Edizione di riferimento
Rimatori bolognesi del Trecento, a cura di Lodovico Frati, ed. Romagnoli-Dall'acqua, Bologna 1915
Edizione elettronica di riferimento
http://www.bibliotecaitaliana.it:6336/dynaweb/bibit/autori/sa/anonimo/rimatori_bolognesi_300
Del terreno credo overo credigo sits
Del terreno tituo overo bianco
Del terreno biso ouero bertino
Del terreno dolce e bruno
Del terreno che è dolce e forte
Del terreno rosso e çallo
Del ingrassare el terren macro
De smagrare la terra grassa
Del seminare primatiço
Delle biaue senca spighe
Del podare la uigna e atempo
Dello inuischiare
Del modo de fare le proane e come se aledama
Del piantare taioli
Del piantare le uite uechie per taioli
Del piantare oliuj
Del piantare muri e altri frutti
Del piantare piantumi e salixi
Del piantare canne
Delo insedire vide
Del seminare li orti
Del tagliare lo legname
Del piantare salixi
Del piantare salixi che serano uinci
Anni trecento e mile sesanta
Dal començare de la uera fede santa
De Cristo gratioso e benigno,
Ch'è d'ogne laude e d'onore legno,
Constrense lo uoler so io de trouare
Modo che fruto ne potesse trare
Ogni omo de tute le infrascritte cose
Che sono state palese ouer naschose.
E però voglio començare a dire
L'ordine del modo che se de' tegnire,
E del teren e del piantare,
E d'altre bone cose che son da fare,
Sì che tu che liegi conpriendi bene
Quel che uederai che derieto uene.
Dico prima del terren crudegno
Ch'è fredo e seco, e così lo tiegno.
Cotal terren ama el gran e grosso,
Così se l'è bianco come se è rosso,
O uole in monte, o uole in piano
Cotal terren ama quel grano.
Lo terren tufo, o uero che bianco,
E fredo e secco e quel no è manco;
Quel terren uole questo grano,
O asarino, o çiçiliano:
Quando el terren col gran si trova
A sua natura allora ben proua.
Lo terren biso, ouer bertino,
Bon è da gran e migliore da lino:
Intiendi da gran menudo
De toxello più che de restudo,
E da lente, e da cexerchia,
S'el tropo grasso nol soperchia.
Ogni terren ch'è dolce e bruno
Naturalmente de' eser buono.
Cotal teren ama fromento
D'ogni rason che gli è messo dentro;
Ma più di restudo che di toxello,
Che male glie gharnisse talvolta ello.
Lo terren ch'è tra dolce e forte
Ama formento d'ogni man sorte,
O vole, grosso, o vol menuto.
O vol toxello o vol restudo,
Tuti li provan e li fan bene
Se acidental cason non gli vene.
Lo terren rosso over giallo
L'è magro per natura sença fallo:
Caldo e secco è per acidente
Per l'ardore metalico ch'el sente.
Cotal terren ama gran toxello
Che meglio provali che gli altri quello.
Ogni terren ch'è magro e fievole
Sença letame è poco frutevole;
Siché aledamare più se convene,
Perché furtare pur farà bene;
Ma dagliene spesso e poco per volta,
Ché del troppo la biava se revolta.
Se un altro ben tu glie vo' fare,
Subito fa la stopia arrare
E revolgere ella tutta dentro
Che l'è un grande ingrassamento,
E contra di questo chi dicesse
Raxon non parerebe che n'avesse.
Abi quest'altro modo a mente
Che ingrassa la terra doppiamente:
Quando la stopia è arrada
De lupini sia seminada,
E falli un poco reçapare
Apena coprire e poi li lassa stare.
Anco se convien questo ben dire:
Quando li lupini son in sul garnire
Pur che la terra sia matura
Falli revolgere nella coltura
Con la çapa e cun l'arado.
El teren è alledamado;
Ma se li lupini non li fan prova,
Alla fava allora ritorna;
E segui poi tutti quisti modi
Che di lupini intendisti e vidi,
Che quando la fava è da garnire
Alora la rivolgi sença più dire.
Quando la terra è troppo grassa
Lo gran mai ben garnire non lassa,
Ch'elo richade e sì se volta
Quello che la gamba dentro volta.
Convienti doncha ed è di bixogno
De seminare li gran matogno;
Quello fa la gamba piena dentro
Sì che voltare nol fa aqua, né vento;
Ma se altro gran li vo' seminare.
Convienti prima la terra far smagrare
Con miglio seminando e cun panigo
La terra verà macra come io digo;
Sì che ogni grano gli porai seminare
Che 'l troppo grasso nol farà voltrare;
Ma se voltare lo fa qualche fatia
Non so che rimedio a quel si sia.
Or intiendi ben questo ch'è ditto
E siegue le altre cose po' che è scritto.
Quando tu voi seminare formento
Al primadiço sta sempre atento,
E però semina de setembre
Com'è compide le vendeme,
Pur che stia ben la coltura,
None aspetare mai la fredura,
Che 'l fredo non lassa germigliare
E sotto la terra lo fa marçare,
Che de trenta grane non nasse uno
Andando punto el tempo bono,
E se 'l tempo va punto contrario
Alora è magor desvario.
Siché semina adoncha primadiço
Prima che vegna el fredo e 'l striço,
Che 'l primadiço fa caspo e radiçe,
Ed è vero quelo che 'l proverbio diçe:
Loda el sarodan e tienti al primadiço,
E sapi mo' far questa gropo alliço.
Molti lavoratori ingnoranti,
E forsi posso dire de tutti quanti,
Che ciascun dice rasonando inseme:
Aspetar voglio che nasca el guaime,
E così la staxon oltra se passa.
Stolto è quello che così condur se lassa,
E se in lo gran primadiço nasca l'erba,
Lo gran dal fredo poi lal conserva,
E poi al caldo lo gran pur se ne va suxo
E l'erba alora se ne riman çuxo.
Adonqua non fa quel guaime tanto dano
Quanto la gente a credar se dano;
Ond'io concludo qui in sie righe
Che tutte le biave che son da spighe,
Se primadiçe son seminate,
Sempre sarano avantaçate
Seminando quando è la staxone,
Che non voglio che ne fa fuor de raxone;
O qui non bixogna più ch'io dica
Di quelle biave c'àno la spica.
Le laltre biave da cornechie
Che se mangano con solechie
Se seminan la prima vera
Quando la notte dal dì non schera,
Quando tosto, quando più tardi
Ma al tempo sempre convien che tu guardi.
Quando va asutto, dolce e bono,
Semini tosto alora ciascuno:
Se tropo va meglio, o gran fredura,
Convienti più tardi stare alora,
Sì che la terra abia staxone
Com'ella richiede e vol raxone.
La fava si è una certa biava
Che de sua natura mai non se cura,
Over è sitiola, over vernia,
Secondo la stasone che piantata sia,
O vol grossa, o vol menuta,
Questa natura ella non muta.
Li lupini è un'altra biava
Che poco frutto de lor se ne cava,
E de lor natura com'en sgharnati
Tosto voleno eser seminati.
D'Agosto quelo è el mexe
Che non vo' chel sia perdute le spexe.
Or quando tu li voi seminare
Li fa la stopia un poco arare,
E poi li lupini semina di sopra,
Se tu vo' far punto bon opra,
E se poi la terra erpeghar fessi
Lo dover compiuto allora faressi.
De l'altre biave non te dico
Come è melega, miglio e panìco,
Che ogni homo sa quasi la staxone
De la loro seminaxone.
Sì che a quelli lasso el pinsiero,
Di che l'arte è loro mistiero.
Quando tu voi podare la vigna
E non savesti questo t'insegna.
Monda la vite da ogni sichume,
E questo abij senpre in costume.
Poi tutti li capi non li dar loco,
Tagliali via e mandali al fuoco.
Quel ché disopra che de' far frutto
Tri ochi lassa a quello in tutto,
E quel cho che roman per segonçello
Due ochi vole e non più quello,
Perché quel ano el de' getare
La cadena nova che a seguitare,
E così se man tien giovene la vite,
El signore così tutto provide,
E questo modo che tu provi
A ogni vitaço che tu trovi
El potare longo si lo 'ngrogna
E mal notricha e ingavogna.
Ma se tu voi aver assai uva,
Sença far dano alla vigna tua,
Aciaschaduna vite che è posente
Che fa poca uva e tienti a mente
Per força a quele el te convene
Lasarli assai delle cadene
E da meça torta a ciscaduna,
Che quella torta gli è molto bona;
Ché ella alora non tole tutta la possa,
La catena ogni ano sì la renova,
Perché catena vechia non fa prova,
E catena mai non la scrutare,
E quanto è longa lasala stare.
Qualonche la catena ascurtarà
La catena e la vite guastarà;
Ché la porterà el getto oltre in cima
Che piegio starà alora che prima.
Or a voler dire la vera stagione
Che è del potare sença caxone:
Quando al dì cum la notte è pare
La vigna alora se de' podare;
E quando è pari la notte con el dì
Vendema allora altresì.
La vigna vole esser ben capada
Alla staxon, over vangada;
Perché lo grande aculturare
É quel che uigna fa frutare;
E se tu li fai poca cultura,
Poco frutto fa la vigna e poco dura.
Se per usança le rughe fa dano
Alla uigna, fa come certi altri fano:
Tuo' uischio de carro terci dui,
E de sunça colada un terço toi,
E mitelo al foco e fallo disfare
Tutto insieme bene incorporare,
E poi cerca e s'el ti par duro,
Rigungeli anche de la sunça puro,
Una onça dico per ciaschuna liura
E serà allora de la bona lega.
E poi ne piglia un poco cun un dito
E ungi bene lo capo de le vite
Disotto dalli ochi ne lo capo novo,
Che li è di bisogno e li fa luoco;
E le rughe andar su non porano
A li ochi de le vite affarli dano.
E a questo modo scamparà la vigna
Che de ruge non averai la tigna.
Se prouane tu uo' fare
Quanto tu poi falle tardare,
Siché la terra sia bene asciuta
E colma be' la fossa tutta,
Siché, se piova vegnisse
L'acqua in la fossa non gissi,
E se in la fossa l'aqua gemesse,
Siché tropo humidita paresse,
Fagli alora de uenciglie
Un letto, che tutto el fondo pigli,
E gettali po' su terra un poco,
Che poco li bisogna o li fa loco;
E po' la vide sì li squassa suso
Come proane sempre è so uxo,
E cupre de terra e lassa stare
Come proane è uxo e li sol fare,
E questo si è mo' lo rimedio
Quando umidità li fa tedio.
Le prouane se volen colechare
Entro la fossa e aledamare
Di fanghaci de le strade,
Che sono state remondate;
Li quali son seche ali morelli
E tuo', se tu voi, sempre di quelli,
Over letame che sia stato
Con tanta terra ben mesedato,
E di quel gli dà quanto ti pare
Perché dano alla vite non pò fare.
Chi non lo meseda con terra
Farà più danno che sença non era.
Se tu uoi dare poluere di formento
A quel ch'io dico sta ben atento:
Çoe tuoi terra quanto poluere
E tutta inseme fa riuolgere,
E poi la dà alla prouana
E non l'auere per cosa uana,
E per auer la uite messo
Lunghi li panpani un somesso
Va pur drieto fa la prouana,
Se la terra è pur ben sana;
Ma convienti ben guardare alora
Quel panpano che riman di fuora;
Ma non uoglio però che credi
Che quel tempo aspetar debi;
Ma pur quando la cason occorre
Alora fa quello per el miore,
Çoe di tore l'aprouanare,
O uoj potare, o no potare.
Se taioli piantare uorai,
Come io dirò così farai.
In primamente quando tu li cogli
Di quilli da uva uoglio che tu togli.
Quelli che no fareueno lassa stare,
Non li curare mai de piantare,
E coglili sempre mai a luna cresente,
E tienti questo bene a mente.
E va da dì sette infino al pieno
E tuoi del più driedo che u' eno.
Che l'umidita loro dico ch'è tanta
Più sana ancora che corrota.
Li taioli quando ano del uechio,
Al ben pigliare ell'è un spechio,
E se del vechio non auerano,
Meno assai se pigliarano.
Ma pur se piglia più e meno
Secondo la natura del terreno.
Quando tu cogli li taioli
Taglia tutti li caurioli,
Aço che inseme no s'apiglino,
Né l'un né l'altro s'ingatiglino.
Dilunçi ça li fa tri piedi,
Çoè onçe trentasei.
Togli poi e mitti in conserva
Sotto la terra e sì tte serua
In fino al tempo del piantare,
Com'è usança sua di fare,
O uoi dire de l'insedire,
Che quasi a un tempo se pò dire.
Quando tu in conserua li miti
Conçali che siano bene raditti;
Li occhi di sopra lassa auerti,
Fuor de la terra discouerti,
Sì che suspirar posin fora
L'umidità da loro alora.
Poi al tempo del piantare
Volonsi ancora retagliare,
E meterli guso in meço fossa
In su la terra ché rimossa,
Sì che posin ben radicare,
E cresere e multiplicare.
Non li ficare mai in la riva
Che quel ficar del pigliare priua;
Perché la riua è sempre dura,
E li taioli uolon la coltura,
E molto meno assai se perdono,
Perché li piantaturi quello non intendeno.
La stason del bon piantare
A non voler posser salire falire taioli,
Piantali del mexe di maço,
Così n'è tratto lo uero saço,
Che la terra allora non è moglia,
Né pioua non gli de' poter far noglia.
Li taioli quando son piantati
Spesso uoglion eser çapatti.
Quatro uolte o tre quell'ano,
Ch'alora si parte lor pro dal dano;
Che çapare si è l'onguento
Che tiene sano lo piantamento.
Anchora ti faço aueduto
Quando egli à l'ano compiuto
Li tristi non resegolare,
Al secondo ano lassa stare,
E alora sì gli resegola,
E questo si piglia per regola.
Insignaròti ancora, se tu uoi,
Di uite uechie far taioli.
Per eser ghamba dritta o storte,
Grossa e sutile e d'ogn'altra sorte,
Che abia radice, ouer bon çocho,
Ciascuna è bona e 'l ver ti ttocho.
Or tuo' la uite e sì la pianta
Entro la fossa tutta quanta
Apunto a modo de prouana,
Che non li manci un pel di lana.
E facendo a questo modo
Non si n' perde mai un nodo.
Lo bon piantare de semente,
Se tu poi, tienti a mente;
Ma uolse usar questa mainiera:
Se la uite uoi che uegna uera,
Aço che l'aqua non li dimori dentro,
Che nuocer possa al piantamento:
Fa un fossado de su in giuso
Un braço cauo e non più giuso;
Poi abij canne, o uoi canelle,
O uoi melegari, che schusin quelle,
E meteni cinque allato allato
De su in çu in lo fossato,
E ricruouelo poi di terra asciuta,
Che sia quasi menuta tutta,
E poi li mitti suso la pianta,
E rincalcala poi tutta quanta,
Secondo che s'uxa e che si sole
E che rason del piantare uole.
Se tu uoi piantar oliui
Che ben si prendino e siano uiui
Di quelli brochi che ti pare,
O alti, o bassi, non li lasare.
Tutti son boni e tutti lodo
Pur che tu faci aquel modo.
Aguçali e falli tre cantoni
In terço come li fa ali vertuni,
E roversa la scorça un poco in su
Come o di sopra due once o più,
E se la pianta à grossa la scorça
Conviensi far sotili alora per força,
Tanto che in su la possi rouersare;
Ché se la fusse rossa nol poi fare.
Poi quando l'è sutile rouersala in su
Come ò ditto due onçe o più;
E mitila dritta poi nella fossa
Che sia tre dite la poluere grossa,
E quel scorçato e la taiatura
Recuopri de terra che sia matura
Con altretanto sabione o rena,
E del bon piantare quell'è la uena.
Dico che tutto ogni piantamento,
E notti chi à bon intendimento,
Poi l'altra terra gli tira atorno,
Come de far s'usa tutto il çorno,
E calcala un poco col piede
Come a ogni pianta far si de',
E sia la pianta de che esser uole
Che cossì se de' fare e far si sole.
Gli oliui se deno piantare d'aprile
Come comença d'insuchire,
Che la scorça si pò spicare dal legno
Per lo scorçar ch'adrieto t'insegno,
E ua infino a meço maço,
Così n'è fatta la prova e 'l sagio,
E a questo modo si deno conçare
Gli brochi de gli oliui da piantare:
O uol grosso, o uol sotile,
Se fai così non poi falire.
O sia storto, o sia deritto,
Non poi falire se siegui el scritto.
Poi tra' el legno e quella scorça dura,
Gli oliui si fano remitura
De un'altra scorça nouella,
E li fan poi radice in quella
Certi le fano quell'ano istesso;
Ma el secondo a tutti par desso.
Ma se li olivj auerano radice,
De sbuçar quelli non se dice,
Né no gli bixogna de scorçare,
Né d'altro far se non piantare
Secondo el modo che tu uoi,
Ché agli altri arbori far tu soi.
Sì che, se de radice tu gli trouassi,
Per spender più non gli lassasi
Che da radice meglio si prendeno
E meglio dal caldo si difendeno,
E anche fano più tosto frutto;
Sì che migliori sono pur del tutto.
La fossa in che se deno piantare
Tre mani de uanga la fa cauare,
E non più punto, ché quella basta,
C'ogni poco e troppo guasta
Tutte le cosse che se fano
Quando rason in lor àno.
Fagli auançare fuora del terreno
Uno somesso, né più, né meno;
Aço che 'l gran caldo de state
Consumi ben l'umiditade;
Ché l'umiditade loro naturale
Li manten uerdi e falli pigliare.
Ancora mo' si ti ricordo
Intiendimi non ti far sordo:
Dico che ogni arboro che è piantato
Lo primo ano uole eser çapado
Da tre uolte infino a quatro,
E nota ben qui questo fatto:
Quando li olivj faran frutto
Ogni quart'anno fa del tutto
De doverli aletamare,
Se tu gli uoi be' far fruttare;
E se più spesso tu gliene dessi,
Meglio frutare tu glie faressi.
Ma uoglioti qui dire un secreto,
E chi no sa, e chi ten cheto:
Ogni arboro che uoi aledamare
Ledame schietto mai non li dare;
Ma meseda cun tanta terra in prima,
Poi fa come di sopra dice la rima.
Li oliui picolini non rimondare
Così sterpi li lassi stare,
Tanto che uederai ch'arano messo
Quel polun che creser uole da sé stesso,
E alora sì gli uien remondando
Di rami tristi e li buon uien lasando.
Li oliui uechi si uolon potare
D'ogni seccume, e dentro ben netare
Ogni quatro ani di rami catiui,
Se tu uoi freschi mantignir li olivj,
E anche pur frutto migliori farano,
Se de catiuità netti serrano.
Se alcuno oliuo per fredo perdesse
Le foglie uerde, e secco paresse,
Remonda alora ogni ramatello
Fin quanto è rosso el dito menemello
E lì lo taglia e lì lo schamoça
E no curar per ch'el para cosa soça,
Chel remeterà poi su poluni
nouelamente su per quelli tronconi.
Poi quei poloni faran rami di nouo
Come bisognarà e farà loco
E così l'oliuo si renouarà
E più che prima bello ancor serà.
Senpre quando tu cogli li oliui
Guarda quelle che sono catiue,
Çoe che sono guiçe passe e asute.
Quelle allora aborsale tutte
Come fano li cimaturi lo pano,
O altra gente quando çimar fano.
Poi le mitti su una stuora
E ben d'intorno le fassa 'lora,
Sì che non tochino la terra né 'l muro,
E anche disopra le chuopre ben puro,
E tanto le lassa così macerare
Che l'olio sia da poter fare.
Del piantare dico di peri
Cun radice e prugni e meli,
O mandolo, o moro, o fico,
E così d'ogni arboro te dico.
Quando tu 'l vieni a piantare
Intiendi ben cu' debi fare:
D'un braço sia caua la fossa
A punto e del più non te far possa
E poi gli meti la pianta dentro
E senpre abii questo argumento,
Di meterla goso quasi piana
Come si fa una proana.
Senpre ogni arboro ch'è piantato
Intiendi che sia dico radixato.
Se uol piantare un poco storto
Come se fano li porri in l'orto,
Ché troppo meglio fano radice,
E no credere che altro ne dice.
Dico ancora quando tu li pianti,
Quelli da radice tutti quanti,
Che 'l bon piantare è de semente.
E tiente questo ben a mente:
Che 'l piantare fatto d'otouere
Non pò quasi eser migliore;
Ma se 'l teren temesse el moglio,
Lassa stare dico e voglio:
In fino al março aspeta alora
E alora fa la piantatura;
Che la terra alora se uen sugando,
Sì che ch'alora tu poi uignir piantando.
E nota ancora questa dotrina:
Che ogni pianta picolina
Se piglia più uolintiera
Che quella pianta ch'è grosiera,
E durarà più lungamente,
E abij questo bene a mente.
Se tu uoi piantar mandole,
O persiche, o altre arbore,
Come è nuce, muniache e nucelle,
E anime di prugne, e anche di quelle
Frute da la gussa dura,
Voleno auer cotal conçatura:
Monde da la polpa esser conuene
E seccare alla lombria, e poi far si deno
Seruare infino a le calende
Di febraro uoglio senpre che intende,
E alora sì le pianta e sotterra,
Che del piantare quell'è la staxon uera.
Se tu uo' piantar muri
Sença radice, questi èn migliori:
Gli più uechi brochi dico,
Çoe del moro e del fico,
Siando quisti brochi antadi,
O uero in terço aguçadi,
Come si fano li palli de la uigna
E la rason è quel che te insegna:
Rouersa un poco in su la scorça
On onça, o doe non gli è gran força,
E cuopri la tagliadura chome io dico.
Cossì fa alli brochi de lo oliuo,
E tutti li arbori che tu pianti
Sença radice tutti quanti
Fora de la terra le lassa una spana,
Che 'l troppo longho assai n'enghana,
Pensando pur che tosto crescha,
E non pensan che 'l caldo li secha.
Sapi che ogni piantamento
Vole auer tale cunçamento,
Che aqua non entri in la fossa
La quale usir fuora non possa.
Che çà intrare gli ò ueduta
Che quella pianta s'è perduta.
Molto se uol ben çapare
Ogni pianta e remenare
Quatro uolte, o tre almen l'ano
Per le poce radice che ano,
E la terra sta allora amorosa
Tu non li porissi mai far la miglior cosa.
Se mai de fare auesti uoglia
Muri da fare perfeta foglia,
Che sia ruueda grossa e dura,
Come de' esser de natura
Per uermi da folliselli
Che fina seta façan quelli,
Tuoi la mora che sia ben nera,
E sì l'amacha, e sì la frega,
E caua fuora le animelle;
Poi le laua e secha quelle,
E saluale in fin alla primauera,
Quando gli stornelli fan de dui schiera,
E abii alora aconço l'orto
De terra dolce, e non li far torto,
E fa che la sia molto ben tritta
Che al naser ben quel molto aita.
E poi li semina alora
Doue tue anime demora;
Ma uolsi ben mategnir frescha
Quella terra e non mai secha,
Siché naser possan le anemelle
Di quella mora o uoi granelle,
E se frescha la terra non tegnisse
Nasere li mori uon uederissi.
Dicoti che quella terra è bona
Due parte rena e terra una,
Tutta inseme mesedata
E ben minuta e ben tritata.
E tien ben lo tempo a mente
Da somenar quella somente:
Quando li muri saran poi nati,
Fa che siano spesso adaquati
Ogni terço dì dico una uolta,
E questo abij bene in nota,
Se tu uoi che se defendano
E che li gran caldi non li ofendano.
Lo secondo ano non falare,
Simelmente li fa adaquare,
Perché non serano ancora sì prisi
Che al seco resiste le radisi.
Adaquali sempre al sol tramonto,
E mai fra dì nol fessi punto.
Quando li muri ueran cresando
Così li uien sempre recalçando,
Sì che dritti se mantiegnano
E anche ben barbati uegnano,
Che quante più radice auerano
Cotanto miglior proua farano.
Guarda poi quando el te pare
Che li muri sien da trapiantare.
Togli alora a sì gli pianta,
E tieni la regola tutta quanta
Che die fare a quella del pero,
E del prugno, mandolo o mello.
Se tu uoi piantar piantunj
De saligari çoè saligonj,
Farai così come io te dirò,
E lassa dire che dire uol po';
Ché chi pianta altramente
De tre uolte le due se ne pente.
Or fagli la fossa caua tanto
Che tre uanghate sia cotanto,
E fagli infondo assai coltura
Sì che non tochino la terra dura,
E guarda ch'el non se scorça la punta
Che la lor uirtù e poi defonta.
Quando tu gli ài poi recalcati,
Fa che siano po' ben fassati
De meligari, o de paglia,
O d'altra cosa che tanto uaglia,
Che 'l sole non li possa nuocere.
Ancora abij questo a mente,
E per futuro e per prexento:
Che 'l primo anno almeno tre fiate
Le piante siano zapate,
Se tu uoi che ben se prendano
E che dal caldo si difendano.
Se tu uo' piantare di uinci
In ceda lunga e tutto linci,
E così dico né più, né meno:
Piantar si pò in ogni terreno,
Sìché, se tu legi, si uederaj
A che modo far dovvrai.
Pianteralj de febraro,
E tanto me' de março caro.
Intiendi sempre prima che 'l suchio
Gli uegna dentro, e meta el buchio,
E se prima in suchio i uerano
Trista prova far douerano.
Piantali a modo di prouana
Che ogni altro modo è cosa uana:
Fuor de la terra li fa lunghi
Che col somesso tu gli agiungi
Açò che la terra gli tiegna frischi
Sì che 'l gran caldo del sole non li sichi.
Se canedo tu uo' fare
Sença oue da piantare
Fa alora a questo modo,
Che l'è bon e sì tel lodo,
Perch'io l'òçà proato
Ch'asai bon modo l'ò trouato.
Tuo' le cane che sian ben fresche
E che non sian, né passe, né secce,
Taglia uia a tute la cima
Circa al terço così a stima,
E l'altro avanço ritiralo
Come dirò qui piantaralo:
Fa che la terra sia uangata,
E a solcatelli, a solcatelli
Sian quatro onçe, o una spana
Caui, e poi li mitti entro la cana.
Largo sia l'un da l'altro
Circa uno braço amisurato,
E poi gli atendi e fa çapare,
E tal uolta aletamare,
Açò che la cana pigliar possa,
E uegna ben lunga e grossa,
Che se l'è lunga, grossa e dura
Altro non li bisogna a soa natura.
De lo insedire de le uite
Sette modi son ch'io uiti,
Che tutti se uolon inuischiare
E sença uischio mai non fare,
Che 'l uento e l'aqua gli entrareue
E la seda perder se poreue.
Lo primo modo è sotto terra
Fallo cun uischio, o uo' cun cera,
Che l'è assai bona mainera.
Lo secondo si è a çanchetto:
Conuense far molto ben destro,
E chi fa ben bon modo è questo.
Lo terço si è a unghielle,
Molto è gentile cosa e belle;
Ma gran briga è a far quelle
Perché se sega o ua a bietta,
In uide grosse se de' far questa.
Lo quinto si è a torsiare,
Bella cosa è quella a fare,
Ancora gli ène de miglior mi pare.
Lo sesto si è al triuelino,
Chi ben fa el foro el se gli tene,
In uide sconça e molto fine.
Lo settimo si è a lieua schieça,
Bel modo pare, et è che creça
Per tanto ch'io troui e ueça.
L'ottauo modo si è de pero,
E de cirexa, prugno e melo,
Da uitte non è miglior di uero.
Se tu uo' insedire altro alborsello
O da sedetto, o da bucello,
Cerca allora in su cara cosa,
Che lo ò ditto e scritto in prosa
Tutti li modi de lo insedire
D'ogni alboro che sia da dire.
Ma bisogna de dire questo ancora,
Che non è mingha un dire di fola,
D'ogni arbor dico che insedire uoli
Gli siditti uoglio che de cima togli
Quando la luna è tonda e piena,
E non poi quasi falire a pena.
De seda de uide quel non s'intende
Perché la lor cima mal se prende.
Dessi adoncha tor d' meço in çuso
Perch'è più saldo e più lignoso,
Intiendi ben ti modi ch'èn ditti
Come tu de' tore li siditti.
Se tu uoi coprare e fare
La proporcion de lo inuischiare
Le tagliature della uite,
Quando tu l'ai insedita
Vischio libra una e tanta cira,
E olio onçe una la fa uera;
Ma uolse inprima ben preparare
Quel cotal uischio e ben lauare.
In aqua dico coldarela alquanto,
E in quella stricarlo ben tutto quanto,
Açò ch'el n'escha ben fora la roça,
La qual par molto che li noça.
Mitolo poi al foco in una caça,
Sì che tutto inseme se desfaça;
Poi quando serà fredo, toralo
E suso un legno pestarallo
Come terra da far canpane.
S'el s'apicha troppo a legno,
Lo rimedio qui t'ensegno:
Quel legno dico el sia unto
D'olio dolce, d'altro non punto,
Che s'el fusse onto d'olio forte,
Poreue a le sede eser la morte.
Or uoglioti mostrare e dire
De quella stason de insedire:
Dico che l'insidire prima tu faci,
Inanci che 'l suchio suo t'impaci;
E quella si è una stasone
Che tu die fare la insedisone.
L'altra stasone è mo' più tardi
E li conuien ben che tu guardi,
Che quando la uite meterà
Che 'l cauriolo se uederà,
Alora uoglio che tu insedischi
Sed è cun cera, o uoi cun ueschi.
Quando tu uien a far le sedi,
De ben scorçare prima le uedi
De quella lor scorça che è seccha,
E ua fin in su quella che è frescha.
Poi lì dentro insidirai
A che modo tu uorai.
Lo filo cun che tu lo dei ligare
De stopa se uol far filare,
Che quando le sede uenon ingrosando
Così quel filo se uignerà lasando;
E se 'l filo fusse forte non se lassareue
Sì che alle sede gran dano fareue.
Come la seda è ligata,
Fa che la sia ben uischiada
In ogni tagliadura
Di quella inseditura,
Sì che l'aera, l'aqua e el uento
Non li possa intrare dentro,
E s'el te uignisse alcun sospetto
Ch'al uischio fesse difetto,
Churi lo uischio cu' una foglia,
O sia de colo, o di che si uoglia,
Sì ch'el sia qualche difesa
Che 'l sole li faça me' ofesa.
Le sede se uoleno spolenare
Spesse uolte, e no' falare
Almeno de diexe dì una uolta,
E questo te sia ben i' nota
Che i poluni si cressereveno,
E le sede perdere se poreueno.
Tutte le sede che tu farai,
Dicho che quando tu le cercarai
Per ueder se le se uolesen secare
No le mouere, lassala stare;
Ché molte molte uolte secche pareno
Che poi più tardi metterano.
De le sede che seran prese
Non te rincresa far le spese
L'ano che uen da prouanarle,
Ché sença quello uale poco a farle;
Che s'el rimette il pie' di sotta,
La seda alora non uale negotta.
Se la seda fusse tropo fieuole
In la inseditura è conueneuole
De ben alora de douerla ligare,
E ben per ordin tanpelare
Come si fa le gambe ai cani
Quando scaueçati o rotte el' ani,
E poi la squassa ordinatamente
Entro la fossa incontinenti,
Chella non si pò allora guastare;
Ma niente perço si de' sforçare
Che se la si rompe, o uer si guasta
Dui ani a reconçare non basta.
Se tu uoi insedire oliui.
E far boni quelli che son catiui,
Insidissi a modo di pero,
E di ciresa, o uoi di mello,
E de mandolo, e di sisino,
Legalo, po' cun uno filo di stopa,
E s'el se rompe e tu l'agropa;
Poi tutto el taiato e la fessura
Sucuri di uischio ben alora,
Sì che la pioua non gl'intri dentro,
Né l'aera dico, né anche el uento.
E non li bisogna poi d'altro fare,
Se no di spesso spolonare
De dieci di una uolta almeno,
Perché al polun uole eser questo freno,
Che s'el cresse li polun di sotto
Le sede non ualereuen alor nigotto.
Or tutte le cose che qui son ditte,
E che son qui notate e scripte
Tutte quante sono certe e proate,
E corette e regolate
Per Paganin de Bona fè,
Che le compose a disse e fe'
Per amaistrare quelli che men sano
Da lui, se tanto sauer uorano.
L'anno trecento e mille e sexanta
Da che se commenciò la fede sancta
De Yhesù Cristo benigno e gracioso,
Che de ogni laude e honore è digno;
Esso m'à dato ingenio de trovare
Modo che terra fructo possa fare,
Mo ciaschaduno noti le infrascripte cose
Che sono state palexe e qual nascoxe.
E perciò uolgio comenzare a dire
L'ordine e modo che se de' tenere
E del terreno e arbori da piantare
E de altre bone cose che son da fare
Aziò che tu, lectore, comprehendi bene
Quel che tu vederay che drieto vene.
Io dico prima che terren credegno
É fredo e secho, e così el tegno;
Cotal terren ama el gran grosso
Così se l'è biancho, como se l'è rosso,
O vole in monte, o colle, o vole in piano
Simil terreno ama cotal grano.
Lo terren tufo che se vede biancho
E fredo e secho e quel niente mancho;
Quel terren tuto ama questo grano,
Che è cesarino o ceciliano.
Lo terren biso cioè beretino
Bono è da gran; me melior da lino:
Intendo dico da gran minuto
E da tosselo più che da restuto
E da lente e ancho da ciserchia
Che tropo grasso tal gran non superchia.
Ogni terren ch'è dolce e bruno
Sole naturalmente esser buono.
Cotal terren se adapta ad ogni formento
De ogni rason che li sia posto dentro;
Ma più da restuto che da tosello
Perché mai gli granisse talvolta ello.
Lo terren ch'è tra dolze e forte
Ama formento d'ogni maniera e sorte,
O vol grosso, o vol minuto,
O vol tosello, o vol restuto,
E tuti provano e tuti fanno bene
Se altro accidente a lor non vene.
Lo terren che è rosso o vero giallo
É magro per natura senza fallo:
Caldo e secho per accidente
Per l'ardore metalino che è dentro:
Cotal terren ama gran tosello
Che meglio gli proua che altro in quello.
Ogni terren che è negro e fievele
Senza letame è pocho frutevele,
Sì che aletamare pur se convene
Chi vuole che fructo fazia e farà bene;
Ma dagene spexe e poche per volta
Che del tropo la biava se revolta.
Se altra gionta a questo li voy fare,
Subito fa la stopia arivoltare,
Et arandogli la paglia e stichi dentro
Suole esser un suave ingrassamento,
E qualuncha contra questo se opponesse
Non pareria che de rasone s'avesse.
Volgio che habi questo altro modo a mente
Che ingrassare suole la terra dopiamente:
Quando la stopia toa serà arata,
De lupini fa che sia seminata
E fali uno pocho reciapare
Quasi coprire e poy li lassa stare.
Di terra si convene ancho coprire
Li lupini quando sono sul granire,
Pur che la terra sia bem matura,
Fali rivoltare dentro in la cultura
Cum una ciapa e ancho col aratro,
E così el terren è ben aledamato.
E se li lupini non li prova,
A la fava ti ritorna,
E segue poy tuti questi modi
Che de i lupini tu vedi et odi;
E quando la fava granirà
Alora volzere se vorà.
Quando la terra è tropo grassa
Lo grano may ben granir non lassa,
Ché li ricade e si se rivolta
Quello che ha la gamba vota;
Conven adunche et è bisogno
De seminarli gran matogno;
Quello fa la gamba piena dentro
Sì che voltare nol fa il vento;
Ma si altro gran gli vol seminare
Conven che la terra faza smagrare
Somenandoli miglio, ovver panicho
La terra venerà macra como dico.
Sì che ogni gran li poteray seminare
Che 'l tropo grasso non la farà voltare;
Ma se voltare lo fesse qualche fatia
A quello non so che remedio sia.
Or intende ben questo che te ho dicto,
E siegue le altre cose che te ho scripto.
Quando tu voli seminare formento
In al primadiço sta sempre atento,
E però semina sempre de septembre
Como l'è compiute le vendeme,
Pur ch'el stia ben la cultura,
Non aspectare may la fredura;
Chel fredo non lassa zermogliare,
E sotto la terra lo fa marciare,
Che de trenta grani non nasce uno
Andando al tempo anchora asay bono,
E se 'l tempo va miga contrario
Alora gli è mazore desvario.
Sì che semina adunche primadizio
Nanti che venga il fredo e 'l stizo,
Ché 'l primadizio fa caspo e radize,
E vero è quello che proverbio dice:
Loda el serodano e tiente al primadizio
Or sapi fare questo nodo alicio.
Molti lauradori ciechi et ignoranti
E forsi posso dire di tuti quanti
Che ciaschaduno dice rasonando inseme:
Aspectare voglio chel nasca el guaiume,
E così la stason oltra si passa
Stolto è coluy che a quello condur se lassa.
Se in lo gran primadicio nasce l'erba,
Dal gran fredo quello si l'conserva,
E poy al caldo el gran pur va susso
E l'erba alora pur se roman giusso;
Adunque non fa quello guaiume tanto danno
Quanto la giente a credere se fanno.
Unde io conclude in queste sey rige
Che tute le biave che sono da spige,
Se primadicie sono semenate,
Sempre serane da l'altre avantazate
Seminando dico quando è la stasone,
Che non voglio che eschi de rasone,
De altre biave da cornichi,
Che se mangiano cum solechi,
Tute se seminano ne la prima vera,
Quando la nocte dal dì non schiera,
Quando più tosto, e quando tardi;
Mal el tempo conven che sempre guardi.
Quando el va dolcie e sutto e bono
Semini tosto alora ciaschaduno;
Se troppo va mole o gran fredura
Conviente più tardare alora,
Sì che la terra habia stasone
Como rechiede e vol rasone.
La fava si è una certa biava
Che may de soa natura non se cava,
Perché l'è ostiola, o vernia,
Secundo la stasone che piantata sia;
O vol grossa, o vol menuta
Questa soa natura may non muta.
Li lupini sono una altra biava
Che pocho fructo de lor se cava,
E de lor natura como sono sgranati
Tosto vogliono esser seminati,
E de agosto è il suo mexe
Che non vole cum lor perdere le spexe.
Or quando tu li voy seminare
Fa la stopia uno poche arare,
E poy li lupini semina de sopra,
S'el te piace, e farà bon'opera;
E se poy la terra erpegar facessi,
Lo dovere compiuto haveressi.
De altre biave non te dico,
Como è meliga e panicho,
Che ogniuno sa quasi la stasone
De la soa vera semenasone:
Sì che a quelli lasso lo pensiero
Che sano l'arte et è suo mestiero
Quando tu voy podare la vigna
S'el nol sapessi questo te l'insigna:
Monda la vite da ogni secume,
E questo habie sempre per custume,
E li capi che non gli hano loco
Tagliali via e mandali al focho.
A quello di sopra che de' fare il fructo
Trei ochi li lassa in tuto,
E quello che roman per segonzello
Duy ochi vole e non più quello;
Perché quello anno el de' zetare,
Capo che l'altro anno de' fructare.
E così se manteno zovene la vide,
Perché al signore così provide,
E questo modo voglio che tu provi
Ad ogni uidicio che tu trovi;
Che 'l podare longo sì la incigogna,
E sì la invechia e sì la ingavogna.
Ma se voy havere asay de l'uva,
Senza fare danno a la vigna toa,
A ciaschaduna vite che è possente
Che fa pocha uva tiente a mente
Per forza a quella el te convene
Lasargli asay de le catene,
E fa che dii meza torta a ciaschaduna,
Che tale torta gli è molto bona,
Ché alora non tole tuta la possa
A li capi de drieto che romane possa:
La catena ogni anno la rinova,
Perché chatena vechia bem non prova.
E la cadena may non la scurtare,
Quanto la va longa lassela andare,
E ciaschaduno che la cathena ascurtarà
La cadena e la vite guastarà;
Perché la portarà al zéto oltra a la cima
E pezo starà alora che prima.
Ma volgiote dire la vera stasone
Che tu di podare senza casone,
Quando al dì e la nocte è pare
La vigna alora se de' podare,
E quando è pare la nocte col dì
Vendemia la vigna altresì.
La vigna vole esser ben zapata
A la stasone, o vero vangata;
Perché il grande aculturare
Fa la vigna ben fruare,
E se tu li fay pocha cultura,
Fa pocho fructo e poche tempo dura.
Se per usanza le ruge fano danno
A la toa vigna, fa como li altri fano;
Toy vischio de cerro terti duy
E de sonza colata uno terzo toy,
E ponela al fogo e fala desfare
E tuto inseme incorporare.
E poy lo cercha, e s'el ti pare duro,
Rezonzeli ancho de la sonza puro,
Una onza dico per ciaschaduna libra
E serà alora de una bona liga;
E poy ne piglia uno poche cum le ditte
E unze ben lo capo de la vite.
De sotto da li ochi in capo novo,
Che li è di bisogno e li fa locho,
Ché le ruge andare su non poterano
Agli ochi de la vite a fargli danno;
E a questo modo scamparay la vigna
Che da le ruge non haverà la tigna.
Le provagene che tu voy fare
Quando tu poy fale tardare,
Sì che la terra sia ben sìucta
Colma ben la fossa tuta,
Sì che se piogia venisse,
L'aqua in la fossa non gli gisse.
E se la fossa aqua giemesse
Sì che de tropo humidità paresse,
Fagli tu alora de vincigli
Un lecto che tuto el fondo piglij,
E gietali poy de terra suso un pocho
Perché pocho glie ne bisogna o fa locho.
E poy la vite sì li coleca suso
Como a provagene sempre se uso
Ricoprila de terra e lassala stare
Como a provagene s'è uso de fare,
E questo è l'ultimo remedio
Quando la humiditade gli fa tedio.
Le provagene se voleno colecare
Entro la fossa e ben aletamare
Cioè del fango de le strate,
La quale eno state remondate,
El quale è secho a li mureli
E toli, se tu poy, sempre da quelli.
O voy letame che sia stato
Cum altra tanta terra ben mesedato
E de quello glie ne dà quanto ti pare,
Che danno a la vite non pò fare
E chi nol meseda ben cum la terra
Farà più danno che senza non era.
Se tu gli vol dare polvere de formento
A quel che dico sta ben atento:
Cioè toli terra quanto che polvere
E tuta insieme fay rivolvere,
E poy la dà a la toa provana
E questo non havere per cosa vana.
E per havere, la vite messo
Longo el pampino un somesso
Va pur drieto e fa la provana
Se la terra è pur ben sana;
Ma convente ben guardare alora
Che 'l pampino non remanga fora.
Ma non volgio però che credi
Che quel tempo aspectare degi;
Ma quando pur el caso occore
Alora fare quel che è migliore
Cioè dicote a le aprovanate
Che en podate, o non podate.
Se taioli piantare voray
Como dico così faray:
In primamente quando tu recolgie
Di quelli dal mezo vo che coglie
Quilli ché da la cima lassi stare
E non curare may de piantare.
E fa che cogli sempre a luna cresente.
E tente ben questo a mente,
E falo da dì septe infino al pieno
E togli de li più drieto che v'eno
Che la humiditade dico esser tuta
Più sana anchora che corota.
Li taioli che haveran del vechio
Al ben pigliare è uno spechio,
E se del vechio non haverano
Men asay se pigliarano;
Ma pur se ne piglia più e meno
Secundo la natura del terreno.
Quando tu tagli li taioli
A tuti taglia li cavrioli,
A ciò che insieme non se pigliano,
Né l'uno, né l'altro se ingatigliano,
Di longeza li fa di pedi trei,
A' quali siano de onze trenta sei.
Poy li toy e meteli in conserva
Sotto terra che lì si aserva
Infin al tempo di piantare,
Como è usanza de soler fare,
O voy dire de l'insydire
Che quasi ad uno tempo se pò dire.
Quando tu in conserva i metti
Conciali che siano ben raditti,
E li ochi di sopra lassa aperti,
Cioè fora de la terra discoperti,
Sì che buttare possano fora
Tuta la humidità che àno alora.
Poy al tempo che tu li voy piantare
Si vogliano ancora retalgiare,
E meterli zoxo in mezzo la fossa,
E poy metergli suso la terra remossa
Sì che possano bem radicare,
Ben crescere e multiplicare.
E fa chi non li costi may a la riva,
Ché quello acostare de pigliare li priva;
Perché la riva è sempre dura
E li taioli vogliono cultura;
E questa è la cason che pochi prendeno,
Perché i piantadori questo non intendeno.
La staxon del bon piantare
A non volire ponto fallare
Si è del mexe de mazo,
E così n'è trato il vero sagio;
Ché la terra non è alora moia,
Né piogia li pò fare noia.
Gli taioli quando son piantati
Spexe vogliono esser zapati,
Quatre volte o tre quello anno
Che alora se piglia el pro e 'l danno,
Ché 'l zapare si gli è uno unguento
Che tien sano el piantamento.
Ancora te fazo più aveduto,
Che quando l'anno è compiuto
I tristi cavi non gli resegolare
Anzi al secondo anno gli lassa stare,
E alora si gli resegola
E questo sì te piglia per regola.
Insegnaròte anchora, se tu voli
De vite vechie far tayoli,
Per esser gobe, drite, o storte,
Grosse, sotille, o d'ogni altra sorte;
Purché habia radixe o bon gieto,
Ciascaduna è bona se farà questo.
Or toli la vite e sì la pianta
Dentro la fossa tuta quanta
A ponto e modo de provana,
Che non gli manchi un pel de lana,
E faciendo a questo modo
Non se ne perde may un nodo.
Le bon piantare è da semente,
Se tu poy, e tiente a mente;
Ma vogli usare questa mainera
Se voy che l'opera venga vera;
A ciò che l'aqua non dimori dentro
Che nocere possa al piantamento.
Fa uno fosso de suso in giuso
Cavo uno brazo a non più giuso,
Poy habi canne, o vero canelle,
O voy melegari che scusin quelle
E metene cinque a lato a llato
De suso in gioso per lo fosato.
E ricopri poy de terra siuta
Che sia quasi minuta tuta.
E poy li meti suso la pianta,
E recalciela ben tuta quanta
Secundo che si usa e che si sole,
E che la rason del piantare vole.
Se tu voy piantare olive
Che ben se prendano e stiano vive,
Toli de quelli brochi te pare,
O alti, o bassi non li lassare,
Tuti son boni e tuti gli lodo
Pur che tu fazi a questo modo.
Aconzia quey brochi e fali tri cantoni
In terzo como se fa ay veratoni,
E riversa la scorza un pocho in su
Di quelli cantoni doe onze, o più
E se la pianta ha grosa la scorza
Fala sutile alora per forza.
Tanto che in susso la possi riversare
Che se la fosse grossa non la porisse fare;
Poy quando è sutile riversela in su
Como è dicto doe onze, o più,
E poy la meti dentro la fossa
Che li sia la polvere tre ditta grossa.
E quello scorzato e quella tagiatura
Recoprilo de terra che sia ben matura
Cum altro tanto sabiono, o rena,
E questa è del bon piantare la vena:
Dico che tuto ogni piantamento
E ben noti chi ha intendimento.
Poy l'altra terra sì li tira atorno
Come de far se usa tuto il zorno,
E poy calchela un pocho col pede
Como ad ogni pianta far si deve,
E sia la pianta de che arbore si vole
Che cusì se de' far e far si vole.
Li olivi se voleno piantare d'aprile
Como comenzano de insuchire
Che la scorza se pò spichare dal ligno
Per lo schorzare che è dicto e che te insegno,
E dura infino a mezo mazo
Como n'è facta la prova e il sazo.
E a questo modo se deno conciare
I brochi de olivi da piantare,
O vol grosso, o vol sutile;
Se tu fay così non poy falire,
O sia torto, o sia drito
Non poy falire se siegue el scripto.
Poy tra il ligno e la schorza dura
Li olivi fano remetidura
De una altra schorza novela
E li fan poy radixe in quela
Certi li fano quello anno stesso;
Ma el secundo a tuti me par desso.
Ma se le olive haveran radixe
De aguzare quelle non se dixe,
Né li bisogna descorzare,
Né de altro far se no piantare
Secundo el modo che tu vede
Che ali altri arbori far si dede.
Sì che da radixe tu li trovasse
Per spendere più non li lasasse
Che quilli da radixe melgio se prendeno
E melgio dal caldo si defendeno,
E ancho fano più tosto fructo
Sì che megliore sono pur del tuto.
La fossa in che tu li voy piantare
Tre man di vanga li fa fare
E non più ponto que quella basta
Che ogni pocho e tropo guasta,
Tute le cose che se fanno
Quando lor rason non hanno.
Falle avanzare né più, né meno
Uno somesso fora del terreno
Aciò che 'l gran caldo de la estade
Consumi ben la humiditade;
Ché la humiditade lor naturale
Li mantene verde e falli pigliare.
Anchora ben si te ricordo
Intendi ben e non ti far sordo,
Dico che ogni arbore che è piantato
Vole el primo anno esser zapato
De tre volte infino a quattro,
E nota ben pur questo facto.
Quando li olivi farano fructo
Ogni quarto anno fa del tuto
Che quilli fazi aletamare,
Se tu li voi ben far fruare;
E se più spexe tu gen desse
Melio frutar tu li faresse.
Ma vogliote dire chi uno secreto,
Chi nol sa, o chi il tien queto:
Ogni arbore chi voi aletamare
Letame schieto non gli dare;
Ma meseda con tanta terra prima
Como disopra te dice la rima.
Li olivi pizinini non remondare
Così i strepi lassali stare
Tanto che vedi che habiano messo
Quello pelon che va da sì stesso,
E alora si li ven remondando
De li rami tristi el bon lassando.
Li olivi vechi se voleno ben podare
De ogni secume e dentro ben netare
Ogni quatri anni dei rami cativi,
Se tu voy freschi mantener li olivi,
E anche megliore fructo farano
Se de catività netti serano.
Se alcun olivo per fredo perdesse
Le foglie verde e sechi paresse,
Remonda alora ogni rameselo
Quanto è grosso il dito minimelo,
E li lo taglia e li lo scamoza,
E non curare che para cosa soza;
Ch'el remeterà poi li peloni
Novelli suso quelli tronchoni;
Poi quelli peloni farano rami de novo
Como bisogna e farà logo,
E così lo olivo se renovarà
E più che prima bello acrescerà.
Sempre quando tu cogli le olive
Guarda quelle che son cative.
Cioè che son grinze, e passe e sutte,
Quelle alora brosale tute
Como fa lo cimadore il panno,
O altra giente quando cimare lo fanno.
E poy li meti in su una stora
E ben d'intorno le fassa alora,
Sì che non tochano né terra, né muro,
E ancho di sopra li copri puro,
E tanto le lassa cusì stare
Fino che l'olio se possa fare.
Del piantare che voglio di piri
O voy di prugni, o voi di meli,
O siano mandole, o moro, o ficho,
E così d'ogni altro arbore dico
Quando tu il veni a piantare
Intendi ben como dei fare.
Un brazo sia cava la fossa
A ponto a ponto e del più non far possa,
E poy li meti la pianta dentro
E sempre habij questo argumento
De meterla zoso quasi piana
Como si fa una provana.
Sempre ogni arbore che è piantato
Intendi che sia radicato.
Sempre se vole piantare un pocho storto
Come se fanno i porri in l'orto
Che molto meglio fanno radixe,
E non credere a chi altro dixe.
E dico anchora quando tu li pianti
Quelli da radixe tutti quanti
Che 'l bon piantar è da semente
E tento questo ben a mente
Che 'l piantare facto de octovere
Non pò esser quasi migliore.
Ma se la terra temesse il moglio
Dico che lassi stare e voglio
Che aspecti infin al marzo alora
Et a quello tempo fa la piantadura
Che la terra alora se ven sugando
Sì che poray venire piantando.
E nota anchora questa doctrina
Che ogni pianta pezenina
Pigliarà più voluntera
Che non fa quella grosera
E durarà più longamente
E habi questo ben a mente.
Se tu voy piantar amandole,
O persege, o altre cereandole
Come noxe, moniage, o noxelle,
O voy prugne, o anime de quelle
E tuti i fructi de la gusa dura
Vogliono havere cotale conciadura.
Monda la polpa esser conviene
Poy secare a l'ombra se diene,
E poi servale infino a le calende
De febraio, e questo ben intende:
Alora le pianta sotto terra
Che del piantar quella è stason vera.
Se tu voy piantar di mori,
Senza radixe e questi son migliori
Li più vechi brochi dico,
Cioè del moro, o del ficho,
E siano quilli brochi schianchati
Overo in terzo aguzati,
Como se fano i pali de la vigna
La rason questo te insigna
Reversa in suxo un pocho de schorza
Una onza o doe non gli è gran forza
E copri la tagliadura como dico
Che debi fare a i brochi de olivo.
Tuti li arbori che tu pianti
Senza radice tuti quanti
Fora de la terra li lassa una spanna
Che 'l tropo longo asay ne inganna
Pensando pur che tosto crescha
E non pensando che 'l caldo i secha.
Or sapi che ogni piantamento
Vol havere questo conciamento
Che non i entri aqua ne la fossa,
La quale usir di fora non possa
Ché quando intrar ge l'ò veduta
Quella pianta poy s'è perduta.
Molto se vole ben ciapare
Ogni pianta e remondare
Quatre volte, o tre el primo anno
Per le poche radice che hanno;
Perché la terra gli sta amorosa
Tu non gli po' far miglior cosa.
Se may de fare havesse volgia
Mori de far perfecta folgia,
Che sia ruvida, grosa e dura
Como de' esser de natura;
Cioè per vermi da follexeli
Che fina seta facian quelli.
Toy la mora, che sia ben nigra
E sì l'amacha, e sì la friga
E cavane fora le animelle,
Poy le lava e secha quelle
E servale infino a primavera
Quando i storneli fano de lor schera.
E habi alora aconcio l'orto
De terra dolze e non gli far torto,
E fa che la sia molto ben trita,
Che al nascere molto ben quel aita,
E po' li su semina alora
Quelle toe animele de mora.
Ma volsi ben mantenere frescha
Quella terra e may non secha,
Sì che nascere possano le animelle
De quelle more, o ver garnelle;
Perché se frescha la terra non tenisse,
Nascere li mori may non vederisse.
Dicote qui qual terra è bona:
Doe parte rena e terra una
Tuta inseme mesedata
E ben menuta e ben tridata,
E tienti ben el tempo a mente
De semenar quella semente.
Quando i mori seran poy nati
Fa che spexo siano adaquati
Ogni terzo dìe dico una volta,
E questo habi ben per nota
Se tu voli che i se defendano
E che i gran caldi non gli offendano.
Adaquali sempre al sole tramonto,
Cioè la sera e dì non ponto,
Lo secondo anno non fallare,
Similmente li fa adaquare,
Che non serano anchora sì presi
Che al caldo resistano le radixi.
E quando li mori veran crescando
Così li vene recalzando
Sì che drito se mantengano
E anche ben barbati vengano
Che quante più radixe le haverano
Tanto migliore prova farano.
Guarda poy quando te pare
Che i mori siano da trapiantare
Togli alora e se li pianta
E tieni la regola tuta quanta
Che tu fay a quella del pero,
Del prugno, mandolo o del melo.
Se tu voy piantar piantoni
Da salegar, cioè salegoni
Sarà cusì como io dirò
E lassa dire che dir vol po',
Ché chi punta altramente
De le tre volte doe se pente.
Or fagli la fossa cava tante
Che tre vangate sian contante
E fali in fondo asay cultura
Sì che non tochi la terra dura,
E guarda ch'el non si gli storzi la ponta
Ché la lor virtùè poy defonta.
Quando tu li hay poy recalciati
Fa che po' siano ben fassati
De melegari, o de paglia,
O de altra cosa che tanto vaglia,
Sì che sole non possa cocere,
Né li animali li possa nocere.
Anchora habi questo a mente
Per lo avenire e per lo presente
Che 'l primo anno almen tre fiate
Le piante voleno esser ciapate,
Se tu voy che ben se prendano
Che dal caldo se difendano
Se tu voy piantare di vinci.
In ceda longa e tuti linci
E così dico né più, né meno.
Piantar se pò in ogni terreno
Però, se tu legi chi, vederay
A che modo tu far doveray.
Piantali del mexe de febraro
E tanto me' de marzo caro,
Intendi prima innanzi che 'l sucho
Gli venga dentro e meta il bucho:
Se prima in sucho verano
Trista fora de rason farano.
Piantale a modo de provana,
Ché ogni modo è cosa vana
Fora de la terra li fa longi,
Che col someso tu gli giongi,
A ciò che la terra i tenga freschi
E che el gran caldo non gli sechi.
Se canedo tu voy fare,
Senza haver o' da piantare
Fa alora a questo modo
Che l'è bono e sì tel lodo
Perch'io l'ho zà provato
E asay bon modo l'ò trovato.
Togli le cane che siano ben fresche
E che non siane passe o seche
E taglia a tute via la cima
Circha il terzo così a stima,
E l'altro avanzo retiralo
E como io dirò qui piantarlo.
Fa che la terra sia vangata
E a solchatelli ben asolchata
E siano quatre onze, o una spana
Caui, e poy meti dentro la cana
E lunge sia l'uno da l'altro
Circha un brazo amesurato.
Poy gli atendi e falle zapare
E tal volta aledamare
A ciò che la cana pigli possa
E venga poy ben longa e grossa;
Che se l'è longa, grossa e dura
Altro non li pò far la natura.
De lo insidire de le vite
Septe son i modi ch'io vide,
Che tuti si vogliano invischiare
E senza vischio may non fare,
Che 'l vento e l'acqua gie intrarebe
E la enseda perdere se poterebe.
Lo primo modo è sotto terra
E falo cum vischio, o voy cum cera
E questo è asay bona mainera.
Lo secundo modo è a ciancheto
E questo volse far molto ben destro
E chi ben lo fa bon modo è questo.
Lo terzo modo è ad ungiella:
E questa è zentille cosa e bella;
Ma grande briga è a far quella.
Lo quarto modo è a segeta
Perché si sega, o va da bieta
E in vide grosse se de' far questa.
Lo quinto modo è a tarsiare,
E questa è bella cosa a fare.
Ancora gli è migliore mi pare,
Lo sexto modo è a trivilino
Chi ben fa el forame e il sedatino
E questo è in vite stortia vel grossa e molto fine.
Lo septimo modo si è a lieva schieza,
Bon modo pare e che io creza,
O che io trovo, o che io veza.
Lo octavo modo si è de pero,
De cerexe, prugno o melo,
Da vite non è migliore o vero.
Se voy insedire altro arborcello,
O da sedete, o da bucello
Circha alora infin de questo
Che l'è in proxa a veder presto
Tuti li modi de lo insydire.
De ogni arbore che sia da dire.
Ma bisogna de dir questo anchora
Che non è miga un dire de fola,
De ogni arbore che insidire vogli
Li sedeti voglio che de cima cogli
Quando la luna è tonda e piena
E non poy quasi falar a pena.
De l'ensede de le vide non s'entende
Perché la lor cima mal si prende,
De questo toy del mezzo in zosso,
Perchéè più saldo e più lignosso,
Intendi ben li modi che son dicti
Como tu debi cogliere le insediti.
Se tu voy compore e fare
La proportion da inveschiare
La tagliadura de la vide
Quando a quella insede
Toy vischio libra una e tanta cera
E olio onze una la fa vera.
Ma volse in prima ben preparare
Quello cotale vischio e ben lavare
In acqua dico caldarella alquanto,
E in quella strucharlo tuto quanto
Azò ch'el n'esca ben fora la roza
La quale par che a l'ensede noza.
Metillo poy al fogo in una cazia
Sì che tuto inseme se desfaza,
E poy quando serà fredo toralo
E suxo un ligno pistaralo
A modo de terra da campane,
E como pasta da far pane.
E s'el s'apicha tropo al ligno
Lo remedio qui te insegno:
Quel ligno fa che sia onto
De olio dolze e non de altro ponto,
Che s'el fosse onte de olio forte
Porave a l'ensede esser la morte.
Or ti voglio insignar e dire
De qual staxon se de' insydire;
Dico che l'insydire de prima fazi
Nanti che 'l sugo suo te impazi,
E quella si è una staxone
Che se de' far la insydaxone.
L'altra staxon è mo' più tardi
E a quella conven ben che tu guardi,
Che quando la vite meterà
Che 'l cavriolo se vederà
Alora voglio che tu la ensedescho
E poy serà cum cera, o voy cum vischo.
Quando tu ven a far l'ensede
Dei prima ben schosar la vide
De quella schorza lor ch'è secha
E va fin à quella che sta frescha,
E poy lì dentro insydirai
A quello modo che tu voray.
Lo filo cum che tu lo di ligare
De stopa lo di far filare,
Che quando l'ensede veran cresando
Così quel filo verà lassando,
E se 'l filo fusse forte non lassareve
Sì che a l'ensede gram danno fareve.
E come la enseda è ligata
Fa che la sia ben inveschiata,
E copri ben ogni taiadura
De quella tale enseredura,
Si che l'ayere, l'acqua e 'l vento
Entrare non gli possa dentro.
E s'el te avegnisse alcun suspecto
Che al vischio il sole fesse deffecto
Copri il vischio cum una foglia,
O sia de coli, o sia de che si voglia
Che li sia qualche defesa
A ciò ch'el sole li fazia men offesa.
L'ensede se vogliono spolonare
Spexe volte e non falare
A men di dece dì una volta,
E questo habi ben in nota
Che i peloni creserano
E l'ensede perdere se porano.
Tute l'ensede che tu faray
Dico che quando tu le cercharay
Per parer che voiano sechare
Non le movere, lassale stare,
Ché molte volte seche parerano
E pò più tardi meterano.
A l'ensede che serano prexe
Non t'encrescha far le spexe
L'anno che ven de aprovanarle
Ché senza quelle val pocho a farle
Che s'el remete el pe' di sotta
La enseda alora non vale negota.
Se le insede fosse tropo fievele
In la insedatura o non convenevole
Molto ben la dei ligare
E bem per ordine tempelare
Come se fa le gambe al cane
Quando rote, o schavezate l'ane.
E poy la colicha arditamente
In la fossa e non temere niente
Che la non sì pò alora guastare;
Ma niente perhò la desforzare
Ché se la se rompe, o se guasta
A riconzarla duy anni non basta
Se tu voy insedire olivi
E far boni quilli che son cativi
Insidali a modo de piro
De cerexo, o voy de melo,
De mandallo, o de susino,
Cotal modo ell'è più fino.
Ligali pur cum filo de stopa
E s'el se rompe, tu l'agropa;
Poy tuto el taiado e la fessura
Ricopri di vischio ben alora
Sì che la piova non gl'intri dentro,
Né l'ayere, né anchora il vento.
E non bisogna poy de altro fargli
Se non de spexo spolonargli
De dieci dì una volta almeno
Perché ai peloni vole questo freno
Che s'el cresesseno i peloni de sotta
Allora la enseda non valerebe negota.
Ora tute le cose che in questo ho dicte
E che chi suso en notate e scripte
Tute quante en certe e provate,
E per mi correte e qui collecate;
Cioè per Paganim de Bona fe',
Che le compoxe, disse e fe',
Per amaistrare quilli che non sanno
De luy se tanto savir vorano
Or faci qui fin al mio dire
Per non tediare e per non fallire
De ciò regrantiato sia quel creatore
Dal qual procede sempre ogni valore.
Mori inseri possunt in persicho et fichu et ulmo et seri possunt de mensibus februarii et martii.
Lo terem da ceda lunga
Poco e spesso vol che l'unga
E lavorando a la staxone
Como vole la raxone
Se questo modo tignirai
Alora bom fructo n'averai.
Ma se tu voi aledamare
Fa la stopia tosto arare
E revolgere la sieça dentro
Che l'ò grande ingrassamento
Chi questo modo uxarà
La terra magra ingrassarà.
Abii quest'altro modo a mente
Che ingrassa la terra dopiamente
Quando la stopia è arada
De i louini sia somenada
E falla un poco çappolare
Po' recrouili e lassai stare.
Po' al tempo del fiorire
Che i luvini en sul garnire
Se lla terra serà madura
Falli volgere in la coltura
Cum lo piò e cum l'arado
E cussì lo terem è aledamado.
La vigna se vol bem çapare
A la staxone e remenare
Che quello remenamento
Troppo fa gran zovamento
Al frutto e a la vigna
Molto caçça via la tigna.
Se provane far tu voi,
Falle tardi quanto poi
Sì che la terra sia sutta
E colma bem la fossa tuta
Açiò che piovia vignisse
L'aqua in la fossa no li gisse.
Le provane se vole colegare
Im la fossa e aledamare
Di fanghi de le strade
Ch'eno stade remondade
I quai eno sichi a i murelli
E non tore mai se non de quilli.
A voler piantare taioi
Como io digo fa s'tu poi:
Mitij çoxo in la fossa
Entro la terra che è remossa
Sì che possam radixare
E bem cressere e fructo fare.
No i fichare mai in la riva
Che del pigliare tuti i priva
Perché la riva si è dura
E i taglioli non àn cultura
E però puochi se n' teneno
Perch'i piantaduri non se n'intendeno.
Li taglioli quando tu li mogli
De qui da l'ua vo' che tuogli
Qui che non àno lassai stare
Che non eno buoni da piantare
Che i eno de schiatta de guituni
E da fructare non eno bonj.
Li buon taglioli miti in conserva
Sotto la terra e lì li serva
Como è uxança de quel fare
In fino al tempo del piantare.
Or voglio dire de l'insedire
Che quaxi in un tempo se pò dire.
Se tu voi piantar piantoni
E vinci d'ogni raxuni
Piantarali de somente
Se tu poi, ma tient'a mente
De febraro inanci che 'l suchio
Divegna dentro e meta el buchio.
La fossa in che i voi piantare
De bem cavare mai non tardare
Sì che l'aipa asai cultura
E quella è bona piantadura
Che le rayse se stendon bene
E 'l piantone alora se tene.
Se tu voi piantare olivo
Che tosto se prenda e sia vivo
Da ogni brocho che tu voi
O alto, o basso de quel tuoi,
Zovene, o vechio tuto lodo
Pur che tu faci a questo modo.
Taglia bem da l'un di ladi
Como li ligni che em stabiadi
Levando la scorça e del legno
Un pe' e meço e te do el segno
Piantal po' bem dirinado
In suxo lo lado che è tagliado,
Ch'el meterà scorça novella
E po' farà radixe in quella
E lasal lungo fuor del tereno
Meço braço né più, né meno;
Açiò che 'l gran caldo de la stade
Non li tuoglia l'umiditade.
L'olivo se de' piantar d'avrile
Quell'è la soa raxon gentile
E chi d'altro tempo el piantarà
S'el se tene asai farà
Ch'el gliel veda asai raxoni
Bem ch'io non ce meta le caxoni.
La fossa in che tu 'l voi piantare
Tre man de vanga fa cavare
E non più, ché tanto basta
Ché ogni troppo e poco guasta
Tute le cose che se fano
Quando in sì raxon no ano.
Quando li olivi faran fructo
Ogni terço ano farai del tuto
De doverli aledamare
Se tu li voi bem far fructare
E quanto meglio tu farai
Cotanto più fructo n'averai.
El piantare digo di piri
Cum radice prugni o mili
Mandoli, persigo, over figo
E d'ogni albore altretal te dico
Quando tu 'l virai a piantare
Intendi bem como die fare.
Un braço fa cava la fossa
E tanto lunga a toa possa
E poi li mitti dentro la pianta,
Se l'è curta tuta quanta
E mitila squaxi çoxo piana
Como se fa una proana.
Sempre ogni arbore che è piantado
Sença radixe, o radixado
Se de' piantare um poco torto
Como se fano li porri de l'orto
Che troppo meglio fan radixe
Non creder mai altro che l'om dixe.
Or digamo mo di muri
Li brochi vechi eno li migluri
Da piantare sença radixe
Ed altretale del figo dixe
Siando quel brocho schiantado
Overo da l'um lado stabiado.
Tuti ogni arbori che tu pianti
Sença radixe tuti quanti
Fuora de la terra lassa una spanna
Che 'l tropo lungo asai inganna
Pensando puro che tosto crescha
E non pensano che 'l caldo i secha.
Nota che ogni piantamento
Vole avere tal cunçamento
Che aqua no intri in la fossa
La quale insire fuora non possa
Che cotal caxo òçià veçudo
Che 'l piantamento s'è perduto.
Molto bem se vol zapare
Lo piantamento e remenare
Tre volte digo lo primo anno
Per le poche radixe che ànno,
Sì che la terra sia amoroxa
Mai non si pò fare miglior cosa.
Se canedo tu voi fare
E non ài ove da piantare
Fa alora a questo modo
Che l'è bono e sì tel lodo
Perch'io l'açio provado
Che bom modo io l'ò trovado.
Fa d'avere canne fresche
Che no sian passe né seche,
A tute taglia via la cima
Carta el terço cussì le stima
E l'altro avanço retiralo
Como dirò qui piantaralo.
Fa che la terra sia vangada
E a solcadegli asolcada,
I quai siano cavi una spanna,
E poi glie colega entro la canna
E fa largo l'un da l'altro
Meço braço amesurado.
Or gli atendi e fal çapare
E tal volta aledamare
Açiò che la cana pigli possa
E viegna lunga e molto grossa;
Ché se l'è lunga, grossa e dura
Altro no i bixogna a soa natura.
De lo insidire de le vidi
Sette modi è qui ch'io vidi,
Che tute se deno inviscare
E sença visco mai non fare
Ché l'aqua e 'l vento l'intrarave
E poi la seda se perderave.
Lo primo si è modo de pero
E de ceriexe, prugne e melo,
Da vide n'è migliore de vero.
Lo segondo si è a tarsiare
Bella cosa è quella a fare
Ancora i ène che miglior me pare.
Lo terço à nome a vergiella
Gentile cosa è quella e bella
Miglior me pare i ène de quella.
Lo quarto si è a trevilino
Che farà bem lo sedacino
Quello è bel modo, bono e fino.
Lo quinto si è a segetta
Perché el se sega o' va la bietta,
Quest'è miglior che sia ditta.
Lo sexto si è bietta a zancho,
Questo si è bom modo e francho
Migliore zamai no vidi ancho.
Lo septimo si è a lieva schieça
Per tuto quello ch'io trov'o veçia
Miglior modo non è ch'io creça.
Se tu voi proporcionare
Lo visco da inviscare
La tagliadura de le vide
Quando le voi insidire
Meço visco e meça cira
Fa la proporcion vera.
Mitilo al fuogo in una caçça
Sì che inseme si desfaça,
E quando el serà fredo toràlo
E suxo un legno pestaralo
Come la terra da i orçoli
E como inguento fal s'tu poi.
Ma s'el s'apicha troppo al legno,
Lo remedio qui t'insegno
Quel legno d'olio sia unto
Ch'el sia dolce d'altro no punto;
Ché se l'olio seran forte
Le sede tute seran morte.
Or mo si te voglio dire
La raxon de l'insidire:
Quando la vide meterà
Che i dui cavrioli se vederà,
Fa tosto la insidixone,
Ché alora è al tempo e la staxone.
Ma voglio che facci un sagramento
De non insidire mai de sermento
Da l'ochio del grappo in çoxo
E guarda bem no fusti oxo,
Perché i am certe caxon,
De butarse in albacioni.
Le sede che tu farai
Quando, tu le cercarai
Per vedere se lìè sechade
Non le movere, lassale stare,
Ché molte seche parerano
E poi più tardi meterano.
Le sede se volem bem spolonare
Spesse volte e non tardare
Sempre di dì octo una volta,
E questo intiendi bem e nota
Che li polloni si cresseraveno
E le sede se perderaveno.
De le sede che seram prexe
No te rencresca far le spexe
L'altr'anno a provanarle
Altramente val poco a farle,
Che se le remeterano in lo pe' cativo
Lo insidire non vale un figo.
Pomaro se pò incalmare in sé in lo peraro, in lo spino, in lo brugnaro in persicho e in lo salexe.
Moniacho in sé non se pò incalmare de quella semente; ma in lo brugnaro, persego e forse in lo mandolo.
Nespolo se incalma in sé in piro, in pomo e in spino biancho.
Brugnaro sì se incalma in sé in persicho, in mandolaro e muniago, e queste calma se fano de mexe de marzo, o ver del mexe de zenaro inanze che le piangano.
Çizolaro sì se incalma in spino biancho e in lo brugnaro del mexe de februaro e de marzo fendando lo tronchone.
Sorbo sì se incalma del mexe de marzo e a lo principio de aprile in lo codogno e spino biancho e in lo peraro e competentemente in lo pomaro.
Per demostrare quanto dio fa adoperare la natura vedi una mirabile operatione dela porzelana.
Togli de la terra grassa e bona una parte e sabione, o rena, per doe parte e meseda ben inseme, e bagnala ben, e poy la meti dove a ti par, e poy togli solamente de la foglia de la porzelana e piantela in la dicta terra e fichala pocho giuso, e poy la mantene de continuo ben humida d'aqua di fiume, o piovana, e vederay che quella tale foia farà radixe e fructo, cioè semente in la foia, e non farà gamba né rami alcuni.
A fare nascere un pe' de noce che se chiama la noce de san Zohanne, despica le noce acerbe de su la noce la nocte de san Zohanne Baptista, e questo sia in sul far del zorno, e quelle cotale noce in quel dì sottera in terra creda, la qual sia ben frescha e humida di continuo, e lassala star infino così al dì de san Bartholame, e alora tolle che le serano mature e compiute como quelle che serano remaxe su l'arbore: netale de la mola, e poy le lassa sechare a l'ombra per fina a cinque o sey dì, e poy la pianta in quello locho dove tu voy che nascha la noce, e quelle noxelle che nascerano non farano foglie anche parerano seche infin a la nocte de san Zohanne Baptista e in quella nocte farano le foglie e lo fructo grosso e compiuto como haverano facte le altre, e lo fructo suo vale contra il morbo caduco veramente.
Togli vischio a modo de pigliar oceli e invischia atorno la gamba de l'arbore, e fin ch'el starà tenero le formiche non li porano andare suso.
Togli melle e fali dar uno bolore e schiumalo ben, e poy lo meti in uno vasse e lassallo refredare, e poy metele dentro le cerexe, o zizole fresche e lassale stare, e durarano quanto tu voray.
Fa como si fa per ciaschaduno el ciancheto vole esser che l'arbore vada in suchio, e che le calme non habiano butato e siano fresche, e de le cime di sopra, e copri cum terra, e poy fassarle cum paglia e terra trita fino che seràno tenute, e solicitare il spelonare, e in loco di terra li poteristi meter del vischio cum una pezola. E li piantoni e insiredure voiele piantar, o insidir a luna crescente.
Similmente se insiriscono mori, fichi, noce, castagne cedri a altri arbori, che non se insidischono a ciancheto, ma a bucello, o vero svolto usa tuta la maynera predicta de li altri arbori, excepto che quando l'arbore va in fucho, tu dei trar fora el sibiloto de la rama tondo como è uno didale dove sia uno ochio o duy e remitillo in lo salvaticho che sia de quella groseza; ma prima toli via la scorza del salvaticho, cioè fendella in tre parte, e lassala atachata, e possa ficha quella del domesticho e tira poy suso quella del salvaticho, e serà de finissimo del domesticho.
A schorzolo ancho fa, togli uno quadreto de schorza domestica e levane altretanto del salvaticho e amesurali se possa entrare, e ligalo cum qualche stropazo, e veschio, e lassa l'ochio dischoperto e basta.
Le vide se possono ancho insidire in alto cambiando l'un ochio cum l'altro, e cum el vischio; ma non voiano andare in pianzere perché non se apicharevene; ma quando non pianzono è bon fare et è un pocho tardi.
Nota che ogni insedo se de' coglier del mexo de febraro, o de marzo, o sia arbore, o vite, e reponeli sotto terra bem coperti, excepto la cima del capo un pocho schoperta.
Le vide anche se insediscono a ciancheto ogni hom fa questo e vol esser cum lo vischio perché ha natura de far tegnire.
Ancora se pò insidire la vite cum un insideto o vero taiole longo in una de le radixe che fosse tagliata da la gamba sotto terra e poy destenderla a modo de provana et è cosa perfecta e segura.
Compositione de vischio per insydire vite alte da terra suso per li rami. Toli vischio libr. J olio dolze de oliva onze J incorpora ben inseme a lento focho in una caza o altro vaso, poy zetalo in suso l'aqua frescha; poy toli e pistalo ben cum uno martello in suxo uno marmoro, o legno, purché non s'apichi; e quando s'apichasse onze lo ligno de olio e vegnerà a modo de unguento, e fane uno pastonzelo, o vero balota; e quando tu fara' la tua inseda metene la fessura aziò che se defenda dal vento, o da l'aqua, e non tore olio forte, perché farìa danno a lo insedo.
Toli corno de montone, o de castrone e sotteralo intorno a la radixe de quello arbore, e lassalo stare fino che marcirano, e vederay che per virtù de la sua caldeza più fructificarano e più presto.
Toy columbina de columbi e fala maserare cum l'aqua a modo de calcina e dane a le radixe de l'arbore.
Toli pome, o pere che siano de raxone da salvare a tempo che non siano tropo mature, e quelle apicha in locho siuto che le habiano un pocho de fumo, e per quello modo durarano.
Ancora toli la segadura del legno che sia siuta, e metili dentro le pome e stagano ben coperte e si se salvarano. Nota che ogni fructo che tu vogli conservare vole essere tolto la sera per lo sole e cum lo sole.
Toli meloni de ogni mainera cum la melonara e apichali al fume ove sia ben siuto e non li movere infino al natale e durarano.
A mantenere mosto un vino recipe onze 4 de rugeta e pistala e mitila in vino mosto prima che bolia, e poi lo lassa stare, ello starà cusì sempre maturo e dolce como mosto.
Se tu voy far le pome granate che seran el bom tuto integro debie incalmare il pomo granato al tempo che se fa le altre calme in uno sanguino, e questo è provato da uno bolegnexo.
Memoria a vuy che desiderati il vim dolce tuto l'anno. Podati la vigna vostra a dì 4 e a 5 del mexe di marzo che quelli duy dì hanno questa proprietà, e di questo ne fezi prova uno bolegnexe como io have da luy, il quale era persona da bene e digno de fede.
Medesina da chiarificare vino torbido e duro da padire. Toli per ogni corba de vim chiare 3 de ove, melle onze 8 e uno poche de aqua e de sal comune onze 1 e poy bate bem inseme, a poy concia lo vino, e non de rompere ponto lo vino dentro se non in sommo somo. Mandali pur la conzia per sopra quanto tu poy, e così lassalo stare e serà chiaro.
Ancora per uno altro modo toli doe chiare de ovo e onze 5 de melle e lume zucharina in polvere onze 1, e fa al modo sopra scripto, e se 'l vino fosse molto carigo fagli più conzie.
Toli rami vechi de ficho, o voi la schorza de ligno vechio e fane pezole pichole, e poy li meti in lo vim volto, e lassali stare, e tosto serà liberato et è cosa provata e vera.
Per conzare vino volto toli el vino volto e metilo in una caldara che sia ben stagnata, o uno lavezo de preda purché non sapia de ramo, e poy quel vino falo tanto schaldare che 'l comenza a levare la schiuma e non boglia e toli ben via quella schiuma, e quando serà ben schiumato tolo fora de la caldera, e metilo in una bota che sia ben neta e ben lavata, e lassalo star deschonchonato infina a sei dì, e poy habie per ogni corba de vino onze .j. de fino zenzevero amachado, e ligallo cum uno filo, e poi lo mete zoso per lo conchone e fallo star in mezo il vino, e in uno altro filo metili una bona radixe de pilatro secho, e poy da lì a sei dì, o più, secundo che ti pare che basta, tira fora quilli fili cum quelle cose, e se 'l vino non fusse ben chiaro, toli doe chiare de ovo e onze 3 de melle per corba cum quello sale che bisogna, e batilo ben inseme, e poy conza el vino e tienti a mente de non rompere el vino niente. E quando serà conzo, lassalo stare cum tuta la conzia e non bisognia de tirarla fora may.
Ancora per uno altro modo. Toli lo vino e falo scaldare ut supra e dali quella conzia e poi lassalo stare infine a vendemie, e poy lo buta suso le graspe e lassalo stare per un dì naturale e non più e serà conzio.
Ancora per altro modo a chiarifichare il vino. Toli herba dicta de sam Piero e basilicon, e metilo per lo conchone in lo vaselo e lassalo stare per tri zorni e poi è liberato il vino.
Toi lacte de capra frescho che sia scieto e metillo un pocho de sal comune onze J e meseda ben inseme, e bati, e poi lo bate in lo vasello del vino, e meseda un pocho il vino pur così insomo aziò che 'l vino non si dirompa tropo in entro pur che la conzia vada ben di sopra per lo vim se bastarà poy lassalo stare e vederay vino inconciabile per questo modo esser concio, e mirabile operatione.
Ancora per altro modo: toli lacte frescho schieto di capra perché l'è migliore che l'altro onze 4 e chiara de ovo una sola, di melle onze J sale secundo l'usanza tanto che basti, e bati ben inseme e poy lo meti sopra il tuo vino, e meseda tuta fiada, e poi lo meti sopra in la quantità de una corba de vino, e quando tu li meti questa conzia meseda tuta fiada lo vino insomo quanto tu poi, azò che la conzia vada per lo vim, e che 'l vino non se dirompa tropo in giuso, e poy lo lassa stare e vederay in poco spatio bella operatione.
Toli una brancada de fiori de sambugo sechi a lì l'umbra e ponila in doe corbe de vino mosto, e lassalo stare, allora vignirà vim moschatello de odore e di sapore.
Toli una branchada de fiori de schiarea e metili in doe corbe de mosto quando al bole, e lassalo stare e vignirà fino moschatello de odore e di sapore.
Ancora per altro modo: toli fiori de lambruscha una branchata e una de fiori de sambugo tuti sechati a l'ombra, e metili in doe corbe de vino mosto quando boli, e po' lo lassa stare e serà fino moschatello.
Toli gedoria e metilo in lo conchone e apichala e lassala stare e liberasse il vino.
Toli abrotano e metilo per lo conchone in lo vasello cum uno filo per tri dì, e poy lo tira forai e sarà guarito.
Toli secundo la quantità del vino, toi fava e cierri bianchi, e melega, e poy mete quelle cose in uno sacheto longo uno pe' e ligalo cum una corda e metilo in la bota per lo conchone che non tochi el fondo, e lassalo stare per octo dì, e poy asagia il vino e s'el non ha lassato il sapore de la mufa, refà de novo cum le predicte cose e andarà via la mufa.
Nota ch'el non è bom piantare alcuni arbori fructiferi fin a tanto che la luna sta in crescere, cioè dal primo infino al tertiodecimo dì, perhò che producano morbezo e abundantia de lignamo e de foglie e pochi fructi. Bono è alora piantari salexi e ogni arbore che sia da operare per edificare, o per altra casone, o per brusare; perhò che tosto cresce e produce asay rami. Ma bon è piantar la vigna e li arbori fructiferi el 13 e lo 14 e lo 15 de la luna de marzo, de aprile e de novembre.