“L’onore dei Savelli” di Sidney Kilner Levett Yeats

Dopo la sconfitta subita a Fornovo nel 1495, le truppe del duca de la Tremouille, al servizio di Carlo VIII di Francia, si ritirano per accamparsi vicino ad Arezzo. Lo scenario iniziale del romanzo è la villa del comandante, Ives d’Alègre, dove si svolge un banchetto cui partecipano tutti i suoi cavalieri.

«Io non bevo coi ladri!»

Questa perentoria e diffamante accusa di uno dei convitati segna l’inizio delle traversie del destinatario, Ugo Savelli, «gentiluomo di antica famiglia romana» (come egli stesso si definisce) ormai decaduta; il padre, ritiratosi nell’unico possedimento rimastogli, un piccolo podere di campagna, lo aveva addestrato fin da giovanissimo nel mestiere delle armi, spinto da una ferma convinzione:

«Lo studio è di scarsa utilità per un gentiluomo. Tu non hai bisogno di imparare sui libri più di quanto sia necessario di sapere ad un Savelli; ma in fatto di cavalli e di spade non devi essere inferiore a nessuno, capisci?»

Ora, dopo aver servito come soldato di ventura i Francesi e poi la Serenissima, Ugo Savelli, con la sua “condotta” di dieci uomini, è al soldo del duca de la Tremouille. È lui stesso, ormai anziano, a rievocare a posteriori le vicende che lo hanno visto protagonista, a partire dall’antefatto di questa scena, l’amicizia platonica con Doris, una donna giovane ed affascinante, moglie di Crépin d’Entrangues. La frase cruciale pronunciata da quest’ultimo durante il banchetto innesca la terribile vendetta da lui tramata per gelosia contro Savelli, suscitando una pronta reazione dei presenti:

«La cosa era accaduta così impensatamente, che fucome nella stanza fosse all’improvviso caduta una pietra lanciata da una catapulta, o una palla dei nuovi cannoni di messer Novarro, pur mentre era in corso la tregua.»

D’Entrangues, accusando il commilitone di essere il responsabile dei numerosi furti avvenuti all’interno dell’accampamento, ha infatti messo in discussione l’onore dei Savelli. Solo la perquisizione della tenda di Ugo potrà dimostrare la verità, ma…… con sbigottimento del protagonista, che si trova di colpo proiettato in un incubo, gli oggetti rubati vengono ritrovati proprio lì, in una valigia con il suo stemma nobiliare, nascosta in una buca coperta da un tappeto, ed egli, annichilito, viene legato, incarcerato, privato di tutti i suoi beni ed infine espulso dall’accampamento. Da valoroso soldato di ventura, tanto coraggioso da rischiare a Fornovo la vita per salvare il re di Francia, Carlo VIII, dai nemici che lo circondavano, meritandosi un suo encomio solenne e la croce di San Lazzaro, si trasforma di colpo in un reietto, cacciato con ignominia dall’esercito e disprezzato dai commilitoni.

Mosso dal desiderio di riscattarsi dalle accuse infamanti e di vendicarsi del torto subìto a costo di «inseguire il traditore sino in capo al mondo», inizia un viaggio che lo porterà prima a Firenze, dove da Arezzo si sposta a piedi, poi a Roma. Lungo questo percorso, nel contempo fisico e spirituale, incontra i più svariati personaggi: dal trasformista che gli appare prima come una specie di eremita, poi come un giocoliere ed infine a Roma, nella dimora del Cardinale di Rouen, come «un personaggio dalla veste dottorale, conin mano un grosso Messale vistosamente rilegato», al soldato in passato al suo servizio che si aggrega a lui come scudiero, alla fanciulla cieca artefice della sua svolta spirituale, fino agli uomini più celebri e potenti dell’epoca comePietro Soderini, il Valentino, Lucrezia Borgia, Pierre Terrail de Bayard (Baiardo), il «Cavaliere senza macchia e senza paura», il Cardinale di Rouen e perfino il nuovo re di Francia, Luigi XII. Ed è proprio un incontro casuale a segnare una svolta nella vita di Savelli: quello con Niccolò Machiavelli, al quale, affiancandolo nel fronteggiare cinque suoi aggressori, salva la vita. Nei suoi avventurosi spostamenti, minacciato a Firenze dai sostenitori dei Medici ed a Roma dai nemici dei Francesi, non perde occasione per dimostrare le proprie doti strategiche e militari, affrontando coraggiosamente vili agguati e battaglie che lo vedono vincente anche se quasi sempre in svantaggio numerico.

Pervaso da quello spirito cavalleresco di cui ha fatto propri fin da bambino i valori, in un mondo dominato dalla violenza e dalla corruzione, inizialmente Savelli è la vittima predestinata dei malvagi. Purtuttavia, benché privato dei simboli del suo ruolo di cavaliere, il cavallo e la spada, ne mantiene inalterate le virtù: subisce una pena infamante, pur di salvare l’onore di una dama; ridotto in miseria, aiuta i bisognosi, consegnando loro i suoi ultimi spiccioli; pur rischiando di morire di fame, vince la tentazione di dare in pegno l’ultimo oggetto di valore rimastogli, la croce di San Lazzaro donatagli dal Re; interviene sempre, coraggiosamente, in soccorso di donne e uomini in pericolo; come i cavalieri dell’antichità, rischia la vita per salvare dalla prigionia la donna amata, comegli fa ironicamente notare un suo misterioso “commilitone”: «E dunque, valoroso cavaliere, avete liberata la damigella dall’orco?»

In un susseguirsi di avventure tipico dei romanzi di cappa e spada, amore e morte, gelosia, passioni, inganni, colpi di scena, agnizioni, incessantemente si avvicendano e si intersecano stagliandosi sul tormentato sfondo storico dell’Italia del XV secolo.

La traduzione è a cura di Alfredo Pitta, giornalista, narratore e traduttore (sua la prima versione italiana di Assassinio sull’ Orient Express di Agata Christie): https://www.liberliber.it/online/autori/autori-p/alfredo-pitta/

Sinossi a cura di Mariella Laurenti

Dall’incipit del libro:

Io non bevo coi ladri!
D’Entrangues aveva parlato a voce alta, e distintamente, sicchè ognuno aveva udite quelle terribili parole; e subito s’era acquietato il brusìo di voci nella stanza. I visi di tutti, sino a quel momento più o meno allegri, divennero gravi; tutti gliocchi si volsero verso noi due con un’espressione che non era soltanto d’intensa curiosità. La cosa era accaduta così impensatamente, che fucome nella stanza fosse all’improvviso caduta una pietra lanciata da una catapulta, o una palla dei nuovi cannoni di messer Novarro, pur mentre era in corso la tregua.

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