“Attraverso il continente nero” di Henry Morton Stanley

Il resoconto di viaggio Attraverso il continente nero, ossia Le sorgenti del Nilo, i grandi laghi dell’Africa equatoriale e lungo il fiume Livingstone fino all’Oceano Atlantico (Through the Dark Continent…) di Henry Morton Stanley fu pubblicato nel 1878 e già ne compariva l’anno successivo una traduzione anonima in italiano – quella che qui si presenta – per i tipi dei Fratelli Treves. L’opera, anche sull’onda del successo della spedizione (1871-1872) nella quale Stanley era riuscito a rintracciare il famoso esploratore e missionario Livingstone e del libro che ne seguì (How I found Livingstone, 1872), ebbe una grandissima eco.

Con l’appoggio finanziario del New York Herald e del Daily Telegraph, Stanley, che allora aveva 33 anni, partì il 12 novembre 1874 da Zanzibar per un viaggio, che sarebbe durato tre anni, durante il quale attraversò l’Africa equatoriale da est a ovest, seguendo, primo tra gli Europei, tutto il corso del fiume Congo fino alla foce. L’obiettivo della spedizione era quello di conoscere e mappare la zona dei grandi laghi Vittoria e Tanganica ed il loro sistema fluviale, cercando anche le sorgenti del Nilo. I risultati furono soloin parte raggiunti: Stanley circumnavigò il lago Vittoria ma confermò i risultati della spedizione (1856-1859) di John Hanning Speke sulla presenza di un unico sbocco a nord del lago, nei pressi delle Cascate Ripon, che non dava la certezza di essere la vera sorgente del Nilo. Oggi si sa che il Nilo è un sistema fluviale molto complesso, formato dalla confluenza del Nilo Bianco (emissario del lago Alberto e in collegamento con il lago Vittoria attraverso il Nilo Vittoria, all’altezza delle cascate Ripon) e del Nilo Azzurro (emissario del lago Tana nell’altopiano Etiopico). Ma questa è un’altra storia.

Stanley ad ovest del lago Tanganica incrociò il corso del fiume Lualaba e immaginò che questo si connettesse, nel suo corso verso nord, con il Nilo. Non è così. Il Lualaba è il primo corso del grande fiume Congo. Da quel momento la spedizione seguì prima verso nord e poi decisamente verso ovest, tutto il corso del Congo fino a raggiungere l’Oceano Atlantico.

Per il trasposto di persone e dell’equipaggiamento, molto abbondante grazie ai finanziamenti dei due quotidiani, Stanley si servì di una barca, la Lady Alice, che era stata con molta cura ideata a sezioni per poterne dividere il peso tra i portatori nel caso di trasporto su terra e poi ricomporla per l’uso in acqua. Stanley scrisse “Bene! Trascinerò i miei canotti sovra la montagna ed attraverserò l’altipiano, dovendo ora attaccarmi a questo fiume sino allafine […] .» È impossibile non ricordare quanto raccontato magistralmente da Werner Herzognel film Fitzcarraldo (1982). Oltre a questa imbarcazione, la spedizione era dotata di volta in volta di canoe di tipo tradizionale. Il 12 agosto 1877 il convoglio, composto all’inizio da 228 persone tra cui 4 europei, giunse alle foci del Congo, praticamente dimezzato: Stanley era l’unico europeo sopravvissuto; furono percorse 7158 miglia inglesi = 11.517 chilometri in 3 anni, 8 mesi e 25 giorni. Nel testo è presente una lista delle ‘vittime della geografia’.

L’incontro con l’imperatore Mtesa dell’Uganda permise l’ingresso di missionari cristiani nel paese, tuttavia Stanley scrive:

«È strano come i filantropi inglesi, clericali o laici che siano, persistono nell’illusione che gli Africani debbano contentarsi del solo miglioramento spirituale.» (Pag. 110 di questa edizione Liber Liber)

Colpì l’esploratore durante tutto il viaggio, e lo riportò nelle sue riflessioni, la continua alternanza, nelle diverse popolazioni che si trovava ad incontrare, tra un carattere selvaggio e totalmente ostile ed una amabilità, cortesia ed apertura verso lo straniero. Questo indipendentemente dal fatto che queste tribù avessero già avuto o meno incontri ravvicinati con estranei. Peraltro egli si trovò a pensare che il ‘selvaggio’ non rispetti altro che la forza, il potere, l’ardire, l’energia; e che la prudenza sia per lui indizio di viltà; la dolcezza, la pazienza prove di scarsa virilità. Quando si trovarono in mezzo a popolazioni di cannibali, Stanley si trovò a ragionare sulla stranezza che lui e i suoi compagni venissero visti dai locali come succulento cibo e immaginò

«quel sentimento che probabilmente sente il cervo inseguito da vicino quando, dopo aver precorso di buona tratta e per parecchie volte i cani, ed avendo ricorso ad alcuni stratagemmi per ischivarli, stanco e sudato per la corsa, ode con terrore e tremante gli orribili e improvvisi latrati della muta che sempre lo insegue.» (Pag. 1006 di questa edizione Liber Liber)

Stanley era un uomo giovane e vigoroso; non furono molti i momenti, durante la spedizione, in cui riuscì a prendere una pausa dalle sue grandissime responsabilità soprattutto per la vita di tutti coloro, uomini donne e bambini, che lo accompagnavano e che, anche se a volte con qualche tentennamento, fidavano in lui:

«Perciò, con tutto l’ardore di un ragazzo, cominciai la mia esplorazione solitaria. Era una cosa rara per me il poter godere la solitudine e il silenzio in una sicurezza così perfetta come quella che io aveva allora. Nessuno, poichè io era solissimo, avrebbe potuto limitare la mialibertàin questi boschi, e chi poteva opporsi a che io mi arrampicassi sugli alberi o esplorassi delle cavità, o stessi ritto, o mi sdraiassi sull’erba, o ridessi, o cantassi? Essendo così monarca assoluto e supremo arbitro di me stesso, io poteva godere per un po’ di tempo della più perfetta felicità. Io poteva dare libero campo a quell’impulso di saltare, di arrampicarmi, di attaccarmi agli alberi che è la caratteristica della verde età. Libero per un po’ di tempo da ogni convenzionalismo, e non obbligato a mantenere quella calma e quella serietà che la mia posizione di capo di uomini mezzo selvaggi, mi obbligava a assumere in presenza loro, mi ritornò tutta la mia elasticità naturale di membra.» (Pag. 278-279 di questa edizione Liber Liber).

Quale era lo scopo di questa spedizione? Stanley scrisse che era solo a fini di esplorazione, per cercare nuovi sbocchi al commercio. Ma Mtesa gli rispose che Arabi e Turchi si recavano da lui con ‘panno, perle e filo metallico’ per avere avorio e schiavi, ma portavano anche polvere e fucili, armi che, dicevano, sono fabbricate dagli ‘uomini bianchi’. Peraltro più la spedizione si avvicinava all’Oceano, maggiori erano visibili gli scambi e i commerci congli stranieri, più numerose erano le armi da fuoco e il rhum, che rendevano più pericolose le popolazioni locali. Indubbiamente, al di là o meno delle intenzioni di Stanley, la sua esplorazione del Congo richiamò l’attenzione sulla possibilità di sfruttare la nuova via per penetrare il continente africano. E di fronte ai ‘conservatori’ aborigeni che sostenevano che “che mai non aveano conosciuto luogo alcuno che non fosse stato danneggiato dalla presenza di un bianco” rispondeva

«Ove mai trovasi un uomo bianco od un nero, dal color giallo o rosso, il quale non si creda più felice colle sue abitudini antiche che colle nuove? La storia dell’umanità ci attesta quanto sia forte la ripugnanza alle innovazioni.» (Pag. 1202 di questa edizione Liber Liber).

Come se fosse solo un problema generazionale! Tuttavia:

«Il color pallido, dopo avere così a lungo rimirato il ricco color nero, e l’ancor più ricco color bronzo, aveva un non so che dell’indescrivibile squallidezza del fantasma. […] Ero contento di suppormi per il momento, una specie di connessione morganaticafra il Bianco e Africano. Forse, la famigliarità genererebbe una maggior confidenza.» (Pag. 1248-1249 di questa edizione Liber Liber).

L’Africa, al di là delle spedizioni geografiche, era stata sempre vista come terra di conquista. La storia del colonialismo in Africa, principalmente nel nord e fino al Sahel, data già dal VII secolo ad opera degli Arabi e subito iniziò anche il commercio degli schiavi. A partire dal XV si affacciarono sulla costa occidentale e meridionale i mercanti europei che diedero l’avvio alla grande tratta oceanica degli schiavi. Infine tra XIX e XX secolo, gli Europei riconobbero come illegale la schiavitù e il commercio degli schiavi e occuparono l’Africa con colonie, creando vari stati legati alle nazioni europee e cominciando a sfruttare massicciamente le risorse naturali. Sembra impensabile che le spedizioni scientifiche, al di là di tutte le migliori intenzioni degli esploratori, non avessero inevitabili risvolti geopolitici.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Tornando in Inghilterra nell’aprile 1874 dalla guerra degli Ascianti, mi giunse la notizia che Livingstone era morto, e che il suo corpo era in viaggio per l’Inghilterra!
Livingstone aveva dovuto soccombere! Era morto! Era morto sulle rive del lago Bemba, sul limitare di quella regione ignota che egli aveva desiderato di esplorare! L’opera che mi aveva promesso di compiere, era appena incominciata, quando la morte lo colse!
L’effetto che questa notizia ebbe sopra di me dopo che il primo colpo fu passato, si fu d’infiammarmi nella risoluzione di compiere l’operasua, di essere, se Dio voleva, un altro martire della scienza geografica, o, se la miavita potesse essere risparmiata, di scoprire non soltanto i segreti del gran fiume attraverso la sua corsa, ma ancora tutto ciò che rimaneva di problematico e di incompleto delle scoperte di Burton e Speke, e di Speke e Grant.

Scarica gratis: Attraverso il continente nero, ossia Le sorgenti del Nilo, i grandi laghi dell’Africa equatoriale e lungo il fiume Livingstone fino all’Oceano Atlantico di Henry Morton Stanley.

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