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Anonimo La morte di Tristano

Anonimo

LA MORTE DI TRISTANO

Edizione di riferimento

Poeti minori del Trecento, a cura di Natalino Sapegno, Letteratura Italiana - Storia e Testi vol. 10, direttori Raffaele Mattioli, Pietro Pancrazi, Alfredo Schiaffini, Riccardo Ricciardi editore, Milano-Napoli 1962

Il cantare della Morte di Tristano, certamente del secolo xiv, svolge l'episodio culminante del celebre romanzo francese, con arte rozza, ma pur con immediata aderenza al contenuto umano e drammatico del racconto. Non è facile indicare la fonte diretta di cui si giovò il cantastorie; è probabile tuttavia che egli tenesse presente un testo italiano affine al Tristano Riccardiano (cfr. capp. ccxxv-ccxli) e alla Tavola ritonda.

1.

Poi che e' fu al castello [1] arrivato,

l'amor lo strigne e forte lo travaglia,

perocch'egli era molto tempo stato

sanza Isotta veder, se Dio [2] mi vaglia;

ed un messaggio [3] sì ebbe inviato

che vada a Tintoil [4] in Cornovaglia;

sicché non può più la pena patire

che e' non mandi alla reina a dire.

2.

E quando la reina questo intese,

che Tristan era in quelle contrade,

per un messaggio rispuose palese

che egli andasse a lei in veritade.

Sicché Tristan per lo cammin si mise

tanto che e' fu dentro alla cittade;

e uom del mondo nol sa e nol sente,

se non Isotta dal viso piacente.

3.

Quando messer Tristano andò a su' amanza

non portò l'armadura suo sovrana,

se non la spada e anche la suo lanza

che gli avìe dato la fata Morgana,

che la portò con seco per certanza [5],

ch'era fatata e cotanto villana.

Giunse Tristano a Isotta fiorita

con [6] quella lancia che i tolse la vita.

4.

Molto grand'è l'allegrezza e il sollaccio

che Tristan fe' colla gentil reina;

e tutta quella notte in braccio in braccio,

tutta la notte insino alla mattina

(ché lo re Marco non dà loro impaccio)

Tristano istà colla rosa di spina;

ché lo re Marco non ne sa niente

che Tristano vi fosse o sua gente.

5.

Or venne a giorno che messer Tristano

colla reina Isotta sollazzava;

sonava una viuola [7] molto piano

messer Tristano, e Isotta ballava.

Così, passando, Alibruno [8] villano

udì il suono, e all'uscio si fermava,

e quando vidde quel Tristan piacente [9],

egli n'andò al re immantanente.

6.

E sì gli disse: - Nobile signore,

Tristano è in zambra con madonna Isotta

e sta con lei in diletto e in amore

e di vostra corona e' non fa dotta. [10] -

E quando il re l'udì, cangiò il colore

e gran dolore egli n'ebbe allotta [11],

e disse: - Lasso! la mia vita grava [12]:

io veggio ben che Tristan non m'amava. -

7.

E lo re Marco già non fece resta [13];

andò alla camera e vidde Tristano,

e mise gli occhi per una finestra,

colla lancia gli dié un colpo villano.

Tristan, fedito alla parte sinestra [14],

isbigottito cadde a mano a mano.

Il re, veggendo ch'é Tristan fedito,

 subitamente da lui fu partito.

8.

Quando Tristano si sente fedito,

sì dicea piagnendo alla reina:

- Gentil madonna, io sono a tal partito! -

Isotta, che di lagrime non fina [15],

di fasciallo non ebbe il core ardito,

anzi piagnendo dicea: - Tapina! -

Messer Tristan da lei si dipartia

e al castello Dinasso [16] se ne gìa.

9.

Po' che e' fu al castello arrivato,

puòsesi in letto e cominciò a gridare:

- Oh me dolente lasso isventurato!

or sono io morto e non posso altro fare;

ché lo re Marco m'ha sì innaverato [17]

ch'altri che Iddio non mi può aiutare. -

Dinasso e Sagramor [18], pien di dolore,

sempre piagnevan cogli occhi e col core.

10.

Dinasso e Sagramor fecion venire

molti maestri e medici a Tristano;

ma la ferita è sì sconcia, al ver dire,

che niuno promette farlo sano;

e cominciò allor forte a putire,

sicché abbandonan lo baron sovrano,

se non Dinasso e Sagramor amico,

che non l'abbandonò, com'io vi dico.

11.

Quando il re Marco sentì la novella

come Tristano era presso alla morte,

andonne alla reina e sì favella:

- Or sarò io sicur nella mia corte,

né come [19] prima verrà la novella. -

Dice parlando con parole accorte: -

Reina, or ti diparti da Tristano,

che tanto hae il tuo amor tenuto in mano. -

12.

E la reina per queste parole

non gli risponde, e piagne fortemente,

e lo re Marco, che non se ne duole,

sì la rampogna continuamente;

e la reina, ch'allor morir vuole,

sì dice al re: - Se muor Tristan piacente,

tal gente per suo amore ti fa omaggio

che, morto lui, ti farà danno e oltraggio. -

13.

Istando la reina con dolore

innanz' il re, fortemente piangìa;

e lo re Marco di dolor [20] si muore,

pentendosi di ciò che fatto avìa;

e sì dicea: - Reina di valore,

or ben s'abbassa nostra signoria!

Se Tristan muore, io non posso altro fare -,

e cominciava forte a lagrimare.

14.

Messer Tristan, che veramente muore,

disse a Dinasso: - Compagno valente,

vammi a re Marco, mio gentil signore,

e dì che venga al misero dolente,

ché ogni senso del corpo mi muore:

per Dio, va tosto, compagno piacente!

Anzi [21] ch'io passi di questa mia vita,

vegna a veder, per Dio, la mia finita. -

15.

Dolenti assai Sagramorre e Dinasso

per lo re Marco ciaschedun fu andato,

che venisse a Tristan, ch'a morte è lasso;

onde il re Marco a caval fu montato:

quando giunse al castel del Tristo Passo [22],

da ogni gente egli era bestegnato [23], dicendo:

- Se Tristan muor, tua corona,

oltraggio le farà ogni persona. -

16.

Il re in sulla sala si montava,

giunse alla zambra dove Tristan era,

e gran sospiri e gran pianto gittava,

e figurava [24] il colore alla terra;

come io vi dico, ogni uom lo bestemmiava.

E quivi avea di cera gran lumera [25].

Giunse a Tristan, salutollo piagnendo;

e Tristan lui salutava ridendo.

17.

Quando Tristano vidde il re venire,

sopra del letto si volle rizzare,

ma avìe perduto la lena e l'ardire,

sicché a seder non si potea levare.

In bassa boceparlò pien d'ardire:

- Alto re Marco, ben possiate stare!

la morte mia, ch'avete disiata,

a vostra voglia me l'avete data. -

18.

Forte piagnea il re innanzi al barone

dicendo: - Figliuol mio, or mi perdona,

ché io ho fatto tale offensione

che ma' non sarà lieta mia persona. -

E mentre che dicea questa ragione,

giù per lo viso lagrime gli abbonda,

sicché per questo tutta l'altra gente

piagner facìe sopra a Tristan piacente.

19.

Ora dice Tristano: - Non piagnete,

anzi vi priego che vui confortiate;

e prégovi, alto re, se voi volete,

ch'uno ricco gran dono mi facciate:

che la reina Isotta, qual tenete

per vostra sposa, per lei mandiate,

sicché ella vegga mia vita finire. -

Disse il re Marco: - Io la farò venire. -

20.

E tosto un messo manda alla reina,

pregandola ch'ella a Tristan venisse.

Isotta, che di lagrime non fina,

tosto ubbidì ciò che il messaggio disse.

Missesi in via dicendo: - Tapina!

messer Tristan, con teco mi morisse!

Tu ti morrai, ed avrai un dolore;

ma io morrò, vivendo, a tutte l'ore. -

21.

Quand'ella fu al castello arrivata,

sì grand'é lo lamento che facea,

in mezzo d'altre donne, scapigliata,

ch'ogni altra gente lagrimar facea.

In sulla sala cadde strangosciata

per lo grande dolore ch'ella avea.

Giunse a Tristan, ch'era molto gravoso,

con sì gran pianto scuro [26]  e doloroso.

22.

Quando Tristano la vidde venire, dice:

- Reina, alta stella chiarita,

da voi per forza mi convien partire,

ch'a questo mondo poco è più mia vita. -

Quando Isotta l'udì così dire,

sopra a Tristano si gittò ismarrita,

sicché Tristano per lo gran dolore

sì ne perdé la favella e il sentore [27].

23.

E tramortito sta il baron sovrano;

nel letto in braccio tien madonna Isotta;

e lo re Marco, ch'ha duol prossimano [28],

non lo richiama [29] e non fa motto allotta.

'Nfin l'altro giorno non parlò Tristano,

po' mise un grido che ogni uomo indotta [30]:

- Oggi convien che a mia morte vada!

Recatemi il mio scudo e la mia spada. -

24.

E con lamento gli fu arrecata,

e con lo scudo, che ogni uom lagrimava.

Tristan la spada in mano s'ha recata

e, lamentando, assai la commendava:

- Ispada mia, quanto se' dotta istata!

Se dovunque n'anda' io ti portava,

ora mi parto e tu ti rimarrai,

e per me colpo ma' più non darai. -

25.

Po' si recava il forte iscudo in braccio

messer Tristan, che perduto hae la lena,

dicendo: - Scudo mio, merzé [31] ti faccio,

ch'assai campato m'hai da mortal pena.

Ora, per mia follia, da te mi spaccio,

ché mi vien meno i passi ed ogni lena - ;

e s'inchinava l'elmo in sulla testa,

sicché ogni gente facée piagner presta.

26.

Poi disse a Sagramore: - Amico caro,

quando sarò del secolo [32] passato,

in Cammelotto [33] andrai con pianto amaro

dinanzi a re Artù incoronato,

e l'arme mia, che già tanto provaro [34],

gli donerai, contando in ogni lato

la morte mia a' baron di Cammelotto,

e sopra a tutti a messer Lancialotto. -

27.

E la reina, che l'udì parlare,

dice: - Tristan, cuore del corpo mio,

se tu ti muori, oh come deggio fare?

Pregar ti voglio, per l'amor di Dio,

che dietro a te non mi deggi lasciare;

ché bene non avrebbe il corpo mio,

anzi morrebbe in pene e in dolore

a viver sanza te, o mio signore. -

28.

Messer Tristano dice alla reina:

- Gentil donna, io muoio veramente. -

Isotta, che di lagrime non fina,

sopra a Tristan si gittò strettamente.

Messer Tristan, che già morte gl'inchina [35],

sì forte abbraccia Isotta piacente,

che in corpo a ciascun si partìe [36] il core:

così abbracciati morir per amore.

29.

Quando il re Marco questo si vedea,

che Isotta e Tristano trapassaro

di questa vita, co' baron dicea:

- Troppo mi costa questo fatto amaro. -

Qui sì grande lamento ogni uom facea,

che troppo d'allegrezza v'avìe caro [37].

L'aria e la terra parìa che piagnesse

d'Isotta e di Tristan lagrime spesse.

30.

Tutta rinforza la doglia e il tormento

pur per Isotta e per Tristan piacente.

Furon messi in un ricco munimento [38]

ben lavorato (se il cantar non mente)

di belle storie d'oro e d'ariento,

fatt'a figura [39] molto sottilmente:

«Qui giace Isotta con messer Tristano»,

dicon le scritte, secondo il Lucano [40].

 

Note

________________________________

 

[1] al castello, di Dinasso (il Dynas dei testi francesi), amico di Tristano. 4. 5. 6. 21.

[2] se Dio ecc. Il solito inciso (con significato ottativo), inteso a sottolineare la veridicità del racconto.

[3] messaggio: messaggero.

[4] Tintoil: castello di re Marco, dove dimorava Isotta.

[5] per certanza: per sicurezza.

[6] con ecc.: con la lancia che lo avrebbe ucciso per mano di re Marco (cfr. v. 52). Anche nel Tristano Riccardiano è detto che il re ferì il nipote «d'una lancia avvelenata, che Morgana li avea data».

[7] viuola: viola. Nel Trist. Ricc.: «la reina arpava e diceva una canzo-ne».

[8] Alibruno. Corrisponde all'Andret o Adriet, altro nipote di re Marco, dei testi in prosa italiana (il fellone Andret del romanzo fran cese).

[9] piacente. Non è un mero epiteto esornativo di valore assai vago (come, per es., fiorita detto di Isotta); la piacevolezza è caratteristica costante del personaggio di Tristano, di cui fin dalla nascita era stato predetto: « fie si grazioso, ch'ogn'uomo sì 1'amerae » (Trist. Ricc., c. III).

[10] non fa dotta: non ha rispetto né timore.

[11] allotta: in quel punto.

[12] grava: mi pesa, è troppo triste.

[13] resta: indugio.

[14] sinestra: sinistra. Al cuore.

[15] isbigottito: svenuto; a mano a mano: subito

[16] non fina: non cessa di lacrimare.

[17] Dinasso: di Dinasso.

[18] innaverato: malamente ferito (cfr. p.903, v. 204). -7i. Sagramor, il Sagremor del romanzo francese; amico fedelissimo di Tristano.

[19] né come ecc. Bisognerà intendere: « la storia della vostra tresca non seguiterà come prima». Il né, però, è correzione congetturale; e forse potrebbe lasciarsi, come legge il codice, e come prima .ecc., intendendo: «tolto di mezzo Tristano, tutto tornerà come prima ».

[20] di dolor si muore. Il rapido trapasso di re Marco dalla gioia, più o meno dissimulata, della vendetta al pentimento e al dolore per la morte del nipote, è anche nelle fonti.

[21] Anzi: prima.

[22] Tristo Passo. La denominazione è foggiata sul tipo di quelle che si incontrano nei romanzi francesi (Chastel de Plor, Passage périlleux).

[23] bestegnato: bestemmiato, maledetto.

[24]figurava ecc.: il colore del suo volto era terreo. Si potrebbe anche leg-gere cera (invece di terra), per restaurare la rima.

[25] lumera: illuminazione.

[26] scuro: funereo, desolato. Anche la Vergine è detta « la scura », nelle laude che ne ritraggono il pianto per la morte di Gesù.

[27] il sentore: i sensi.

[28] prossimano: che urge al suo cuore.

[29] richiama: rimprovera

[30] indotta: atterrisce.

[31] merzé ecc.: ti ringrazio.

[32] del secolo ecc.: trapassato, uscito da questo mondo (secolo é, in questo senso, voce biblica e liturgica).

[33] Cammelotto: la reggia di re Artù.

[34] già tanto provaro: furono usate in tante prove.

[35] gl'inchina: gli si approssima.

[36] si partie: si spezzò. Nel Trist. Ricc. (cap. ccxxxvii) : « allora si stende la reina supra lo suo petto, e elli si strinse di tanta forza com'elli avea, sì ch'elli le fece lo cuore partire. Sì che a braccia a braccia e a bocca a bocca morirono li due pazienti amanti>.

[37] caro: carestia, difetto.

[38] munimento: tomba.

[39] fatt'a figura: scolpito.

[40] il Lucano. È forse il titolo del romanzo che ha servito di fonte al cantastorie; ed è infatti il nome di un personaggio dei romanzi francesi.

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Ultimo aggiornamento: 04 giugno 2007