

Le Camere sono obbligate a scegliere entro il termine di otto giorni il loro Comitato, spirato il quale la Camera più diligente farà la scelta nell’altra.

I Comitati misti sono in numero legale quando vi sono riuniti due terzi dell’intero numero.

Così riunito il General Parlamento, saranno adempiuti i voti della nostra eroica Nazione; ed il Comitato Generale affretta col desiderio questo giorno augurato, perciò sotto gli ordini della rappresentanza nazionale abbiano fine quei Poteri che la necessità e la fiducia del popolo gl’impose nei giorni più perigliosi della nostra gloriosa rivoluzione.

Fatto e deliberato ad unanimità di voti oggi il giorno 24 febbraio 1848.

 

Ruggiero Settimo — Mariano Stabile — Principe di Pantelleria — Barone Pietro Riso — Pasquale Calvi — Marchese di Torre Arsa — Principe di Scordia — Barone Casimiro Pisani —Prof. Sac. Gregorio Ugdulena — Conte di Sommatino — Vito Beltrani — Vincenzo Errante Francesco Anca — Conte Aceto — Duca di Monteleone — Duca di Serradifalco — Francesco Trigona — Paolo Paternostro — Francesco Ugdulena — Duca Gualtieri — Marchese Spedalotto — Luigi Scaglia — Duca delta Verdura — Giulio.Senso — Giovanni Villa Riso — Giuseppe Natoli deputato del comitato di Messina — Sebastiano Lilla deputato del comitato di Messina Giovanni Interdonato deputato del comitato di Messina Vincenzo Cacioppo — Francesco Crispi — Giovanni del Castello di Sant’Onofrio — Rosolino Pilo Gioeni di Capaci — Gabriello Carnazza deputato di Catania — Bonaventura Gravina deputato di Catania — Antonino Gravina deputato di Catania — Raffaele Lanza deputato di Siracusa — Abate Emilio Bonfardeci dep. idem — Principe di Leonforte delegato di LeonforteAngelo Marocco —Giovanni Naselli — Francesco Burgio Villafiorita — Salesio Balsamo — Ignazio Pilo Foresta —  Andrea OndesFrancesco Giuseppe OddoFilippo Napoli e FaijaCarmine Lanzerotti deputato d’Agosta — Federico Napoli — Rosario Bagnasco — Giacinto CariniGiuseppe La MasaBenedetto Venturelli Emerico Amari — Tommaso Manzone — Ignazio Ribbotti,Francesco TerrasonaGiuseppe Scoppa deputato di Aci-RealeFrancesco FerraraPasquale Bruno  —  Ignazio JaconaSalvatore Castiglia — Giambattista CiancioloEmmanuele CarusoDamiano Lo Cassio — Sebastiano Corteggiani — Ascanio Enea — Principe di Grammonte — Antonio Iacona. — Domenico Minnelli — Agatino d’Ondes ReggioVincenzo OrsiniMario PalizzoloPrincipe Ottavio Rammacca  — Francesco Vergara — Guglielmo Velasco — Canonico Michele Genoese delegato di Noto Padre Michele Giambanco Provinciale dei Crociferi idem — Antonio Sofia idemFrancesco Conforti idem — Giuseppe Pipilone idem — D. Emmanuele Iola, delegato di RagusaProfessore Gaetano Daita delegato di VittoriaPasquale Miloro.

Il Presidente del Comitato generale

Ruggiero Settimo

Il Segretario generale

M. Stabile.

 

IL COMITATO GENERALE DI PALERMO

AI PRESIDENTI DI TUTTI I COMITATI DELLA SICILIA.

 

Istruzioni pratiche per la esecuzione delle elezioni

dei rappresentanti alla Camera dei Comuni.

Signore

 

Nel trasmetterle l’atto solenne della Convocazione del general Parlamento le annunciava che presto le avrei trasmesso copia in istampa dell’indice alfabetico dei Comuni accompagnandolo di alcune istruzioni pratiche per procedere con più facilità e prontezza all’elezioni, ed evitare quei disordini che in un’operazione, ch’ora si compie per la prima volta dopo trent’anni potrebbero nascere.

Dal risultato dell’elezioni dipende il carattere della rappresentanza nazionale, e da questa la sorte della Sicilia, nè vi ha d’uopo aggiugner parola per comprendere l’importanza di sì grand’atto.

Che la elezione sia l’espressione libera, sincera, meditata della volontà nazionale: ecco tutto quello cui debbono tendere tutte le misure d’ordine, che nella esecuzione dovrà prendere cotesto Comitato, e particolarmente le Commissioni elettorali, il supremo dovere di essi adunque si riduce a queste due parole, ordine e imparzialità.

A tal uopo sebbene l’atto di convocazione abbia stabilito le norme più generali e rilevate, non potendo scendere a minuti particolari, non poteva prevedere quelle misure di dettaglio che possono meglio assicurarne la riuscita. È perciò che questo Comitato generale indica a’ Comitati locali alcune norme pratiche: lasciando per altro alla conoscenza più intima delle condizioni locali, che deve avere cotesto Comitato, l’usarne e l’applicarle, secondo la prudenza può dettare.

Dall’atto di Convocazione Ella rileverà, che tutte le operazioni elettorali possono ridursi a tre parti: 1. Le operazioni preliminari; 2. La votazione; 3. Il risultato della votazione. — Le seguenti istruzioni daranno norme per tutte le parti successivamente.

I. Operazioni preliminari o formazione delle liste elettorali.

1. Appena pervenuto l’atto di Convocazione, cotesto Comitato dee farlo conoscere e promulgare alla popolazione della città o comune e sue dipendenze o per le stampe, o per affissi nei luoghi più frequentati, o per pubblico bando; insomma usando tutti quei mezzi che possono dargli la massima e più rapida pubblicità.

2. Dall’atto di Convocazione e dal libro della Costituzione è facile il conoscere quanti rappresentanti deve inviare cotesta Comune cioè . . . . essendo la popolazione nell’indice segnata più di ... .

Nel pubblicare l’atto di Convocazione dovrà dunque far pubblicare il numero dei rappresentanti che può nominare la sua Comune.

Se la sua Comune non ha dritto a nominare un rappresentante, avrà però il dritto d’inviare i suoi elettori per concorrere all’elezione del rappresentante del distretto nel capoluogo giusta la costituzione e il § 4 dell’atto di Convocazione; quindi non vi è Comune che non dee procedere al registro degli elettori.

3. Il giorno istesso della promulgazione, o l’indomani al più tardi, passerà codesto Comitato a comporre la Commissione elettorale.

Essa secondo il § 12 dell’atto di convocazione deve essere composta d’un membro di cotesto Comitato, del Parroco, od Arciprete o Curato, o di chi ne fa le funzioni, e del notaio più anziano.

Quindi la prima cosa ad eseguire il giorno o l’ indomani della promulgazione sarà lo scegliere il membro dello stesso Comitato a voti: — poscia avvisare il Parroco o chi ne fa le funzioni, e designare il notaio più anziano. — Per anziano s’intende il notaio più vecchio d’età per evitare qualunque contestazione. Se fosse d’età decrepita o impedito per assenza, malattia o altra causa, il Comitato avviserà quello che per età gli viene immediatamente appresso. Il membro del Comitato eletto presederà, la Commissione. Quindi indicherà il luogo in cui si debbono riunire per fare tutte le operazioni preparatorie, e terrà la corrispondenza col Comitato locale in tuttociò che sarà necessario per buon andamento dell’elezioni.

4. Se la Comune è divisa in più parrocchie, la Commissione elettorale non può essere più unica, ma vi saranno tante Commissioni per quante parrocchie si trovano nel Comune. Tutte saranno ugualmente composte, e colle stesse rogole dell’art. 3.

Inoltre se la Comune è capoluogo di Distretto, oltre le Commissioni elettorali delle parrocchie, se ne dee scegliere una per gli elettori distrettuali composta d’un membro del Comitato, d’un notaio e d’un sacerdote a scelta del Comitato, per eseguire le operazioni che si diranno all’art. 29 e seguenti.

5. Il Comitato locale deve stabilire il luogo dell’elezioni giusta il § 12 dell’atto di Convocazione.

Se la Commissione sarà unica, il Comitato sceglierà il locale più capace e più centrale, purchè non sia quello in cui suol tenere le sue sedute il Comitato provvisorio. — La casa comunale sarebbe addatta, o in mancanza qualche convento, e sempre un luogo pubblico.

Se saranno più parrocchie e quindi più Commissioni, allora i locali scelti devono essere tanti quante la parrocchie e colle stesse condizioni sopra esposte.

Scelto così il locale, il Comitato ne darà avviso subito alla Commissione o alle Commissioni, e contemporaneamente per tutti i mezzi di pubblicità ne avviserà il pubblico. Da quel momento le Commissioni si metteranno in funzione, faranno tutte le loro operazioni in quel luogo destinato.

6. Il primo atto delle Commissioni sarà l’aprire un registro in cui inseriranno giorno per giorno le loro operazioni e le risoluzioni prese. Esse sempre decideranno a maggioranza; quando manchi uno  dei tre, gli altri due risolveranno; se più o tutti, il Comitato ne sceglierà dei nuovi.

7. Quindi al più presto possibile, ed anche il giorno stesso della loro nomina le Commissioni apriranno il registro di coloro che devono inscriversi come elettori, e destineranno le ore del giorno in cui il registro starà aperto; per lo meno dev’essere sei ore al giorno, cioè tre ore prima e tre ore dopo il mezzo giorno, nel quale tempo le Commissioni debbono restar permanenti nel locale destinato, e registrare i nomi degli elettori a seconda si vanno presentando; di ciò devesi avvisare il pubblico nei modi di sopra espressati.

8. Come si presenta una persona per essere inscritta, il Presidente della Commissione le domanderà per quale titolo essa voglia essere inscritta.

I titoli per quali uno può essere elettore sono indicati nel § 9 dell’atto di Convocazione e sono VII.

I. Se allega il primo, cioè la possidenza di onze 18 all’anno, per essere ammesso deve presentare o il rivelo della fondiaria o l’atto da cui risulta la sua possidenza: ma per non prolungare il tempo, quando i tre membri della Commissione, unanimamente riconosceranno, come di pubblica notorietà la possidenza, resterà inscritto il nome dell’elettore.

È da notare, che la possidenza può essere o perpetua o vitalizia, sopra qualunque cespite, o per qualunque causa, e per tutte dov’essere ammesso l’elettore.

II. Se sia dottore o licenziato in qualunque siesi facoltà.

Chi allega questo titolo deve immancabilmente presentare il suo privilegio o la sua licenza, nè sarà come tale ricevuta che quella concessa da una delle tre università di studj del regno di Palermo cioè, di Messina, e di Catania; qualunque altro privilegio, permesso, o autorizzazione non debbe avere nissun valore.

III. Se allega essere membro d’un’accademia, deve presentare il diploma che lo nomina membro d’un’accademia.

Per accademia debbesi intendere un’accademia pubblica e riconosciuta del regno. Qualunque sia il titolo dell’accademico sia ordinario, onorario, corrispondente ecc., sarà sempre ammesso.

E facile il comprendere, che non possono dar nissun dritto i diplomi di accademie fuori di Sicilia.

IV. Se allega essere professore dell’università, o membro dall’instituto o delle società, o delle classi economiche, deve, presentare il decreto o la nomina officiale.

Pei professori sono solamente ammissibili quelli che presentano un decreto o un rescritto, o una elezione officiale, che riporti il decreto o rescritto di nomina.

V. Se allega d’essere inscritto nella lista dei commercianti per essere ammesso basta il presentare l’ultima ricevuta di pagamento alla tassa dei negozianti.

E siccome la tassa fu abolita nel 1842 la ricevuta dev’essere almeno dell’anno 1841. S’ è degli anni anteriori non darà dritto d’ammissione.

VI. Se allega d’essere artista, o maestro inscritto nelle liste della guardia nazionale, basta portare un certificato del capo della guardia nazionale o del capo del suo quartiere; si comprende facilmente, che per guardia nazionale non s’intende la guardia urbana ch’esisteva prima della rivoluzione.

Se non vi è guardia nazionale, e il maestro o l’artista alleghi essere uno dei superiori o congiunti della congregazione, deve presentare l’atto di elezione della congregazione.

VII. Se allega d’essere inscritto nella lista degli eligibili comunali, deve presentare un certificato del Segretario di cotesto Comitato portante l’estratto dell’ultima lista degli eligibili.

9. Il Comitato per accertare le operazioni del registro degli elettori, appena la Commissione sarà in funzione, le invierà i seguenti documenti in copia legale:

1. La lista ultima degli eligibili comunali

2. Il ruolo della tassa dei negozianti

5. Il ruolo fondiario, se si può.

4. La lista delle guardie nazionali di tutto il Comune, o del quartiere del Comune in cui si trova la parrocchia

5. La nota di tutte le Congregazioni laicali, dove si trovano aggregati maestri, col nome dei superiori e congiunti.

Dove tutti o parte dei documenti manchino, ciò non impedirà che le Commissioni procedano nella registrazione degl’elettori.

10. Come si presenta un elettore e sono ammessi i suoi titoli, il suo nome, cognome, domicilio, professione, titolo pel quale è ammesso, saranno registrati in un libro detto registro degli elettori.

11. Questo libro sarà disposto per ordine alfabetico, e s’ïnscriverà alfabeticamente il cognome e poi il nome.

Avrà sette colonne oltre quella del numero progressivo.

Nella prima s’inscriverà il cognome.

Nella seconda il nome.

Nella terza la professione.

Nella quarta si cennerà il titolo di ammissione scrivendo così: « Possidente, o Dottore, o Licenziato, o Accademico della Accademia tale, o Commerciante.

Nella quinta il domicilio.

Nella sesta le osservazioni, se ve ne ha.

Nissuno può registrarsi in più d’ una parrocchia, nè fuori della sua dov’è domiciliato.

12. Sono esclusi i minori di 20 anni, i non Siciliani, gli accusati o interdetti. Per l’età, quando sorge dubbio, chi domanda l’ammissione sarà obbligato a presentare l’atto di nascita o la fede di battesimo. Per lo straniero lo stesso atto.

Come accusato o interdetto non può rifiutarsi alcuno, menochè la Commissione non abbia in mano un certificato contestante l’accusa o l’interdizione per reati comuni, ai termini del § 10 dell’atto di Convocazione.

13. Chiunque può votare in una Comune o Parrocchia, purchè vi abbia il suo domicilio attuale. Per provarlo dove sorga dubbio, basta un certificato del Parroco.

14. Ammesso l’elettore, ed inscritto il di lui nome nel registro, la Commissione giusta il § 13 dell’atto di Convocazione gli consegnerà un biglietto, di cui si acclude un modello, formato almeno da due della Commissione, che porterà scritto il di lui nome, quello della Comune, o del Distretto pel quale può votare, e se vi sono più parrocchie, della parrocchia, con un numero progressivo.

15. Tutte queste operazioni di registrazione dureranno sino a tre ore dopo il mezzo giorno che precede quello delle elezioni. Allora il registro si dichiarerà chiuso, e nissuno sarà più ammesso a farsi inscrivere. Immediatamente la Commissione tra gli elettori registrati nominerà tra gli squittinatori, e li avviserà a trovarsi presenti l’indimani all’ora stabilita,

II. Votazione.

L’indimani, giorno della elezione le Commissioni cogli squittinatori si troveranno nel luogo destinato per l’elezione alle cinque ore prima di mezzogiorno, e si aprirà la votazione. Se gli elettori oltrepassano i cinquecento, si faranno trovare due urne sulla tavola che starà avanti alla Commissione. Corne si presenta ogni elettore, esibirà ad uno dei squittinatori il suo biglietto, il quale riconosciutolo, e se vuole confrontatolo col libro del registro, glielo restituirà segnandovi sopra la parola votato, perché gli servirà in caso di votazione per e per no. L’elettore al tempo stesso presenterà al Presidente un bullettino chiuso in cui è scritto il suo candidato, e immediatamente darà luogo ad altri elettori. Uno degli squittinatori segnerà al margine del nome dell’elettore inscritto nel libro del registro un segno che indichi aver quello votato, mentre l’altro in un foglio ne scriverà con numero progressivo il nome, affinchè così si accerti la somma dei voti espressi, sui quali si dee verificare la maggioranza dei voti. Questa votazione durerà sino a mezzogiorno. Suonato mezzogiorno nissuno è più ammesso a votare, ma il Presidente immediatamente passerà alla estrazione dei bullettini dall’urna come al § 14 dell’atto di Convocazione.

Se dallo spoglio dei bullettini si otterrà la maggioranza d’un voto più d’uno dei voti espressi, si proclamerà immediatamente il nome del candidato scelto che sarà il rappresentante e il numero dei voti ottenuti. Se non si otterrà la maggioranza, allora si proclamerò ad alta voce il numero dei voti che ciascun candidato avrà ottenuto, e si avviseranno gli elettori che l’indimani alle cinque ore prima di mezzogiorno si passerà alla votazione per e per no, sui candidati.

18. Qualunque elettore, abbia o no votato il giorno pre-cedente, puossi presentare l’ indimani per votare pel sì e pel no. Per essere ammesso basta presentare il biglietto , e gli squittinatori scriveranno in un foglio il di lui nome : quindi il Presidente getterà nell’ urna il di lui bollettino chiuso, ed immediatamente seguirà un altro.

Si comincerà a votare pel candidato che avrà ricevuto il giorno precedente più voti, e poi successivamente per gli al-tri sino all’ultimo. Se gli elettori sono più di cinquecento vi saranno due urne. Dopo un’ora di votazione , se non si pre­senterà alcun altro a votare si sortiranno i bullettini, e se il numero dei sì sarà più dei no, sarà proclamato colui il rap-presentante : in caso contrario collo stesso metodo si passerà al secondo, e così sino all’ultimo, dando a ciascun candidato un’ ora di votazione. Se le operazioni si prolungano sino alle 24 ore, si sospenderà la seduta, e si ricomincierà 1’indimani alla stessa ora.

19. Esaurito il numero dei candidati, se nissuno sarà nominato rappresentante, saranno avvisati gli elettori che lo indimani alla stessa ora devono dare il Loro voto per iscritto necessariamente per l’uno o per l’altro dei due candidati, che hanno ricevuto più voti affermativi nello scrutinio precedente per e per no, e colle formalità del § 17 e 18 si voterà segretamente per l’uno e per l’altro: questa votazione durerà sino a mezzogiorno: allora si farà lo spoglio dei bullettini, e colui che avrà ricevuto più voti sarà proclamato eletto rappresentante.

20. Di tutte queste successive operazioni la Commissione redigerà un esatto verbale che firmerà alla fine della seduta quando si ritirerà.

21. Tutte le precedenti operazioni avranno luogo quando un solo è il rappresentante da nominarsi: ed una sola la parrocchia: se però saranno più parrocchie ed un solo il rap-presentante a nominarsi, allora eseguita la prima consegna dei voti scritti in ciascuna parrocchia come dagli articoli 8 a 15, si passerà l’indimani alla votazione in ciascuna parrocchia come all’art. 16. Quindi suonato il mezzo giorno la Commissione avviserà che andrà immediatamente a riunirsi nella Casa comunale o in altro luogo più adatto per passare all’estrazione dei bollettini.

Ivi riunite sotto la presidenza del più vecchio tra i Presidenti, e posate sopra una tavola capace, si sommeranno prima tutti i voti dati addizionando i numeri segnati dagli squittinatori al margine del registro e dei fogli corrispondenti come all’art. 16: poscia si estrarranno tutti i bullettini d’ogni urna come al § 18 dell’atto di convocazione, e si dichiarerà eletto colui che riunirà la maggioranza più uno dei voti espressati e sommati Insieme di tutte le urne (come all’art. 17 del presente regolamento).

22. Se nissuno riunirà l’assoluta maggioranza, allora si inviteranno ad alta voce tutti gli elettori per l’indimani allo sette antimeridiane per presentarsi a votare per e per no pei candidati cha avranno ottenuto più voti, e tutto sarà eseguito come all’articolo 18 e 19 nel locale alla presenza dello Commissioni di tutte le parrocchie.

23. Nelle città in cui si deve scegliere più d’un rappresentante per la città la consegna dei bullettini si farà nel modo stesso sopra accennato, ma ogni bullettino in vece di portare un nome ne avrà scritto due o più per quanti sono i rappresentanti a scegliersi, e saranno nominati rappresentanti coloro che al primo squittinio riuniranno la maggioranza assoluta, altri o tutti quando nissuno otterrà la maggioranza passeranno l’indimani allo squittinio per e per no, e come all’art. 18 del presente regolamento.

Se con questo secondo squittinio ancora rimarrà a nominarsi qualcuno dei rappresentanti, allora l’ultimo giorno si voterà necessariamente per l’uno o per l’altro che avrà più voti immediatamente dopo di lui, e così successivamente finchè non si completerà il numero dei rappresentanti a scegliere.

Così se una città deve scegliere 4 rappresentanti e nei due primi squittinj n’avrà scelto uno, restano ancora a sceglier tre rappresentanti, e tutti avranno avuto il no il secondo giorno; il terzo giorno si passeranno ai voti prima i due che avranno ricevuto più voti affermativi il giorno precedente; e quello che otterrà più voti dell’altro sarà proclamato il secondo rappresentante: poscia si voterà il secondo coll’altro che pel numero dei voti affermativi del secondo giorno gli veniva immediatamente appresso, e quello che avrà più voti sarà il terzo rappresentante: finalmente si voterà quello che restò inferiore con quello ch’ebbe più voti affermativi nel giorno precedente, e chi otterrà più voti sarà il quarto rappresentante eletto.

24. In ogni Comune, anche in quelli che hanno diritto a nominare un rappresentante solo perchè si trovano capiluoghi di circondario non possono votare gli elettori dei Comuni sotto-circondariali.

25. Quando una città è capoluogo di distretto, oltre alla elezione de’ rappresentanti del Comune deve nominare ancora i rappresentanti del distretto.

Siccome i requisiti per essere elettore d’un rappresentante di distretto sono gli stessi di quelli volati per essere elettore d’un rappresentante della Comune, così saranno ammessi a votare tutti coloro cl.e avranno ottenuto l’inscrizione del loro nome nel registro elettorale del capoluogo come all’articolo 10 e seguente; e il bullettino loro consegnato per l’elezione comunale come all’art. 14 loro servirà per essere ammessi a dare il voto per elezione distrettuale.

26. Ma oltre agli elettori domiciliati nel capo-luogo vi possono e devono concorrere gli elettori domiciliati in tutte le altre Comuni del distretto. Quindi gli elettori si presenteranno di persona al capo-luogo per votare giusta il n.° 14 delle istruzioni della costituzione.

27. Qualunque elettore del distretto appartenga ad una Comune che ha dritto ad eligere un rappresentante sarà ammesso a votare nel capoluogo pel rappresentante distrettuale presentando il biglietto, che come elettore comunale ha ricevuto dalla Commissione elettorale della sua Comune.

28. Se però sia elettore che appartenga ad una Comune del distretto che non ha dritto ad eligere rappresentante, allora si dee presentar il biglietto elettorale che gli dee rilasciare la Commissione elettorale del suo Comune.

29. Tutti gli elettori del Comune del distretto si riuniranno nel capo-luogo il giorno 18. Quelli del capo-luogo voteranno presso le Commissioni elettorali destinate all’elezione dei rappresentanti comunali, quelli dei Comuni del distretto presso una Commissione elettorale separata, chiamata distrettuale come all’art. 4 delle presenti istruzioni.

30. Eseguite da queste Commissioni le operazioni analoghe a quelle per l’elezione de’ rappresentanti comunali come all’art. 21 delle presenti istruzioni, si riuniranno poscia nello stesso giorno, o se il tempo nol permette, anche l’indimani nella Casa comunale, per ivi procedere agli atti ulteriori sino alla definitiva elezione come fu indicato dall’articolo 22 e 23.

III. Risultato della votazione.

31. Qualunque eligibile appartenga o no al Comune o distretto che lo elige potrà essere nominato per rappresentarlo.

32. Eletti i rappresentanti tanto comunali che distrettuali la Commissione elettorale della parrocchia o di più parrocchie riunite come all’art. 2, spedirà al momento il certificato della elezione al rappresentante scelto a firma di tutta la Commissione: copia di esso l’invierà al tempo stesso al Comitato locale, il presidente del quale entro 24 ore è tenuto a vistarlo, e l’invierà immediatamente al Comitato generale in Palermo per dare esecuzione al § 17 dell’atto di convocazione.

35. Se nel corso delle operazioni elettorali insorgano dubbj o si presentino riclami, la Commissione elettorale deciderà all’istante, e la sua decisione avrà esecuzione al momento facendone menzione nel verbale cbe è obbligata a redigere come al § 17 dell’atto di convocazione e l’art. 6 di queste istruzioni. La Camera dei Comuni poscia deciderà definitivamente:

34. Se alcuno si presenta armato a registrare il suo nome, a dare il voto, o assistere, o per qualunque siasi causa s’introdurrà armato nel luogo dove siede la Commissione elettoride il Presidente di essa lo inviterà ad allontanarsene: dove resista, ne darà parte all’istante al Comitato locale perché prenda le misure opportune per mantener l’ordine e la libertà assoluta delle elezioni; dove vede gravemente minacciato l’ordine, può chiamare la forza della guardia nazionale più vicina, e se lo crede, leva la seduta finchè l’ordine si ristabilisca.

35. Tutte le carte e i documenti necessarj agli elettori, o alle Commissioni per l’elezioni, saranno prontamente spedite gratuitamente da tutte le Autorità competenti.

36. Il Comitato locale raddoppierà di vigilanza, di zelo e di energia nei giorni dell’elezione, affinchè tutte le operazioni sieno compiute colla massima celerità, ordine e tranquillità. Questo Comitato generale confida al patriottismo del Comitato, della guardia nazionale, e del popolo tutto, l’atto più solenne ed importante da cui dipende la sorte della Sicilia.

Palermo, 29 febbraro 1848.

Il Presidente del Comitato generale

Ruggiero Settimo.

Il Segretario generale

       M. Stabile.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 27 ottobre 2006