Nuovo ePub. “Storia d’Italia dal 1871 al 1915” di Benedetto Croce

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Storia d’Italia dal 1871 al 1915 di Benedetto Croce.

La Storia d’Italia dal 1871 al 1915 di Benedetto Croce è probabilmente uno dei testi più importanti tra quelli che hanno potuto esercitare un’influenza sull’idea e sulla vulgata che gli italiani hanno potuto elaborare sulla propria storia. Rappresenta inoltre uno degli sforzi più compiuti e riusciti prodotti dal filosofo abruzzese per consolidare il proprio sistema filosofico fondato sul momento metodologico della storia. Non solo, ma è in quest’opera che percepiamo meglio l’identità crociana fra poesia e storia, identità sempre percepita ma espressa con mirabile chiarezza da un saggio del poeta Attila Jozsef. Inoltre troviamo in quest’opera l’espressione di un’altra e più sostanziale identità, cioè quella tra storia e filosofia.

Quasi sempre all’estero, ma spesso anche in Italia, l’opera di storiografo di Croce viene sottovalutata e quasi ignorata; quando lo studio di questo aspetto del lavoro di Croce viene affrontato assistiamo a interpretazioni estremamente differenziate. Si passa quindi dall’approccio gramsciano (Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, consultabile in questa stessa biblioteca Manuzio) dove Croce è chiamato in campo come elemento di contrapposizione all’antagonismo di classe e fautore invece di quella collaborazione di classe che dovrebbe funzionare come correttivo o contrappeso alla visione marxista. Va sottolineato tuttavia come in paesi, come in America Latina, dove il movimento operaio spesso si mosse sulla scia del socialismo italiano, Croce viene invece visto come uno dei principali punti di riferimento del movimento socialista. Non vi è dubbio che in alcuni paesi Marx venne conosciuto attraverso Croce e, sulla scia di Croce, attraverso Sorel e Gobetti. Ma il filo conduttore filosofico è quello che l’autore enuncia nell’avvertenza che precede la riedizione, la nona, del 1947 dalla quale è tratto questo e-book (il libro fu pubblicato la prima volta nel 1927):

«Viene essa fuori [questa edizione] quando ormai, da circa quattro anni, l’Italia, crollato il funesto regime che è stato una triste parentesi nella sua storia, respira di nuovo – pure tra le difficoltà del presente e i pericoli – nella libertà, della quale io, scrivendo questo libro nel 1927, procurai da mia parte che non si perdesse il ricordo e il desiderio.»

Confrontando poi questo testo con le Note Autobiografiche del 1934 si comprende che l’analisi dei 45 anni di storia che vanno dal primo decennio successivo all’unità d’Italia fino all’inizio della Prima guerra mondiale (Croce si ferma qui perché proseguire significherebbe invadere il campo del politico, andare oltre alle competenze dello storico) è ispirata da un impegno etico-politico, impegno con il quale si porta in primo piano l’obiettivo di perseguire il chiarimento che

«la storia culturale e morale dell’umanità concretamente si attua nelle azioni politiche intese in tutta la loro estensione e varietà, e viste in questo rapporto e nella considerazione strettamente tecnica di azioni diplomatiche o militari o economiche, e simili.»

L’opera è quindi certamente intrisa di passione etica, intesa a rischiarare la coscienza storica dalla quale avrebbe dovuto nascere la nuova religione della libertà. Si trova conferma anche nell’Epistolario, in particolare dove si riporta l’intervista che nel maggio del 1927 Croce rilasciò alla giornalista Lina Waterfield, nella quale viene sottolineato come l’approfondimento degli studi storici fosse per lui sempre connesso con la filosofia. Dice Croce:

«da alcuni anni in qua io mi occupo soprattutto di storia, giacché il mio pensiero filosofico è nato dagli studi storici, e ad essi ritorna non solo come a fine ultimo, ma anche per alimentarsi nell’esperienza dei fatti e delle passioni umane.»

Vediamo quindi come la storia diventi propedeutica all’azione, e questo svolgendosi dalla filosofia dello spirito diviene trampolino di lancio verso lo storicismo assoluto.

Naturalmente non mancarono espressioni fortemente critiche. Giusto ricordare almeno quelle di G.A. Borgese (sfortunatamente non possiamo ospitare ancora per parecchi anni tra le opere del Borgese stesso il testo Golia. Marcia del fascismo) e, oggi, di Dario Consoli che su Borgese ha condotto uno studio importante. Secondo Borgese il neo-idealismo italiano – sia nella forma conferitagli da Croce che in quella variante di Gentile – non ha alcuna fondamentale obiezione da porre al nazionalismo e al fascismo; al contrario, con le proprie idee di fede nell’istituzione statale e la propria avversione al mazzinianesimo e alla democrazia, in pratica ne fu una stampella. La lettura di la Storia d’Italia dal 1871 al 1915 conferma che per Croce l’idea di “stato come giustizia” si sfuma nell’idea di “stato come forza”. Non si può tuttavia ignorare, e non lo fa neppure Borgese, il ruolo di perno di un certo tipo di resistenza intellettuale antifascista che Croce mantenne soprattutto tramite il Manifesto degli intellettuali antifascisti.

Per tutte queste ragioni il testo che presentiamo riveste un sicuro interesse per chi voglia affrontare il tema di come l’Italia si sia trasformata, e preparata, nei 45 anni presi in esame, al successivo ventennio di oscurantismo e di reazione che ne è seguito. Tutto questo nel quadro programmatico di “liberazione” della storiografia moderna da ogni residuo di materialismo storico che era stato preponderante nei decenni precedenti. Nella ricerca storiografica Croce immerse la sua filosofia, sperimentando una sorta di riordino del suo sistema nell’ambito di uno storicismo assoluto.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

"Storia d'Italia dal 1871 al 1915" di Benedetto CroceNel 1871, fermata la sede del regno in Roma, si ebbe in Italia il sentimento che un intero sistema di fini, a lungo perseguiti, si era a pieno attuato, e che un periodo storico si chiudeva. L’Italia possedeva ormai indipendenza, unità e libertà, cioè le stava dinanzi aperta la via al libero svolgimento cosí dei cittadini come della nazione, delle persone individuali e della persona nazionale; ché tale era stato l’intimo senso del romantico moto delle nazionalità nel secolo decimonono, strettamente congiunto con l’acquisto delle libertà civili e politiche. Non si aveva altro da chiedere per quella parte, almeno per allora; e si poteva tenersi soddisfatti.
Ma ogni chiudersi di periodo storico è la morte di qualche cosa, ancorché cercata e voluta e intrinseca all’opera chiaramente disegnata ed energicamente eseguita; e, come ogni morte, si cinge di rimpianto e di malinconia.

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Nuovo ePub. “La guerra d’Italia” di Luigi Barzini. Due volumi

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: La guerra d’Italia (due volumi) di Luigi Barzini.

In La guerra d’Italia, pubblicato in due volumi tra 1916 e il 1917, Luigi Barzini, in qualità di giornalista accreditato, racconta la sua esperienza diretta delle battaglie di terra, di mare e in aria sul fronte italiano nel 1916. Il primo volume, Sui monti, nel cielo e nel mare, copre l’arco temporale dal gennaio al giugno 1916. Il secondo volume, Dal Trentino al Carso, arriva al novembre 1916, concentrandosi sulle battaglie nel fronte nord-orientale.

L’opera, che costituisce indubbiamente e senza tentennamenti un’esaltazione dell’eroismo delle truppe italiane, sempre pronte, intelligenti, tenaci, si apre con la considerazione che la guerra ormai non è più quella di una volta, quando l’attacco offensivo era il primo passo, anche quando il nemico sembrava essere il più forte.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Scarica gratis: La guerra d’Italia. Sui monti, nel cielo e nel mare (gennaio-giugno 1916) e La guerra d’Italia. Dal Trentino al Carso (agosto-novembre 1916) di Luigi Barzini.

Nuovo ePub. “Storia degli italiani. Tomo XV” di Cesare Cantù

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Storia degli italiani – Tomo XV di Cesare Cantù.

Questo quindicesimo tomo della Storia degli italiani di Cesare Cantù chiude l’imponente lavoro dello storico, letterato e politico lombardo.

Il presente volume contiene un’ampia serie di appendici, già annunciate in parte nella chiusa del volume precedente, che era arricchito da una Cronologia italica, un mero elenco di re, imperatori, papi con l’indicazione del loro periodo di governo.

In questo tomo la prima parte è dedicata ai ‘Parlari d’Italia’ a partire dalle lingue dei primi italioti, proseguendo con le origini del latino, le influenze religiose e dei popoli barbari sul linguaggio, fino alla formazione dell’italiano e dei dialetti. Scrive Cantù nel 17° paragrafo Della lingua romanza e della siciliana di questa Appendice I:

«Non è del nostro assunto il librare il merito de’ poeti di Sicilia e del Reame: ma quanto alla lingua, non crediamo usassero quella del loro paese, bensì se ne proponessero una, comune alla gente colta; quella che Dante intitolò cortigiana.».

A questa prima Appendice ne seguono altre otto dedicate alla formazione dei calendari, alla indeterminatezza delle fonti per la storia romana, alle figure delle Sibille, ai nomi delle gentes romane, alle monete e misure in corso fra i romani, alle leggende intorno a Virgilio, al Dante ‘eretico’ con l’analisi agguerrita da parte di Cantù dell’opera Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste; révélations d’un catholique sur le moyen-âge (1854) di Eugene Aroux (1793-1859) sostenitore di una interpretazione esoterica dell’opera dantesca. Al proposito Cantù scrive:

«È destino dei libri che divengono nazionali e popolari il trovarvi ciascuno ciò ch’e’ vuole; e non abbiam visto cercare nel Vangelo prove contro la divinità di Cristo, come altre volte cabalisti e alchimisti scoprivano nella Bibbia i numeri onnipotenti e la polvere di projezione?».

L’Appendice IX è di dati statistici, di entrate e di uscite negli Stati italiani, ma non solo.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro :

"Storia degli italiani. Tomo XV" di Cesare CantùAPPENDICE I. DEI PARLARI D’ITALIA
Senza toccare le origini del parlare, che è il problema capitale nello studio dell’uomo, avvertiremo solo come nel linguaggio trovasi una convenzione tacita per designare le cose stesse colle stesse parole, esprimere gli stessi giudizj colle stesse forme grammaticali; onde bisogna supporvi condizioni fisiologiche, val a dire un organo per produrre i suoni elementari, vocali o consonanti; un organo di udito per raccoglierli dalla bocca altrui e dalla propria; e condizioni soprorganiche, cioè un’attività volontaria per mettere in moto gli organi fonici, e ripetere con intenzione i suoni semplici o complessi che ciascuna lingua ammette; inoltre un’intelligenza capace di idee generali e di una coordinazione per istituire delle radicali, per recarle ad associazioni o derivazioni, per istabilire regole di sintassi.

Scarica gratis: Storia degli italiani. Tomo XV di Cesare Cantù.

Nuovo ePub. “Storia degli Italiani, Tomo X” di Cesare Cantù

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Storia degli Italiani, Tomo X di Cesare Cantù.

Il X Tomo della Storia degli Italiani di Cantù, che comprende i capitoli dal CXL al CXLVIII ed il periodo storico dalla metà del XV alla metà del XVI secolo, è nella prima metà dedicato al particolare e fortunato sviluppo delle arti e della letteratura. È un

«secolo di tante miserie per l’Italia, eppure di bocca in bocca qualificato come d’oro, come un meriggio, sottentrato alle tenebre del medioevo»

perché, favorito a Roma da papa Leone X, raffinato e colto umanista, dalla lungimiranza dei Medici a Firenze e dal desiderio di competizione nella bellezza nelle altre parti d’Italia; il periodo vede fiorire l’architettura, la scultura, la pittura, la miniatura, la tarsia, la maiolica, … il genio di Leonardo. Cantù cita gli eccelsi artisti e le loro opere, che divennero il vanto di questo ‘secolo d’oro’, ma è interessante leggere anche quanti altri artisti al tempo in cui scriveva l’autore, in pieno Ottocento, fossero ancora per lui degni di menzione. Dopo le arti, Cantù passa ad esaltare il risorgimento della lingua e della letteratura italiana in tutti i suoi generi, dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia al teatro, e la nascita dell’Accademia della Crusca, costituitasi ufficialmente il 25 marzo 1583. L’amore per l’arte e le lettere moltiplicò generosi mecenati, che sostennero il lavoro degli artisti.

Dopo un capitolo, il CXLIV, dedicato ai costumi e alle opinioni, la seconda parte di questo Tomo X, gli ultimi corposi quattro capitoli, verte tutta sulla religione, che vide in questo secolo momenti cruciali. Qui l’autore scrive dell’avanzamento della riforma religiosa in opposizione a Lutero, dell’Inquisizione, del Concilio Tridentino e delle questioni giuridiche legate al diritto cattolico. Il Tomo X si chiude sulle guerre religiose, sulla permanenza del credo valdese e sul nesso tra i Valdesi e la Valtellina.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

La vitalità de’ tempi repubblicani sopravvivea, portando all’attività e alla creazione; mentre dai modelli classici, che allora o si discoprivano, o meglio fissavano l’attenzione, imparavansi eleganza e correttezza. Da questo felice temperamento trae carattere il secolo di Leon X; secolo di tante miserie per l’Italia, eppure di bocca in bocca qualificato come d’oro, come un meriggio, sottentrato alle tenebre del medioevo: ma l’altezza a cui si spinsero le arti del disegno e quelle della parola, anzichè creazione de’ Medici, fu effetto dell’antica vigoria, che agitava l’Italia anche sul punto di perire.
Il bisogno di contemplare e imitar la bellezza visibile siccome scala alla suprema e immutabile, e di farla specchio alla coscienza meditatrice, alimentò sempre le arti fra noi: tanto che, ridotte quasi una parte della liturgia, si prefiggevano certi tipi e forme rituali, volendo esprimere piuttosto la visione dello spirito che la corretta imitazione della natura, raggiungere l’evidenza efficace dell’emblema piuttosto che la squisitezza della forma; piuttosto ispirare devozione e raccoglimento, che destare vaghezza e meraviglia; atti di fede insomma, meglio che prove d’abilità. All’ispirazione accoppiasi poi lo studio; dalle immobili rappresentazioni bisantine si passa alle libere e variate d’un’arte indipendente, la quale infine prevalse fin a proporsi anzitutto la plastica squisita, lasciva però di sembianze, scarsa d’affetto; traducendo la realtà della fisica, non interpretando i misteri della morale natura.

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Nuovo ePub. “Giustino Roncella nato Boggiòlo” di Luigi Pirandello

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Giustino Roncella nato Boggiòlo di Luigi Pirandello.

Giustino Boggiolo, un modesto impiegato fornito di una cultura altrettanto modesta, sposa la giovane scrittrice Silvia Roncella e, dopo che questa diventa celebre, rivela uno straordinario fiuto negli affari, prendendo tutte le iniziative di contratto con gli editori, i critici, i giornalisti, i traduttori e il pubblico, per reclamizzare e far fruttare la produzione letteraria della moglie.

Questa sua frenetica attività di agente pubblicitario lo espone alla malignità dei colleghi d’ufficio, che lo ridicolizzano appioppandogli il nomignolo di Roncello e facendogli trovare i biglietti da visita intestati a Giustino Roncella nato Boggiolo. Silvia, che vede il ridicolo della situazione, si distacca sempre più dal marito e si separa da lui, cedendo al corteggiamento di un maturo scrittore, Maurizio Gueli, né si ricongiunge più col marito quando perde l’amore del Gueli e le muore il figlio, sicché sia Giustino sia lei restano soli, ciascuno per la propria strada, chiusi nel proprio dramma interiore.

L’opera fu pubblicata con il titolo di Suo marito dallo stesso autore nel 1911, dopo aver incontrato l’opposizione dell’editore Treves, che avrebbe dovuto stamparlo, perché i personaggi erano molto probabilmente ispirati a Grazia Deledda ed al marito, Palmiro Madesani, e comunque con loro potevano essere identificati. In seguito l’autore ne fece una revisione da intitolarsi Giustino Roccella, nato Boggiolo, ma non la pubblicò, secondo il figlio Stefano perché temeva l’identificazione dei personaggi con Grazia Deledda (ormai insignita del Premio Nobel per la letteratura) ed il marito.

Note tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Suo_marito

Dall’incipit del libro:

Da quindici giorni Attilio Raceni, direttore della rassegna femminile Le Grazie , scontava con infinite noje, arrabbiature e dispiaceri d’ogni genere una sua gentile idea: quella di salutare con un banchetto la giovane e già illustre scrittrice Silvia Roncella, venuta da poco tempo col marito a stabilirsi da Taranto a Roma. Partendo l’invito da una rassegna come la sua, la quale, piú che a una qualche reputazione letteraria, aspirava a esser considerata òrgano del la mondanità intellettuale romana, e mirando quell’invito nella sua intenzione, non tanto a rend ere onore alla scrittrice quanto a mostrar viva la rassegna con un atto di pura cortesia fuori d’ogni competizione letteraria, non s’aspettava da parte dei letterati colleghi della Roncella, dei critici piú autorevoli della letteratura contemporanea nei grandi giornali quotidiani e, in genere, degli amici giornalisti, tanti tentennamenti e «ma» e «se» e «forse», ombrosità, riserve, anche recisi e sgarbati rifiuti, che gli avevano rappresentato la letteratura militante in Italia come una meschina pettegola farmacia di villaggio; e piú d’una volta aveva sospirato per l’amara considerazione che un’idea come la sua ben altre accoglienze avrebbe avute certamente a Parigi, dove in parte il comune orgoglio nazionale (sia benedetto!) in parte quella piú diffusa e sentita cognizione delle cose ordinarie del viver civile, che affievolisce risentimenti e gelosie pur non impedendo la stima particolare che ciascuno in segreto può fare dell’altro, consigliano di non negare onore a chi per giudizio ormai universale se lo sia comunque meritato; come a lui pareva che fosse il caso della Roncella, dopo il grande successo del romanzo La casa dei nani.

Scarica gratis: Giustino Roncella nato Boggiòlo di Luigi Pirandello.

Nuovo ePub. “L’esclusa” di Luigi Pirandello

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: L’esclusa di Luigi Pirandello.

L’esclusa è il primo romanzo di Luigi Pirandello. Finito di scrivere nel 1893, col titolo originario Marta Ajala, fu pubblicato dapprima a puntate sul quotidiano La Tribuna di Roma, dal 29 giugno al 16 agosto 1901, col titolo definitivo. Fu ripubblicato in volume nel 1908, per gli editori Fratelli Treves con una lettera dedicata a Luigi Capuana, nella quale l’autore espresse come ogni volontà sia esclusa, anche quando i personaggi sembrano lasciati vivere nell’illusione di agire consapevolmente. Il testo definitivo, approvato dell’Autore, apparve nel 1927.

Lavorando sullo sfondo tipico della letteratura del Verismo, ricca di dinamiche sociali ben descritte nei loro pregiudizi e nelle loro sanzioni, ma già proiettato sulle tematiche pirandelliane della duplicità e dello sradicamento dei personaggi.

Pirandello racconta una vicenda paradossale: nel dramma esistenziale del contrasto tra sostanza e apparenza, delle contraddizioni della natura umana, all’arte spetta arbitrariamente armonizzare e razionalizzare la realtà. Ne emerge quel relativismo conoscitivo, ovvero l’impossibilità per ogni individuo di ricavare una visione oggettiva della realtà. La protagonista viene cacciata di casa dal marito: egli sospetta, ingiustamente, che la donna lo stia tradendo. L’uomo è fermamente certo che escludere la moglie adultera sia la cosa migliore, almeno in un primo momento. Poi, afflitto dai sensi di colpa, lui la farà ritornare. Ma, ecco la sorpresa: la donna, finalmente perdonata, ha consumato veramente il tradimento coniugale.

È quindi evidente che entrambi i personaggi sono certi di possedere la verità, Inoltre, il romanzo “gira” attorno ad un motto in latino: “NIHIL-MIHI-CONSCIO” (presente alla fine di quasi tutte le lettere dell’Alvignani), ispirato ad un’espressione presente nelle Epistole di Orazio che letteralmente significa: «Non mi rimprovero di nulla, non ho rimorso di nulla».

Note tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/L’esclusa

Dall’incipit del libro:

Antonio Pentàgora s’era già seduto a tavola tranquillamente per cenare, come se non fosse accaduto nulla.
Illuminato dalla lampada che pendeva dal soffitto basso, il suo volto tarmato pareva quasi una maschera sotto il bianco roseo della cotenna rasa, ridondante sulla nuca. Senza giacca, con la camicia floscia celeste, un po’ stinta, aperta sul petto irsuto, e le maniche rimboccate sulle braccia pelose, aspettava che lo servissero.
Gli sedeva a destra la sorella Sidora, pallida e aggrottata, con gli occhi acuti adirati e sfuggenti sotto il fazzoletto di seta nera che teneva sempre in capo. A sinistra, il figlio Niccolino, spiritato, con la testa orecchiuta da pipistrello sul collo stralungo, gli occhi tondi tondi e il naso ritto. Dirimpetto era apparecchiato il posto per l’altro figlio, Rocco, che rientrava in casa, quella sera, dopo la disgrazia.
Lo avevano aspettato finora, per la cena. Poiché tardava, s’erano messi a tavola. Stavano in silenzio tutt’e tre, nel tetro stanzone, dalle pareti basse, ingiallite, lungo le quali correvano due interminabili file di seggiole quasi tutte scompagne. Dal pavimento un po’ avvallato, di mattoni rosi, spirava un tanfo indefinibile, d’appassito.

Scarica gratis: L’esclusa di Luigi Pirandello.

Nuovo ePub. “Il giunco” di Pia Rimini

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Il giunco di Pia Rimini.

Rispetto alla raccolta di racconti La spalla alata, risulta attenuata la caratteristica costante, quasi ossessiva, della descrizione dell’egoismo persistente dell’uomo rispetto alla donna; viene invece sottolineata e accentuata la volontà della donna di vincere questa sopraffazione maschile per mezzo di una tenera affettuosità femminile. Non può non colpire il lettore l’elevato grado di sicurezza artistica raggiunta. Sicurezza che va di pari passo con la sua esperienza di osservatrice capace di coniugare una fresca inventiva con la propria esperienza personale. E in questo riesce certamente al meglio nella prima delle quattro parti di questo romanzo che risulta con grande trasparenza di ispirazione autobiografica. L’attesa della maternità dovuta ad una relazione con un ingegnere che la abbandona è descritta con vera maestria; vediamo il delicato affetto e l’attaccamento ai genitori, sentimenti che la inducono a trascorrere il periodo di gravidanza presso un’anziana insegnante, il turbamento dovuto al rapporto con il cognato che vorrebbe rivelare il fatto ai genitori di lei ai quali lei stessa era riuscita a tenerlo accuratamente nascosto, e la nascita del bambino morto: il tutto è narrato con essenziale efficacia, decisa rivendicazione del diritto di maternità nonostante e contro le ipocrisie convenzionali.

Nelle successive tre parti del romanzo il tentativo di introspezione psicologica e, direi quasi, di autoanalisi che l’autrice tenta attraverso dialoghi con gli uomini che di volta in volta incontra e con i quali cerca di dar vita a qualcosa che assomigli alla propria idea d’amore, la scrittura appare assai meno convincente. Non credo si debba pensare che tutto sia frutto della sua propria esperienza interiore e di osservatrice. Pia Rimini prova ad intuire e dedurre, molto abilmente almeno per molte pagine, l’esprimersi di una data psicologia – che può essere anche molto lontana dalla propria – in una certa situazione e frangente di vita nei quali lei può anche non essersi affatto mai trovata. Lo fa con estrema naturalezza anche se con qualche lungaggine e ripetitività di situazioni ed emozioni. Certamente questa percezione analitica e intuizione non coincide necessariamente con le proprie stesse percezioni. Piuttosto forse è un tentativo di presentare l’immagine femminile che si andava con forza delineando nel paese, mediata dalla retorica e dalla propaganda fascista. Il romanzo è del 1930 quando l’autrice aveva appena trent’anni.

L’anelito di Maria, la protagonista, per un uomo che la sottometta, che limiti il suo desiderio di indipendenza e libertà, è visto tuttavia in maniera alquanto contraddittoria. Nella sua relazione con un musicista, che è però promesso sposo ad un’altra, Ginetta, riesce a far emergere ancora il proprio disprezzo per le ipocrite convenzioni e la salvaguardia delle formalità borghesi:

«Se ora, io dicessi a tutti che lo amo e che vorrei cedergli, tutti mi disprezzerebbero. Ma se lo dicesse Ginetta, troverebbero che è giusto perchè egli la sposerà. – Ella disprezzava profondamente questa gente ipocrita che vive d’apparenze e per cui una donna maritata è rispettabile anche se tradisce il marito per vizio o si vende per il lusso, ma per cui una ragazza che si dà per amore, se osa farlo alla luce, schiettamente, è colpevole.»

Concede all’uomo una libertà sessuale che alla donna sembra invece negata: «un uomo ha tutti i diritti. Se il tradimento di un uomo può ferire la donna nella sua fede, l’inganno di una donna offende l’uomo, perchè lo macchia e lo diminuisce.». Ma contemporaneamente spiega così la tendenza femminile alla sottomissione: «Non sottomessa da Ruggero: ma dalla propria volontà d’amore.» In quest’ottica si comprende come l’uomo amato ben difficilmente possa diventare il “compagno”. I dialoghi con il partner, densi di pause, meditazioni introspettive, riflessioni e ripensamenti, sembrano in definitiva l’anticipazione dei dialoghi con Dio che, nei sei mesi che vanno dal gennaio al giugno 1944, sono espressi nelle pagine del Diario Spirituale. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad un riuscitissimo transfert psicologico.

Nonostante quindi un qualche difetto di costruzione, una certa ingenuità e talvolta un almeno apparentemente inutile appesantimento dovuto al reiterarsi della stessa situazione e alle stesse riflessioni, quello che resta assolutamente intatto, anche a distanza di quasi un secolo, è la capacità dell’autrice di assumere di fronte alle problematiche della donna un atteggiamento di comprensione e di solidarietà assolutamente femminile e di saper congiungere questo atteggiamento a un bisogno di sincerità e ad un’attenzione alle peculiarità di tipo sia morale che psicologico. E di fronte a queste fondamenta e motivazioni le riserve possono essere messe da parte e rimane in primo piano una donna che parla di donne e lo fa con l’obiettivo di offrire punti di vista originali e di illuminare panorami inesplorati. Riassume in questo modo nel titolo i caratteri della docilità e dell’umiltà – già Dante assume il giunco a simbolo dell’umiltà che conduce all’espiazione – sottile e facile a piegarsi per intrecciarsi e contemporaneamente robusto e difficile a rompersi.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

NOTA: si ringrazia la Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova (https://www.bibliotecateresiana.it/) per la disponibilità dimostrata fornendoci generosamente le scansioni dell’originale.

Dall’incipit del libro:

Volle bussare ancora sebbene sapesse che se all’ora solita la porta non era socchiusa, Cesco non c’era.
Aspettò volgendo le spalle al muro, guardando la finestra alta che dominava, spalancata su un azzurro denso, senza nuvole.
Ribussò; ma non attese. Volle andarsene sperando che quando sarebbe stata a metà scale, la porta si sarebbe aperta in alto e una voce sommessa l’avrebbe richiamata. Più che una voce, un gesto: furtivo, sorridente.
Dopo i primi gradini, si volse, e aspettò per sentire se un passo s’avvicinava. Poi scese lentamente. Le parve che per le scale s’addensasse l’ombra. Vide all’orlo di un gradino dei truccioli che forse qualche garzone di falegname aveva perduti dal suo fagotto. (Imaginò un ragazzo svelto, biondastro, con la faccia punteggiata di lentiggini, il naso camuso e gli occhi chiari, mobili, piccolissimi. Il cappello sul naso, le braccia nude, i calzoni troppo lunghi e larghi scendenti dai fianchi.) Avrebbe voluto chinarsi a raccattare quei truccioli perchè esprimevano una solitudine che pareva vicina alla sua tristezza. Sperduti, dimenticati all’orlo di un gradino, dispersi domani da un colpo di scopa.

Scarica gratis: Il giunco di Pia Rimini.

Nuovo ePub. “Donna Mimma” di Luigi Pirandello

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Donna Mimma di Luigi Pirandello.

Donna Mimma è una novella di Luigi Pirandello pubblicata nel 1917.
Essa dà il titolo alla nona raccolta delle Novelle per un anno pubblicata nel 1925 (in tutto tredici, scritte tra il 1917 e il 1925).

Donna Mimma è molto conosciuta nel suo piccolo paese siciliano; di natura possente, sicura di sé, austera, da tanti anni aiuta le altre donne a partorire. Un giorno però arriva dal Piemonte una levatrice giovane e avvenente, in possesso del diploma. Donna Mimma di colpo viene spiazzata, ignorata, quasi dimenticata dalle compaesane. La nuova arrivata, avendo scoperto che Donna Mimma non è diplomata, ne ottiene l’interdizione dall’esercizio della professione da parte delle autorità. L’anziana donna, dopo un iniziale scoramento, si reca a Palermo per iscriversi all’università. Data la sua età, qui viene derisa dalle altre studentesse e perfino dal professore, ma riesce a superare le tante difficoltà e, conseguito il titolo di studio, torna subito dopo al paese pronta a riprendere il suo vecchio lavoro. Tuttavia Donna Mimma non mette in conto la lunga inattività e l’età ormai avanzata: alla prima chiamata rischia infatti di causare una tragedia, sventata solo dal pronto intervento della levatrice settentrionale. Così termina l’autorevolezza di cui godeva Donna Mimma.

Note tratte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Donna_Mimma

Dall’incipit del libro:

Quando donna Mimma col fazzoletto di seta celeste a nnodato largo sotto il mento passa per le vie del paesello assolate, si può credere benissimo che la sua personcina linda, ancora dritta e vivace, sebbe ne modestamente raccolta nel lungo «manto» nero frangi ato, non projetti ombra su l’acciottolato di queste viuzze qua, né sul lastricato della piazza grande di là. Si può credere benissimo, perché agli occhi di tutti i bimbi e anche dei grandi che, vedendola passare, si sentono pur essi diventare bimbi a un tratto, donna Mimma reca un’aria con sé, per cui subito, sopra e attorno a lei, tutto diventa come finto: di carta il cielo; il sole, una spera di porporina, come la stella del presepio. Tutto il paesello, con quel bel sole d’oro e quel bel cielo azzurro nuovo su le casette vecchie, con quelle sue chiesine dai campaniletti tozzi e le viuzze e la piazza grande con la fontana in mezzo e in fondo la chiesa madre, appena ella vi passa, diventa subito tutt’intorno come un grosso giocattolo di Befana, di quelli che a pezzo a pezzo si cavano dalla scatolona ovale che odora di colla deliziosamente. Ogni dadolino e ce ne son tanti è una casa con le sue finestre e la sua veranda, da mettere in fila o in giro per far l a strada o la piazza; e questo dado qui più grosso è la chiesa con la croce e le campane, e quest’altro la fontana, da metterci attorno questi alberetti che hanno la corona di trucioli verdi verdi e un dischetto sotto, per reggersi in piedi.

Scarica gratis: Donna Mimma di Luigi Pirandello.

Nuovo ePub. “Esclusi” di Giovanni Descalzo

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Esclusi di Giovanni Descalzo.

Esclusi è un romanzo del 1937. Carlo Bo così lo valuta: “Uno dei libri più significativi del Descalzo e dell’opera in prosa l’esempio più concreto e riuscito”.

Medea e Giancino sono due disgraziati giovani, soli al mondo e s’incontrano ai margini della società – lui garzone inetto e maltrattato di una falegnameria e lei, in quella stessa falegnameria in ricerca dei trucioli di legno per fare un poco di fuoco –; divenuti marito e moglie trascorrono l’esistenza girovagando secondo il metodo degli zingari e non hanno né volontà né capacità di inserirsi nel comune consorzio umano. Il mondo con il suo progresso e le sue attrattive rimane per loro incomprensibile, misterioso e sconosciuto.

È chiaro che l’obiettivo dell’autore è di porre nello spirito del lettore un profondo disagio morale attraverso uno squallore che non è solo nell’ambiente ma anche e soprattutto nell’animo dei personaggi; la peculiarità di questo romanzo sugli “esclusi” è che, conforme all’atteggiamento consueto dell’autore, non vi si trova alcuno spunto polemico, per così dire “di classe”, ma si limita al tentativo di far riflettere sulle miserie di una parte dell’umanità.

Come sempre lo spunto e l’ispirazione viene dalla vita reale e dalle osservazioni che Descalzo ha potuto fare. Adriano Grande sottolinea che “la vicenda romanzesca trae i suoi elementi dalla vita dei pescatori e della povera gente di Sestri Levante”. Carlo Bo afferma che la “vicenda reale che aveva colpito l’immaginazione del Descalzo (e per avere una riprova basterà informarsi sul posto stesso della storia, dell’autenticità, direi dell’anagrafe dei personaggi del libro) era in qualche modo già conchiusa in se stessa”.

La vicenda di due figli della coppia, Stella prima e Nerino poi, sta a indicare, secondo me, non tanto una possibilità di salvezza, quanto il fatto che proprio attraverso la disperazione germogliano i fiori più apprezzabili dell’umanità. La speranza non abbandona mai nemmeno i più disperati e il fiore che nasce dal letame non rappresenta un’eccezione ma l’ultimo stadio di un cammino che negli altri si ferma al primo gradino. Tutto questo perchè il mondo degli “esclusi” descritto da Descalzo non è in realtà un mondo né di perversi né di infelici. Ricevono il male e mai lo restituiscono; spaziano dal dolore non emendabile e verso il quale nulla si può opporre, alla felicità che nasce dalla capacità di appagarsi di piccole cose. Il tutto immerso in una svagata indifferenza consolidata dall’abitudine a rimanere estranei alle vicende del mondo, e persino al linguaggio di questo, per mezzo di una attonita meraviglia che solo apparentemente può sembrare ottusa ma che è invece indice di totale innocenza e che l’autore sembra presentare addirittura come auspicabile di fronte a una società che sta per perdere la consapevolezza di se stessa. Tanto che Descalzo abbandona il personaggio di Stella una volta emancipata dal condizionamento familiare. Non possiamo sapere quindi se il cammino di questa “esclusa” in direzione dell’imborghesimento la porterà a una maggiore felicità e se sarà capace di conservare il suo candore.

Per tutte queste ragioni Esclusi non sembra poter essere annoverato tra i romanzi sociali, essendo lontano dai valori tipici di questo genere che si estrinsecano in denuncia, ribellione e riscatto. Dice Giuliano Manacorda che se vogliamo trovare dei riferimenti concreti a questo romanzo di Descalzo dobbiamo cercare nei romanzi di Arthur van Schendel (Un vagabondo innamorato e Un vagabondo smarrito) e nei Vàgeri di Lorenzo Viani.

Giacomo Debenedetti fu invece molto severo nella critica a questo romanzo e in Fare il romanzo, saggio compreso in Cronache letterarie, ne parla come un concentrato di difetti dell’intellettualismo della peggiore specie. “quello dei non intellettuali, sprovvisti di armi critiche per isolarlo e reagirvi”. “Questo popolano che si metteva sotto la tutela della letteratura, questo «discepolo bendato» aveva sbagliato tutto: «era un breve e caro poeta» e diventa un pessimo romanziere, che costruisce personaggi che sembrano attori che recitino la loro parte, stende un reportage di un ambiente e continuamente interviene a spiegarcelo, vuol mostrarci il dolore e l’abiezione e ci descrive la verminaia e lo stupro, ci vuol commuovere e ci offende, infine ripete cinque o sei volte le stesse situazioni usando tutto il repertorio del romanzesco, la prostituta, l’epilettico, il padre che stupra la figlia, il birro, l’anarchico…» Sembra quasi che al noto critico dia forte disturbo che un “popolano” possa addentrarsi nel terreno della letteratura e, ancor peggio, non voglia raccontare una storia d’amore tratteggiando il consueto mondo borghese, ma rivolga invece il suo vigore narrativo ad una drammatica condizione umana, e senza imitare nessuno, proprio perché autodidatta, parli delle cose delle quali aveva diretta esperienza. Su “Circoli” n. 2 del 1937 nella rubrica «Letture» fu Indro Montanelli a difendere il romanzo dalla stroncatura di Debenedetti il quale, disse Descalzo stesso, “del libro capì ben poco, e ciò potrebbe infirmare anche il valore di altre sue interpretazioni”.

Certamente Descalzo non pare preoccupato di “fare il romanzo” costruendo invece una storia che scorre lungo una vita priva degli snodi narrativi tipici costituiti da imprevisti, sciagure, colpi di fortuna e dove invece gli avvenimenti si susseguono lungo gli anni con al centro le vicende della famiglia di Medea e Giancino e dei loro figli sempre guardati con l’occhio descrittivo; i fatti sono già di per sé eloquenti, pare volerci dire Descalzo, e non richiedono un ulteriore commento. La sua preoccupazione non è quella di trasformare liricamente il mondo ponendolo sotto un punto di vista soggettivo, lasciando che sia lo svolgimento stesso delle cose e degli avvenimenti ad esercitare un proprio potere evocativo naturale. La parte migliore dei suoi sentimenti, oltre che la sua intelligenza, lo ha trattenuto da ogni cedimento nei confronti di una letteratura dimostrativa e programmatica, astenendosi rigorosamente dal trasformare i suoi personaggi in simboli. Sta in questo appunto la forza e la validità di Esclusi, nell’aver rifiutato uno sfruttamento laterale che la materia avrebbe offerto molto facilmente.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Medea entrava prima che fosse buio, quasi tutte le sere. Faceva una sosta su l’uscio, guardava dentro torcendo il collo sforzandosi di vedere, poi se attorno ai due banchi dei falegnami scorgeva i trucioli ammonticchiati chiedeva:
— Posso prenderli?
Nessuno glielo impediva. S’accucciava in terra, strisciava guardando di non urtare nelle gambe dei lavoratori e ricolmava il suo sacco di morbidi riccioli di legno che odoravano forte di resina. Se le capitava tra le mani qualche sciavero, qualche arnese caduto, badava a metterlo in disparte. Non avevano mai dovuto lagnarsi di lei che non si sarebbe azzardata a insaccare neppure una scheggia temendo fosse ancora utilizzabile, per cui, anche se il laboratorio era deserto, poteva entrare e raccattare i trucioli senza tema di essere sgridata.
Una sera, annaspando per il solito lavoro, le mani incontrarono una pialla. Alzandosi per riporla sul banco s’accorse che in uno spigolo s’era appiccicata la segatura e volendo essere diligente la ripulì. Le dita le si fecero attaccaticcie; s’avvide che l’umido non era di colla o di vernice e strofinandola con le sottilissime falde di legno le parve di vedere traccia di rosso, forse di sangue.

Scarica gratis: Esclusi di Giovanni Descalzo.

Nuovo ePub: “Che tipo quel Caution!” di Peter Cheyney

Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Che tipo quel Caution! di Peter Cheyney.

Secondo romanzo di Cheyney in cui il protagonista è Lemmy Caution, questo giallo fu scritto nel 1937 e comparve con il titolo originale Poison Ivy. In Italia fu tradotto (in maniera anonima) e pubblicato tra i Gialli Mondadori solamente nel 1951.

Lemmy è un agente dell’FBI che in questo romanzo si muove tra violenza ed ironia nel sottobosco malavitoso di New York, in mezzo a bulli e pupe, sparatorie, pestaggi e drammatici colloqui con donne affascinanti e, spesso, perfide. Il detective è sulle tracce di una banda interessata a rubare un carico di lingotti d’oro, in partenza da New York per l’Inghilterra, e non sono passate tre ore dall’ingresso di Lemmy in scena, sotto il falso nome di Rice, che già ci sono due cadaveri… che non saranno gli ultimi prima che il mistero sia svelato, e la giustizia trionfi, da entrambi i lati dell’Atlantico.

Osserviamo però come, all’epoca in cui fu scritto il romanzo, non ci fossero (ancora) state audaci rapine al treno in Inghilterra; la fantasia di Cheyney, come sappiamo, fu successivamente tradotta in realtà nel 1963, nella grande rapina sul treno Glasgow-Londra, che coinvolse un numero di malviventi di poco inferiore ai quaranta banditi assoldati dal “cattivo” Saltierra in questo romanzo.

La scrittura, tesa ed ironica, è resa dal traduttore spesso modificando il significato letterale delle espressioni iperboliche di Lemmy, che parla in prima persona nell’opera, in modo da risvegliare suggestioni altrettanto ironiche nel lettore italiano. Si legga ad esempio nel cap. I “utile quanto uno zampone di Modena a un rabbino”, che traduce l’inglese “a lump of pickled pork to a rabbi”. Il gergo americano della malavita, che Cheyney adotta senza nessuna sbavatura, nonostante il “suo” gergo per nascita sia il cockney londinese, è tradotto con il gergo della malavita italiana, dove l’arma si chiama “berta” e un pugno diventa un “papagno”.

Interpretato sul grande schermo da Eddie Constantine, popolarissimo interprete “ufficiale” di Caution in una serie di film girati negli anni Cinquanta in Francia, questo romanzo fu messo in scena nel 1953 per la regia di Bernard Bordenie, con il titolo La môme vert-de-gris, trasferendone però l’azione a Casablanca. Nel film, che fu un grande successo commerciale, si respirano i sentimenti ambivalenti della cinematografia francese del dopoguerra, affascinata e allo stesso tempo spaventata dal possibile predominio cinematografico e narrativo statunitense.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Accidenti, come sono contento! Vi garantisco che il mio soggiorno dalle parti di Alliance, Nebraska non mi era affatto piaciuto: figuratevi che, a furia di darmi alla vita rustica in quella concimaia, mi era incominciato a crescere il fieno fra i capelli. Ma le vie dell’Ufficio Federale Centrale sono misteriose e imperscrutabili come quelle della Provvidenza, senza contare che, nell’anticamera del cervello, ho l’idea che i miei capi mi abbiano tenuto in questi luoghi inospitali perché passasse del tempo e si calmasse un po’ la cagnara che avevo suscitato col caso di Miranda van Zelden. Comincio a credere che per me ci sia in ballo qualcosa di grosso perché io ragiono cosí: se quelli chiamano un Myras Duncan da Chicago e lo mandano a New York per mettersi a contatto con me, non deve trattarsi di uno scherzo da bambini: dal momento che Duncan è un asso dei “G-Men” e si è buscato un mucchio di medaglie, a furia di ripulire i bassifondi.
Secondo me una vettura ferroviaria è il posto migliore per riflettere sulle cose. Da quando sono in questa vettura non ha fatto altro che lavorare di cervello. Tanta gente crede che la professione di “G-Man” serva solo a darsi delle arie e in fondo può anche essere vero; però vi garantisco che un tipino come me che ha un debole per la vita movimentata e anche, siamo sinceri, per menare le mani, non può fare a meno di chiedersi: che cosa capiterà stavolta a Lemmy Caution prima che termini la sua inchiesta?

Scarica gratis: Che tipo quel Caution! di Peter Cheyney.