Edizione di Riferimento
Rime di Cino da Pistoia e d’altri del secolo XIV, a cura di Giosue Carducci, Istituto editoriale italiano, s.d. (che riproduce l’edizione per la collezione Diamante Barbera del 1862)
O voi che sete del verace lume
Alquanto illuminati nella rasente,
Ch’è sommo frutto dell’alto volume; 3
Perchè vostra natura sia possente
Più nel veder l’esser dell’universo,
Guardate all’alta Commedìa presente. 6
Ella dimostra il simile e ’l diverso
Dell’onesto piacere, e ’l nostro oprare,
E la cagione che ’l fa bianco o perso. 9
Ma, perchè più vi debbia dilettare
Della sua intenzion entrar nel senso,
Com’è divisa in sè vi vo’ mostrare. 12
Tutta la qualità del suo immenso
E vero intendimento si divide
Prima in tre parti senz’altro dispenso. 15
La prima, viziosa dir provvide;
Però che prima e più ci prende e guida.
E già Enea con Sibilla il vide. 18
E questa in nove modi fu partida,
Sempre di male in peggio, fino al fondo
Dove il maggior peccato si rannida. 21
Con propria allegoria formata è ’n tondo,
Sempre scendendo e menomando il cerchio,
Come conviensi all’ordine del mondo. 24
Sopra di questi nove, per coperchio,
Sanza trattar di lor, fa divisione
Di quei che son nel mondo senza merchio. 27
Poscia nel primo, sanz’altra cagione
Che d’ordine di fè, mostra dannati
Quei che hanno l’innocente offensïone: 30
E quei che son più dal voler portati
De’ lor disii che da ragione umana,
Son nel secondo per lei giudicati: 33
Nel terzo quella colpa ci dispiana
Con propri segni, c’ha dal gusto inizio,
Da cui ogni misura sta lontana; 36
E l’altredue opposizioni in vizio
Nel quarto fa parer per giusto modo,
Che rifiutò il buon roman Fabrizio: 39
Nel quinto l’altre due che son nel nodo
Del male incontinenti, ci fa certi
Con accidioso ed iracondo brodo: 42
E quei che son della malizia aperti
Con lor credenze eretiche e fiammace,
Nel sesto dona lor simili merti: 45
Seguendo, la bestial voglia fallace
Nel settimo la pon divisa in trèe:
La prima vïolenza in altrui face, 48
E la seconda offende pur a sèe,
La terza pur a Dio porge dispregio;
E Sodoma e Gomorra con esse èe 51
Nell’ottava conclude il gran collegio
Della semplice frode, che non taglia
Però la carta al fedel previlegio; 54
E questo in diece parti cerne e vaglia,
Ruffiani lusinghieri e simonìa,
E chi di far fatture si travaglia, 57
Barattieri ed ipocrita eresia,
Ladroni e frodolenti consiglieri,
Commettitor di scismatica via, 60
Con quei che fanno scandal volentieri,
Falsator d’ogni cosa in fare e ’n dire,
Figurandoli a modi aspri e leggeri: 63
Nel nono quella froide fa seguire
Che rompe fede; ed in quattro il diparte:
La prima chiama Caina, tradire; 66
Quei che la patria tradiscono o parte.
Nel secondo li mette, in Antinora;
E nel terzo chi serve e fa tal arte, 69
Chiamando Tolomea cotal dimora;
E la quarta, Giudecca, che riceve
Qualunque trade chi ’l serve ed onora. 72
Questo è il fondo d’ogni vizio greve,
Da lui chiamato inferno e figurato.
E qui fo punto per parlar piú breve. 75
Nella seconda parte fa beato,
Purgando, per salire in fino al sito
Che fu al nostro antico poco a grato. 78
Ed ha in sette parti ancor sortito
Cotai salire in forma di un bel monte.
Ma fuor di loro in cinque è dipartito; 81
Però che cinque cose turba ’l ponte
Over la scala da iure a purgarsi,
Cioè diletto violenza ed onte; 84
Onde convien di fuor da’ sette starsi :
Con queste infine al termine lor posto
I negghïenti officïal trovarsi. 87
Nel primo ci dimostra esser disposto
Prima a purgarsi sotto gravi pesi
Quel superbir che ’n noi s’accende tosto; 90
E propriamente nel secondo ha lesi
Gl’invidïosi con giusta vendetta;
Nel terzo gl’iracondi fa palesi; 93
Nel quarto ristorar fa con gran fretta
L’amor del bene scemo; ed entro al quinto
Con gran sospiri gli avari saetta: 96
E l’appetito nostro ha sì distinto
Ciò che dimostra poi nel sesto giro,
Che il vero è quasi da tal forma vinto: 99
Nell’infiammato settimo martiro
Ermafroditi Soddoma e Gomorra
Cantar dimostra il loro aspro desiro: 102
Là su di sopra, perch’altri vi occorra,
Della felicità dimostra i segni
A cui la sua scrittura non abhorra. 105
Ma or, per seguitare i suoi contegni,
Dir mi convien dell’opera divina :
E voi assottigliate i vostri ingegni. 108
La terza parte con alta dottrina
In nove parte figurata prende,
Simil al ben che da nove declina. 111
La prima con quella virtù risplende
Che con freddezza d’animo è eccellenza,
Che carità di spirito s’intende: 114
E la seconda celestial semenza
Al governo del mondo cura e guarda,
Secondo il senso della sua sentenza : 117
La terza par che ’n foco d’amor arda :
Nella quarta risplende tanta luce,
Che sapienza a suo rispetto è tarda : 120
La quinta con feroce ardire adduce
Tanta virtù e forza corporale,
Che solo il militar prende per duce : 123
D’ogni grandezza e d’animo reale
La terza par ch’a suo parere impronti
La mente ’dove sua virtute cale : 126
E la settima par che si contenti
A castità in sacerdotal manto;
E ciò dimostran ben suoi argomenti : 129
D’ogni virtù e d’ogni abito santo
L’ottava e d’ogni ben fa esser madre
Per le virtù che ella ha in sè cotanto: 132
la nona conchiude come padre
Mobile più che alcun moto celeste,
E questa inchiude sincera e leggiadre. 135
Poscia di sopra tutte quante queste
Vede l’essenza del primo fattore,
Che l’universa macchina riveste : 138
In lei discerne del nostro colore;
Per dimostrar che sola nostra vista
Sensibil può veder il suo amore. 141
Però vedete omai quanto s’aquista
Studiando d’alta fantasia profonda,
Della qual Dante fu comico artista : 144
Vedete come ’l suo dir si profonda
Nel bene universal per nostro esemplo,
Acciò che ’n noi il mal voler confonda. 147
Mettete l’affezione a tal contemplo,
Non vi smarrite per lo mal cammino
Che vi distoglie dallo eterno tempio; 150
Nel quale ei fu smarrito pellegrino,
Finché dal ciel non gli fu ’dato aita,
La qual gli venne per voler divino,
Nel mezzo del cammin ’di nostra vita. 154
Io son la Morte, principessa grande,
Che la superbia umana in basso pono :
Per tutto ’l mondo ’l mio nome si spande. 3
Trema la terra tutta nel mio suono :
Gli re e gran maestri in piccol’ora
Per lo mio sguardo caggion del suo trono. 6
La forza giovenil non vi dimora,
Che subito non vada in sepoltura
Fra tanti vermi, che così ’l divora. 9
Soldato, che ti vale tua armadura,
Che la mia falce non ti sbatta in terra,
Perché non facci la partenza dura? 12
Che n’arai poi di questa tua guerra,
Se non tormenti guai e gran tristezza?
E forse mancherai a mezza serra. 15
E tu che credi aver la gentilezza
Per esser nato di gran parentato
E per aver del corpo la bellezza, 18
Peggio che porco nato nel contato,
Il gran macello con disio t’aspetta,
Se non sarai di virtù ornato. 21
O giovinetto della zazzeretta,
Che non conosci li tuoi gran perigli
E ’n quanti modi puoi morire in fretta, 24
Se tu sapessi quanti e quali artigli
Apparecchiati son per la tua vita,
Seguiteresti gli divin consigli. 27
E ben che paia la tua età fiorita,
Presto si secca questo verde fiore,
Se l’alma tua non sta con Dio unita. 30
Guardami in faccia, o ladro giucatore,
Che ti sconfonda ’l nostro gran spavento;
E piú a te che se’ bestemmiatore. 33
Oh quanti son che si pascon di vento
Per seguitar gli onori e le ricchezze,
Che mai si trovan poi alcun contento! 36
Vana speranza con molte sciocchezze
Parte da Dio la mente di costoro,
E fagli perder l’eternal bellezze; 39
Per desiderio del marcibil oro
Perde lo tempo ch’è si cara cosa
E guarda in terra dov’é ’l tesor loro. 42
La mente dell’avar non ha mai sposa
Né mai si sazia, e poi tutto abbandona
Con gran tormento e pena angosciosa; 45
Dannasi l’alma e perde la persona,
Perde la gloria e perde bene eterno,
Perde celeste e trïonfal corona. 48
Oh sodomita erede dell’inferno,
Putrido nella clòaca puzzolente,
Da Dio dannato al fuoco sempiterno! 51
E tu lussurïoso, sei fetente,
Che di porcina schiatta pari uscito
Che di broda e di fungo sempre sente! 54
La donna che consente a suo marito
Con offesa di Dio e sua vergogna,
Varïando per tempi modo e sito! 57
L’eterno Dio di sopra già non sogna,
Ma vede sempre tutto vostro male
E quanto sete mersi in la carogna; 60
E nel giudizio suo universale
Vostre vergogne fien tutte palese
A tutto ’l mondo: nullo aiuto vale. 63
Vostre preghiere non saranno intese
Ma riprovate in gran confusïone,
Nè mai per voi si faran difese. 66
Da poi mandati all’infernal prigione,
Ove fia ’l vostro pianto senza fine,
Lamento grande e lugubre il sermone; 69
Ivi nell’aspre ed orride sentine
Da orribili ministri e furiosi
Che brancheran le vostre miserine; 72
Poi per l’inferno tutti smaniosi
Senza pietade vi strascineranno
Come ribaldi tristi e viziosi, 75
Nè mai di tormentar si stancheranno :
Anelerete di voler morire,
E lor più freschi nel punir saranno. 78
Me chiamerete, e non porrò venire :
Così morendo sempre viverete,
E vostra vita non porrà finire. 81
Delle gran pene mai non mancherete,
Perchè offendeste lo ’nfinito Dio;
Però infinitamente là starete. 84
Or dite quel che vuol vostro disio
E tutto ’l spiacer ch’avete nel mondo
Per contentare il vostro corpo rio! 87
Sopra di voi portate sì gran pondo
Che vi traboccherà in precipizio;
Niente troverete esser giocondo : 90
Ed io non mancherò dal mio uffizio,
Darovi presto lo mortal flagello:
Punir conviensi ciascun vostro vizio. 93
E non vedete sotto il mio mantello
Quanti falcioni i’ ho per ammazzarvi?
E ancora porrò far senza coltello. 96
E mille modi i’ ho per aggrapparvi :
Scampar per alcun modo non potrete :
Per tutti ho dato il modo a sotterrarvi. 99
È pur vana speranza che v’avete
Di dir mia colpa ed esser perdonati,
Quando che più peccar voi non possete! 102
O ver che della fede abbandonati,
Dell’altra vita non credete niente
E sempre siete in vizi relassati. 105
Sappiate questa volta certamente
Che quel che vuol trovar da Dio mercede
Convien che senza vizio sia sua mente : 108
E quel che vive senza tanta fede
Ritroverassi alla pelliccerla,
Di Pluto e di Proserpina erede. 111
Or tu che credi stare in goderla,
Apparecchia la biada al mio ronzino;
Chè presto vengo alla tua osteria; 114
E mangierai con meco nel catino
L’ultima tua vivanda amaricata
Giacendo nella tomba a resupino: 117
E l’alma tua sempre fia dannata :
Per un po’ di dolcezza temporale
Perde la gloria e la vita beata. 120
Ma quello che in virtude sempre sale,
Disprezza ’l mondo e fugge suo veleno,
Cercando Dio lascia l’opere male,
Starà nel ciel perpetuo sereno. 124